Di Pietro Lupi, Coordinatore del Nido “Osteria del curato”, supervisore dei nidi “Anagnina 2” di Roma e “J. Benedetti” di Rapolano, membro del consiglio direttivo del Centro Nascita Montessori.
L’esperienza si svolge nel Nido situato nel quartiere Osteria del Curato di Roma, nella parte sud della città. E’ una struttura comunale costruita tramite l’attivazione di una procedura in Project Financing e gestita dalla Cooperativa Sociale Koinè di Arezzo.
Il Nido Osteria del Curato ha aperto nel settembre del 2008, con l’organico al completo che prevede 14 educatori, 3 assistenti, 1 cuoco e 1 coordinatore. Il Nido è aperto dalle 07,30 alle 16,30, dal lunedì al venerdì nel periodo compreso tra il 1 settembre e il 31 luglio. Accoglie 60 bambini più 9 come posti aggiuntivi considerando un’assenza media del 15%.
Il Servizio è impostato in modo da rispecchiare totalmente le linee guida del pensiero montessoriano, basandosi sui concetti di libertà e di autoeducazione e affiancando ad una formazione iniziale una formazione in itinere guidata dal supervisore esterno Dott.ssa Maria Pia Fini. La vicinanza del Centro Nascita Montessori, che nell’ultimo hanno ha trasferito la propria sede al primo piano della struttura, ha dato luogo ad una continua relazione che ha ulteriormente rafforzato e arricchito il nostro pensiero. L’idea è quella di ottenere un Servizio in cui la sovrapposizione dell’adulto sia evitata dove possibile, un luogo dove il bambino possa compiere le proprie scelte sulle varie offerte presenti decidendo lui per quanto tempo trattenersi e in che momento della giornata dedicarsi a determinate esperienze.
Per far questo, in aggiunta ad una condivisione progettuale del gruppo di lavoro, è indispensabile predisporre l’ambiente in modo che il bambino abbia facile accesso alle aree presenti e l’adulto si manifesti principalmente in un’osservazione partecipante.
Nelle stanze dei bambini durante la giornata si crea un flusso che cerchiamo di non interrompere, piegando l’organizzazione in modo da permettere ai piccoli abitanti di svolgere le proprie azioni seguendo i propri ritmi e necessità.
Il nostro tentativo è quello di creare un ambiente sereno, con dei riferimenti spaziali e temporali ben individuabili, nel quale i bambini possano costruire le loro personalità senza sovrapposizioni superflue; essi troveranno nell’educatrice un sostegno che interferirà il meno possibile nelle loro azioni, intervenendo solo se effettivamente necessario o se richiesto dal bambino stesso e cercando di evidenziare alcuni aspetti trasversali all’attività specifica ma di primaria importanza, come l’alterità e la condivisione, la collaborazione, il sorgere spontaneo di aggregazioni e relazioni e l’autocostruzione di un pensiero libero e laterale.
Osservare e riflettere
Qualche anno fa, durante una delle visite di Maria Pia Fini al Nido, ci soffermammo a lungo ad osservare una bambina nelle stanze dei medi. Ella stava trasportando le stoviglie presenti nell’angolo simbolico della cucinetta attraverso la stanza, portandole presso un piccolo lavandino presente a qualche metro di distanza per occuparsi realmente del lavaggio delle medesime. L’educatrice presente nella stanza era evidentemente preoccupata dall’azione, che comportava un progressivo quanto inevitabile allagamento del pavimento, ma si tratteneva dall’intervenire anche per la nostra presenza nella stanza. La riflessione conseguente ci portò a concludere quanto folli fossimo noi solo a pensare, per non parlare del pretendere, che i bambini dovessero fingere di lavare una pentola nella vaschetta presso la cucinetta quando avevano a disposizione, a pochi metri di distanza, un lavandino funzionante.
