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Tempi umani e tempi astronomici

Ritmi evolutivi dell’universo

Margherita Hack
Docente di Astrofisica, Università di Trieste

Cos’è il tempo? Tutti sappiamo cos’è, qualsiasi avvenimento si svolge a un certo momento in un certo luogo, siamo immersi nello spazio-tempo. Ma provate a definirlo questo tempo. Si parla di passato, presente e futuro, ma il presente in realtà non esiste perché appena lo nominiamo è già trascorso.
Il tempo si avverte dunque perché tutto cambia: i giorni si susseguono segnati dalla rotazione della Terra attorno al proprio asse, gli anni passano segnati dalla rivoluzione della Terra attorno al Sole, le settimane si distinguono dall’alternarsi delle fasi lunari, il tempo passa per noi, per tutti gli esseri viventi e per gli oggetti inanimati. Le nostre cellule invecchiano, muoiono e si ricambiano continuamente, ma col passare del tempo questo ricambio avviene con sempre minore efficacia.
Analogamente i materiali si usurano, si corrodono e mutano. Se tutto fosse eterno e senza mutamenti il concetto di tempo non esisterebbe più.
Anche quello che chiamiamo universo, l’insieme di tutto ciò che possiamo osservare e conoscere, ha un tempo di evoluzione e mutamenti, sebbene su scale incommensurabilmente diverse da quelle in cui si svolge non soltanto la vita di un singolo individuo, ma della specie umana e di tutte le altre specie viventi.
Le osservazioni astronomiche indicano che tutte le galassie si allontanano l’una dall’altra con velocità crescente al crescere della distanza. Il che prova che è lo stesso spazio in cui sono immerse che si dilata allo stesso modo che, in una pasta di un dolce che lievita, tutti i canditi che vi sono immersi si allontanano l’uno dall’altro via via che la pasta si gonfia. Ma allora immaginando di far fare il cammino a ritroso a questo spazio in espansione troveremmo che qualcosa come 15 o 20 miliardi di anni fa tutto l’universo che osserviamo era ridotto a un punto, con temperatura e densità praticamente infinite. Esattamente quanto tempo fa non lo sappiamo perché non sappiamo con precisione qual è la velocità di espansione. Essa aumenta di un valore compreso fra 50 o 80 km/ sec. al crescere della distanza di 3,3 milioni di anni luce. Se la velocità è più bassa, maggiore è il tempo trascorso da quell’inizio e più vecchio è l’universo; il contrario se la velocità è più alta.
A partire da quell’inizio, che è ormai chiamato big bang, i tempi di evoluzione dell’universo sono stati spaventosamente rapidi. Nei primi millesimi di miliardesimi di secondo l’universo era paragonabile a un acceleratore di particelle di enorme energia e nella forma più semplice della materia: quarks ed elettroni. I quali si agitavano pazzamente annichilendosi e trasformandosi in energia raggiante – raggi gamma – che a sua volta dava luogo ad altrettante particelle.
Intanto l’espansione faceva calare rapidamente la temperatura. Dopo una frazione di secondo i quarks erano intrappolati in protoni e neutroni. Se questi tentavano di aggregarsi per dar luogo a nuclei più complessi venivano frantumati dagli urti energetici delle particelle stesse; ma ancora due o tre minuti dopo la temperatura era scesa a un miliardo di gradi e l’energia delle particelle non era più sufficiente a rompere i nuclei formati dall’aggregazione di un protone e un neutrone (idrogeno pesante) e di due protoni più uno o due neutroni (rispettivamente elio 3 o leggero e elio 4, il più abbondante in natura). Dopo sette minuti dal big bang la temperatura divenne troppo bassa perché si potessero aggregare altri protoni (infatti particelle con la stessa carica tendono a respingersi e solo ad alte energie possono essere costrette insieme) e non si formarono altri nuclei più pesanti.
In questi primi sette minuti di vita dell’universo sono successi avvenimenti che ne hanno determinato il futuro. Sono stati imprigionati i quarks e si sono formati neutroni e protoni, è sparita l’antimateria generando quell’energia che riempie l”universo odierno, si sono formati idrogeno pesante ed elio nelle proporzioni che osserviamo oggi nell’universo e hanno acquistato una loro distinta identità le quattro forze fondamentali: la gravitazione, che regola i moti dei pianeti attorno al Sole e del Sole attorno al centro della galassia e ci tiene avvinti al suolo; l’elettromagnetismo, che regola l’emissione di radiazione dai corpi; l’interazione debole, che spiega la radioattività; e l’interazione forte, che tiene legati nei nuclei atomici i protoni. Esse sono probabilmente quattro diversi aspetti di un’unica forza fondamentale che regolava l’universo al cosiddetto “tempo di Planck”, pari a un decimilionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo.
