Lina Stefanini
L’Agentività motore dei processi di sviluppo
Premessa
Dall’azione al pensiero
Che l’azione sia il punto di avvio del processo di crescita non è certamente una tesi nuova e anche oggi da più parti è riconosciuto. Ciò che invece viene messo in luce con maggior evidenza rispetto al passato è che l’azione non sia la conseguenza di un processo attivato da stimoli esterni o da un’elaborazione mentale antecedente, ma che possa essa stessa essere il primum nella sequenza temporale dei processi evolutivi. In altre parole, talvolta è proprio l’azione a “costruire” lo stimolo: il bambino operando in un determinato ambiente — mosso da certe necessità, interessi o scopi –seleziona tra la moltitudine di cose che gli stanno attorno, quelle che rispondono ai suoi obiettivi arrivando così a costruire la sua immagine o conoscenza della situazione. L’azione poi aiuta a interpretare la situazione che ci si è costruita, attribuendo senso a ciò che è accaduto. Ma la funzione dell’azione non si esaurisce in quest’opera di selezione e di interpretazione, perché agendo individua ulteriori risorse e scopre nuove possibilità. Tutto questo riorienta i suoi interessi, ne modifica le priorità e quindi, muove il suo comportamento in altre direzioni. Il bambino infatti si costruisce la propria visione del mondo categorizzandolo e interpretandolo sulla base di schemi mentali che trae dall’esperienza propria e, dai comportamenti altrui che gli tornano utili per comprendere e dare senso a ciò che accade intorno a sè. Questi primi concetti che il bambino si costruisce permeano così la struttura delle sue azioni.
Il motore dello Sviluppo
Al riguardo si tratta di mettere in luce i limiti di concezioni dello sviluppo che sottendono a un’idea di crescita solo “naturalistica”. Questa ipotesi che le nostre competenze si evolvano esclusivamente sulla base di un dinamismo interno e autonomo inscritto nell’individuo, senza tenere conto dell’influsso che l’ambiente esercita, è riduttiva. Verosimilmente nei bambini sono presenti repertori comportamentali che evolvono sulla base di meccanismi di questo genere e che convalidano come la loro crescita sia determinata dalla maturazione di strutture di base del nostro neuro funzionamento.
Vi sono però anche competenze che non possono essere pensate come de-contestualizzate dalle situazioni ma collegate ai reali ambiti di “spendibilità” delle stesse. In questi casi sono gli elementi contestuali a sollecitare l’acquisizione di conoscenze e abilità finalizzate alla soluzione di problemi che essi incontrano in situazioni concrete. Per questa ragione gli ambienti scolastici in cui i bambini sono inseriti programmano attività educative, formative e di routine che conferiscono e generano, se sollecitate, diversi processi evolutivi. Una potente “spinta” alla crescita proviene anche dal mondo dei segni, delle pratiche sociali, e del loro rapporto con la realtà. In contesti ben “apparecchiati” i bambini trovano strumenti per esprimere e soddisfare esigenze personali e buone pratiche per comunicare esperienze della vita quotidiana, intenzioni, rispondere a curiosità e scambi sociali. Il mondo dei simboli diviene così quello dei significati dominabili, elaborabili e trasmissibili.
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Queste conquiste sul piano dell’oggettività e della condivisione dei significati culturali non nega altre valenze sul piano evocativo, emozionale, etico, creativo, e che permettono di raffigurare la realtà nella forma del “come se”. Questo riferimento alla rielaborazione individuale, mette in luce alcuni limiti delle diverse prospettive che talvolta tendono a trascurare il fatto che gli apporti ambientali diventano incisivi nella misura in cui giungono a rivestire un significato per ciascuno di noi. “Le linee evolutive infatti mosse da sollecitazioni ora interne ora esterne, si ricompongono nel nostro insieme funzionale”. L’interezza della persona (intesa come compenetrazione di aspetti cognitivo-motori, affettivi, relazionali e comportamentali, nella varietà delle forme di esperienze e la gamma delle differenti capacità) si fonda in un significato globale che permea di sé le differenti manifestazioni. Un senso complessivo che fa da “sottofondo” e da “centro di direzione” per le loro attività. In questo modo il processo di sviluppo è indotto da dinamiche endogene e sollecitazioni esogene nella misura in cui vi è un’aderenza tra le conquiste interne e le richieste/stimolazioni esterne. I contesti scolari in cui i bambini sono inseriti propongono valori, mete e obiettivi che generano aspettative, esigenze, interessi personali, priorità e curiosità. Tutto questo li induce a costruirsi una propria immagine del mondo che li circonda e della loro posizione in esso[1].
