Cerco di sintetizzare in alcune parole chiave (e domande ad esse connesse) l’esperienza in Val Sugana:
POTERE c’è un modo per abdicare dalla “dittatura pedagogica”?
come condividere realmente tempi evolutivi e territori di scelta con i bambini? come organizzare servizi pensati per esplorare i limiti della negoziazione autonoma? bambini che esercitano le capacità di scelta che cittadini saranno?
LIMITI gli adulti non possono controllare tutto, ma quali sono i confini evolutivi di un’esperienza che ha una matrice storico/culturale differente da quella da cui provengo?
CON la formula residenziale ha permesso di dedicare tempo alla condivisione, tempo fondamentale per costruire un pensieri nuovo che traggono spunto anche dal confronto col gruppo. Dedicare tempo al tempo genera reti, costruisce intersezioni di menti e ponti tra esperienze e territori.
CORPI modificando le nostre idee sul potere come cambiano i nostri corpi in relazione tra loro? quali nuovi modi
di abitare gli spazi? quali nuove posture, movimenti, connessioni potremo agire?
Matteo Lei, Formigine (MO)
Ciao a tutti,
voglio condividere con voi ciò che mi ha regalato l’esperienza a Borgo Valsugana sul tema del Lavoro Aperto:
Consapevolezza e occhio critico sul lavoro educativo che da tre anni stiamo facendo nei nostri servizi con progetto 0-6.
Convinzione che ,come per i bambini nei nostri servizi,anche per noi adulti la relazione e la condivisione con l’altro, in questo caso altri coordinatori e addetti ai lavori e altre realtà educative, è una risorsa importante. Per me aprirsi all’altro è fondamentale per crescere e accrescere anche il mio ruolo professionale e i Servizi educativi in cui opero.
Sono entusiasta della possibilità di poter costruire insieme una Rete Italiana sul Lavoro Aperto, entusiasmo che
ho colto anche nelle giornate di formazione. Mi auguro che la stessa semplicità e autenticità che ho vissuto in quei giorni siano alla base, e permangano, nel processo di realizzazione
della RILA.
A presto!
Monica Saja, Senigallia (AN)
Il seminario è stato interessante e arricchente e si è svolto in un clima sociale accogliente, che ha favorito lo scambio e il confronto.
Ha stimolato in me molte riflessioni sul fare educativo e sul ruolo dell’adulto nella relazione con i bambini. Su tali questioni avevo già avviato nell’ultimo anno con i gruppi di lavoro dei Nidi delle riflessioni su quanto il nostro fare e il nostro approccio all’educazione sono coerenti con l’idea di “bambino competente”. Questo ha facilitato un confronto
aperto con le educatrici sui contenuti del seminario. Abbiamo riflettuto assieme sull’opportunità di reinterpretare il ruolo dell’adulto e, in particolare, della figura di riferimento.
Non è pensabile modificare tout court l’assetto organizzativo di un Nido, gli spazi, ecc., ma abbiamo concordato di valutare in quali momenti della vita quotidiana
è possibile riconoscere ai bambini il diritto di scegliere rapporti, relazioni e attività. È stato interessante constatare che alcune di loro in quei giorni stavano provando a lavorare in questo modo (piccoli, ma importanti tentativi).
Nelle prossime settimane ci ritroveremo per un ulteriore confronto e per discutere sugli sviluppi di un approccio che, pur non rispecchiando in senso stretto il “lavoro aperto”
illustrato da G. Lill e R. Prott, vuol garantire ai bambini il diritto di vivere in luoghi dove gli adulti sono in grado di
ascoltarli e rispettarli. Insomma … ci stiamo provando. Per quanto riguarda i dubbi, si riferiscono principalmente:
– a come garantire con “il lavoro aperto” una risposta adeguata ai bisogni di sicurezza dei bambini più piccoli;
– a quei contenuti e valori educativi che in questi anni hanno rappresentato per me un modello pedagogico condiviso (approccio toscano).
Questo non significa essere “chiusi” nei confronti di nuovi percorsi di ricerca pedagogica che, al contrario, mi interessano e stimolano tantissimo. Tra l’altro, sono fermamente convinta che il lavoro aperto rappresenti per i bambini una grande opportunità anche dal punto di vista degli apprendimenti: dedicandosi da soli o assieme agli altri alle attività che amano di più e li appassionano,
possono sperimentare e apprendere con piacere.
E questo non è poco!
Antonella Ungaro, Abano Terme (PD)
Sono tornata dal Trentino con tante parole “nuove” che volevo dire, condividere, discutere… con l’urgenza di parlare con qualcuno per raccontare, scambiare, sognare…
Sono tornata a casa e quando sono entrata nei servizi in cui lavoro mi sono accorta di indossare un nuovo paio di occhiali con i quali guardavo, spazi, arredi, materiali, azioni e tempi e persone. E mi sono sentita e mi sento terribilmente sola!!!
Ho guardato un cancellino e ho pensato al muro di Berlino!
Ho sentito educatrici dire: “no, tu sei di là, devi stare di là, questa non è la tua sezione…”.
Ho percepito la distanza ABISSALE tra i pensieri nella mia testa e la realtà che mi circonda e ho cominciato a cercare punti di contatto per creare PONTI sull’abisso.
Quello che ho capito è che manca lo spazio di riflessione sulle azioni. Siamo a nella provincia bergamasca, il bergamasco è abituato a fare e poi qualche volta a pensare; funzionano meglio i metodi: si fa così, è faticoso, ma almeno so COSA fare. La riflessione, la scelta e la sperimentazione sono pratiche sconosciute. Ora la mia idea è quella di provare a proporre uno spazio di pensiero con chi ho visto interessato al tema (un paio di persone sono state a Bologna, nessuno in Trentino), e chiedere a loro se a loro volta conoscono qualcuno interessato e provare a creare degli spazi di riflessione.
Nella mia realtà quest’anno i cambiamenti avvenuti hanno stravolto l’assetto: la provincia nella sua funzione di coordinamento è stata smantellata e alcune figure chiave non ci sono più.
Nel piccolo sto iniziando a parlare una lingua diversa, ma al momento parlo arabo! Questo è il mio inizio (niente male eh?) Vediamo come si prosegue.
a presto
Lorenza Comi, (BG)
Eventi:
Verona – RILA Progettare il cambiamento tra teorie e pratiche