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Il problema dell’inizio, l’inizio del problema

Francesco Tonucci

Pedagogista


Le Guide didattiche insegnano agli insegnanti come insegnare, giorno dopo giorno. Una descrive così l’inizio del primo giorno di scuola: “Dopo essere entrati in classe i bambini si siedono ai rispettivi banchi. A questo punto l’insegnante fa notare loro i cartelli delle lettere dell’alfabeto appesi alle pareti dell’aula”.

Venti, venticinque bambini, che probabilmente si trovano insieme per la prima volta; che entrano in un’aula sconosciuta, in un edificio misterioso (ricordo con disagio la mia scuola elementare grandissima, di cui non conoscevo affatto il piano superiore dove stava il direttore e il misterioso settore femminile); che si incontrano con un adulto che non conoscono e che non li conosce; vengono invitati, come prima cosa, a fare una cosa completamente nuova, a guardare lettere di un alfabeto che non conoscono. Mi sembra una proposta grossolana e preoccupante. E questo problema di un inizio difficile, non adatto a tutti gli allievi, esiste per ogni ciclo scolastico: materna, elementare, media e scuola superiore. E in ognuno di questi casi un cattivo inizio dà luogo a problemi che difficilmente potranno essere risolti in seguito. Il bambino, il ragazzo, prima ancora di capire dove si trova e cosa gli si chiede, ha compiuto degli errori, è stato valutato e tenderà a sommare errori e quindi a prepararsi ad una carriera scolastica triste e fallimentare.

 

 

La proposta è semplice: dedicare un periodo non irrilevante (almeno un mese) del primo anno di ogni nuovo ciclo scolastico alla “conoscenza”, e di non iniziare in questo periodo attività di programma e di valutazione. In particolare: che gli studenti si conoscano fra loro, si facciano conoscere dagli insegnanti, parlando e confrontando le loro esperienze precedenti, scolastiche ed extrascolastiche; che possano conoscere gli insegnanti. Che possano conoscere la scuola, fisicamente nei suoi spazi, servizi, laboratori, biblioteca; nel suo funzionamento, conoscendone il regolamento e le consuetudini, conoscendo il dirigente scolastico, gli uffici della segreteria e incontrando gli Organi Collegiali. Che gli insegnanti possano conoscere la reale situazione scolastica di ciascuno prima di iniziare il programma ed esprimere valutazioni. Sono convinto che un tale ritardo nell’inizio del programma scolastico sarà ampiamente recuperato nei mesi successivi e si potranno evitare molti casi di disadattamento scolastico.

2 commenti su “Il problema dell’inizio, l’inizio del problema”

  1. Questa proposta ragionevole ed importantissima, all’apparenza semplice ma tutt’altro, oggi mi appare come un’utopia nella scuola italiana. Purtroppo. Io e mia figlia di 11 anni e mezzo abbiamo avuto quest’anno un’esperienza devastante con la prima media. Una scuola pubblica ma “blasonata” e frequentata da decenni dai figli delle “famiglie che contano” della nostra cittadina di provincia. Ci siamo subito resi conto di un gruppo di ragazzini esclusivisti e fortemente addestrati alla competizione ma pronti ad aiutarsi all’interno del proprio clan anche se altrettanto pronti a far fuori tutti gli altri. Probabilmente questo è il frutto di tendenze famigliari e di dinamiche disvaloriali già incrociate prima. Con mia estrema meraviglia, anche se sapevo che ciò accadeva negli anni ’70, i docenti non solo hanno facilitato questa competizione sfrenata ma hanno praticamente creato una piattaforma di adolescenti “primi della classe” pronti alla scalata sociale del Liceo Classico e poi dell’Università. Inoltre il carico di compiti è isostenibile, risultato: i ragazzi che in gran parte (per questo tipo di classe, una 1A!) possono permetterselo i compiti se li fanno fare da vari soggetti: professori per ripetizioni, studenti universitari, amici e parenti di famiglia, genitori. Invece mia figlia studia 4-5 ore a pomeriggio/sera e io la devo aiutare per arrivare a prendere un sei ed eccezionalmente un sette. Diverse volte viene sorpresa con compiti sufficienti, allora prende il voto attorno al 5. Anche perché non beneficia delle interrogazioni programmate che vari prof stabiliscono con quei genitori amici che intasano i colloqui con i docenti. Inoltre mia figlia mi chiede spesso perché lei prende 7 con interrogazioni lunghe ed inasprite da “domande trabocchetto”, mentre i suoi compagni di classe privilegiati prendono 8 o 9 con la metà delle domande.
    Mi scuso per questa lunga narrazione ma la ritengo necessaria per descrivere situazioni scolastiche di probabile derivazione fascista o perlomeno classista.
    Come siamo sideralmente lontani dal suo modello, professore! Abbia tutta la mia stima e la mia solidarietà per quanto sta facendo e proponendo. La ringrazio per la sua attenzione. Cordiali saluti.

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  2. Trovo che sia una proposta molto interessante ma dall’altra parte mi chiedo se tutti gli insegnanti sarebbero in grado di sfruttare con professionalità e competenza un’opportunità del genere.. o non venga scambiata per una pausa post vacanze. Dico questo perchè accanto alla spontaneità della conoscenza ci vogliono adulti capaci di mediare con delicata fermezza e che sappiano ascoltare, progettare e guidare le conversazioni e discussioni di gruppo (possibili, a mio parere, perfino con i più piccoli).

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