Nel corso della vita ho
raggiunto la certezza che
le catastrofi servono ad
evitarci il peggio. Sapete
cos’è il peggio? Aver
trascorso la vita senza
naufragi, ed essere
sempre rimasti alla
superficie di sé stessi.
Christiane Singer
Chiudere e spostarsi sul web.
Riaprire ma chiusi in bolle.
La rivoluzione pandemica ha messo sottosopra le prassi che stavamo consolidando.
Ci ha sottoposti a fatiche inaspettate, sconvolto le previsioni progettuali e soprattutto organizzative, aperto nuovi sguardi sulle competenze professionali.
Durante il lockdown, senza preavviso, è stato chiesto a tutto il mondo educativo di spostarsi in rete e, se all’inizio appariva come un’opzione non percorribile e poco auspicabile, col passare dei giorni si è rivelata necessaria. Come gruppo professionale 06 (coordinamento, educatori, insegnanti) abbiamo studiato, progettato, attivato quello che abbiamo chiamato “Il filo della vicinanza”, a distanza ma con tutto l’intento di rimanere, appunto, vicini.
Sportello per le famiglie telefonico e via mail, stanze web dedicate a famiglie e bambini per ritrovarsi e ritrovare anche, su altri.
Poi siamo stati invitati a tornare in presenza ma non nel nostro consueto mondo aperto, fluido, dove i bambini potevano spostarsi in ogni area della scuola accuratamente progettata per accogliere il loro operoso e studioso fare: chiusi in bolle.
La reazione istintiva davanti ad un atto così energico e dirompente è rispondere con la difesa e il rifiuto o con la collusione. Entrambe le reazioni sono naturali ma pericolose, soprattutto in educazione. Rifiutare il cambiamento significa arroccarsi e quindi, alla fine, rompersi. Colludere significa spesso rispondere senza metacognizione e quindi seguire il flusso che, fondandosi sulla sensazione emergenziale, accompagna all’omologazione.
Qual è stata allora la sfida più grande? Quale la reazione auspicabile?
Ri-flettere
Ossia accogliere le sfide evolutive, il cambiamento non come distruzione ma come nuova occasione per pensare, metariflettere sui valori fondanti la scuola e dunque solo poi tradurli in nuove prassi adatte all’occasione.
Un sistema flessibile nel suo modo di adattarsi alle istanze che mantiene la sua cornice di senso, le colonne valoriali portanti, sistema che Taleb N.N. definirebbe “antifragile” e che magistralmente Scardicchio incoraggia ad essere creativo. “Noi non sappiamo rispondere a tutte le domande. Partiamo dall’ingresso in questo paradigma che inserisce lo stare dentro la domanda. Una domanda provoca una perturbazione. Se non abbiamo una risposta pronta, allora la domanda genera caos.” Un caos che scombina le carte della continuità abituale e ci rimette davanti al bisogno di trovare nuove strade. “Creatività come accettazione di ciò che non avevamo previsto. Interessante se pensiamo che siamo cresciuti dentro un’idea di educazione coincidente con un programma. Creatività è contraria al programma? È contraria alla ragione? In realtà la creatività permette alla ragione un upgrade. Diventando razionalità. La razionalità è la forma della ragione che si interroga, che si apre, si moltiplica e attraversa possibilità. La creatività permette l’incremento della ragione, della scienza” (Scardicchio in corso di formazione “LOGICA & FANTASTICA. Per parlare di apprendimento e immaginazione, creatività e life skills”)
La riorganizzazione in bolle è stata la nostra perturbazione, non perché fossimo impreparati a lavorare in gruppi, (venivamo in fondo dalla storia di anni organizzati in sezioni) ma per la paura che questa chiusura riaccendesse quel tipo di proposta organizzativa che, da anni, avevamo messo in discussione a favore di un diverso tipo di pensiero.
Interessante, fin da subito, è stato aver chiaro cosa non voler fare: non risponderemo alla distanza con video tutorial, non risponderemo alle bolle con la chiusura.
