Arianna Lazzari, Gruppo di lavoro tematico sull’educazione e cura dell’infanzia della Commissione Europea
Questo articolo illustrerà sinteticamente il lavoro realizzato dal Thematic Working Group an Early Childhood Education and Care (per ulteriori informazioni sul lavoro prodotto da tale gruppo è possibile consultare il sito della Commissione Europea: http://ec.europa.eu/education/policy/strategic-framework/archive/index_en.htm) della Direzione Generale Educazione e Cultura della Commissione Europea, coordinato da Nora Milotay, cui ho preso parte in qualità di ricercatrice esperta sul tema dei servizi per l’infanzia.
Questo gruppo di lavoro tematico – composto da decisori politici, ricercatori e rappresentanti di ONG esperti del settore – è stato creato nel 2012 con l’obiettivo di fornire agli Stati membri strumenti di riferimento (documenti di indirizzo, compendi di buone pratiche,…) di cui essi potranno avvalersi per sviluppare le politiche specifiche locali in materia di servizi educativi e di cura per l’infanzia. Tuttavia, prima di prendere in esame il documento prodotto dal gruppo – intitolato “Proposta di principi chiave per la qualificazione dei servizi educativi e di cura per l’infanzia” – ripercorro brevemente le principali tappe che hanno caratterizzato le politiche europee per l’infanzia a partire dai primi anni Novanta.
DAL 1990 AL 2002: CONCILIAZIONE TRA TEMPI DI VITA E TEMPI DI LAVORO
Inizialmente le politiche europee di incentivazione dei servizi per l’infanzia trovano fondamento prioritariamente nel la promozione delle pari opportunità tra uomini e donne e della conciliazione tra tempi di lavoro e di cura, a partire da un interesse prevalentemente economico indirizzato al sostegno di un reinserimento del le neo-madri nel mercato del lavoro. Nel 1992, contestualmente, all’emanazione delle Raccomandazioni del Consiglio, la Direzione per le Pari Opportunità della Commissione Europea istituisce un importante network che prende il nome di Rete per l’Infanzia. Nel corso dei 10 anni del suo mandato, tale Rete – formata da esperti provenienti da 15 Paesi – si è impegnata soprattutto per affermare una visione più ampia delle politiche per l’infanzia, in cui i servizi non siano solo visti come un diritto delle madri lavoratrici, ma primariamente come espressione del diritto dei bambini a ricevere cure ed educazione adeguate e ad essere attivamente coinvolti nei processi decisionali che riguardano la loro partecipazione alla vita sociale e culturale delle comunità in cui vivono. Nel 1996 la Rete per l’Infanzia della Commissione Europea ha definito i 40 obiettivi di qualità che i servizi per l’infanzia degli Stati membri avrebbero dovuto raggiungere nei successivi 10 anni. Tali obiettivi coprivano uno spettro molto ampio di tematiche: richiamavano alle finalità educative, alla formazione e alle condizioni di lavoro del personale, così come la partecipazione delle famiglie, fino ad arrivare alla valutazione del funzionamento dei servizi e al loro finanziamento. Tuttavia, in quel periodo venne a mancare la volontà politica, a livello europeo, di perseguire obiettivi così ambiziosi, per quanto fortemente condivisi dal gruppo di esperti che avevano preso parte alla Rete e ai tavoli di lavoro. A livello politico dunque si preferì privilegiare un approccio di tipo meramente quantitativo legato all’espansione dell’offerta di servizi (come attestato dai Barcellona Targets, 2002) piuttosto che puntare alla qualificazione dei servizi a partire da assunti negoziati e condivisi.
A distanza di oltre 10 anni dalla conclusione dell’esperienza maturata dalla Rete per i servizi per l’infanzia, i dati mostrano non soltanto che solamente 6 Stati hanno raggiunto gli obiettivi di Barcellona ma anche che la situazione in alcuni paesi è persino peggiorata (Eurydice, 2014). Ci si è dunque resi conto che un approccio meramente quantitativo, legato all’espansione dell’offerta di servizi risulta essere del tutto inefficace, se non viene accompagnato da una visione politica di lungo respiro che metta al centro i bisogni dei bambini e delle loro famiglie attribuendo un ruolo educativo – oltre che sociale – a tali servizi. Infatti, in alcun i paesi si è generato un circolo vizioso per cui in seguito a tagli ingenti della spesa pubblica si è assistito a una drastica riduzione dei servizi per l’infanzia o al deterioramento del la loro qualità, con inevitabili ripercussioni sull’inasprimento delle disuguaglianze sociali.
