Dopo diverse vicissitudini legate al cambio dei Ministri competenti negli ultimi anni, la Commissione nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, istituita ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, ha approvato le Linee pedagogiche per il sistema integrato “zerosei”. Avviamo anche da parte nostra una riflessione chiedendo ad autorevoli protagonisti della politica educativa, dell’amministrazione e della vita delle istituzioni di intervenire su diverse questioni aperte dal documento. Apriamo il nostro percorso interpellando la dottoressa Maria Rosa Silvestro, dirigente tecnico del Ministero dell’istruzione e componente della Commissione.
A cura di Ferruccio Cremaschi
Il Ministero ha lanciato una campagna nazionale di consultazione per garantire la massima condivisione nella predisposizione finale delle “Linee Pedagogiche” elaborate dalla Commissione un questionario a risposta chiusa per la consultazione di singoli soggetti (educatori, insegnanti, coordinatori, dirigenti, gestori pubblici e privati, genitori, ecc.) con scadenza 10/07/2021
https://questionari.pubblica.istruzione.it/questionariV3/index.php/362996?newtest=Y&lang=it
Per prima cosa le chiediamo di inquadrare il documento: da dove ha origine, quali i suoi presupposti, quale la sua natura. In particolare, che significa la pubblicazione sotto forma di “bozza”? Quali saranno i passaggi successivi e per arrivare a quale risultato?
Le Linee pedagogiche per il sistema integrato sono previste dal decreto legislativo n. 65/2017. È uno dei compiti assegnati dal decreto alla Commissione nazionale. Occorreva predisporre un documento che in modo organico ma trasversale, potesse delineare il quadro pedagogico per una effettiva costituzione del sistema integrato. Se il mondo dello zero tre e quello del tre sei devono integrarsi, quale occasione migliore di un documento che sviluppa temi, aspetti, situazioni, organizzazioni in una prospettiva quanto più unitaria e progressiva? Ecco, le Linee pedagogiche vogliono essere un primo punto di contatto tra il sistema dei servizi educativi e il sistema delle scuole dell’infanzia, pur esplicitandone specificità e peculiarità.
La pubblicazione in forma di bozza vuole essere un segno di apertura all’ascolto di quanti – educatori, docenti, pedagogisti, accademici, associazioni, genitori – vorranno far pervenire alla Commissione le proprie opinioni sul testo, proponendo eventuali correttivi o integrazioni. Incontri saranno organizzati a livello centrale e regionale per un confronto aperto con i principali stakeholder. Solo al termine del periodo di consultazione il testo sarà licenziato in via definitiva.
Il titolo del documento è “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei”. Nella parte 1 del documento, viene sottolineata la problematicità del sistema articolato, anche per ragioni storiche, in una molteplicità di servizi con radici e storie culturali e sociali diverse, dove il segmento tresei vanta documenti di indirizzo pedagogico in vigore da decenni e dove negli ultimi periodi c’è stato un pesante orientamento (con gli Istituti comprensivi) a piegarsi sulla scuola primaria. Come potremo costruire un sistema integrato in presenza di documenti di orientamento pedagogico distinti per fasce d’età? Come supportare un dialogo e una collaborazione tra zerotre e tresei che garantisca la centralità del bambino che cresce in continuità e non è diverso tra i 35 e i 36 mesi d’età? Ci sembra di rilevare che le maggiori obiezioni provengono dalle insegnanti della scuola dell’infanzia. Sono previste iniziative culturali e di formazione per smussare questo gap?
Non poteva che essere così. Diversa è la storia delle scuole dell’infanzia e dei servizi, diversi sono i titoli di accesso alle professioni, diversi i contratti e le condizioni di lavoro, diversa la gestione, ma soprattutto, diverse sono le età dei bambini che scuole e servizi accolgono.