Ma come tradurre queste scelte in qualcosa di propulsivo? Come rispondere davanti alla spinta emergenziale mantenendo saldi i cardini lavorati e formati in anni?
“Un’opzione è ciò che ci rende antifragili e ci permette di beneficiare del lato positivo dell’incertezza.” Taleb
Davanti all’incertezza è dunque necessario raccogliersi intorno ad un tavolo, rallentare l’emergenza interventista e ri-portare il pensiero alle fondamenta.
Quello che le scuole del Comune di Fano, insieme al coordinamento, hanno provato a fare mantenendosi saldi agli incontri condivisi, ai tavoli di discussione e coprogettazione per formarsi insieme e restare coerenti ma flessibili davanti alle diverse situazioni emergenziali.
Abbiamo rallentato il passo, manifestato la necessità di parlarne insieme e di costruire nuove strade applicative a quelli che reputiamo essere i cardini ideali dei passi che ci guidano.
Riaprire è stata dunque una sfida che ha donato nuove opportunità di valutare e riposizionarsi rispetto a quello che è il pensiero pedagogico di riferimento e da lì partire per creare un’invenzione: com’era possibile mantenere il lavoro aperto, chiudendosi in bolle? Cos’era possibile portare con noi come esperienza ed insegnamento dai processi attivati in lockdown?
Quello che è stato fatto è prima di tutto prendersi cura dell’aspetto emotivo. Restare in rete con educatori ed insegnanti, accogliere le fragilità, i bisogni, anche le nuove paure di bambini e famiglie. Costruire un contesto accogliente e stabile mantenendo alta l’empatia e l’attenzione per l’eterogeneità.
Si è poi riflettuto su come mantenere aperte le possibilità esplorative dei bambini e delle bambine venendo meno la fluidità di movimento nel contesto. E allora abbiamo ragionato sugli spazi vuoti e su quanto potevano venirci in aiuto anche in questa occasione: spazi che i bambini potevano adornare con i loro pensieri progettuali portando li materiali, creando contesti congeniali ai loro interessi, spazi variabili se pur definiti dalle mura della stanza-bolla.
E così anche gli spazi esplorativi, laboratoriali e gli atelier avevano bisogni di essere ri-visti, ri-flettersi. I bambini non potevano più raggiungerli autonomamente muovendosi dentro alla scuola e allora abbiamo messo le ruote alle proposte esplorative così che i bambini stessi possano portarle nella bolla e seguire i propri progetti.
Quando la scuola era luogo aperto e fruibile, in affiancamento ad alcuni luoghi, quelli con strumenti di un certo tipo, in particolare, i bambini incontravano gli insegnanti “esperti” che all’inizio affiancavano il lavoro per suggerire e accompagnare nella conoscenza dell’uso degli strumenti, salvo poi, come in tutti gli altri luoghi, lasciare sempre più spazio all’autonomo utilizzo e porsi come osservatore e riferimento al bisogno.
Di questo dettaglio sentivamo la mancanza e abbiamo pensato di ereditare dall’esperienza del “filo della vicinanza”, in pieno lockdown, le nuove competenze d’uso degli strumenti tecnologici da parte degli adulti per re-interpretarle all’interno delle bolle, prolungando idealmente il progetto e creare fili di connessioni tra diversi gruppi, tra insegnante esperto e bambini di altre bolle, tra bambini che desideravano vedersi, salutarsi, anche giocare e lavorare insieme se pur in stanze diverse e/o lontane.
Così abbiamo silenziosamente raccolto i frutti di alcune fatiche in fase di lockdown ed anche mantenuto lo sguardo fisso verso i nostri assunti teorici di base.
Il viaggio non è stato semplice ma il mondo educativo è allenato all’imprevisto e davanti ad esso, se pur sentendo il terremoto, si attiva con sguardo attento per trovare il potenziale da alimentare.
