Una delle attività cruciali dell’ente formatore che da troppi anni dirigo è, senz’altro, quella delle visite d’istruzione formativa. In questo campo noi di BIMED abbiamo una esperienza consolidata che scaturisce da un know how variegato e asservito a un principio specifico, il seguente: il fare cultura e l’apprendimento sono parte integrante delle strategie di tenuta civile, qualificazione e sviluppo organicamente connesse al sociale, al bene comune e alla difesa ambientale. Immaginare una riflessione sulle visite d’istruzione non può, dunque, che scaturire da questo dato che contiene il fare attorno cui abbiamo dimensionato tutta una serie di innovazioni che oggi sono connotative delle scelte di tantissime scuole italiane in grado di comprendere appieno la differenza che vi è tra una gita e, appunto, una visita d’istruzione.
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Voglio partire, però, in questo breve viaggio fatto di parole che accomunerà il mio scrivere alla vostra pazienza, da questo aneddoto: ero a Verona tantissimi anni orsono a vedere una mostra di Karl Otto Götz organizzata nel Palazzo della Regione e, in quanto storico dell’arte, stavo cercando di comprendere quale fosse il cammino che l’artista aveva posto in essere per giungere a una sintesi così straordinaria e tale da far percepire al fruitore delle opere la frammistione organica che vi è tra anima e paesaggio.
Mentre ero preso da quelle bellissime cromazioni informali che, non soltanto al sottoscritto ma, pure, a tanti altri visitatori, permettevano di dialogare con l’immensità sentendosene parte, è entrata nella sala in cui ero una scolaresca. Si trattava di ragazzi delle superiori, avranno avuto all’incirca diciotto anni, il loro vociare mi aveva riportato… nella sala e ho distolto il mio sguardo dall’opera che avevo dinnanzi a me per guardare loro, mi piaceva molto che dei ragazzi s’interessassero all’arte e avessero scelto di visitare la mostra.
Non era così. Saranno stati nella sala in cui io ero da oltre un’ora sempre davanti alla stessa opera si e no pochi secondi e in quei pochi secondi spintoni, risate, schiamazzi, poi quando è entrato nella sala il loro Prof assieme agli ultimi due studenti della truppa, anche lui ha dato uno sguardo veloce ai quadri appesi poi ha dovuto seguire il grosso della classe che era già due sale avanti…
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Li ho seguiti pensando che sarei tornato nella mostra un’altra volta – e ci tornai – ma in quel momento volevo capire perché erano venuti nel luogo in cui ero se non interessati a ciò che era l’essenza del luogo nel tempo della mostra. I ragazzi son belli a vedersi anche quando fanno casino, il loro entusiasmo, la loro forza, la loro capacità di ridere anche delle cose che ci appaiono come cruciali, ma ciò che non capivo era il nesso tra quella allegra brigata, la mostra e la scuola che ce li aveva portati.
Il nesso c’era: i ragazzi devono fare queste esperienze, è importante per la scuola documentare che queste esperienze si fanno, il resto è resto… Certo se qualcosa resta allora va anche bene ma la cosa importante è che certe esperienze si devono fare e si devono documentare…
Ho indagato per tanto tempo quella storia e semmai ne ho ricevuto un insegnamento è nel fatto che mai e poi mai accompagnerei al pascolo pecore che non hanno appetito e non apprezzano il pascolo.
Ho riportato questo aneddoto perché quella storia ha poi connotato gran parte della mia relazione con la pedagogia, il mondo della scuola e le attività che proponiamo. Anche le nostre visite d’istruzione.
Una mostra lo studente deve meritarsela, deve chiederla, deve scioperare per andarci, deve combattere per stare ore e ore e ore davanti a un’opera d’arte. Altrimenti niente mostra perché non si può banalizzare l’essenza che lega l’immanente al trascendente… Così i nostri ragazzi finiranno per banalizzare qualsiasi opportunità.