Questi dati hanno portato alla luce come, in assenza di una visione politica coerente e di lungo periodo, centrata sui bambini e sui loro diritti, le politiche educative e sociali promosse dalla Commissione Europea siano destinate a fallire.
LA SVOLTA: IL RICONOSCIMENTO DEL RUOLO EDUCATIVO E SOCIALE DEI SERVIZI
Consapevole dei limiti delle azioni intraprese nel corso dell’ultimo decennio, la Commissione Europea promuove una serie di studi per analizzare il contributo dei servizi per l’infanzia allo sviluppo cognitivo e socio-emotivo dei bambini, così come all’inclusione socia le e alla riduzione delle disuguaglianze. Questi studi, per la maggior parte reperibili in lingua inglese sul sito della Commissione, dimostrano che i servizi per l’infanzia possono rivestire un ruolo crucia le nel promuovere il successo formativo e ridurre le disuguaglianze sociali sul lungo periodo. Tali evidenze di ricerca derivano da studi pedagogici, psicologici, sociologici e persino economici condotti sia in ambito internazionale sia in ambito nazionale, nei diversi stati membri. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, meritano di essere ricordati gli studi della Fondazione Agnelli sugli “Esiti scolastici e comportamentali, famiglia e servizi per l’infanzia” specialmente quello condotto da Daniela Del Boca (2010) che arriva a dimostrare come so lo servizi di alta qualità riescano a garantire il pieno sviluppo di ogni bambino, anche compensando eventuali disuguaglianze iniziali legate al background socio-economico di provenienza dei bambini.
Questi studi, inoltre, sono concordi nell’affermare che i servizi per l’infanzia possono giocare un ruolo cruciale nella lotta all’abbandono scolastico e nel garantire benessere alle generazioni future – sul piano sia sociale sia economico – solo ad alcune condizioni:
- un approccio pedagogico che integri educazione e cura nel promuovere la crescita globale dei bambini nel complesso delle loro potenzialità, lungo un continuum di sviluppo che va dalla nascita fino all’entrata alla scuola primaria;
- un accesso equo e generalizzato ai servizi, con particolare attenzione rivolta alle famiglie in condizione di svantaggio e di emarginazione sociale;
- un’alta qualità dell’offerta educativa, garantita da professionisti qualificati, competenti e supportati attraverso una formazione continua in servizio.
Nel corso degli ultimi anni, dunque, qualificazione e accessibilità dei servizi per l’infanzia diventano le principali priorità dell’agenda politica europea nel settore dell’educazione prescolare, segnando una vera e propria svolta rispetto al periodo precedente, come attestato dalla Comunicazione del 2011: “Educazione e cura della prima infanzia: consentire a tutti i bambini di affacciarsi al mondo di domani nelle condizioni migliori ” Nella Comunicazione (COM. 66/ 2011) si afferma infatti che l’intento del documento è quello di rispondere alle richieste avanzate dagli Stati membri di avviare un processo di cooperazione che consenta loro di affrontare la duplice problematica di “offrire a tutti l’accesso all’educazione e alla cura dell’infanzia, ma anche migliorare la qualità dell’offerta mediante servizi ben integrati e fondati su una visione Comune […]” (p. 5). Se, da un lato, la qualità dell’offerta educativa viene riconosciuta come un elemento indispensabile al fine di promuovere il pieno sviluppo delle potenzialità di ciascun bambino – soprattutto nei casi in cui i bambini provengano da contesti ad alto rischio di svantaggio (per es., povertà, background migratorio con associate condizioni di vita precarie, appartenenza minoranze etniche a rischio di emarginazione sociale,…) – dall’altro, l’accesso universale a servizi per l’infanzia inclusivi diviene condizione necessaria a garantire l’uguaglianza delle opportunità formative, riducendo l’abbandono scolastico, promuovendo il successo formativo e rafforzando l’ inclusione sociale. Sulla base di queste premesse si afferma dunque, seppur in modo implicito, che i servizi educativi e di cura per la prima infanzia rispondono prima di tutto a un diritto dei bambini (e non più solo delle madri lavoratrici), mettendo al centro delle riflessioni politiche sui servizi per l’infanzia il bambino, il suo personale sviluppo e il benessere della sua famiglia.
