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Una scelta di qualità: il coordinamento pedagogico territoriale

Paolo Zanelli

Autore


Ferrara, 26 maggio 2018

Prima di proporvi la mia riflessione sull’argomento del seminario di oggi (il coordinamento pedagogico territoriale come scelta di qualità), esplicito il punto di vista attraverso cui leggerò la tematica proposta. La mia formazione è filosofica e pedagogica, ma, per decenni, ho diretto i servizi educativi e scolastici di un comune (comune di Forlì). Forse anche per questo mi sono fatto la convinzione che la costruzione di un sistema di servizi educativi e scolastici 0-6 anni di qualità debba trovare nell’Ente locale un importante ruolo di governance territoriale: un ruolo di governance che mi sembra riconosciuto in pieno dalla normativa nazionale e, in modo particolare, dal DLgs 65/2017. Il Coordinamento pedagogico territoriale, in questo quadro di riferimento, potrebbe costituire una risorsa fondamentale per la qualificazione del sistema dei servizi e, quindi, anche un elemento importante, dal punto di vista tecnico, di una governance territoriale. Questo, in sintesi, il punto di vista che sta dietro il mio intervento.

 

Veniamo al tema. L’argomento del seminario (il coordinamento pedagogico territoriale come scelta di qualità) richiede, a mio modo di vedere, un chiarimento preliminare dei termini utilizzati.
A cosa ci si riferisce, in primo luogo, quando si parla di “qualità”? Intendiamo la “qualità” dei singoli servizi? Certamente, la qualità educativa dei singoli servizi è la base di partenza di ogni ragionamento e un obiettivo fondamentale dell’intervento progettuale di un Ente locale (ricordo che il punto di vista da cui parto è quello di una governance territoriale del sistema dei servizi educativi e scolastici).
Ma non parliamo solo di qualità dei servizi educativi e scolastici. Parliamo anche, e soprattutto, di qualità dell’intero sistema dei servizi.
Quando parlo di servizi e di sistema dei servizi, in questo mio intervento, ne parlo nei termini utilizzati dal DLgs 65/2017, cioè come “servizi educativi e scolastici” e come “sistema dei servizi educativi e scolastici”. In generale, per “servizi educativi”, la normativa intende i servizi educativi 0-3 anni, mentre, quando parla di “servizi scolastici”, si riferisce alle scuole dell’infanzia. Quindi, quando parlo di “servizi” in generale, intendo sia i servizi educativi 0-3, sia le scuole d’infanzia.

Parlare di qualità del sistema dei servizi educativi e scolastici significa parlare di un “qualità diffusa”. Oggi la sfida non è riuscire a costruire dei singoli servizi di qualità, che rifulgano come fari, nel mare dell’ordinarietà. La sfida, oggi, è quella di tenere insieme la qualificazione dei singoli servizi e la qualificazione dell’intero sistema. Al di fuori della costruzione di un sistema di qualità diffusa, la qualità di singoli servizi esemplari è destinata a rimanere, nel tempo, parziale e solitaria.

Questa prima precisazione terminologica mi consente di introdurne un’altra.
Quando parliamo di “coordinamento pedagogico territoriale” a cosa ci riferiamo? E perché, poi, utilizziamo il vocabolo “territoriale”? Quando ne parliamo, intendiamo tutti la medesima realtà? Si può dare per scontato, oggi, che il dirigente di un istituto comprensivo statale o il responsabile di una cooperativa che gestisce servizi educativi abbiano la medesima rappresentazione mentale di “coordinamento pedagogico territoriale” che può avere un dirigente dei servizi educativi di un comune o un pedagogista? Non lo darei proprio per scontato.
Per questo motivo, allora, risulta necessario, in apertura, esplicitare cosa si intende per “coordinamento pedgogico territoriale” (che chiamerò, da ora, CPT) e in che senso si parla di CPT come di risorsa strategica per la qualificazione del sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni.

