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Zerosei: lo stato dell’arte

Cinzia Mion

Dirigente scolastica, Formatrice, Psicologa


Per provare a delineare lo stato dell’arte del decreto legislativo n°65/2017 sul sistema integrato di educazione e istruzione 0/6 è opportuno che anticipiamo una veloce carrellata di tutti i provvedimenti che, a partire dalle Indicazioni Nazionali del 2012, si sono succeduti.

Affermiamo prima di ogni cosa come il decreto in questione segni una svolta molto importante per il Paese perché pone un focus essenziale sulla prima infanzia. Successivamente va considerata degna di rilievo la nota 404 del febbraio 2018, indirizzata agli Uffici scolastici regionali, che offre orientamenti operativi sulla governance.

Non possiamo dimenticare il decreto378 del 9 maggio 2018 sulla formazione universitaria specifica e la nota successiva, dell’Ufficio legislativo del Miur del 1 agosto 2018, sui titoli di accesso alla professione di educatore/trice 0/3.

Aggiungiamo pure l’avvio sperimentale del Rav-infanzia che riguarda il rapporto di autovalutazione per le “scuole” dell’infanzia, esclusi per fortuna gli esiti dell’apprendimento dei bambini e della bambine.

Riteniamo opportuno anche ricordare il compleanno della scuola materna statale che compie 50 anni (1968/2018): direi portati bene!

Servizi educativi e scuole dell’infanzia

Nella realtà italiana finora il percorso è costituito da due strutture separate, tranne i casi in cui sorgono l’una accanto all’altra. Anche così non è detto però che applichino la condivisione e la co-costruzione di autentici percorsi di continuità.

La struttura dell’asilo nido in Italia per ora risponde a circa il 23% della fascia di età (0-3), con pilotaggio legislativo regionale e gestione affidata ai comuni e ai privati convenzionati e/o autorizzati (50% per i due comparti).

La struttura della scuola dell’infanzia risponde invece a circa il 95% della fascia di età (3/6) con pilotaggio legislativo statale e gestione affidata allo stato (60%), ai Comuni (10%) , e al privato paritario (30%).

Il Decreto legislativo è chiamato a vincere la sfida della diffusione di entrambe le strutture sapendo valorizzare la specificità dei due settori (0-3 e 3-6), sotto il profilo istituzionale, gestionale, organizzativo ma soprattutto pedagogico.

Aspetti programmatici importanti

Il Governo con la delibera dell’11 dicembre 2017 ha varato il Piano di azione nazionale pluriennale. Questo diffonde un sentimento di sicurezza e garanzia ma non sappiamo quanto potrà essere la spia di un reale passaggio all’azione efficace.

Il Piano detta una tempistica interessante e, sembrerebbe, cogente:

  • entro febbraio di ogni anno il Miur definisce le linee strategiche di intervento e l’intesa da condividere con le regioni sui criteri di ripartizione del Fondo;
  • entro marzo le Regioni stabiliscono le tipologie prioritarie di intervento, le loro caratteristiche e le modalità di presentazione delle domande da parte dei Comuni;
  • entro aprile i Comuni (singoli o associati) inviano alle Regioni le richieste per l’attuazione del Piano sulla base delle tipologie prioritarie;
  • entro giugno le Regioni definiscono la propria programmazione (acquisito il parere delle Anci regionali) e la comunicano al Miur;
  • entro luglio il Miur eroga direttamente ai Comuni (singoli o associati) le risorse.