Così, in una riflessione avviata dalla singola azione osservata, abbiamo iniziato a immaginare una modalità per facilitare, anziché ostacolare, la dinamica che la bambina ci aveva mostrato. Nell’ipotizzare tali facilitazioni è emersa la possibilità di rendere sempre accessibili, ogni giorno e in tutta la fascia oraria di apertura del servizio, i giochi con l’acqua. L’aspetto più significativo della suddetta possibilità è sicuramente rendere l’esperienza con l’acqua, al pari di quasi tutte le esperienze proposte, un’opportunità che il bambino può cogliere quando lo desidera, per quanto tempo desidera e solo se lo desidera.
E’ infatti logica deduzione il principio che sancisce una libera scelta in relazione ad un’esperienza solo se tale esperienza viene proposta nelle stanze normalmente frequentate dai bambini, in uno spazio ad essa deputato e con una fruibilità non vincolata da orari giornalieri o addirittura settimanali stringenti.
Per donare le suddette caratteristiche all’esperienza legata all’acqua abbiamo così pensato ad un mobile con delle vasche inserite e un piano di appoggio, che permettesse nella sua costituzione lo svolgimento dei vari giochi proponibili (dalla semplice manipolazione al lavaggio delle stoviglie, dal lavaggio dei panni al bagnetto della bambola).
Abbiamo così progettato un mobile ad angolo con spazio sufficiente per le vasche e il piano di appoggio, che avesse anche un piano sottostante dove riporre il materiale relativo alle varie esperienze e gli stivali da indossare. Gli stivali e i grembiuli, appesi alla parete presso l’accesso allo spazio destinato, come il materiale relativo ai diversi giochi possibili, sono stati collocati in modo che il bambino possa accedere in un’autonomia che va crescendo con il passare del tempo, supportato dalla presenza dell’adulto nelle vicinanze; qualora in alcuni momenti della giornata non ci sia la possibilità della presenza di un’educatrice, la zona viene visivamente chiusa da un cordone che segnala ai bambini l’inaccessibilità momentanea.
L’osservazione ha avuto in seguito altri aspetti significativi, soprattutto in relazione ai suggerimenti provenienti dal comportamento dei singoli bambini in azione presso la consolle; grazie a questo abbiamo modificato/implementato/adeguato l’offerta in un processo continuo migliorativo attraverso riflessioni che hanno portato nell’ultimo anno ad affiancare alla zona dei giochi con l’acqua un mobile predisposto per la pittura, così da rendere anche questa esperienza fruibile in tutte le ore del giorno.
La costruzione delle consolle con l’aiuto dei genitori
Una volta realizzato il progetto abbiamo chiesto aiuto ai genitori per la realizzazione, inserendola nei laboratori serali che svolgiamo settimanalmente nei mesi invernali. Tra le famiglie sono emerse fortunatamente notevoli competenze in ambito del bricolage, il che ha permesso al mobile di prendere forma nel giro di poche sere e soprattutto ha consentito ai genitori una reale partecipazione ed un ulteriore avvicinamento al pensiero dominante della nostra comunità di pratiche. In questo iter le due consolle, per le stanze dei medi e dei grandi, sono state costruite e rifinite, rese impermeabili tramite apposite resine e vernici e collocate negli spazi pensati in prossimità dei lavandini presenti nelle stanze. In questo processo di costruzione si è rafforzato il legame tra educatrici e genitori con una progressiva crescita di fiducia e stima reciproche, in uno spazio e in un tempo informali dove spontaneamente la condivisione del progetto educativo e la partecipazione di fatto alla vita del Servizio.
Il coinvolgimento delle famiglie e i vari tentativi di portarle “dentro” il Nido sono indispensabili al fine di creare un luogo fisico e mentale dove la libertà, l’attenzione all’alterità e la consapevolezza, respirate ad ogni livello (bambini, genitori ed educatrici), divengano una solida base di appoggio per quel flusso vitale, svincolato da qualsivoglia rigidità, così propedeutico allo sviluppo del senso critico e del pensiero laterale.