Perché, intanto, si parla di coordinamento pedagogico territoriale del sistema dei servizi educativi e scolastici e non semplicemente di coordinamento pedagogico dei servizi?
Il DLgs 65/2017, il riferimento legislativo principale per la definizione di CPT, ne parla (Art. 4) come di un obiettivo strategico del Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni.
Ritengo essenziale, per comprendere di cosa stiamo parlando, quando parliamo di CPT, distinguere il “coordinamento pedagogico territoriale” dal “coordinamento dei servizi” educativi e scolastici.
Se non comprendiamo questa differenza, che sta alla base, come vedremo in seguito, della normativa della RER e, di conseguenza, anche di quella nazionale, che alla normativa della RER si è, per più versi, ispirata, corriamo il rischio di invischiarci in una serie di problemi e di contraddizioni difficilmente districabili.
Il CPT non è il coordinamento pedagogico dei singoli servizi, anche se, bisogna dirlo con chiarezza, senza il coordinamento dei servizi, di tutti i servizi, un CPT non avrebbe senso.
Il CPT si muove ad un livello logico ed organizzativo diverso da quello dei “servizi”. Ha a che vedere non con il coordinamento dei singoli servizi, ma con il coordinamento del sistema integrato dei servizi educativi e scolastici 0-6 anni.
Si tratta di una differenza fondamentale, trattandosi di due livelli diversi di organizzazione dei servizi e, quindi, di governance.
Un grande studioso, antropologo ed epistemologo, al quale diverse persone della mia generazione devono la loro formazione sistemica ed ecologica, Gregory Bateson, sosteneva l’importanza di non confondere, nei processi comunicativi, “livelli logici” diversi, pena l’incorrere in disfunzionalità delle relazioni personali e istituzionali. I “servizi educativi e scolastici” e il “sistema dei servizi educativi e scolastici” costituiscono due diversi livelli di organizzazione e di ragionamento; così è del coordinamento pedagogico dei servizi rispetto al coordinamento pedagogico territoriale, che è un coordinamento di sistema. Non tenere conto di questa distinzione logica porta a contraddizioni e a problemi istituzionali difficilmente risolvibili.

In sintesi, dunque, ecco la premessa, senza la quale quello che dirò in seguito, non sarebbe comprensibile.
Il coordinamento del sistema territoriale non coincide con il coordinamento dei singoli servizi, anche se lo presuppone.
Così inteso, il CPT può divenire la risorsa fondamentale per sostenere, a livello territoriale, l’attività dei coordinatori pedagogici e per costruire un sapere pedagogico e metodologie educative condivise. Ciò consentirebbe al CPT di diventare, dal punto di vista pedagogico, uno strumento importante della governance territoriale del sistema dei servizi educativi e scolastici.
Come vedremo in seguito, infatti, i CPT possono costituire un luogo privilegiato di confronto, fra esperienze e posizioni pedagogiche diverse; proprio in quanto luogo di confronto, può divenire l’elemento che favorisce la condivisione di presupposti pedagogici e metodologici e la fucina per la costruzione, nella salvaguardia dell’autonomia delle diverse istituzioni, di pratiche comuni, soprattutto per quanto riguarda i percorsi di continuità e, in prospettiva, la costruzione di un curricolo unitario 0-6 anni.

Dopo questa premessa, che ritengo fondamentale, anticipo lo schema dell’intervento, che articolerò in tre parti.
Nella prima parte, cercherò di precisare cosa si intende per coordinamento pedagogico territoriale di sistema, facendo riferimento, principalmente, alla normativa vigente.
Nella seconda parte, prendendo spunto dall’esperienza dei coordinamenti pedagogici territoriali 0-3 anni della RER, proverò a individuare le principali funzioni che potrebbero essere svolte da un CPT 0-6 anni, cercando di esplicitare anche in che senso, e a quali condizioni, il CPT può costituire una risorsa per la qualità educativa del sistema integrato dei servizi educativi e scolastici 0-6 anni.
Nella terza parte, infine, cercherò di individuare alcune problematiche, o interrogativi aperti, ai quali bisognerà trovare una soluzione / risposta concordata, fra i vari enti / gestori interessati.