Dal tempo di Planck al momento in cui è cessata la formazione di elio – in quei primi sette minuti -, l’età dell’universo è aumentata di 4 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte (o un 4 seguito da 45 zeri), mentre dal settimo minuto a oggi è aumentata solo di un milione di miliardi di volte.
Poco accade nell’universo fra l’età di 7 minuti e 500000 anni. Il gas è ionizzato, cioè i nuclei di idrogeno ed elio con carica positiva non riescono a trattenere gli elettroni con carica negativa e a formare atomi neutri, perché la temperatura è ancora troppo alta. Però all’età di circa 500000 anni la temperatura scende a circa 3000 gradi, il gas diventa neutro. E siccome un gas neutro è trasparente alla radiazione – a differenza di quello ionizzato, che è opaco – noi possiamo osservare direttamente l’aspetto dell’universo. È la cosiddetta radiazione fossile che riempie tutto l’universo in modo uniforme e che dopo 15 miliardi di anni indica l’attuale temperatura dell’universo, circa 3 gradi assoluti (pari a -270 gradi centigradi).
In questo mare uniforme di radiazioni il COBE (Cosmic Background Explorer), un satellite costruito apposta per ottenere misure più precise e scoprire eventuali piccole deviazioni dal valore medio, ha trovato che la temperatura è di 2,743 gradi assoluti (circa -270 gradi centigradi) e che ci sono regioni appena un po’ più fredde di qualche centomillesimo di grado del valore medio: queste rappresenterebbero zone più dense dalle quali si sarebbero originate le attuali discontinuità di materia, gli ammassi di galassie e galassie e stelle con i loro eventuali sistemi solari.
Il nostro Sole si è formato 5 miliardi di anni fa e il sistema solare ha un’età di 4,6 miliardi di anni. Da circa 3,5 miliardi di anni sono apparse sulla Terra le forme più elementari di vita, mentre l’Uomo è comparso solo da poco più di un milione di anni. Un tempo brevissimo rispetto all’età dell’universo e anche del sistema solare, eppure tanto lungo rispetto alla storia che conosciamo, agli uomini delle caverne, ai primi villaggi su palafitte.
Quindi la storia dell’universo si svolge nei primi attimi, che si contano in miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di secondo, per snodarsi poi sui tempi di milioni e miliardi di anni. Eppure le moderne tecnologie, che si sono cominciate a sviluppare verso la prima metà del secolo scorso e che hanno conosciuto un’accelerazione incredibile in questa seconda metà del nostro secolo, unite agli sviluppi delle teorie fisiche hanno permesso all’umanità di spaziare fino a distanze di miliardi di anni luce e di ricostruire indietro nel tempo l’origine dell’universo e prevederne il futuro. Il tutto da questo infinitesimo granello di polvere che è la nostra Terra, che ha un diametro di poco più di 12000 km.
Se si tiene conto dei cambiamenti avvenuti nel corso di una vita umana in questo secolo ci chiediamo: quale sarà il futuro? cosa riusciremo a fare?
Quando andavo alle elementari leggevo le novelle delle fate, che con le loro capacità soprannaturali erano capaci di vedere a distanze enormi e di parlare con esseri che si trovavano in luoghi distanti migliaia di chilometri. Ebbene, già allora la radio era stata inventata e la televisione stava per nascere. I miracoli delle fate erano diventati realtà.
I viaggi straordinari immaginati da Verne sono realtà. Oggi nessuno nemmeno si ricorda che lassù in orbita ci sono astronauti che da mesi e mesi girano attorno alla Terra. La Luna fra non molto diventerà una stazione spaziale su cui lavorare e fare ricerche e da cui partire verso più lontane mete., La prima di queste sarà Marte, che una spedizione cosmopolita di astronauti cercherà di raggiungere entro i prossimi 30 o 40 anni.
