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Stare dentro al cambiamento

Ferruccio Cremaschi

Direttore responsabile Zeroseiup


Abbiamo concluso da pochi giorni la nostra scuola estiva che si poneva proprio come titolo “Stare dentro al cambiamento” e si proponeva di riflettere attorno a tre parole (tre concetti): incertezza, vulnerabilità e resilienza.

Rappresentano gli stati emotivi e di pensiero che abbiamo attraversato tutti quanti e che ci hanno accomunato in questo periodo. È innegabile che esista ancora un’emergenza sanitaria e che non siamo ancora in sicurezza. Dovremo adottare procedure di cautela a tutela degli adulti e di bambine e bambini che ritorneranno nei servizi. Per quanto tempo non sappiamo. Ma intanto si ricomincia, la vita riprende il suo corso. La domanda che ci poniamo è: come? Già emerge dai comportamenti diffusi osservabili dopo le prime aperture una propensione a ritornare rapidamente ai comportamenti e alle abitudini consuete.

E qui si pone il problema politico, culturale, pedagogico. Possiamo ritornare al passato chiudendo questa parentesi come se non avesse nulla da insegnarci?

 

Un atteggiamento positivo

La prima considerazione è la necessità di assumere un atteggiamento positivo e propositivo: le nuove parole di riferimento possono essere “sicurezza, coraggio, fiducia”. Sicurezza che ci viene da una cultura dell’infanzia che ha salde radici e da un sistema organizzativo solido. La professionalità di educatrici/tori, la tradizione del confronto e del sostegno del gruppo educativo, la presenza dei coordinamenti sono tutti elementi collaudati che resistono nel tempo e ci permettono di guardare con serenità alla ripresa.

Coraggio di rendere evidente la cultura dell’infanzia, per innovare e ingenerare cambiamento.

Fiducia nella disponibilità del bambino a superare le difficoltà a stare con gli altri e a cercare di socializzare.

 

Facciamo tesoro di quello che abbiamo imparato

In questi mesi sono successe anche cose positive che non dobbiamo perdere. Attraverso le molte iniziative di contatto con bambine e bambini “confinati” abbiamo   riconosciuto le capacità di resilienza vera che i piccoli hanno messo in essere, abbiamo incontrato e conosciuto dei genitori più competenti e più disponibili di quanto avessimo mai pensato, si è modificato (con maggiore equilibrio) il rapporto servizio/famiglia perché siamo riusciti a metterci in posizione di ascolto delle famiglie che ci hanno raccontato loro dei progressi fatti dal bambino. E già questo è un retaggio di non poco conto. Questa disponibilità all’ascolto, al ricercare parole “giuste”, incoraggianti è un patrimonio che dobbiamo conservare e sviluppare nella ripresa.

 

I bambini

Alcune domande che ci potranno tornare utili e che forse sono state un poco sottovalutate sono. Che cosa pensano i bambini? Che idea hanno della scuola? Certamente è mancata loro come luogo di incontro, di socialità, di condivisione di vita e di esperienze con i pari. Mancano oggi altre situazioni, altre esperienze in cui bambine e bambini possano condividere spazi, conoscenze, scoperte. La scuola deve riflettere anche su questo suo ruolo.

Ma soprattutto dobbiamo chiederci: che cosa hanno guadagnato i bambini da questo periodo? Il rapporto intenso con i genitori, le esperienze di vita pratica in casa (in cucina, sul balcone, per le scale, …) cosa hanno offerto in fatto di nuove conoscenza e competenze? Saprà la scuola riconoscere, accettare, promuovere situazioni e occasioni di scoperta e apprendimento non scolastici?

È un tema di riflessione e un augurio che ci facciamo.

Buona ripresa

 

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