ScienzAzioni nasce dal desiderio di introdurre il contesto ambientale come campo esperienziale oggetto di scoperte e riflessioni. L’ambiente rappresenta per ciascuno un contenitore inesauribile che aiuta a capire e a dare senso alle esperienze, accompagnando i percorsi di crescita dei bambini e delle bambine. Attraverso l’uso del “con-testo ambiente” si forniscono a ciascun bambino i contenuti per crescere, interrogarsi e argomentare in forma autonoma. Per le insegnanti l’ambiente rappresenta un “testo concreto”, un luogo per fare esperienze possibili e sviluppare “buone prassi” di riflessione e approfondimento.
Cerca di evitare contenuti preordinati semplicemente riconoscendo le scienze naturali e ambientali come fonte inesauribile di opportunità di lavoro, quali la possibilità di creare percorsi osservativi e di esplorazione di materiali, di approfondire l’uso di strumenti di indagine e di conoscenza e rispetto del proprio territorio. L’esperienza laboratoriale intende promuovere la consapevolezza che l’acquisizione di conoscenze, attraverso il rapporto diretto con situazioni e fenomeni che l’ambiente esprime, comporti di per sé l’instaurarsi di una relazione di concreta interazione con i bambini.
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In questo senso, educare all’ambiente viene a consistere in primo luogo con il conoscere attivamente il proprio territorio nelle sue espressioni e nei suoi problemi, in una parola nella sua complessità. L’approccio sistemico all’ambiente può costituire per tutti i bambini la premessa, la via operativa o il mezzo per perseguire una forma di educazione che trova nel contesto ambientale la propria espressione più compiuta. La scelta libera del percorso da seguire consente un lavoro più incisivo, rispetto a sentieri prefissati, perché fa maturare in itinere, piuttosto che pre-costituire, rappresentazioni della realtà. Un percorso di conoscenza di diversi ambienti, quali la scuola, l’extrascuola, il museo, i parchi, la città… che favorisce un processo di identificazione e radicamento di ciascun bambino/a per rafforzare autonomia, appartenenza, fiducia e responsabilità.
Agire sé nell’ambiente
Per la realizzazione del progetto è fondamentale prendere in considerazione le pre-conoscenze e le esperienze pregresse dei bambini e su di esse organizzare gli interventi tenendo conto che ognuno interagisce in modo diverso rispetto alle nuove esperienze. È necessario creare contesti di discussione stimolanti e rassicuranti in modo che i bambini si sentano liberi di esprimere le proprie idee, integrarle per poi usarle e trasformarle senza timore. Ricordare che l’apprendimento di nuovi concetti genera l’estensione delle conoscenze già acquisite oppure una rottura rispetto a queste che sono trasferibili e applicabili in altri ambiti.
Il rapporto spontaneo dei bambini rispetto al contesto ambientale (le loro tasche spesso ne rappresentano un piccolo museo) produce in modo naturale proficue occasioni d’attività basate sull’osservazione, sulla classificazione su basi logiche, sulla ricerca di relazioni, sulle analogie, le differenze e le trasformazioni (dal sé operativo alla memoria semantica). Abbiamo rilevato dai tanti progetti analizzati in sperimentazione come le prime esperienze riguardino l’acqua, la terra, la sabbia, le piante, gli animali, il giardino di casa o della scuola.
Di norma il cortile, il prato, gli oggetti raccolti durante le vacanze, riempiono le aule e, questo accumulo di materiale, rende necessaria una razionale collocazione in sezione. Pone il problema di dove alloggiarlo per meglio conservarlo, ma anche come organizzare e disporre tutto il materiale raccolto per raccontarlo e rileggerlo dando senso al suo arrivo nella scuola.
Questo lavoro favorisce naturalmente la classificazione spontanea per forme, colori, dimensioni, odori, consistenza, analogie, differenze … e non solo. Pone anche il problema del mondo vivente. Dove alloggiarlo, come conservarlo e averne cura, ma anche come organizzare e disporre tutto ciò che serve per osservarlo nelle sue trasformazioni. Fondamentale trovare criteri condivisi, pensare quindi a che cosa sollecita nei bambini operazioni logiche quali il raggruppare, creare gruppi e sottogruppi, denominare il materiale … In questo modo, spontaneamente, si rendono conto del bisogno di creare uno spazio dove collocare il materiale trovando criteri originali, non solo per conservarlo ma anche per valorizzarlo.
