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Rila News Settembre2016

Percorso di approfondimento e accompagnamento alla sperimentazione della proposta pedagogica Lavoro Aperto

R.I.L.A.® è la Rete Italiana che nasce con l’intento
di raccogliere e mettere in relazione tutte le esperienze e le realtà
territoriali italiane che desiderano conoscere il pensiero pedagogico ed
educativo che sostiene il concetto di Lavoro Aperto… continua a leggere

 

Settembre 2016

Un viaggio educativo tra confronto, crescita e osservazione

Primo pezzoL’esperienza appena vissuta a Berlino, ci ha lasciato indubbiamente un grande patrimonio in dote non solo dal punto di vista professionale, ma anche umano e culturale.

“Sostare” tre giorni nei servizi è stato importante per capire, approfondire, conoscere, osservare e incamerare una serie di immagini su cui riflettere e su cui continuare a portare avanti un percorso di crescita e di cambiamento.

Il confronto diretto con i responsabili, con gli educatori e con i bambini stessi ci ha dato la possibilità di entrare ancor più dentro il Lavoro Aperto. Osservare alcune pratiche quotidiane e passare, in modo netto, dalla teoria alla pratica ci ha permesso di comprendere quanto il Lavoro Aperto si alimenti del desiderio di cambiamento che abita nei diversi gruppi di lavoro e quanto davvero non sia un modello pedagogico da “studiare ed impare” ma chiami in causa ciascuno di noi, il personale stile educativo, il modo di intendere in senso più ampio i concetti di educazione, comunità, libertà…

Il valore di un’esperienza intensiva e residenziale, come quella di Berlino, ci ha permesso poi di discutere tra di noi, di scambiarci opinioni su ciò che ci aspettavamo e su ciò che abbiamo trovato.

Sono nati importanti scambi, capaci di generare ogni volta nuove domande e soprattutto nuove opportunità di crescita.primo pezzo_2

Incontrare Roger e Gerlinde ci ha ancora una volta spinti a domandare, sviluppare ed affermare mettendo in risalto quanto avevamo visto e quanto, alla fine, avremmo potuto riportare a casa. Ci hanno preso ancora una volta per mano facendoci capire la semplicità del Lavoro Aperto, la possibile attuabilità in un percorso fatto di piccolo passi e di grande condivisione tra colleghi.

L’incontro tra culture a Berlino è stato forte, culture non solo diverse per nazione, italiana e tedesca, ma anche per provenienza geografica: le varie parti d’Italia si sono avvicinate, hanno dialogato su di un tema di interesse comune.

Da Berlino siamo tornati tutti un po’ più ricchi, ma soprattutto consapevoli che il Lavoro Aperto è veramente possibile. Il processo che sostiene il cambiamento e l’apertura è un processo molto individuale e specifco, ogni servizio ha la necessità di trovare il “proprio punto di avvio”, ha bisogno di individuare quali possibili zone e quali tempi della giornata possono rappresentare zone di sperimentazione. Abbiamo la necessità, nel cercare la via italiana all’apertura, di rimanere ancorati alla cultura elaborata negli anni provando a sperimentare modslità differenti attraverso le quali dare sostanza ai riferimenti culturali che ci sostengono.

rila master chef_2

RILA master chef

In un periodo in cui i media sponsorizzano la cucina come non mai, in un periodo in cui ci dibattiamo tra ingredienti più o meno volontari, anche RILA ha voluto portare il suo contributo gastronomico.

Durante il soggiorno a Berlino i quattro gruppi di lavoro sono stati coinvolti in una gara gastronomica. La direzione (CHEF Laura, CHEF Beatrice e CHEF Luigi) ha consegnato ad ogni gruppo una busta con un ingrediente obbligatorio, ad essi dovevano essere aggiunti altri ingredienti pari al numero dei membri del gruppo, al fine di creare un piatto quantomeno commestibile.

L’ultima cena è stata consumata in un cohousing con grande gioia della comunità vicina, che alla fine ha potuto usufruire del cibo cucinato in grandi quantità.

Piatti rigorosamente vegetariani: quinoa con salsa di avocado; insalata di indivia e mirtilli; melanzane ripiene di cous cous; tiramisù.rila master chef

Ma se il tutto si fosse svolto così non avrebbe avuto il fascino di una competizione. Durante l’incontro con Roger, lo stesso è stato coinvolto in una estrazione “fantozziana”: quattro persone, una per ogni gruppo, è stata estratta a sorte e ha dovuto mettere in comune con gli altri il proprio ingrediente, formando così un quinto piatto. Alla fine è venuta fuori una pietanza tipica della Sardegna, non tanto grazie agli ingredienti quanto piuttosto alla bravura e fantasia dei malcapitati.

