Il termine inclusione lo si ritrova nei convegni, nelle circolari ministeriali, nel lessico e nella documentazione degli insegnanti: sembra che, da una parte, ci sia uno sfondo comune come se fosse una prospettiva scontata e, dall’altra, che l’inclusione sia solo un problema di definizione lessicale. Una riflessione più attenta porta però a sottolineare che esistono differenze sostanziali riguardanti i presupposti e l’interpretazione dell’inclusione nell’ambito concettuale, culturale, politico ed educativo come viene evidenziato dal confronto fra Disability Studies Italy e le correnti dell’integrazione. Per evitare che l’inclusione diventi un concetto indifferenziato, è necessario esplicitare i diversi riferimenti teorici e le condizioni che la favoriscono, confrontandosi con gli impliciti pedagogici integrativi che guidano le scelte educative e le pratiche (la concezione abilista in riferimento al deficit, l’adesione alla cultura dominante bio-medica individuale, l’omogeneità educativa e formativa, l’autonomia, l’adattamento, il bisogno, la neutralità dei contesti e dei docenti, la libertà di insegnamento interpretata come centralità del docente) per superarli in vista di un paradigma che si richiama alle differenze come modi personali ed originali di porsi nelle relazioni e nell’apprendimento (Medeghini R, 2009).
Roberto Medeghini, pedagogista ricercatore e formatore, componente del Laboratorio di Ricerca per lo Sviluppo dell’Inclusione Scolastica e Sociale, Università Roma Tre, membro del comitato scientifico della rivista “Italian Journal of Disability Studies”, direttore della collana “Disability Studies” di Erickson . È autore di numerosi articoli e pubblicazioni sull’inclusione scolastica e sociale.