Proprio per questo la Commissione ha deciso di avvalersi per la redazione delle Linee guida di esperti che hanno offerto la propria competenza e professionalità che ha consentito di elaborare un testo ricco, articolato ma coeso al suo interno. Non avrebbe avuto senso non tenere conto delle specificità che caratterizzano i due sistemi, anzi la Commissione ha inteso rappresentare nelle Linee guida le migliori esperienze che lo zerotre e il tresei hanno espresso nel corso degli anni.
Certamente la scuola dell’infanzia ha rappresentato il timore di veder modificata la sua identità, di essere “schiacciata verso i servizi educativi”, dopo aver faticosamente fatto valere la sua presenza negli istituti comprensivi. Sicuramente le Linee pedagogiche tendono ad evitare questo pericolo, riconoscendo alla scuola dell’infanzia la sua vitalità, la sua esperienza, il suo impegno verso l’innovazione e la sperimentazione. Ma al contempo valorizzano l’esperienza, la capacità di pianificazione e progettazione educativa, il rapporto con le famiglie dei bambini che i servizi educativi esprimono nella loro azione pedagogica. I poli per l’infanzia potranno rappresentare il primo luogo dove sperimentare le Linee pedagogiche ed attuare la vera collaborazione tra i due settori. Ovviamente l’organizzazione di iniziative di formazione, da attuare anche con la collaborazione dei coordinamenti pedagogici potrà sostenere lo sviluppo del sistema zerosei.
La pandemia che ha contraddistinto l’anno trascorso e che ancora ci accompagna ha inciso pesantemente sulle abitudini di vita delle famiglie, sull’organizzazione del lavoro, sui modelli di comunicazione (con un’invasione travolgente del digitale). Possono i servizi educativi e la scuola (dell’infanzia) riprendere come se nulla fosse accaduto o dovrà prender atto che il mondo intorno è cambiato e anche il sistema dell’educazione deve cambiare?
Non si può tornare indietro. La pandemia purtroppo ha modificato la vita delle persone e quanto accaduto negli ultimi tempi – ormai è trascorso più di un anno dai primi casi conosciuti di Covid19 – si farà sentire per molto tempo, soprattutto sotto il profilo psicologico.
La Commissione, proprio per sostenere famiglie e bambini nei lunghi momenti di chiusura di scuole e servizi e per rinsaldare le relazioni educative con i piccoli, improvvisamente interrotte, ha predisposto il documento “Legami educativi a distanza”. L’obiettivo di questo documento era quello di valorizzare il grande lavoro svolto dai servizi educativi e dalle scuole durante l’emergenza sanitaria, stimolando educatori e docenti verso nuove progettualità da avviare nel momento auspicato di riapertura delle strutture. Sembrava cosa fatta, invece scuole e servizi hanno subito un nuovo doloroso stop. Speriamo che le riaperture di questi giorni siano definitive. Il documento sui LEAD e le Linee pedagogiche potranno fornire un prezioso contributo a questa ripartenza, anche per rinsaldare il patto educativo con le famiglie dei bambini.
La parte IV è dedicata a “Curricolo e progettualità”. Come potrà essere intesa la proposta di un curricolo anche per l’età più tenera evitando derive e scivoloni verso sovrastrutture accademiche e concettualmente astratte come spesso succede negli ordini superiori? Uno dei valori molto presenti nello zerotre e che la scuola dell’infanzia ha in parte perso o rischia di perdere (nella presunzione che essere scuola sia imitare gli ordini superiori, anche negli aspetti deleteri) è quello della cura. Come possiamo rivalutare l’importanza e il valore della “cura” come elemento essenziale in un’educazione olistica?
