Cari genitori. Pensieri disordinati sul teatro per piccolissimi
è un piccolo libro edito dalla Fondazione Gualandi Edizioni. È un libro rivolto ai genitori, ma utilissimo anche per educatori, insegnanti e operatori che lavorano nel settore. Il libro evidenzia in modo particolare la relazione profonda e di ascolto che, chi lavora con i piccolissimi, dovrebbe adottare, sempre.
Roberto Frabetti, che ha un’esperienza di più di trent’anni di teatro per piccolissimi, in questo libro mostra la sua grande capacità di mettersi in relazione, ma anche, e soprattutto, la capacità di mettersi in discussione.
Stare in relazione con i bambini in questa modalità di ascolto profondo, vuole dire essere disposti a cambiare, ritornando sulle proprie idee e convinzioni.
È un esempio di relazione adulto e bambino che si basa sul rispetto. È un invito a porsi in ascolto dei più piccoli, dandosi tempi di attesa, in cui fermarsi e semplicemente guardare e ascoltare per riuscire a cogliere ciò che hanno da dirci. Il bambino ci parla e lo fa nei modi e nei tempi anche più inaspettati. L’invito al rispetto nei confronti dell’infanzia è esplicitato anche dalla qualità e dalla scelta della proposta artistica.
Ai bambini va offerto il meglio, consapevoli non solo del fatto che sono esigenti, ma soprattutto che hanno il diritto di fare esperienza di più linguaggi possibili, contribuendo ad ampliare il loro mondo di possibilità.
La Fondazione Gualandi che da sempre si occupa di inclusione e – in modo particolare, attraverso il nido Il cavallino a dondolo e la scuola dell’Infanzia Al cinema! a Bologna- di creare contesti che possano accogliere nel migliore dei modi ogni bambino, ognuno con le proprie caratteristiche, ha deciso di pubblicare questo testo per contribuire a diffondere uno sguardo ‘interessato’ verso l’infanzia.
Cari Genitori raccoglie un’esperienza di più di 30 anni di teatro con i bambini piccolissimi. Perché hai sentito il bisogno di rivolgerlo ai genitori?
Cari Genitori… è una lettera aperta diretta a tutti i genitori, ma in particolare a tutti quelli che hanno figli molto piccoli, per condividere con loro una parte di quel patrimonio d’immagini e riflessioni raccolto in più di 30 anni di teatro per i piccolissimi, osservando le bambine e i bambini da zero a tre anni.
Una lettera, non un manuale che raccoglie istruzioni per l’uso. Perché ogni bambina o bambino è un pezzo unico, ha una storia propria, forse simile, ma mai uguale a quella di un altro o altra, inclusi fratelli e sorelle. Sono pensieri disordinati per raccontare quanto le bambine e i bambini siano straordinariamente e semplicemente complessi, sorprendenti per la ricchezza dei loro pensieri e la profondità delle loro emozioni.
Il teatro, quello di qualità, interessa il nostro mondo interiore. Quando l’esperienza ci coinvolge insieme ai nostri figli allora è possibile che tocchi corde inattese della nostra genitorialità.
Faccio teatro da tanti anni e le infinite potenzialità di questa arte continuano a sorprendermi.
E sono sincero quando affermo che il teatro possa stupirci, offrendoci opportunità impreviste.
Come quelle che possono mostrarsi quando da genitori ci accompagniamo ai nostri bambini per vivere insieme un’esperienza artistica. Ridere e commuoversi assieme. Anche se io sono la mamma, il babbo e tu sei la bimba, il bimbo.
Anche se io ho 20, 30 anni più di te e le nostre esperienze sono così diverse. Nostre e uniche.
Io sono io, tu sei tu, ma camminiamo insieme.
Un libro è dedicato a tutte le bambine e i bambini, alle famiglie, tutte, perché l’esperienza genitoriale è una meravigliosa avventura, un vero e sorprendente salto nel buio. E mi piace pensare che il teatro possa essere utile in questa impresa.
L’esperienza con il teatro per piccolissimi da dove è nata e perché?
Il progetto “Il Nido e il Teatro” è nato nel 1986 da un’idea di Marina Manferrari e Anna Sbalchiero, allora educatrici del Nido Ada Negri di Bologna. Un’idea, una provocazione o forse sarebbe meglio dire un’intuizione straordinaria, raccolta da La Baracca che passo dopo passo avrebbe fatto camminare assieme tanti di noi, coinvolgendo artisti, educatrici e pedagogisti prima di Bologna e poi di tutto il mondo.