 

Coordinamento pedagogico territoriale: cos’è e quali funzioni è chiamato a svolgere

Inizio prendendo in considerazione come viene configurato il CPT nella normativa vigente e, quindi, in cosa si differenzia dal coordinamento pedagogico dei servizi.
Dovendo fare riferimento ai testi normativi, per quanto in sintesi, vi chiedo, in questa prima parte, di essere particolarmente pazienti.

La Legge 107/2015 (art. 1, comma 181, lettera e) introduce solo il termine “coordinamento pedagogico territoriale”, come uno degli aspetti che dovranno essere previsti e disciplinati da uno specifico decreto delegato.
Il termine, come noto, è ripreso dalle produzioni normative delle poche realtà regionali che hanno una tradizione di coordinamenti pedagogici territoriali e, in particolar modo, dalla produzione normativa della RER che ha, dapprima, istituito i CPP (Coordinamenti pedagogici provinciali), poi trasformati in CPT (Coordinamenti pedagogici territoriali).
Il DLgs 65/2017 precisa il significato di CPT, inserendolo (Art. 4) fra gli obiettivi strategici del “Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni”.
L’Art 6, poi, parla espressamente di “coordinamento pedagogico territoriale del Sistema integrato di educazione e istruzione”. La specificazione “del Sistema” significa proprio che il coordinamento territoriale di cui si sta parlando non è il coordinamento dei servizi, ma del sistema dei servizi.
Il compito di promuovere i CPT viene assegnato, dal DLgs, alle Regioni, “d’intesa con gli Uffici scolastici regionali e le rappresentanze degli Enti locali”.
Fin qui, il concetto di CPT sembra molto chiaro e la distinzione fra CPT e coordinamento dei servizi evidente.
L’Art 7 del DLgs 65/2017 (in cui si parla delle “Funzioni e compiti degli Enti locali”), però, rende più complesso e, in parte almeno, confuso lo scenario, perché afferma che gli Enti locali hanno il compito di attivare (“attivano”) “il coordinamento pedagogico dei servizi sul proprio territorio”, in collaborazione con le Istituzioni scolastiche e i gestori privati”, “valorizzando le risorse professionali presenti nel Sistema integrato di educazione e di istruzione”.

Si pone, a questo punto, un problema interpretativo. Il CPT dell’Art. 6 e il “coordinamento pedagogico dei servizi sul proprio territorio”, che, secondo l’Art. 7, deve essere attuato dagli enti locali, sono la medesima cosa?

Le possibili diverse risposte a questa domanda implicano scenari alternativi.

A) Primo scenario. La norma sta parlando della medesima realtà. In questo caso, la dizione “servizi sul proprio territorio” va inteso come sistema territoriale dei servizi.

Per chi sostiene questa tesi, che per me è la più aderente alla logica complessiva della norma, non si riparla di sistema di servizi per evitare una ripetizione, in quanto se ne è parlato nell’inciso precedente, dove è stato detto che gli enti locali “attuano”, “valorizzando le risorse del Sistema integrato di educazione e di istruzione, il coordinamento dei servizi sul proprio territorio”.
Inoltre, si potrebbe rilevare che il testo, in questo caso, parla genericamente di coordinamento pedagogico dei “servizi sul proprio territorio”, come in tutti i passaggi in cui si parla di sistema dei servizi, mentre, quando il testo vuole parlare dei singoli servizi, in genere, viene utilizzato un termine più specifico, che mira a distinguere i servizi educativi dalle scuole dell’infanzia: “servizi educativi e scolastici”.