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E allora le nostre visite d’istruzione sono fatte di laboratori, lezioni, performance, eventi, relazione scientifica con i luoghi, insomma, le nostre visite d’istruzione vogliono essere momenti di apprendimento pieni, giornate dedicate interamente al proprio accrescimento culturale. E ciò che a distanza di tanti anni da quando organizziamo queste visite ancora mi rende felice di quel che vedo è la gioia dei ragazzi che partecipano…
Gli stessi schiamazzi, lo stesso vociale e lo stesso ridere di quei ragazzi della mostra di Verona, con una differenza che è nel fatto che si sentono pienamente parte di un processo e lo vivono, se ne interessano, s’importano e… si emozionano, ti chiedono, vogliono sapere.
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Qual è il segreto: pattuiamo con loro a monte ciò che avviene, spieghiamo alle scuole fidelizzate qual è la modalità di relazione tra lo spazio che accoglierà i ragazzi e la loro delegazione, comunichiamo e spieghiamo il senso dei giorni che trascorreremo insieme mesi e mesi prima che loro si mettano in viaggio per venire nei luoghi in cui li accogliamo.
Tornando ai ragazzi della mostra di Karl Otto Götz probabilmente quella situazione si creò perché a monte dentro di loro non era scattata quella scintilla che ti porta a desiderare di saperne di più di quei colori, di quelle linee, di quelle atmosfere e di quei rimandi pittorici in cui avrebbero potuto trovare le tracce dell’evoluzione del pensiero.
Questo per dare i tratti di un’impostazione che, desunta da quella esperienza, ci vede impegnati a condividere e pattuire a monte di ogni attività, ma ancora di più per le visite d’istruzione formativa, il connotativo dello stare insieme. E se il corso dei giorni di visita prevede la relazione con il paesaggio, piuttosto che con la poesia, la musica, la fisica e/o la storia dell’arte, i ragazzi vi giungono preparati, consapevoli e certi che le scelte del tempo che attraverseranno insieme a noi non sono state fatte su di loro ma “con” loro.
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E con Bimed riteniamo le visite d’istruzione un momento fondamentale per l’apprendimento delle nuove generazioni (a ogni livello, dall’infanzia in avanti) considerato che mai come in questo momento uscire da un ambiente chiuso, incontrare contesti non consueti, confrontarsi con entità che ordinariamente non fanno parte del proprio quotidiano e sperimentare attività che non rientrano nello specifico scandito dalle abitudini è senz’altro una opportunità imperdibile anche per aprire un dialogo con le proprie abilità senza le quali i nostri giovani non potranno dirsi competenti. È questa la pedagogia da cui scaturiscono le nostre visite d’istruzione formativa e che connota queste che sono per noi precipue attività istituzionali.
Negli ultimi tempi altri hanno scoperto che se il turismo è una proposta organizzata secondo i vincoli del mercato e della tecnica, il viaggio è una naturale espressione del soggetto e della sua capacità di progettare.
Per Bimed viaggiare è da sempre: relazioni, scambi, culture, linguaggi, ambienti, confronto, interazione con l’orizzonte di senso e tanto, tanto altro ancora ma pattuito, concordato e sempre posto in interazione con la crescita e l’apprendimento.
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Lo stesso concetto di benessere, inteso nella sua qualità originaria di corretta relazione con gli altri, è per Bimed il luogo/momento in cui l’uomo si sente parte di un tutto che di per sé costituisce un insieme armonico ed educante. La riflessione sulla valenza educativa e formante che le nostre visite d’istruzione formativa possono assumere passa da questi assunti che sono alla base della “pedagogia del turismo” riferita, innanzitutto, alle visite d’istruzione formativa. E considerando quanto innanzi ci appare del tutto naturale mettere in contatto gli studenti di ogni grado d’istruzione (seppure con modalità diverse) con il mondo dell’arte, della cultura e con l’evoluzione intrinseca e manifesta di un territorio in cui gli studenti sono inseriti ma non inclusi, nel senso pedagogico del termine ma inclusione intesa come una modalità di accoglienza, come scambio reciproco nel riconoscimento dell’altro e del nuovo non come altro da sé ma come evoluzione, attraverso la condivisone e la crescita.
