BERLINO- ITALIA 2.
la qualità delle relazioni e le competenze della educatrice
Sei settimane in un kinderladen berlinese sono state il mio approccio al mondo del lavoro pedagogico.
Sono passati 3 anni ed ho ancora vividi nella mia mente i ricordi di questa esperienza.
Quello che mi aveva colpito più di tutto è l’attenzione al clima emotivo, alla qualità delle relazioni ed al “mood” che doveva connotare la situazione educativa.
Ogni educatrice non mancava di mettersi in gioco completamente come persona, con le proprie convinzioni ed il proprio carattere. ma il tutto era amalgamato in un impasto dal sapore dolce e delicato, fatto di voci sottili, sorrisi e tranquillità.Ricordo che noi adulti eravamo una presenza/assenza, mai invasivi o iper-protettivi, mai autoritari o arrabbiati.
All’ apice delle priorità c’era l’obiettivo di rendere il rapporto educatore-educando come una situazione psicologicamente rassicurante, che costituisse la base per la costruzione di un sistema di saperi e competenze.
Come proposto dalla teoria di Carl Rogers, la figura dell’ educatore non doveva essere ingombrante, ma dotata della fine capacità di cogliere il momento giusto e il luogo adatto per intervenire.
Lavorando presso il kita ho percepito la reale applicazione di questi principi e ne ho compreso, non solo l’ efficacia, ma anche la difficoltà.
Questo approccio richiede di essere costantemente attivi nella ricerca di spunti, ricettivi nei confronti dei bisogni dei bambini e controllati nella tendenza ad imporre regole.
Il lavoro su se stessi è quindi d’ obbligo per saper gestire emozioni, avere consapevolezza, saper attendere, essere sicuri di sè…
Ricordo che l’ educatrice più anziana era la presenza più silenziosa ed al tempo stesso più significativa: non era mai impositiva eppure era estremamente rispettata. I bambini percepivano la sua fermezza, la sua calma interiore e questo influiva positivamente su di loro.
Alla fine dell’ esperienza ho saputo che questa persona stava attraversando un momento molto difficile della sua vita e sono rimasta ammirata per la sua professionalità.
Tutte queste qualità e competenze caratteriali si possono sviluppare con il tempo e con un adeguato training personale ma è mio parere che una predisposizione naturale sia necessaria o, quanto meno, d’ aiuto.
Nel sistema berlinese si diventa educatori solo dopo aver fatto un esperienza di tirocinio che introduca al mestiere e metta in grado di capire fin dall’ inizio se si è disposti ad affrontare questo tipo di impegno. Secondo il loro sistema di studio, prima di intraprendere la formazione, bisogna essere assunti all’ interno di un nido così che, dopo aver fatto una prima esperienza introduttiva, si continui ad esercitarsi sul campo, di pari passo con l’acquisizione della parte teorica. Si chiama “formazione duale” e prevede lezioni frontali per tre giorni a settimana e, per i restanti due, lavoro retribuito.
Mi piace molto questo sistema perchè è una selezione naturale di personale già predisposto, che viene subito posto nel vivo del nostro mestiere ed è selezionato, senza false speranze, laddove un posto di lavoro sia già disponibile e laddove ci siano le condizioni per poterlo ricoprire.
Il personale dei servizi italiani è molto qualificato, dati i tre anni (almeno) di studio intenso a livello universitario, tuttavia larghe sono le file di coloro che scelgono l’ educazione per mancanza di altre passioni, perchè stare con i bambini è apparentemente semplice o perchè i piccoli fanno tenerezza. Quando poi si scende in campo si è duramente messi alla prova ed è forse troppo tardi che ci si accorge di non avere abbastanza passione per fare questo lavoro, con la dovuta cura.