In questa interpretazione, la logica del testo sarebbe evidente:

  • le Regioni promuovono i CPT, in accordo con gli Uffici scolastici regionali e con le rappresentanze degli enti locali;
  • gli Enti locali “attuano” i CPT, valorizzando le risorse del Sistema territoriale, in collaborazione con le istituzioni scolastiche e con i gestori privati.

B) Secondo scenario. Potrebbe, però, almeno letteralmente, esserci una seconda interpretazione, che aprirebbe uno scenario diverso, a mio modo di vedere, molto più complicato da gestire.

In questa seconda interpretazione, il “coordinamento pedagogico dei servizi sul proprio territorio”, che l’Ente locale è chiamato ad attivare, non sarebbe il CPT (coordinamento del sistema), ma proprio il coordinamento pedagogico dei singoli servizi.
La problematicità dello scenario che questa interpretazione potrebbe aprire è molto evidente.
L’Ente locale (cioè, in pratica, il comune) deve gestire direttamente il coordinamento dei servizi sul proprio territorio, o farsi semplicemente garante che il coordinamento sia attivato dai gestori? Ma, nel primo caso, ciò vuol dire che le scuole statali e i servizi del privato sarebbero coordinati da coordinatori pedagogici del comune? Uno scenario del genere sarebbe davvero molto problematico. Non solo e non tanto per motivi di risorse economiche e professionali, ma, soprattutto, perché metterebbe in discussione l’autonomia culturale e pedagogica dei singoli servizi. Cosa che la legge, sicuramente, non aveva intenzione di dire e che ha fatto subito precisare al Miur, nel documento che vedremo fra poco, che il CPT deve essere realizzato “salvaguardando peculiarità, identità, modelli organizzativi”, cioè l’autonomia delle singole istituzioni educative e scolastiche.

Pur non potendo, in assoluto, escludere questa seconda interpretazione e, quindi, lo scenario problematico che potrebbe aprire, mi sembra molto più aderente alla logica complessiva della normativa, attenta al principio di autonomia delle singole istituzioni scolastiche, interpretare il “coordinamento pedagogico dei servizi sul proprio territorio” come sinonimo di coordinamento pedagogico del sistema territoriale dei servizi educativi e scolastici 0-6 anni, per realizzare il quale, l’Ente locale è chiamato a valorizzare le risorse territoriali e a concordare le modalità con i gestori privati e con le istituzioni scolastiche presenti nel territorio.

Il Miur è intervenuto sulla materia con un documento in cui si esplicitano i primi orientamenti operativi per gli Uffici scolastici regionali circa l’attuazione del Decreto legislativo 13 aprile 2017, n 65.
Non mi soffermo su questo documento, in quanto si tratta, principalmente, di un testo pensato come indicazioni per gli Uffici scolastici regionali e non prende in considerazione, almeno per quanto riguarda il CPT, gli aspetti legati alle funzioni degli Enti locali.
Il documento parla specificamente dei CPT al punto 6. Dopo aver preso atto che, per il Dlgs 65/2017, la loro costituzione è un obiettivo strategico e che la loro promozione è affidata alle regioni, in accodo con gli Uffici scolastici regionali e le rappresentanze degli enti locali, non si occupa del ruolo degli Enti locali che, invece, secondo la legge, sono chiamati ad attivare il coordinamento dei servizi sul proprio territorio.

Il documento del Miur, in ogni caso, interpreta il CPT come coordinamento del sistema dei servizi educativi e scolastici e insiste sulla necessità di salvaguardare, in una prospettiva di autonomia, le peculiarità, identità, modelli organizzativi; auspica, infine, per la definizione delle sue modalità di realizzazione, protocolli operativi a livello regionale e locale, attraverso i quali definire, appunto, modalità di rapporto, compiti, responsabilità amministrative e pedagogiche, risorse umane e finanziarie disponibili.

Il documento del Miur individua anche alcune possibili funzioni del CPT.