La Commissione ha molto dibattuto – facendone parte ho vissuto il confronto acceso di persona – prima di giungere alla redazione definitiva della parte legata al curricolo e alla progettualità. Si è dovuto contemperare le esigenze, legittime, dei servizi educativi, dove la cura e il progetto pedagogico sono gli elementi fondanti e caratterizzanti, e quelle della scuola dell’infanzia, che definisce la propria attività tenendo a riferimento i campi di esperienza definiti nelle Indicazioni nazionali per il curricolo. Tenere insieme queste due realtà non è stato facile: si rischiava di far perdere la propria identità a ciascuno dei due settori ponendo enfasi sulla cura o sul curricolo. L’idea, ambiziosa probabilmente, di definire un curricolo unitario (il Presidente della commissione Giancarlo Cerini lo definisce cauto), è una prospettiva che può favorire la costruzione di un vero sistema zerosei. E gli elementi costitutivi del curricolo, come emergono dal paragrafo delle Linee guida, fanno riferimento ad aspetti che uniscono tutto lo zero sei, dalla comunicazione con i genitori agli spazi e agli arredi, dalla valutazione della qualità del servizio ai materiali, dall’organizzazione dei gruppi di bambini alle attività da realizzare.
Gli educatori/le educatrici. Si apre, ci sembra, un problema serio di formazione del personale educativo. Quale Università per un sistema integrato zerosei? Come superare le rigidità del doppio percorso di laurea? Già emergono difficoltà nelle assunzioni del personale per la rigidità dei requisiti formali. Ma gli attuali curricoli universitari rispondono alle caratteristiche dell’educatore/trice che può partecipare alla costruzione di un percorso zerosei e rispettare le esigenze formativo di un bambino nel proseguire degli anni duemila?
L’esigenza primaria è stata quella di porre ordine nel sistema dei titoli di accesso alla professione di educatore. Troppo diversificati da regione a regione, passando da titoli accademici a semplici percorsi di formazione professionale regionale. Si è giunti a definire, con il decreto legislativo 65/2017 che il titolo per accedere alla professione di educatore dovesse essere la laurea triennale in Scienze dell’educazione con indirizzo per i servizi educativi per l’infanzia.
La scuola dell’infanzia, invece, aveva già formalizzato un titolo di accesso alla professione unitario su tutto il territorio nazionale, la laurea quinquennale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria. È stato anche fatto un tentativo per consentire agli educatori di poter accedere con un percorso abbreviato alla laurea in Scienze della formazione e ai docenti di scuola dell’infanzia di accedere alla professione di educatore dopo la frequenza di un corso universitario di 60 CFU.
Ma dall’intenzione alla realizzazione ci sono stati inciampi e difficoltà. Alcune Università non hanno attivato i nuovi corsi di laurea L19 per gli educatori dei servizi educativi né sono stati attivati i percorsi annuali di 60 CFU. Per questo sono stati prolungati – e lo sono ancora – i tempi di transizione dal vecchio sistema dei titoli di accesso regionali al nuovo percorso accademico.
Ma c’è un altro elemento, di non poco conto, che sbarra al momento la strada alla professione unica di docente e di educatore. Lo Stato (il Ministero dell’istruzione) può assumere soltanto docenti di scuola dell’infanzia, non avendo competenze gestionali sui servizi educativi – e quindi sulle assunzioni del personale educativo – che rimangono in capo agli enti locali, nonostante l’approvazione del decreto legislativo 65/2017.
La governance. La norma ha trasferito competenze per tutto lo zerosei al MIUR. Ma i soggetti coinvolti (come decisori, come gestori, …) sono molto diversi (Enti locali, Terzo settore, soggetti privati, …) con normative di riferimento diversi, contratti diversi, modalità di gestione e affidamento eterogenee (basti pensare alle gare per l’esternalizzazione dei servizi). Che funzione potrà avere il MIUR? Si prospetta la possibilità di qualche semplificazione del sistema? In particolare, sui contratti di lavoro, è ancora accettabile che per la stessa funzione ci sia la possibilità di avere fino a 11 (o più) inquadramenti diversi?
Il Sistema integrato zerosei ha una governance multilivello, in cui il Ministero dell’istruzione ha assunto compiti di coordinamento, promozione e sviluppo. Regioni ed enti locali mantengono invece funzioni gestionali e autorizzatori sui servizi educativi. È importante che il ruolo del Ministero si esplichi con forza, per evitare che venga ridotto a quello di erogatore di risorse che, sebbene importante, vanificherebbe gli intenti del decreto 65. Nuova linfa al ruolo del Ministero sarà sicuramente portata dalla predisposizione dell’Anagrafe dei servizi educativi, che sta prendendo forma, e dalla valutazione e monitoraggio del sistema integrato. Ma anche l’attuale impegno della Commissione nella stesura degli orientamenti nazionali per i servizi educativi darà nuovo smalto alle funzioni del Ministero.
