Ciò che avviene sovente negli spazi gioco italiani, in cui le ore di frequenza vanno dalle cinque del mattino alle quattro del pomeriggio, è un’alta segmentazione della giornata educativa in cui l’attività primaria dei bambini sembra quella di rincorrere un tempo poco incline alle loro esigenze e al loro benessere. In un contesto del genere, la domanda che deve assolutamente nascere in chi opera in campo educativo, è su quante volte interrompiamo il bambino; quanto tempo gli concediamo che non sia deciso a tavolino dall’adulto.
Mettendosi nella prospettiva del bambino, ci accorgiamo rapidamente come l’attività del gioco “indisturbata” sia quella che, in assoluto, preferisce e nella quale si vuole più a lungo cimentare; dare rispetto al bambino significa dare uno spazio tempo che sia inclusivo, poiché il tempo è vissuto soggettivamente. Il flusso di gioco è per ogni bambino differente e individuale dunque assume il carattere di paradosso l’assoluto bisogno dell’adulto, portato dal proprio percorso educativo a volere mantenere la “dirigenza educativa”, di dettare tempi comuni a tutti andando ad interrompere un ritualità che non ha tempi.
Ciò non avviene solamente nella situazione del gioco ma, come già evidenziato in precedenza, tutto il percorso formativo sembra scandito da una ritualità temporale rigida, come nel caso della merenda, una situazione decisamente anomala in uno spazio gioco rispetto ad un servizio a tempo lungo.
Il momento della merenda è determinato dall’organizzazione dell’adulto che non tiene minimamente in considerazione la possibilità di far decidere individualmente il bambino: non è pensabile che tutti i bambini abbiano fame nello stesso momento, così come non è pensabile che tutti i bambini abbiano sonno allo stesso tempo. Ancora una volta viene, dunque, messa in campo una rigidità temporale estremamente adultocentrica, capace di mettere all’angolo i bisogni reali dei bambini a discapito di un’organizzazione basata sulla scansione e sulla rigidità.
Risulta poco credibile, soprattutto nel caso della merenda, il problema “mensa”, fattore che può incidere maggiormente laddove esiste un servizio lungo. All’interno degli spazi gioco antimeridiani e pomeridiani la merenda non crea nessun problema organizzativo; aprire una finestra temporale in un angolo della stanza, con un piccolo tavolo, consentendo intimità e dialoghi e soprattutto tempi lunghi e rilassati, risulta un’attività possibile e praticabile.
Un’altra criticità che si affaccia nel percorso gestionale del tempo è quella del cambio.
Come ci comportiamo in questa situazione?
Anche in questo caso la ritualità temporale sembra avere il sopravvento, standardizzando il tutto non secondo le esigenze del singolo, ma secondo i tempi prestabiliti dalle programmazioni degli adulti. Viene effettuato dal personale educativo sempre dopo la merenda, almeno all’interno dello spazio gioco e pur essendo definito da sempre un momento importante e delicato per il bambino, spesso viene eseguito senza valutare il reale bisogno del bambino in quel momento specifico.
Se lo riteniamo veramente un momento delicato e importante, non è dunque giusto farlo quando il bambino ha reale necessità? Non è forse vero che ciò che è necessario anche per noi adulti non è dettato dal tempo ma, bensì dalla reale necessità? E’ così, dunque, che diamo valore al quel gesto di cura che diviene anche occasione individuale di contatto e di dialogo?
Queste domande che riguardano in modo specifico il momento del cambio, sono però trasportabili all’interno di tutta l’esperienza temporale nei servizi per l’infanzia. Ciò che deve distinguere il tempo, all’interno di ogni esperienza educativa, qualsiasi essa sia e qualsiasi siano i protagonisti, è la flessibilità, la capacità di adattarsi alle esigenze di ogni individuo, proprio perché la ricerca non deve essere rivolta alla standardizzazione bensì alla individualizzazione e differenziazione.
Quanto è vero!! Per non parlare poi delle cosiddette “attività “! E nella scuola dell’infanzia del famoso “cerchio” al quale i bambini, con intento di promuovere la partecipazione, sono chiamati al mattino poco dopo il loro arrivo mentre stanno riallacciando i contatti con l’ambiente i giochi i compagni interrompendo significative relazioni. …