In tal senso, la Comunicazione del 2011 individua cinque aree prioritarie rispetto alle quali orientare le azioni di cooperazione tra gli Stati membri affinché l’obiettivo di migliorare l’accesso e la qualità dei servizi per l’infanzia da 0 a 6 anni possa essere raggiunta. Esse sono:
- la creazione di servizi inclusivi ad accesso universale;
- la progettazione di curricoli efficaci che rispondano ai bisogni di apprendimento e di socializzazione dei bambini in questa fascia di età;
- l’incremento delle competenze del personale che opera all’interno dei servizi per l’infanzia attraverso la formazione e la crescita professionale continua;
- l’identificazione di forme di finanziamento efficaci ed eque che garantiscano l’accesso ai servizi per l’infanzia soprattutto ai bambini che provengono dalle fasce sociali più deboli;
- l’elaborazione di forme di governance che prevedano una solida collaborazione tra le politiche afferenti ai diversi settori di cui i servizi per l’infanzia sono interlocutori (educativo, socio-sanitario, welfare,…).
Le Conclusioni del Consiglio (2011/ C, 175/ 03) che fanno seguito alla Comunicazione, approvando tali aree di intervento come prioritarie per le politiche europee, hanno invitato gli Stati membri a intraprendere un processo di cooperazione nell’ambito delle politiche per l’educazione e cura dell’infanzia che ha dato avvio alle attività intraprese dal gruppo di lavoro tematico.
PRINCIPI CHIAVE PER LA QUALIFICAZIONE DEI SERVIZI
Nel 2012 viene istituito – sotto il coordinamento della Direzione Educazione e Cultura della Commissione Europea – un gruppo di lavoro formato da esperti provenienti dai 25 Stati dell’Unione (a cui si aggiungono anche Norvegia e Turchia) con l’obiettivo di stilare una serie di principi e linee guida per la qualificazione dell’offerta di servizi per l’infanzia in ambito europeo, tenendo conto del fatto che i contesti socio-economici e politici in cui tali principi dovrebbero trovare applicazione sono molto diversi tra loro. Per questa ragione il gruppo ha adottato come metodologia di lavoro il Metodo Aperto di Coordinamento, che si fonda sull’apprendimento reciproco tra pari e sulla definizione di obiettivi comuni da raggiungere a partire da assunti negoziati e condivisi. Il documento prodotto dal gruppo di esperti a conclusione del percorso di lavoro – il cui riferimento verrà qui sintetizzato come EQF (European Quality Framework for EcEc. trad. “Quadro di riferimento europeo per la qualificazione dei servizi educativi e di cura per l’infanzia”) – auspica di poter facilitare processi di cambiamento, a partire dal basso, orientando le scelte dei decisori politici su diversi piani, da quello locale, a quello regionale, fino ad arrivare al livello di governo nazionale. A tal riguardo, esistono già alcuni esempi in cui tale documento è stato utilizzato per facilitare l’innovazione e la sperimentazione pedagogica a partire dalla formazione dei pedagogisti in servizio (come nel caso del Corso di Alta Formazione organizzato congiuntamente dall’Università di Bologna e dalla Regione Emilia-Romagna) oppure dall’organizzazione di tavoli di lavoro condivisi tra ricercatori e decisori politici (come sta avvenendo nella regione delle Fiandre in Belgio).
Coerentemente con questo intento, il documento EQF dichiara esplicitamente gli assunti pedagogici condivisi su cui si fonda la visione negoziata di qualità educativa che sta alla base dell’elaborazione congiunta dei 10 principi proposti. Attingendo al lavoro portato avanti dalla Rete Europea per l’Infanzia negli anni Novanta, il documento assume quali elementi fondanti della propria visione di qualità:
- un’immagine di bambino competente, considerato come cittadino portatore di diritti e protagonista dei propri processi di apprendimento (co-creatore di conoscenze in costante interazione con il gruppo dei pari, con gli adulti e con la realtà che lo circonda);
- un educatore/ insegnante incoraggiante, che sostiene attivamente le esperienze di apprendimento e socializzazione dei bambini a partire dalle loro iniziative spontanee e dai loro interessi, coinvolgendoli nei processi decisionali e che opera all’interno di un sistema competente che ne promuove la crescita professionale continua;
- un approccio olistico che integra cura ed educazione favorendo il pieno sviluppo delle potenzialità di ciascun bambino in modo globale;
- la partecipazione attiva delle famiglie nel definire la progettualità educativa del servizio in un’ottica di rispetto e valorizzazione della diversità socio-culturale, progettualità che si evolve costantemente in funzione dei nuovi bisogni emergenti di bambini e famiglie;
- la definizione comune di indicatori che consentano agli Stati membri di conoscere la loro posizione in un dato momento e monitorare i progressi compiuti (follow-up),
- l’elaborazione di strumenti di cooperazione comparativa finalizzati allo stimolo dell’innovazione (progetti pilota, disseminazione delle buone pratiche, linee guida per i decisori politici,…).