Alla fine tutti i commensali si sono stretti, non metaforicamente ma realmente, intorno al tavolo e con turni ben studiati sono riusciti ad assaggiare i cibi proposti. La vittoria è andata “ex equo” a tutti i gruppi, non solo per la qualità dei piatti, l’impegno prodotto e la simpatia mostrata, ma soprattutto per la capacità di rendere una competizione un momento di confronto e di svago.

Gli ospiti tedeschi hanno gradito, i lavoranti italiani si sono divertiti e gli amici del campo vicino hanno gradito.

Insomma un successo per tutti e soprattutto una serata in cui si sono abbracciate culture diverse e in cui Germania e Italia hanno trovato un punto d’incontro…

tempo

E se fosse una questione di tempo?

Il tempo, un elemento di cui spesso abusiamo e di cui spesso non riusciamo a comprenderne il significato. Pensiamo che il tempo sia a nostra completa disposizione e che in qualsiasi momento lo possiamo modificare. Abbiamo acquisito la sensazione dell’onnipotenza, tralasciando alcuni aspetti fondamentali: la finitezza del tempo e l’inesorabile avanzamento del tempo.

Sin dalla nascita il nostro principale obiettivo è quello di rincorrere e superare il tempo, lasciarlo alle nostre spalle quasi spinti da una irrefrenabile voglia di primeggiare. Ogni minuto viene trasformato in un secondo, scorciando un percorso che dovrebbe al contrario dilatarsi, lasciando così la possibilità ad ognuno di noi di fare le proprie esperienze.

Fermare il tempo non è possible, ma dilatarne il corso si, questo è possible. Lasciare ad ognuno il proprio spazio temporale sembra essere diventata la nuova sfida epocale, un qualcosa per cui combattere ed impegnarsi a fondo.

Mettere i bambini nella condizione di poter spendere il proprio tempo in modo autonomo è un qualcosa di assolutamente necessario. Lasciare il tempo di giocare, esplorare, conoscere, sperimentare, osservare, ma soprattutto di crescere in armonia con se stessi.E se fosse una questone di tempo

Certo, così facendo l’adulto rischia di perdere il proprio potere virtuale e concreto sul tempo e sul bambino, ma probabilmente acquisirà una nuova-vecchia concezione di temporalità che lo accompagnerà verso un ritrovato benessere interiore e mentale, oltreché fisico.

Ogni essere vivente per crescere ha bisogno di tempo, del proprio tempo; ogni essere vivente è diverso dall’altro, anche se della stessa specie, quindi anche i tempi di crescita sono diversi.

La vita non deve essere una corsa contro il tempo, una gara a chi arriva prima, ma un percorso scandito autonomamente, dentro il quale compiere una serie di esperienze e attraverso il quale cementare le fondamenta future. Lasciare ad ogni bambino il proprio tempo vuol dire permettergli di crearsi una base solida sulla quale poggiarsi per il resto della sua vita, sulla quale correre ma anche fermarsi a riposare e a riflettere.

 

IMMAGINI SCRITTE DAI SERVIZI …

“Sostando” all’interno dei servizi berlinesi l’osservazione mi ha portato ad imprimere su carta alcune immagini in movimento. La semplicità dei bambini e dei gesti ha fatto si che nascessero delle istantanee molto particolari e significative. Dei flash, proprio come una fotografia ma descritte con la forza delle parole.

Due bambine gestiscono la propria colazione. Sono al tavolo e si preparano il pane con la marmellata; non hanno bisogno dell’adulto perché l’una può contare sull’altra.

A. si alza, prende un bavaglino da un cassetto e lo mette sul tavolo. A. e J. spalmano l’una il burro, l’altra la marmellata sulla feta di pane. Qualche chiacchiera tra un boccone e l’altro poi J., terminato il pane, si alza, poggia il piatto sul carrello, il coltello nel cesto e va a giocare. A. fa lo stesso e poi torna al tavolo per versarsi un po’ di latte. Si siede, lo beve e poi mette la tazza nel carrello. Nel frattempo mi chiede il nome, mi dice il suo e mi dice di avere 4 anni; prende un libro mi mostra alcune cose per lasciarmi subito dopo per andare a giocare con i suoi amici.

 

 

 

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