“Il coordinamento pedagogico [sottinteso territoriale, visto che si sta parlando di questo] è chiamato a svolgere funzioni di orientamento pedagogico, di sostegno allo sviluppo della rete di tutte le strutture del sistema “zerosei”, di progettazione della formazione continua in servizio del personale, di collaborazione con le Università nella formazione di base per l’accesso alla professione di educatore e di docente. Promuove ricerche e iniziative di innovazione organizzativa, educativa e didattica, fornisce consulenza e supervisione professionale, con un focus mirato anche al funzionamento pedagogico dei poli per l’infanzia.”

L’individuazione di queste funzioni è un aspetto sicuramente importante del documento, ma, come vedremo meglio in seguito quando analizzeremo la normativa della RER (LR 19/2016), ne vngono trascurate altre che, da un punto di vista della governance del sistema dei servizi, sono determinanti: ad esempio, il possibile compito di supporto tecnico-pedagogico alla valutazione / autovalutazione formativa della qualità dei servizi.

In sintesi.

Mi sembra determinante distinguere fra:

  1. coordinamento pedagogico dei servizi educativi e scolastici, la cui realizzazione dovrebbe (anche se è auspicabile che sia sostenuta da fondi pubblici) essere in carico ai singoli gestori;
  2. coordinamento pedagogico territoriale, inteso come coordinamento di sistema (o, se si vuole, di secondo livello), promosso dalle Regioni (d’intesa con gli Uffici scolastici regionali e con le rappresentanze degli enti locali) e attuato, localmente, dagli Enti locali, attraverso accordi con le istituzioni scolastiche e con i gestori privati.

In questa prospettiva il CPT si presenta come una risorsa fondamentale per la qualificazione diffusa del sistema dei servizi educativi e scolastici e, quindi, come supporto tecnico-pedagogico della governance territoriale dei servizi.

 

Le funzioni di un coordinamento pedagogico territoriale 0-6

La LR 19/2016 della regione Emilia-Romagna è, allo stato attuale, la normativa che meglio definisce i possibili compiti di un CPT, anche se solo in riferimento ai servizi educativi 0-3, e chiarisce, in maniera intenzionale, la distinzione fra coordinamento di servizi e coordinamento territoriale di sistema.
Il discorso della normativa regionale sui coordinamenti pedagogici è sviluppata in due articoli, gli Artt 32 e 33.
Nel primo articolo (32) e in parte del secondo (33), vengono precisati i ruoli e i compiti del coordinamento pedagogico dei servizi, la cui competenza, almeno per quanto riguarda lo 0-3, è attribuita ai gestori pubblici e ai gestori privati che intendono conseguire l’accreditamento.
Il punto 2 dell’art 32, in particolare, delinea i compiti del coordinatore pedagogico:
“I coordinatori pedagogici hanno il compito di assicurare l’organizzazione del personale e il funzionamento dell’équipe sul versante pedagogico e gestionale; svolgono compiti di indirizzo e sostegno tecnico al lavoro degli operatori, anche in rapporto alla loro formazione permanente, di promozione e valutazione nonché di monitoraggio e documentazione delle esperienze, di sperimentazione, di raccordo tra i servizi educativi, sociali e sanitari. Supportano inoltre il personale per quanto riguarda la collaborazione con le famiglie e la comunità locale, anche al fine di promuovere la cultura dell’infanzia e della genitorialità, in un’ottica di comunità educante.”
Nel punto 1 dell’art. 33, vengono, inoltre precisate le funzioni che il coordinamento dei servizi ha per assicurare l’integrazione del singolo servizio nella rete territoriale:
“il coordinamento pedagogico rappresenta lo strumento atto a garantire il raccordo tra i servizi per la prima infanzia all’interno del sistema educativo territoriale, secondo principi di coerenza e continuità degli interventi sul piano educativo e di omogeneità ed efficienza sul piano organizzativo e gestionale. Il coordinamento pedagogico concorre sul piano tecnico alla definizione degli indirizzi e dei criteri di sviluppo e di qualificazione del sistema dei servizi per l’infanzia.”