Sono stati davvero tanti i compagni di strada, tra questi mi piace ricordare oltre a Marina e Anna, Franca Marchesi che per anni ha sostenuto quella intuizione e Paola Vassuri che con Marina ha portato a casa quel protocollo ZeroTreSei…teatro tra Comune di Bologna e La Baracca che spero possa dare gambe a questa bella storia ancora per tanto tempo.
“Il Nido e il Teatro” è una bella storia che ha coinvolto tante bambine e tanti bambini dei Nidi d’Infanzia, quell’istituzione educativa che per me è una tappa educativa fondamentale nella vita di un bambino, perché accompagna quel vertiginoso periodo di grande apprendimento che sono i suoi primi 1000 giorni di vita. Devo dire che io per i Nidi ho perso la testa. Prima come attore curioso, poi come babbo, sempre di più come artista e ricercatore appassionato. Certamente per gli alieni che li abitano, ma anche per l’ambiente dinamico che gli adulti hanno creato per loro.
Il progetto “Il Nido e il Teatro” era ed è una ricerca sul “bambino spettatore”, soggetto attivo e protagonista di una intensa relazione umana, come dovrebbe essere sempre quella che si crea nel corso di un atto performativo. Abbiamo condiviso come obiettivo primario quello di concorrere a porre in evidenza come il bambino piccolo, quello da 0 a 3 anni, possa essere considerato “uno spettatore completo”, con la sensibilità e le competenze proprie della sua età.
Pensando che oggi i piccoli siano spesso totalmente esclusi dall’offerta culturale perché ritenuti non ancora “pronti” a vivere il ruolo attivo di spettatore.
Una valutazione che direttamente incide anche sull’offerta culturale per i bambini da 3 a 6 anni, perché, di conseguenza, sono considerati come quelli che anno dopo anno imparano a diventare “buoni spettatori”.
Un’idea che lega innaturalmente l’accesso alle arti performative allo sviluppo cognitivo. Una visione “progressiva”, indirizzata allo “spettatore del domani”, diametralmente opposta a quella incentrata sullo “spettatore dell’oggi” che invece valorizza la qualità della relazione sensibile che, indipendentemente dall’età dei bambini, si instaura nel corso di un atto performativo tra artisti e pubblico.
Visioni di futuro, visioni di teatro, il festival internazionale di arti performative per la prima infanzia nasce dall’esperienza de “Il Nido e il Teatro”, dalla ricerca sullo 0-3, ma, come il Protocollo Zerotresei…teatro ha ampliato la sua attenzione a tutta la prima infanzia, per rimarcare l’importanza di ogni singola giornata di quei primi duemila fondamentali giorni di vita che vanno da zero a sei anni. Sono tutti percorsi di ricerca attiva per concorrere a migliorare, qualitativamente e quantitativamente, la proposta artistica e culturale per i più piccoli.
È molto interessante e molto chiaro il fatto che questo libro non abbia l’intenzione di spiegare o insegnare nulla, ma che nasca dal desiderio proprio di condividere pensieri, che, come definisci nel sottotitolo, sono disordinati. Questa idea di disordine lascia spazio ad un pensiero in continua evoluzione che vuole innescare e far continuare riflessioni, rendendo il lettore partecipe di un orizzonte che può potenzialmente diventare sempre più ampio…
Sono passati 35 anni dal giorno in cui i bambini piccoli sono apparsi al mio “orizzonte”.
Non ho usato la parola orizzonte per caso. Penso che il rapporto che abbiamo con l‘orizzonte sia una buona metafora per descrivere la relazione che come adulti abbiamo con adolescenti e bambini, soprattutto con i più piccoli.
Forse ricordate la frase di Fernando Birri, spesso citata (da Edoardo Galeano?) “L’utopia è come l’orizzonte, se io faccio 3 passi, l’orizzonte si allontana di 3 passi, se faccio 10 passi, l’orizzonte si pone 10 passi più in là, per quanto io cammini, non lo raggiungerò mai. A cosa serve? Proprio a questo…a camminare.”
Sostituite alla parola Utopia, la parola infanzia e forse capirete perché l’orizzonte mi sembra una metafora perfetta e anche quale sia stato l’approccio che mi ha guidato questa bellissima storia.
Osservare l’orizzonte, osservare l’infanzia e “camminare”.
Nella mia testa è rimasta impressa una frase di Roger Bedard (professore emerito e direttore del Programma “Theatre for Youth” dell’ Arizona State University) a una conferenza sul fare teatro per i ragazzi: i piccoli “Pensano in modo complesso e sentono in un modo che ancora non conosciamo”.
Condivido totalmente queste parole sia nel significato, sia e soprattutto nella loro accezione di invito a continuare a indagare, a “camminare”, a fare ricerca o anche semplicemente a osservare l’infanzia.