ACCESSO AI SERVIZI EDUCATIVI E DI CURA PER L’INFANZIA
1. Disponibilità di servizi a costi accessibili per tutte le famiglie e i loro bambini.
I potenziali benefici di servizi di alta qualità universalmente accessibili sono particolarmente salienti per i bambini che provengono da fasce sociali svantaggiate e/o emarginate. L’offerta di servizi educativi e di cura per l’infanzia dovrebbe essere resa disponibile per il periodo che va dalla nascita del bambino fino all’inizio della scuola dell’obbligo. Al fine di rispondere alle diverse circostanze familiari e incoraggiare tutte le famiglie a usufruire di tali servizi, l’offerta deve potersi declinare in modo flessibile sia rispetto agli orari di apertura che rispetto ai contenuti della progettualità educativa.
2. Servizi che incoraggino la partecipazione, rafforzino l’inclusione sociale e accolgano la diversità.
Nell’ambito dell’educazione e cura dell’infanzia un’inclusione riuscita si basa su: un approccio collaborativo alla promozione dei benefici derivanti dalla frequenza dei servizi che coinvolga le comunità locali e le agenzie territoriali; approcci che rispettino e valorizzino le convinzioni, i bisogni e la cultura delle famiglie di provenienza; la garanzia che tutti i bambini e i loro genitori siano accolti all’interno del servizio, un approccio che incoraggia intenzionalmente e attivamente tutti i genitori all’utilizzo dei servizi; il riconoscimento che il personale che opera all’interno di tali servizi dovrebbe essere formato a rendere i genitori e le famiglie consapevoli del valore dei servizi, garantendo loro che le proprie convinzioni e la propria cultura saranno rispettate – questa formazione potrebbe essere supportata in modo complementare anche dall’attivazione di programmi a sostegno della genitorialità; una stretta collaborazione tra il personale che opera nei servizi per l’infanzia e il personale che opera nei servizi socio-sanitari e scolastici a livello territoriale.
Il personale dei servizi educativi e di cura per l’infanzia
3. Personale qualificato la cui formazione iniziale e in servizio consenta loro di adempiere al ruolo professionale richiesto. Riconoscere il personale che opera nei servizi educativi e di cura per l’infanzia in quanto professionisti è di cruciale importanza. La formazione in servizio produce un impatto enorme sulla qualità dell’approccio pedagogico adottato dal personale e sugli esiti di apprendimento dei bambini. Sviluppare percorsi di formazione iniziale e in servizio comuni a tutti gli operatori che lavorano in contesti educativi e di cura l’infanzia (per es. insegnanti di scuola dell’infanzia, educatori, ausiliari, educatrici familiari,…) può contribuire a generare una visione condivisa di qualità e priorità comuni.
4. Condizioni di lavoro supportive che prevedano una leadership educativa del servizio che crea occasioni per la sviluppo professionale del personale attraverso l’osservazione, la riflessione, la progettualità, la collegialità e la collaborazione coi genitori.
La presenza di buone condizioni di lavoro vanno a beneficio del personale e contribuiscono a motivarlo. Le indicazioni normative incidono sulla qualità strutturale del servizio determinando a diversi livelli – incluso a livello locale – i requisiti di funzionamento concernenti la dimensione dei gruppi di bambini, il rapporto adulto-bambini, le ore di lavoro e la retribuzione del personale; elementi questi che possono contribuire a rendere più attraente la possibilità di impiego nei contesti educativi e di cura dedicati all’infanzia. Buone condizioni di lavoro possono inoltre ridurre l’effetto deleterio di un continuo turn-over del personale.
Il curricolo
5. Un curricolo fondato su obiettivi, valori e approcci pedagogici, che consenta ai bambini di sviluppare a pieno le loro potenzialità in modo globale.