Dall’analisi della normativa della RER, emerge un duplice compito del coordinamento pedagogico dei servizi:

  1. coordinamento dell’attività educativa/didattica dei servizi educativi e scolastici;
  2. costruzione dei raccordi di rete con gli altri servizi educativi e scolastici del sistema territoriale e, più in generale, con le risorse del territorio.

Come possiamo facilmente notare, quello che nella normativa della RER è detto del coordinamento pedagogico dei servizi è, praticamente, sovrapponibile, in buona parte, con quanto suggerito dalla direttiva del Miur, precedentemente citata, riferito al CPT.
La differenza, infatti, non è, principalmente, di contenuti dell’intervento pedagogico, ma del livello di riferimento: in un caso il singolo servizio, nell’altro il sistema dei servizi.
Il coordinamento pedagogico dei servizi è distinto (Art. 33, punto 2) dal coordinamento pedagogico territoriale (di sistema), di ambito provinciale, formato dai coordinatori pedagogici dei servizi pubblici e privati accreditati, che ha compiti di: “formazione, confronto e scambio delle esperienze, promozione dell’innovazione, sperimentazione e qualificazione dei servizi, nonché supporto al percorso di valutazione della qualità di cui all’articolo 18.”

Mi concentro, ora, sulle possibili funzioni di un CPT 0-6, avendo come punto di riferimento e di partenza l’attuale organizzazione dei CPT 0-3 anni della RER.
In primo luogo, i CPT si qualificano come luogo di scambio e di confronto pedagogico; proprio in quanto luogo di scambio e di confronto, possono divenire ambiti di costruzione di un sapere pedagogico e di modalità di lavoro condivisi. Si tratta di una costruzione storica, che necessita di tempo, ma che si configura come l’unica strada possibile per una qualificazione diffusa dell’intero sistema dei servizi e come base per la costruzione di un curricolo unitario 0-6 anni.

Le principali funzioni che possono essere attribuire ai CPT sono:

  • programmazione della formazione del personale;
  • processi di qualificazione del sistema dei servizi, di sperimentazione e di ricerca (che non coinvolgano solo singoli servizi);
  • continuità educativa e costruzione di orientamenti comuni per un curricolo 0-6;
  • supporto pedagogico ai processi di monitoraggio e valutazione / autovalutazione formativa dei servizi;
  • raccordo con i livelli di pianificazione territoriale dei servizi (ad esempio, piani di zona…).

Come si può facilmente notare, queste funzioni sono, in gran parte, quelle contenute anche nel documento del Miur.
L’unica differenza rilevante, da un punto di vista contenutistico, è che, nella normativa della RER, è previsto un ruolo di supporto e coordinamento dei processi territoriali di valutazione che, nel documento del Miur, è assente.
Si potrebbe obiettare che il tema della “valutazione” è un tema complesso e, per così dire, “sensibile”, in quanto l’Art. 5, comma 1, lettera d. del DLgs 65/2017 riserva allo Stato la definizione dei “criteri di monitoraggio e di valutazione dell’offerta formativa e didattica del Sistema integrato di educazione e di istruzione”. C’è da tenere presente, però, che si parla, appunto, di “criteri” e, in ogni caso, si precisa che tale definizione viene operata “d’intesa con le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali, in coerenza con il sistema nazionale di valutazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80”.
Quanto appena detto non esclude, pertanto, che il supporto pedagogico ai processi territoriali di monitoraggio e di valutazione della qualità del Sistema dei servizi possa rientrare fra i compiti da assegnare ad un organismo di secondo livello come il CPT.