Il problema dei contratti di lavoro è serio e ben noto, essendo presente anche nel mondo scolastico, per esempio, nelle scuole paritarie di ogni ordine e grado. Probabilmente si potrebbe iniziare un lavoro di semplificazione attraverso interlocuzioni con le varie organizzazioni sindacali e il Ministero della funzione pubblica.
Il coordinatore pedagogico e i coordinamenti territoriali possono essere la “marcia in più” a sostegno della continuità (non solo verticale) e della qualità. Abbiamo esempi ormai consolidati in alcune Regioni. In altre situazioni si è avviato qualche tentativo. Ma la scuola statale recalcitra. Non appartiene alla sua cultura anche perché scontiamo lustri di incentivazione a selezionare personale dirigente con competenze amministrativo-gestionale a scapito di quelle pedagogico-educative. Che possibilità abbiamo di individuare e promuover figure di coordinatori anche nella e dalla scuola statale e che il coordinamento diventi un elemento riconosciuto e valorizzato?
Coordinatore pedagogico e coordinamenti territoriali sono elementi ancora in parte estranei al mondo della scuola dell’infanzia statale. Ma la loro funzione potrebbe diventare strategica soprattutto nella prospettiva di una formazione in servizio comune per educatori e docenti e per garantire la necessaria continuità tra i settori. L’organico di potenziamento che negli ultimi due anni è stato assegnato anche alla scuola dell’infanzia potrebbe essere utilizzato, oltre che per ampliare il tempo scuola o per attivare nuove sezioni, anche per promuovere in via sperimentale alcuni coordinamenti pedagogici.
Un’ultima domanda: le sezioni primavera. Dal documento sembra emergere una sottolineatura dell’importanza delle sezioni primavera. Ma la logica del sistema integrato non richiedere proprio il superamento delle sezioni primavera che non hanno più giustificazione nel momento in cui assumiamo l’impegno dell’estensione del diritto di accesso al sistema educativo fin dalla nascita? La ratio che ne aveva ispirato l’istituzione (che era sostanzialmente quella di utilizzare spazi e personale in esubero delle scuola dell’infanzia nel sud Italia per accogliere più bambini e diminuire il gap rispetto alle altre regioni) non viene meno oggi?
Le sezioni primavera possono assumere un ruolo strategico per il superamento degli anticipi di iscrizione alla scuola dell’infanzia, peraltro previsto dal decreto legislativo 65/2017, soprattutto nelle regioni meridionali dove sono ancora limitati i servizi educativi. La loro stabilizzazione e estensione è prevista dal decreto 65, ma si dovranno ben definire standard di qualità (strutturali e pedagogici) per il loro corretto funzionamento.
Uscendo dalla stretta occasione delle linee guida, quali prospettive abbiamo per un serio incremento dei servizi per l’infanzia in Italia? nuovi edifici, recupero e ristrutturazione di ambienti, assunzione di personale…
A seguito della pandemia lo Stato si è impegnato ad incrementare le risorse finanziarie per lo sviluppo del sistema integrato. È di questi giorni, ad esempio, l’avviso pubblico che stanzia un totale di 700 milioni di euro da assegnare ai Comuni per la messa in sicurezza, la ristrutturazione, la riqualificazione, la riconversione o la costruzione di edifici per nidi, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia. ma anche nel Recovery plan sono previste azioni specifiche per incrementare i servizi a favore dei bambini. Siamo poi in attesa dell’effettuazione del concorso ordinario per il reclutamento di docenti di scuola dell’infanzia.
Qualcosa, insomma, si muove a vantaggio del sistema integrato.

La locandina predisposta dal Ministero per il lancio delle Linee pedagogiche