L’educazione e la cura dei bambini, così come il loro sviluppo cognitivo, sociale, fisico, emotivo ed espressivo sono importanti. Il curricolo dovrebbe stabilire obiettivi, valori e approcci condivisi che riflettano le aspettative della società rispetto al ruolo e alle responsabilità dei servizi per l’infanzia nel promuovere il pieno sviluppo delle potenzialità dei bambini. Tutti i bambini sono da considerarsi soggetti che apprendono in modo attivo e competente, e il ruolo del curricolo è quello di potenziare le loro diverse capacità. Allo stesso momento, l’implementazione del curricolo necessita di essere progettata all’interno di una cornice aperta che accoglie e indirizza le diverse esigenze e i diversi interessi dei bambini in modo olistico. L’integrazione equilibrata di educazione e cura può promuovere il benessere e l’autostima dei bambini, oltre a sostenere il loro sviluppo sia sul piano fisico-motorio che su quello cognitivo e sociale. I vissuti dei bambini e la loro partecipazione attiva sono valorizzate, e l’importanza di sostenere l’apprendimento attraverso il gioco è riconosciuta e supportata.
6. Un curricolo che richieda agli operatori di collaborare coi bambini, coi colleghi, coi genitori e di riflettere sulle loro pratiche.
Il curricolo è uno strumento importante per favorire la creazione di un universo di significato condiviso e l’instaurarsi di relazioni di fiducia tra bambini e adulti; e tra bambini, genitori e personale dei servizi in modo da stimolarne la crescita e l’apprendimento. A livello di sistema di servizi oppure a livello nazionale, la presenza di un curricolo può orientare la progettualità in tutti i servizi e contesti educativi e di cura per l’infanzia mentre – a livello locale o di servizio – esso può aiutare a definire le pratiche e aree prioritarie di intervento in ciascun contesto specifico. Un elemento che contribuisce in maniera essenziale a sviluppare un approccio collaborativo all’implementazione del curricolo è l’abilità dei singoli operatori (educatori o insegnanti) di analizzare le proprie pratiche, identificare che cosa è risultato efficace e, attraverso il confronto con i colleghi, sviluppare nuovi approcci basati sulle evidenze. La qualità del servizio si innalza quando si crea un confronto collegiale tra gli operatori rispetto all’implementazione del curricolo all’interno del contesto specifico di riferimento, prendendo in considerazione i bisogni dei bambini, dei loro genitori e del gruppo di lavoro. La presenza di un curricolo può rafforzare questo approccio promuovendo l’apprendimento dei bambini attraverso la sperimentazione e l’innovazione didattica; e incoraggiando la collaborazione coi genitori rispetto a come le pratiche educative e di cura agite all’interno del servizio contribuiscano a supportare la crescita e lo sviluppo dei bambini.
Monitoraggio e valutazione
7. I processi di monitoraggio e valutazione producono informazioni a livello locale, regionale e; o nazionale rilevanti per sostenere la qualificazione continua delle politiche e delle pratiche.
Il monitoraggio sistematico dei servizi educativi e di cura per l’infanzia consente di generare informazioni accurate e di ottenere feedback rispetto alla qualità del sistema ai diversi livelli che lo compongono, a partire da quello locale, fino a quello regionale o nazionale. Queste informazioni dovrebbero facilitare lo scambio aperto, la progettazione coerente, la revisione, la valutazione e lo sviluppo dei servizi verso il perseguimento di una qualità elevata a tutti i livelli del sistema. Le procedure di monitoraggio e valutazione risultano essere più efficaci quando le tipologie di informazioni raccolte a livello di singolo servizio sono allineate con le tipologie di informazioni raccolte a livello di sistema comunale, regionale e nazionale.
8. Procedure di monitoraggio e valutazione che siano riconducibili al primario interesse del bambino.
I processi di monitoraggio e valutazione sono condotti con l’obiettivo di supportare i bambini, le famiglie e le loro comunità di appartenenza. Tutti gli stakeholders, inclusi gli operatori dei servizi, dovrebbero essere coinvolti attivamente e resi protagonisti (empowerment) nell’implementazione di qualsiasi processo di monitoraggio e valutazione. Mentre le azioni di monitoraggio possono focalizzarsi su elementi di qualità strutturale, sui processi o sugli esiti; l’attenzione specifica rivolta al primario interesse del bambino e al coinvolgimento degli operatori rafforza l’importanza di rendere conto dei processi che si utilizzano nei servizi educativi e di cura per l’infanzia.
La governance
9. Tutti coloro che, a vario titolo, prendono parte al sistema di servizi per l’educazione e la cura dell’infanzia (stakeholders) hanno una visione chiara e condivisa del loro ruolo e delle loro responsabilità, e sono consapevoli del fatto che sono chiamati a collaborare con organizzazioni partner.