 

Collaborazione tra Enti

Un altro degli aspetti particolari del decreto 65 è la richiesta fatta allo Stato di attivare un sistema informativo nazionale coordinato con Regioni, Province autonome e Comuni per attivare un’anagrafica delle unità di offerta (singolo servizio) per poi procedere ad un secondo obiettivo: avviare un’anagrafica individuale dei bambini che frequentano i servizi, così come è previsto per i bambini della scuola dell’infanzia. “Si potrà così accompagnare ogni bambina e bambino lungo tutto l’iter prescolastico e scolastico e impegnarsi per garantire a ciascuno l’opportunità di partire bene e forte, come ci richiedono documenti internazionali” afferma un documento che proviene dal Gruppo nazionale Nidi e Infanzia.         Anche la nota del Miur del febbraio 2018 raccomanda una collaborazione interistituzionale in modo che tutte le istituzioni chiamate a concorrere alla realizzazione del sistema integrato di educazione ed istruzione 0-6 possano attivare un Tavolo di confronto tra Amministrazione scolastica, Regioni, Enti locali, Servizi e Istituzioni educative statali, private e paritarie, comprese le Università. Sono chiamati così in causa la Conferenza unificata e gli Uffici scolastici regionali nella prospettiva di una governance strategica, articolata ed efficace.

 

E le risorse economiche?

Lo Stato si impegna a collaborare con Regioni e Comuni anche dal punto di vista economico. Prevede di assegnare finanziamenti direttamente al bilancio del Miur, che dovranno essere utilizzati per i servizi e per le scuole dell’infanzia. Verranno liquidati direttamente ai Comuni (209 ml per il 2017, 224 ml per il 2018 e 239 ml per il 2019 a cui sono stati aggiunti per il triennio circa 10 ml all’anno in modo specifico per le “sezioni primavera”).

Le Regioni però devono attuare una Programmazione dettagliata e compartecipare al finanziamento (nel 2018 per il 20% e dal 2019 per il 30%).

 

I poli

Lo scenario 0-6 si accompagna nel tempo a delle situazioni sperimentali dalla grande valenza innovativa. Per esempio il polo zerosei viene visto come un “campus per i bambini”

Anche per questo però sono necessari fondi (sono stati stanziati solo 150 ml!) ma servono pure interventi strutturali. L’aspetto fondamentale, oltre a date caratteristiche architettoniche, è quello che il polo dovrebbe avere una elevata qualità pedagogica, con soluzioni flessibili, spazi aperti, contatto agevolato con la natura… Diventano perciò essenziali le diverse competenze delle varie professionalità che ruotano intorno allo zerosei (educatrici, insegnanti, ausiliari, coordinamento). Ovviamente tutto ciò rimanda al problema delicatissimo ed ineludibile della formazione : iniziale ed in servizio.

 

Sezioni primavera

Le “sezioni primavera” possono essere un assaggio di “polo” per l’infanzia? Sono più auspicabili all’interno del nido o della scuola dell’infanzia? Per i cosiddetti “standard di funzionamento” la struttura deve adattarsi ai bambini e non viceversa. Gli spazi devono essere idonei, gli arredi adeguati, il rapporto numerico ridotto, la presenza di servizi di supporto, le professionalità educative all’altezza del compito specifico. Dovrebbe essere inoltre stabilizzato l’organico del personale (sarebbero auspicabili tre figure: una educatrice, una bambinaia, una insegnante)

 

I prossimi passi

All’interno del Piano di azione pluriennale approvato anche in sede di Conferenza Unificata si è data la priorità alla diffusione dei Nidi però si è anche puntato all’espansione quantitativa e qualitativa delle scuole dell’infanzia e, successivamente, il Miur ha dato avvio all’organico di potenziamento; questa scelta potrebbe offrire una possibilità per il coordinamento pedagogico e avviare una maggiore compresenza.

Vengono confermate le Indicazioni Nazionali 2012 ma è stata costituita una Commissione scientifica per l’infanzia che deve elaborare le Linee guida 0-6 (che comprenderanno gli Orientamenti per i nidi e saranno coerenti con le Indicazioni per la scuola per l’infanzia.

Scatta però un allarme: NON E’ ANCORA STATA CONVOCATA!

 

Formazione iniziale

Sulla formazione iniziale è uscito il 1 agosto 2018 una nota del Miur che accompagna il DM 378/2018 che definisce anche i contenuti formativi (60 crediti) che dovranno acquisire coloro che sono già in possesso della laurea quinquennale, e non solo. Si rimanda al decreto e si chiariscono anche numerosi quesiti nel frattempo pervenuti.