Ancora 20 anni fa ci si scambiavano lettere e articoli con i nostri collaboratori oltreoceano maledicendo la lentezza della posta. Ora con il fax e con la posta elettronica tramite reti mondiali di calcolatori possiamo comunicare e avere la risposta nel giro di qualche minuto.
Il tempo del lavoro, il tempo del viaggio e il tempo della comunicazione si abbreviano sempre più, mentre la durata stessa della nostra vita si allunga. Se dagli anni ’20 a oggi abbiamo vissuto così tanti cambiamenti quale sarà il modo di vivere, di lavorare, di muoversi fra 50, 100 o 200 anni? Ci saremo ancora fra centomila o un milione di anni, oppure la nostra specie sparirà come tante altre? Sarà mai possibile realizzare quella macchina del tempo sognata da tanti scrittori e che oggi sembra solo fantascienza?
Noi sappiamo che il nostro Sole fra 10 milioni di anni sarà una stella praticamente identica a quella che vediamo oggi, ma come sarà la Terra che esso illuminerà? Come si sarà modificata la sua atmosfera, che oggi è una coltre benefica che rende possibile la vita e impedisce sia bruschi salti di temperatura, sia il passaggio di radiazioni X e ultraviolette dannose agli esseri viventi?
Un famoso scrittore di fantascienza e scienziato, Arthur C. Clarke, immagina, in modo forse troppo ottimistico, quelli che saranno gli sviluppi futuri. Fra il 2030 e il 2050 avremo sonde interstellari che si avventureranno fuori del sistema solare. Esse esploreranno lo spazio intorno alle stelle più vicine, così come quelle interplanetarie, i Pioneer e i Voyager, hanno già esplorato il sistema solare e osservato da vicino i pianeti, da Mercurio a Nettuno. Verso la fine del prossimo secolo Clarke crede che avremo imparato a controllare la gravità e le astronavi viaggeranno a velocità prossima a quella della luce. Sempre nella seconda metà del secolo XXI egli pensa che avremo educatori meccanici che imprimeranno il sapere nei nostri cervelli senza bisogno di studiare – per la gioia o la noia degli scolari futuri. Costruiremo macchine intelligenti come e più dell’Uomo. Impareremo a controllare il clima, a creare una vita artificiale e infine, nel XXII secolo, saremo divenuti immortali! Queste le previsioni – un po’ serie e un po’ scherzose – di Clarke. Tuttavia una delle sue previsioni si è già avverata: le comunicazioni istantanee saranno così semplici che non avrà più scopo viaggiare. E ben lo sa chi quotidianamente usa il computer collegato a una delle grandi reti internazionali.
Altrettanto azzeccate le sue previsioni sul controllo delle malattie ereditarie e la bioingegneria, che Clarke prevedeva per il 2040, è già in parte realtà.
Dovranno passare ancora 4 o 5 miliardi di anni perché anche il Sole mostri in modo evidente il trascorrere del tempo. Il suo nocciolo centrale si contrarrà portandosi dal1’attuale temperatura di circa 13 milioni di gradi a qualcosa come 100 milioni di gradi. La produzione di energia nucleare che lo fa brillare aumenterà e per non esplodere il Sole dovrà espandersi per accrescere la sua superficie di dissipazione del calore. Il suo raggio diventerà 200 volte quello attuale, raggiungerà la Terra e vi estinguerà ogni forma di vita che vi fosse ancora rimasta. L’enorme, rarefatto inviluppo solare andrà lentamente dissolvendosi nello spazio interstellare finché dopo milioni di anni del Sole resterà soltanto il nocciolo centrale, che andrà raffreddandosi nel giro di altre decine di miliardi di anni.
L’umanità si sarà trasferita su un altro sistema solare più ospitale, come forse immagina Clarke, o sarà invece già scomparsa da miliardi di anni, magari per autodistruzione?
E quale sarà il futuro dell’universo? Continuerà a espandere ancora per molte decine di miliardi di anni, diventando sempre più nero e vuoto, con li ammassi di galassie che si allontanano tanto l’uno dall’altro da restare vicendevolmente invisibili, oppure la forza di gravità prevarrà su quella di espansione e l’universo si avvierà verso un collasso di tutta la materia e forse Verso un nuovo big bang?
Quello che è certo è che nessuno di noi, nessuna specie attualmente vivente sarà in grado di testimoniare la fine dell’universo, come nessuno di noi è stato testimone della sua nascita.