Quello che, in ogni caso, mi preme sottolineare, in questa sede, è che il punto di vista in cui si inquadrano le diverse funzioni non è quello del singolo servizio educativo o scolastico, ma del sistema territoriale dei servizi.
Questa è la vera determinante, al di là delle differenze contenutistiche. Infatti, il coordinamento pedagogico di sistema può costituire un elemento fondamentale, dal punto di vista tecnico-pedagogico, di una governance territoriale dei servizi.

 

Questioni aperte e punti interrogativi

Nell’ultima parte dell’intervento, vorrei proporvi alcune questioni aperte, in forma di interrogativi.

Questioni che, nei mesi prossimi, necessiteranno di momenti di confronto e di intese regionali e locali per essere definite in maniera consensuale.

1) La prima questione che vorrei porre è quella della generalizzazione dei coordinamenti pedagogici di servizio, ovvero della figura del coordinatore pedagogico in tutti i servizi educativi e scolastici del territorio.
E’ vero che il coordinamento pedagogico territoriale non coincide con il coordinamento dei servizi, ma è anche vero che, senza la generalizzazione della figura di coordinamento dei servizi, non avrebbe senso parlare di CPT. La generalizzazione della figura del coordinatore pedagogico, infatti, è condizione necessaria per un buon funzionamento del CPT.
A chi spetta garantire la generalizzazione di tale figura?
Ai gestori dei servizi (stato, enti locali, privati accreditati o paritari), nell’interpretazione che ho sostenuto.
In ogni caso, la normativa regionale attuale per lo 0-3 è chiara: il coordinatore dei servizi deve essere una figura in carico ai gestori pubblici e a quelli privati accreditati.
Nel caso si ritenesse che l’Art. 7 del DLgs attribuisca agli Enti locali il compito di attivare il coordinamento pedagogico dei singoli servizi, si aprirebbe la serie di problemi che ho già presentato e su cui non mi soffermo ulteriormente.

2) A chi fa capo l’organizzazione istituzionale e il coordinamento del CPT? Nell’interpretazione della norma che ho dato in precedenza, l’organizzazione istituzionale spetta all’Ente locale (in pratica al Comune), in relazione alle intese regionali e in maniera concordata con le istituzioni scolastiche e con i gestori privati locali. L’Ente locale, infatti, viene riconfermato dalla normativa come il riferimento fondamentale per la governance territoriale dei servizi.
Il coordinamento tecnico-pedagogico del CPT potrebbe essere, invece, oggetto di specifiche intese regionali e locali.
Nell’interpretazione data dal documento del Miur, che non tiene conto del ruolo che la normativa assegna agli Enti locali, sembrerebbe, invece, che anche l’organizzazione del CPT, oltre che la gestione e il coordinamento, debba essere definita in relazione a intese regionali e locali.

3) Qualunque sia il referente istituzionale, il CPT viene ad assumere, comunque, per le funzioni che è chiamato a svolgere, un ruolo di strumento fondamentale per la qualificazione del sistema dei servizi educativi e scolastici di un territorio, per la progettazione delle politiche formative, per la costruzione di curricoli unitari 0-6 anni; e potrebbe assumerlo anche per il supporto tecnico-pedagogico a processi di valutazione (autovalutazione) dei servizi che vogliano essere sviluppati in termini formativi e non burocratici.
In relazione a queste funzioni si pone il problema del dimensionamento territoriale adeguato.
La dimensione territoriale deve rendere possibile lo svolgimento delle funzioni:

  • di formazione del personale dei servizi;
  • di innovazione, sperimentazione, ricerca;
  • di elaborazione di strumenti di continuità, nell’ambito della costruzione di un curricolo unitario 0-6;
  • di documentazione territoriale;
  • di sostegno tecnico-pedagogico alla valutazione formativa dei servizi (in caso anche questa funzione venisse assegnata al CPT).

Dimensione provinciale, che faccia capo al comune capoluogo, come avviene ora per il CPT 0-3 anni?
Dimensione distrettuale o interdistrettuale?
Dimensionamento collegato alle aree territoriali e/o scolastiche?

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