La focalizzazione si sposta: il laboratorio dietro il laboratorio
Nelle osservazioni effettuate presso le consolle, soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla loro installazione, lo sguardo delle educatrici ha cominciato a cogliere altri aspetti che, acquistando gradualmente salienza, sono diventati preponderanti fino ad incentivare uno spostamento della focalizzazione.
Nel flusso libero dei bambini presso i giochi con l’acqua, dove per libero si intende, lo ribadiamo nuovamente, caratterizzato dall’assenza di orari e calendari che ne andrebbero a vincolare e limitare l’accessibilità, abbiamo osservato una crescita esponenziale della socialità e delle relazioni.
In quello “spazio vitale” creatosi intorno alla consolle possiamo vedere bambini che accedono e che escono fuori dal gioco indossando e togliendo stivali e grembiuli e nel farlo si aiutano a vicenda, che scelgono quale tipo di esperienza effettuare spesso consultandosi con i pari, che aiutano spontaneamente il bambino che sta giocando nella vasca a fianco all’emergere di piccole difficoltà, che attendono il proprio turno seduti sulla piccola panca intessendo durevoli conversazioni con i compagni; merita poi un’annotazione a parte, essendo un’azione che abbiamo visto ripetersi frequentemente, il sopraggiungere di altri bambini che si affacciano dal retro del mobile innescando dialoghi con coloro che stanno giocando, lavando le stoviglie o semplicemente verificando il galleggiamento/affondamento di alcuni solidi a diposizione, coinvolti nell’effettuare loro stessi una sorta di “osservazione partecipante”.
Ecco allora che i processi di socializzazione, senza alcuna forzatura dell’educatrice in tale direzione, si sviluppano in maniera esponenziale dando origine al cementarsi di relazioni, all’innesco di comportamenti collaborativi, al mutuo aiuto e alla cooperazione, alla pienezza dell’alterità e al rispetto dell’altrui lavoro, rivelando uno spaccato di umanità dove la costruzione del sé può realizzarsi supportata da un contesto ricco di stimoli e opportunità ma soprattutto dalla pienezza di un clima sociale dove l’attenzione alla soggettività e ai percorsi individuali finisce per incrementare, anziché diminuire, lo spirito di collaborazione e aggregazione.
Il sorgere delle suddette connotazioni qualitative, che si verifica presso ogni esperienza quando essa viene bonificata da rigidità e sovrapposizioni, è stato osservato per la prima volta presso l’area destinata al “laboratorio” (colla, taglio, travasi, osservazioni naturalistiche ecc.) ed ha assunto, nell’ambito della nostra piccola comunità di pratiche, per questo motivo la definizione di “laboratorio dietro il laboratorio”. Nella stessa definizione dovrebbe essere comprensibile l’intenzione di conferire una maggiore importanza alle dinamiche interpersonali e il risultato di queste sul lavoro interiore del bambino rispetto all’acquisizione delle così dette “abilità e competenze” relative allo specifico lavoro che il bambino sta effettuando.
Tutto questo non significa assolutamente svalutare tutta la parte relativa alla predisposizione dell’offerta, al materiale e agli strumenti disponibili e al valore intrinseco dell’esperienza, che deve indubbiamente essere sostenuta da un lavoro continuo di riflessione, progettazione, preparazione e implementazione da parte delle educatrici; quanto detto deve invece stimolare riflessioni su quanto sia importante non interrompere inutilmente l’azione in corso ed osservare la nascita trasversale di competenze “altre”, sociali e relazionali, sorrette dal libero flusso, dalla spontaneità e dall’autenticità di ogni persona presente, ivi compresa l’educatrice.
Per riassumere, il tentativo è quello di costruirsi nell’osservazione modalità che vadano a recepire e sottolineare aspetti significativi ed aggiuntivi rispetto al solo svolgimento dell’esperienza in corso.