Data la natura tran-settoriale delle politiche che governano l’offerta dei servizi educativi e di cura per l’infanzia, gli stakeholders e le parti sociali devono lavorare insieme per assicurare il successo di tali servizi. Provvedimenti normativi, regolativi e di orientamento possono essere utilizzati per delineare prospettive chiare rispetto all’importanza del lavoro collaborativo, che sostiene risultati di alta qualità che vanno a vantaggio dei bambini, delle loro famiglie e delle loro comunità di appartenenza.
10. I provvedimenti che normano, regolamentano e/o finanziano [il settore] sostengono una progressiva generalizzazione (universal legal entitlement) dell’offerta di servizi per l’infanzia a sovvenzionamento o a finanziamento pubblico (publicy subsidised or funded EcEc), e i progressi compiuti verso tale traguardo sono regolarmente riportati a tutti gli stakeholders.
Le disposizioni strutturali e legislative supportano l’accesso ai servizi educativi e di cura per l’infanzia dando alle famiglie il diritto a usufruire di servizi a costi accessibili. Gli approcci che supportano la progressiva generalizzazione dell’offerta di servizi educativi e di cura per l’infanzia tengono conto del fatto che offrire finanziamenti aggiuntivi con l’obiettivo di promuovere l’accesso ai servizi per coloro che provengono da gruppi svantaggiati può essere una strategia efficace per aumentare l’accessibilità dei servizi specialmente per i bambini che provengono famiglie migranti, a rischio di svantaggio oppure a basso reddito. Monitorare l’utilizzo dei servizi per l’infanzia in relazione alla loro utenza potenziale consente di accertare che i finanziamenti siano utilizzati in modo efficace. Per realizzare progressi verso una graduale generalizzazione dell’offerta è necessario attuare misure che enfatizzino l’attrattività e il valore dei servizi educativi e di cura per l’infanzia.
PISTE DI LAVORO NEL CONTESTO ITALIANO
In conclusione, vorrei aprire alcune piste di riflessione rispetto all’utilizzo dell’EQF nel contesto italiano. Come già anticipato, all’interno del Corso di Alta Formazione per coordinatori pedagogici in servizio organizzato dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna – in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna – I’EQF è stato utilizzato come strumento di formazione, ricerca e sperimentazione. In una prima fase, il documento è stato presentato e criticamente analizzato all’interno del contesto normativa attuale insieme ai corsisti utilizzando metodologie attive – quali seminari, lavori di gruppo e simulazioni – che permettessero loro di contestualizzare le linee guida proposte dal testo in relazione ai bisogni emergenti e alle eventuali criticità presenti nei loro servizi. A conclusione del percorso formativo, è stato chiesto ai coordinatori di elaborare un progetto per la qualificazione e l’innovazione dei servizi di cui sono responsabili – sia servizi comunali sia servizi gestiti da cooperative sociali in convenzione con le amministrazioni pubbliche –, a partire dal lavoro svolto in fase iniziale rispetto alla lettura dei bisogni in ciascun contesto, all’analisi del quadro normativa locale e regionale e a una rilettura critica dei principi proposti nell’EQF. Nei project-work – tuttora in corso di elaborazione – le linee guida proposte dal documento europeo sono state utilizzate, in alcuni casi, per ripensare la partecipazione delle famiglie tramite nuove forme di gestione sociale che promuovano l’accessibilità in contesti di diversità socio-culturale mentre, in altri, per ideare nuove forme di gestione integrata dei servizi in una prospettiva di continuità 1-6.
In questi casi, I’EQF è dunque servito da stimolo, da fonte di ispirazione per i pedagogisti che lo hanno utilizzato come strumento di lavoro operativo per ripensare – insieme agli educatori e agli insegnanti nei loro servizi – le pratiche educative agite in relazione a quelli che sono i nuovi bisogni emergenti di bambini e famiglie nelle singole realtà territoriali entro cui essi operano. Questa esperienza ci suggerisce che i percorsi di innovazione avviati all’interno dei project-work elaborati dai coordinatori pedagogici in formazione costituiscono solo alcuni esempi di come il documento europeo può essere utilizzato, a partire dal basso, per promuovere una rinnovata cultura dell’infanzia che rilanci i servizi – combinando il piano educativo, quello sociale e quello politico – all’interno di un sistema integrato che metta al centro il bambino e i suoi diritti.