 

Un po’ di pedagogia

Povertà educativa

Non possiamo che essere soddisfatti che in questo modo la prima infanzia sia stata posta all’attenzione di tutto il Paese. Investire sullo “zerosei” significa investire infatti sul “futuro”: prospettiva molto carente considerato che siamo tutti presi a vivere e consumare la dimensione del “presente”.

Ne è scaturita però contemporaneamente una analisi impietosa di buona parte dell’Italia del sud dove risulta accentuata oltre a quella materiale anche la povertà educativa.

La povertà educativa minorile non è solo povertà attuale ma sottende l’impossibilità di accesso a beni , servizi e opportunità necessari alla crescita verso un futuro auspicabile. Insidiosa quanto e più di quella economica priva bambini della possibilità di apprendere e sperimentare, scoprendo le proprie capacità, sviluppando le proprie competenze, coltivando i propri talenti e allargando le proprie aspirazioni.

La povertà educativa spesso diventa anche povertà etica intesa come mancanza di cura, ricevuta in questo ambito, per poter resistere alle derive sociali negative che caratterizzano l’epoca attuale.

L’intersoggettività e la corresponsabilità educativa

Investire nello “zerosei” significa però anche dare fiducia ad un paese in affanno per la denatalità ed anche fare intravvedere un sostegno alle donne e al loro eventuale progetto di maternità

Significa conoscere ed apprezzare l’intersoggettività, cui siamo tutti programmati fin dalla nascita. Significa sapere che nidi e scuole dell’infanzia offrono a tutti i bambini e le bambine una modalità di interazione, attraverso una relazione attenta e curata , che li fa sentire riconosciuti e confermati, quindi incoraggiati ad evolvere in modo positivo. Teniamo presente che negli ultimi tempi il movimento dell’Infant research, che fa capo a Daniel Stern, recentemente scomparso, ha sottolineato come ogni neonato sia da subito competente vale a dire presenti la struttura di “essere con…” Questa consapevolezza sottolinea l’importanza della frequenza al nido dove è presente un caregiver adeguato al compito e soprattutto ci sono gli altri bambini con cui avere l’opportunità di poter interagire precocemente. Significa apprezzare la crescita sociale dei bambini, all’interno di una corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia, particolarmente significativa all’interno dei nidi, indispensabile in questa fase di difficoltà genitoriale. Appare infatti molto utile provare ad insegnare a coniugare “amorevolezza ed autorevolezza” a genitori spesso oggi un po’ spaesati, rispetto allo spessore pedagogico del compito loro richiesto.

 

A tre anni i giochi sono fatti

Recentemente due psicologi del’Università del Kansas, B.Hart e T.Risley, hanno dichiarato che a tre anni i giochi sono fatti! Hanno iniziato con la riaffermazione degli stessi risultati che, a sua volta, aveva scoperto B.Bernstein negli anni 70. Si tratta dell’enorme differenza dello sviluppo dell’intelligenza, dovuto al linguaggio, che i bambini assorbono dal contesto culturale di appartenenza. Fin qui niente di nuovo rispetto alla correlazione “pensiero-linguaggio” e nemmeno all’interdipendenza tra il già noto “codice ristretto o codice elaborato” a seconda della classe sociale di appartenenza dei genitori (della madre nella fattispecie). Risulta ovvio che il linguaggio delle educatrici all’interno del nido, che dovrebbero sempre anche “pensare a voce alta” mentre accudiscono i bambini accompagnando le azioni con la parola, è senz’altro un codice elaborato che aiuta l’implementarsi delle categorie mentali fondamentali (spazio,tempora, causa-effetto, ecc).

L’aspetto però più interessante e meno scontato che questi autori hanno messo in evidenza è stato il processo di incoraggiamento di cui è intriso il codice elaborato. Anche le reti neuronali e le relative sinapsi dimostrano che a tre anni i giochi sono fatti come afferma M.Farah (dalla Pennsylvania). Determinante è risultato il modo di giocare, di comunicare, di costruire relazioni fatte di azioni e reazioni intenzionali ed esplicite, e la disponibilità a mostrare i sentimenti e le emozioni.

