Milva Capoia, pedagogista
La situazione che stiamo vivendo in questo periodo a causa della pandemia solleva così tanti interrogativi in ambito pedagogico che sarebbe del tutto affrettato cercare di trovare delle risposte esaustive; con urgenza necessitano delle soluzioni almeno a tutela della salute, soluzioni che, in ogni caso, non possono non essere raccordate con istanze educative di cui sono portatori i minori e non solo.
L’aver usufruito della didattica a distanza come studentessa e l’aver monitorato le proposte, sempre in modalità remota, inviate ai bambini e alle famiglie dalle insegnanti della scuola dell’infanzia di cui mi sto occupando, ha indotto diverse riflessioni, articolate per ora in modo poco sistematico.
Premesso che la didattica a distanza costituisce un’esperienza molto diversa dall’essere presenti in un contesto di apprendimento/insegnamento diretto, devo riconoscere che mi ha fatto molto piacere poter continuare a seguire le argomentazioni dei professori relative alle discipline che sto studiando; mi sono resa conto che, se sono importanti la conoscenza della materia e la competenza nel presentarla agli allievi, catturandone l’interesse e l’attenzione, nella modalità a distanza tali aspetti acquistano un ancor maggiore rilievo, in quanto le incertezze di chi parla emergono con immediatezza. La possibilità, in ogni caso, di porre domande e di sentire quelle trasmesse dai compagni ha contribuito ad incrementare sia la comprensione che la relazione, seppur virtuale, interpersonale.
Riguardo alle proposte suggerite dalle insegnanti di scuola dell’infanzia ai bambini, declinate anche nelle esperienze laboratoriali, quali inglese, musica, creatività, lettura e psicomotricità, esperienze che i bambini effettuavano al pomeriggio quando frequentavano la scuola,, esse certamente hanno consentito di non interrompere la “storia” che i bambini stavano vivendo, connotata dalla scoperta delle “trasformazioni” nell’ambito dei viventi, dei numeri, dei pensieri, delle parole, delle relazioni affettive e dei comportamenti. Mi sono resa conto, tuttavia, che nella modalità a distanza emerge con ancora maggior evidenza l’idea di didattica che l’insegnante persegue, a sua insaputa più che altro, considerando il bambino protagonista e attore dell’apprendimento o esecutore e ripetitore di azioni e concetti. Certamente problematizzare l’apprendimento con domande, indovinelli, semplici esperimenti “scientifici”, attività motorie in cui ci siano ostacoli da superare, tecniche espressive da imparare o da fruire attraverso le opere d’arte, è di difficile realizzazione nella modalità remota ma non è impossibile, in quanto il bambino può essere attivato con la ricerca e con problemi di varia natura da risolvere e di cui portare in un secondo momento le possibili soluzioni. Diventa in tal modo importante la collaborazione dei familiari, purchè gli stessi non si sostituiscano al bambino ma seguano il registro di porsi con lui dei dubbi, di formulare delle ipotesi e di trovare diverse soluzioni.
Le urgenze sanitarie imporranno alle scuole dei cambiamenti nei tempi, nell’uso dello spazio, nella consistenza numerica dei gruppi, ma se tutto ciò sarà coniugato con l’idea di un bambino costruttore di conoscenze, relazioni e regole, e creatore di modelli nel pensiero, nell’espressione e nella convivenza, tali urgenze non prevaricheranno su tale idea, da salvaguardare anche e nonostante l’emergenza.
Collegno, 8 maggio 2020