L’ambiente è il laboratorio privilegiato d’esperienze, scoperte, conoscenze e riflessioni; rappresenta il contenitore inesauribile che sollecita la nostra neuro-funzionalità per capire sé e il mondo e a dare senso alle nostre esperienze. Un “con-testo” che fornisce ai bambini i contenuti per osservare, interrogarsi e argomentare in forma autonoma. Per le insegnanti rappresenta un testo concreto, il luogo in cui sviluppare ipotesi, riflessione e approfondimenti. Forte è la consapevolezza che l’acquisizione di conoscenze e abilità strumentali attraverso il rapporto diretto con situazioni e fenomeni che l’ambiente esprime viene a consistere in primo luogo con il conoscere attivamente sé attraverso il proprio ambiente nelle sue espressioni, nei suoi problemi, in una parola nella sua complessità.
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L’approccio cognitivo-motorio costituisce per tutti la premessa, la via operativa, il mezzo per perseguire una forma di educazione che in «esso» trova l’espressione più compiuta. La scelta libera del percorso da seguire consente un lavoro più incisivo rispetto a sentieri prefissati, perché permette di maturare in itinere, piuttosto che pre-costituire rappresentazioni della realtà. Questo lavoro di conoscenza di ambienti diversi quali la scuola, l’extra-scuola, il museo, i parchi, la città, favorisce un processo d’identificazione, radicamento e appartenenza.
Questo lavoro di conoscenza di ambienti diversi quali la scuola, l’extra-scuola, il museo, i parchi, la città sotto/sopra, sollecita i processi di identificazione e radicamento dei bambini, ne rafforza il senso di autonomia, di appartenenza e di fiducia. Per la sua realizzazione è fondamentale prendere in considerazione le conoscenze-esperienze pregresse per organizzare gli interventi tenendo conto che ognuno interagisce in modo diverso rispetto ai nuovi saperi. È necessario quindi creare contesti di discussione stimolanti e rassicuranti per far sì che si sentano liberi di esprimere le proprie idee, integrarle, usarle e trasformarle senza timore. Ricordare che l’apprendimento di nuovi concetti può essere un’estensione delle conoscenze già acquisite oppure una rottura rispetto alle stesse e che sono trasferibili e applicabili in altri ambiti disciplinari o situazionali.
Le Azioni
L’ambiente è un «sistema» che modifica continuamente il proprio equilibrio a prescindere da chi lo insedia. Ogni territorio è caratterizzato da lineamenti morfologici, flora e fauna peculiari, ma porta anche i segni di chi lo ha abitato, conquistato, coltivato, inquinato o valorizzato. È compito della pedagogia che “pensa” declinare attraverso «la didattica» che fa e insegna, trasmettere la capacità di accogliere, proprio come farebbe l’ambiente, integrare senza forzare attraverso la grande lezione di ricerca di equilibrio che la natura ci offre tutti i giorni. Questo lavoro di conoscenza di ambienti diversi quali la scuola, l’extra-scuola, il museo, i parchi, la città sotto/sopra, sollecita i processi di identificazione e radicamento dei bambini, ne rafforza il senso di autonomia, di appartenenza e di fiducia. Per la sua realizzazione è fondamentale prendere in considerazione le conoscenze-esperienze pregresse per organizzare gli interventi tenendo conto che ognuno interagisce in modo diverso rispetto ai nuovi saperi. È necessario quindi creare contesti di discussione stimolanti e rassicuranti per far sì che si sentano liberi di esprimere le proprie idee, integrarle, usarle e trasformarle senza timore.
Ricordare che l’apprendimento di nuovi concetti può essere un’estensione delle conoscenze già acquisite oppure una rottura rispetto alle stesse e che sono trasferibili e applicabili in altri ambiti disciplinari o situazionali.
Insegnanti mediatori dei processi di pensiero
L’insegnante nel progetto si pone come mediatore del processo di pensiero attraverso la sua capacità di portare l’attenzione di ciascun bambino sugli argomenti, di motivarlo, ma soprattutto di lavorare tenendo conto delle caratteristiche di sviluppo di ognuno (età biologica e anagrafica). Il suo sguardo è attento a capire le esigenze per differenziare il modo di intervenire su ciascuno, fornendo gli strumenti più adeguati per affrontare le eventuali criticità. Apparecchia gli ambienti, dosa i materiali, ottimizza i tempi e i gruppi di lavoro. Fornisce ai bambini le occasioni per esprimersi e ascoltare ciò che dicono, per accoglierne le richieste, promuovere il fare attraverso attività a forte connotazione interdisciplinare; documenta i processi, registra le conversazioni e verifica ricorsivamente l’efficacia progettuale.
Dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno
Il rapporto spontaneo dei bambini rispetto al contesto ambientale (le loro tasche spesso ne rappresentano un piccolo museo) produce in modo naturale proficue occasioni d’attività basate sull’osservazione, sulla classificazione su basi logiche, sulla ricerca di relazioni, sulle analogie, le differenze e le trasformazioni (dal sé operativo alla memoria semantica). Abbiamo rilevato dai tanti progetti analizzati in sperimentazione come le prime esperienze riguardino l’acqua, la terra, la sabbia, le piante, gli animali, il giardino di casa o della scuola. Di norma il cortile, il prato, gli oggetti raccolti durante le vacanze, riempiono le aule e, questo accumulo di materiale, rende necessaria una razionale collocazione in sezione.
Pone il problema di dove alloggiarlo per meglio conservarlo, ma anche come organizzare e disporre tutto il materiale raccolto per raccontarlo e rileggerlo dando senso al suo arrivo nella scuola. Questo lavoro favorisce naturalmente la classificazione spontanea per forme, colori, dimensioni, odori, consistenza, analogie, differenze … e non solo. Pone anche il problema del mondo vivente. Dove alloggiarlo, come conservarlo e averne cura, ma anche come organizzare e disporre tutto ciò che serve per osservarlo nelle sue trasformazioni. Fondamentale trovare criteri condivisi, pensare quindi a che cosa sollecita nei bambini operazioni logiche quali il raggruppare, creare gruppi e sottogruppi, denominare il materiale … In questo modo, spontaneamente, si rendono conto del bisogno di creare uno spazio dove collocare il materiale trovando criteri originali, non solo per conservarlo ma anche per valorizzarlo.
Cosa trasmettere e perché
Non essere trasmettitori di idee astratte, ma mediatori nel processo di apprendimento che deve sempre partire da esperienze vicine al bambino, al suo ambiente fisico e relazionale e per lui significative. Mai dare spiegazioni astratte, ma incoraggiare alla scoperta, esponendolo al contatto con i materiali, eventualmente ponendo nuove domande; mai proporre attività troppo distanti dalle sue curiosità e dalle sue conoscenze; mai forzarlo a perseguire aspetti di un fenomeno o di un oggetto che non lo interessano. È infatti sempre più ricorrente nella scuola far lavorare i bambini in ambito scientifico su progetti in genere proposti da «guide» che suggeriscono in modo stereotipato argomenti e metodologia. Far fare esperienze finalizzate non all’acquisizione di nozioni astratte ma di abilità e atteggiamenti derivanti dal rapporto diretto con i materiali osservati e manipolati. Sfruttare le occasioni che il bambino già incontra spontaneamente di esplorazione attraverso la sensorialità che fa portare l’attenzione in modo alternato su di sé e sull’ambiente (per sollecitare propriocezione ed esterocezione) per poi passare a chiedergli “che cosa”, “come” e “perché” …
Il progetto si definisce come un insieme di percorsi che «generano» dalle richieste dei bambini e promuove le riflessioni delle insegnanti che oltre a capirne la natura, permette di svilupparle senza forzarne i contenuti.
Il con-testo ambientale in cui viviamo è il luogo più prezioso dal quale continuamente attingere nel nostro percorso sperimentale. Il Museo di Storia Naturale diviene allora un pre-testo che aiuta con metodo scientifico a decodificare il funzionamento di ciò che ci circonda. Il museo aiuta a scoprire le diverse chiavi di lettura attraverso le quali osservare, esplorare e riconoscere il territorio come «unità di misura» per la scoperta del mondo2.
Per concludere
Si parla molto oggi di educare attraverso il contesto ambiente ma l’espressione rischia di essere uno slogan privo di contenuto se non c’è una consapevolezza forte di che cosa educa all’ambiente e di come gestirne la componente formativa. Di fatto la retorica attuale rischia di occultare rappresentazioni e pratiche che di educativo hanno ben poco. Per questo crediamo sia importante portare l’attenzione sul modo di esprimere il modello di educazione ambientale che sosteniamo, sul modo in cui questo modello influisce sulle pratiche e sul modo di considerarlo come una grande risorsa. In questo senso, sarebbe utile lavorare sulla capacità di agency degli educatori/insegnanti ampliando la loro visione sulle funzioni educative dell’ambiente naturale, artificiale, sociale, economico … in modo da superare la visione generica di ambiente e aprirsi e all’approccio olistico che induce[2].
[1] La Bussola della mente funzionale, M. Banali, L. Stefanini, A. Antonietti, Led, Mi 2015.
[2] L. Stefanini, M. Bonali, Agire per Apprendere, ZeroseiUP, Bg 2919.