Anche il professor Legrenzi dell’Università IUAV di Venezia sostiene la medesima tesi aggiungendo però altri due fattori e precisamente la tenacia e la capacità di differire le gratificazioni. Possiamo anche affermare che questo potrebbe essere un altro interessante contributo da utilizzare per il sostegno alla genitorialità.      Sempre in tenerissima età si acquisisce, secondo Legrenzi, la capacità del ragionamento di base, chiamato dagli psicologi “pensiero puro” consistente nella capacità di ragionare indipendentemente da quello che si sa. Mi sembra una affermazione molto interessante che collego subito ad un passaggio delle Indicazioni :”Nella relazione educativa gli insegnanti svolgono una funzione di mediazione e di facilitazione e, nel fare propria la ricerca dei bambini, li aiutano a pensare e a riflettere meglio, sollecitandoli a …fare ipotesi….”

 

Il processo di incoraggiamento

Per un efficace processo di incoraggiamento, più valido di un semplice rinforzo che in breve tempo diventa inflazionato, bisogna partire stimando il bambino così com’è. Naturalmente questo non significa non avere un progetto educativo per lui, significa applicare la cosiddetta “accettazione incondizionata “ di cui parla Rogers. Attraverso l’accettazione passa la fiducia che gli va però dimostrata ed esplicitata in modo tale che possa averla in se stesso. Anche credere nelle sue capacità e conquistarsi così la sua confidenza diventa importante perché in questo modo possiamo formarlo al rispetto di se stesso. Fondamentale è poi per lui il gruppo che facilita ed incrementa la sua maturazione. C’è una legge non scritta: ogni bambino deve sentirsi integrato in un gruppo, all’interno del quale deve avvertire la sua posizione sicura. L’adulto, per avviare un buon processo di incoraggiamento nei confronti dei bambini “scoraggiati”, deve lasciarsi sempre meravigliare, “spiazzare” dalle piccole conquiste e piccole competenze acquisite, anche se non previste e non “insegnate”. Bisogna far leva su queste dimostrando al bambino che lo abbiamo ben presente e che se notiamo le sue risorse la nostra fiducia ha buone basi ed è “autentica”. Vanno sempre poi utilizzati gli interessi veri del bambino scoraggiato per riattivare la sua motivazione.

 

Uno sguardo verso il basso

Non è infrequente che, facendo formazione, personalmente mi ritrovi a sollecitare a dare “uno sguardo verso il basso” (considerato che troppo spesso i docenti sono abituati a guardare invece all’ordine di scuola superiore ed anche con una qualche sudditanza). Mi accade per esempio, di fronte ai docenti della secondaria di primo grado, (soprattutto a quelli del biennio) di invitarli a prendere lo spunto dalla didattica della secondaria di primo grado. A questi ultimi raccomando con grande convinzione (essendo anche in buona compagnia: anche il Prof.Cornoldi raccomanda la medesima attenzione!) di imparare da quelli della primaria, visto poi che convivono sotto lo stesso tetto (anche se spesso separati in casa!).

Suggerisco perciò anche in questa sede ai docenti della scuola dell’infanzia di rivolgere con più frequenza uno sguardo verso il nido, verso le sue buone pratiche, dove la cura e l’attenzione per accompagnare la crescita e l’evoluzione del bambino sono un’esperienza intensa ed entusiasmante che non può essere spenta attraverso precocismi deleteri ed asfittici. (purtroppo ancora troppo diffusi).La scuola dell’infanzia, definita un tempo da G.Berlinguer, “il fiore all’occhiello”del sistema scolastico italiano, possiede al suo interno delle pratiche meravigliose di didattica che hanno sempre fatto di questo ordine di scuola “un vivaio di relazioni umane”(K.H.Read) da non aver bisogno di scopiazzare ed anticipare quelle della scuola primaria.

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