I nostri bambini e i nostri ragazzi crescono in un territorio spesso usato e «abusato» e poco conoscono della sua storia e di come la mano dell’uomo possa essere salvifica. Da queste premesse nasce la volontà di educare al territorio i nostri studenti cercando di giungere a questo risultato anche attraverso le visite d’istruzione formativa con percorsi ed itinerari sul campo che li mettano in contatto diretto con chi della terra e dei suoi prodotti ha fatto una ragione di vita, piuttosto che con altre emergenze siano esse, per esempio, artistiche o architettoniche e che, comunque, rappresentano la grandiosità che può l’umano.
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Ecco che allora l’esperienza di Luigi e del suo limoneto a Cetara come l’esperienza del Museo della carta a Positano (solo per citare qualche altro esempio) fanno “entrare” la terra nella vita dei ragazzi. La pedagogia della natura e dell’abnegazione di chi sa tradurre le materie prime in occasioni di scoperta e di sussistenza per il territorio, piuttosto che la straordinarietà del creativo, la riflessione dell’artista, la sagacia dello scalpellino…
Troppo spesso gli studenti in ambito curriculare ricevono informazioni preconfezionate e, nei casi più fortunati, dati relativi alla filiera che porta alla produzione di un artefatto o di un prodotto enogastronomico. La visita d’istruzione concepita secondo i nostri canoni, invece, rende davvero pedagogico l’accostamento del mondo della scuola alla realtà del territorio per mezzo dell’incontro.
Il contatto visivo, olfattivo, di memoria narrata dai protagonisti che spesso si trovano inconsapevolmente ad essere gli ultimi detentori di un mestiere che diventa arte. E ciò significa molto spesso educare lo sguardo alla bellezza nascosta dalla fatica delle mani e dal sacrificio quotidiano degli operatori così che ogni studente nella situazione vissuta si tramuta in un Michelangelo che vede nello scalpellare il marmo la sua futura opera.
Educare con le visite d’istruzione Bimed valorizzare anche la relazione con il senso di appartenenza attraverso la consapevolezza di sentirsi – ogni studente – egli stesso un’occasione di un futuro che, proiettandosi in avanti, ha il dovere di conservare il passato e di renderlo accessibile al contesto.
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E siamo ben consapevoli che in questa direzione possono svilupparsi itinerari in ogni luogo del contesto europeo che coinvolgano anche le realtà produttive di un territorio in grado di concepire il viaggiatore e l’entità che arriva innanzitutto come arricchente non per quello che ha ma, innanzitutto, per quello che è, e per la volontà espressa di conoscere il tessuto sociale di un luogo. Certo con le sue bellezze, le sue peculiarità, le tradizioni, la gastronomia, l’artigianato…
Questo è per noi la grande opportunità da costruire tra società e mondo della scuola perché il turismo pedagogicamente inteso possa anche insegnare ai più giovani, in chiave di cittadinanza attiva, il valore del lavoro e della cura, dell’impegno e della tutela che nell’auspicio dell’educational restano, questi elementi, connotativi della loro progettualità.
Oltre a ciò le visite d’istruzione formativa Bimed tendono a salvaguardare il principio di sussidiarietà con azioni di rete che coinvolgano oltre alle scuole, i Comuni, i Consorzi e le realtà organizzative attorno cui ruota il sistema territoriale di un luogo e il sistema di welfare che si esplica in una chiave di didattica sociale.
Nella nostra idea di visita d’istruzione formativa vi è, infine la volontà di adottare luoghi che nelle fasi destagionalizzate altrimenti non risulterebbero appetibili e che, invece, è proprio in questo tempo che divengono maggiormente attrattivi sotto l’aspetto dell’apprendimento.
È partendo da questo aspetto che, per esempio, da oltre quindici anni nei mesi di aprile e di maggio facciamo giungere alle Tremiti ragazzi provenienti dall’intero contesto Paese e da tante città d’Europa che trovano in quest’area sancita dalla Comunità Europea come la più marginale del contesto continentale straordinarietà naturali uniche che, poi, si traducono in stimoli verso le scienze, e emergenze storiche, culturali e paesaggistiche che senza alcuno sforzo sensibilizzano i giovani a concepire l’interazione educata con l’ambiente, un ambito che non può prescindere dalle conoscenze sentite come il viatico atto a preservare e liberare futuro.