Osservarla, sapendo che non la raggiungeremo mai all’orizzonte, osservarla per cercare di cogliere un particolare, un dettaglio in più.
In questi anni la ricerca artistica che ho potuto sviluppare mi ha catturato, ma il poter essere un osservatore privilegiato di bambini e bambini così piccoli mi ha realmente entusiasmato e continua ad entusiasmarmi.
Osservatore privilegiato perché ho potuto entrare a contatto con loro attraverso il teatro, un linguaggio che vive della vicinanza e coinvolge tutti gli elementi della corporeità, dal gesto, alla voce, dal respiro alla postura, dallo sguardo all’ascolto…
Un linguaggio complesso per tecniche e struttura, ma incredibilmente semplice per la naturalezza delle relazioni che si possono creare durante l’atto performativo, anche tra un adulto e un bambino piccolissimo.
Un osservatore privilegiato perché nella unicità della ricerca bolognese, io e i miei colleghi de La Baracca abbiamo potuto incontrare i bambini nella dimensione della comunità educativa, quella dei Nidi d’infanzia, come abbiamo potuto incontrare i bimbi da 3 a 6 anni all’interno della loro esperienza alla Scuola dell’infanzia.
La seconda parte del libro è dedicata a un “non decalogo”, una serie di suggerimenti per “accompagnarsi ai bambini”…
Come ho detto prima il libro vuole essere “una lettera”, un racconto diretto, soggettivo. non un manuale o un manifesto.
Da questa idea nasce questa parte che conclude il libro, riportando una serie di brevi riflessioni.
È un “non-decalogo”, intanto perché i punti sono 14 e poi non ci sono regole o istruzioni per l’uso, ma semplici suggerimenti per vivere l’andare a teatro come un’esperienza piacevole e utile.
Nell’introduzione a questa parte del libro, ho riportato una frase scritta Leonard Peltier nel suo magnifico libro “La mia danza al sole – Scritti dalla prigione”.
“Siate grati di non essere stati maledetti con la perfezione. Se foste perfetti, non avreste nulla da ottenere nella vita. L’imperfezione è la fonte di ogni azione. Questa è sia la nostra maledizione, sia la nostra benedizione in quanto esseri umani. La nostra estrema imperfezione rende la vita sacra. Non dobbiamo essere perfetti. Dobbiamo essere utili.”
Penso che sia un’indicazione preziosissima per chi accompagna i bambini e le bambine lungo il sentiero della loro vita. Soprattutto per i genitori, perché li libera dall’idea della perfezione che male si accompagna al loro mestiere, dove l’unicità dell’esperienza fa sì che l’errore sia sempre lì, dietro l’angolo.
Sono suggerimenti disordinati come lo sono i pensieri della prima parte, quali “Accompagnarsi ai bambini”, “Una comunità educante”, “Per favore spegnete lo smartphone…”, “Sensibili alla loro sensibilità”, “Non c’è bisogno di spiegare”, “Il patto di finzione”… Suggerimenti soggettivi, da prendere con leggerezza, ma di cui sono profondamente convinto.
Traggo le conclusioni dalla recensione al libro di Lorenzo Campioni, sulla rivista Effeta n.1 2021.
Cari genitori, si può definire un libro di pedagogia vissuta, una lezione ricca di spunti, di considerazioni fondamentali per l’educazione dei piccoli “per ricordare quanto i bambini siano straordinariamente e semplicemente complessi”, a cui si aggiunge “la bellezza della particolarità di ogni bimbo o bimba”. La lettera è un racconto che riguarda la ricchezza straordinaria delle capacità cognitive, relazionali, sociali, di connessione del bambino piccolo; queste si manifestano pienamente solo se c’è rispetto dei suoi ritmi di crescita.
Un vero trattato lieve di pedagogia e di psicologia del bambino piccolo, visto con l’occhio attento di un attore interessato a entrare in relazione con ogni bambino, a dedicargli tempo, spazio e ascolto rispettoso senza alcuna pretesa di dominarlo. Il testo di Frabetti può essere considerato un antidoto alla superficialità che può coinvolgere anche chi tutti i giorni ha la fortuna di frequentare i bambini e condividere gran parte della giornata con loro.
Fino a quando un’educatrice o un’insegnante conserva la freschezza di lasciarsi stupire dalle piccole o grandi conquiste quotidiane di ogni bambino e si esercita nella capacità di osservare con curiosità, interesse e partecipazione l’attività laboriosa e indefessa dei bambini, si può affermare che lì si fa educazione e cura di qualità.