Insegnanti ed educatori, provati dalla situazione di chiusura, che li ha visti impegnati in nuovi apprendimenti in una situazione emergenziale altamente richiestiva, ed anche sottoposti a supervisione e a richieste di coprogettazione per tenere saldo il nucleo pedagogico, si sono dimostrati creativi e capaci, anche in fase di riapertura, di trovare energie per re-inventare le prassi, mettere in gioco competenze di recente acquisizione abbinate a saperi sedimentati.
“La risposta dei docenti è stata superiore ad ogni aspettativa, considerando che, secondo il ministero, il 77% non aveva alcuna esperienza pregressa in questo tipo di didattica ” Gavosto A. in Il mondo dopo la fine del mondo, Laterza edizioni, 2020.
Come coordinamento è stato complesso, ma anche importante, considerare ed accogliere i bisogni e timori di insegnanti, educatori e famiglie, spesso in contraddizione, spesso sentiti come emergenti e quindi urgenti, con la consapevolezza di dover e poter prendere il tempo necessario ad una progettazione ragionata, anche co-costruita, doverosamente rispettosa delle normative. Il rischio principale, nella riapertura in “chiusura in bolla”, era quello di perdere il valore capillare delle relazioni, del lavoro di co-costruzione dei saperi, di progettazione condivisa e scambio dialogico con e tra scuole, con le famiglie
Cosa significa, per educatori, insegnanti e coordinamento, vivere le bolle con queste acquisizioni interne?
A volte significa sentirle come costrizioni, limite invalicabile ad un pensiero che va oltre, che progetta ad ampio sguardo, in equipe, che tiene il filo con le famiglie nonostante tutto, che, per spinta evolutiva, si apre e non desidera limitarsi ad una stanza.
Significa poi accogliere questa fatica e trasformala in pensiero positivo che raccoglie, riformulandole, alcune certezze.
Proprio come il bambino che sa abilmente muoversi nel contesto con accorto pensiero scientifico, così fa il corpo professionale 06 trattenendo a sé l’emergere di conferme importanti sulle strade avviate negli anni precedenti ed alcune nuove acquisizioni:
- è possibile restare aperti anche a porte chiuse. Lo sapevamo già? Confermarlo è stato importante. Attivarsi per renderlo ancora più tangibile interessante, creativo, a volte divergente rispetto le nostre competenze iniziali;
- è importante continuare a tenere vicine le famiglie, con diversi linguaggi e strategie. Se prima ci affidavamo al cartaceo, questa è stata l’occasione per ripensare le formule documentative, aggiungerne di nuove, rimodulare quelle storiche, ripensare quelle acquisite in formazione e cambiarne il ritmo temporale.
- la formazione continua in servizio e lo scambio allenato nei tavoli di co-progettazione ha permesso a tutti noi di attingere a saperi di base per affrontarne di nuovi, per poter mettersi in gioco davanti alla sfida pandemica che ogni “interruzione di sistema” rappresenta;
- é fondamentale avere organi che si occupano di tenere le fila, coordinando gli interventi, supervisionando, mantenendo acceso il faro valoriale. Soprattutto nelle occasioni di emergenza in cui è necessario non rispondere istintivamente alle pressioni esterne ma ragionare sui passi professionali. Il coordinamento psicopedagogico è indispensabile quanto il lavoro di rete ed in rete di esso con i vari organi ed uffici istituzionali, amministrativi. Necessaria, interessante, propulsiva la rete 06 con insegnanti ed educatori da allargare, possibilmente, a famiglie e territorio ma soprattutto al resto delle scuole sul territorio.
E allora la riflessione che viene spontanea porta al richiamare l’attenzione sul coordinamento territoriale d’ambito, sul bisogno assetato di un intreccio di fili che cooperano, che scambiano idee, prassi, anche sguardi e incoraggiamenti all’interno di un sistema di scuole eterogeneo, diversificato dove la differenza, proprio come dentro ad ogni istituto, è foriera di cambiamento e creativa ri-flessione.
«Ogni giorno dovremmo cominciarlo con piccoli esercizi di ammirazione,
di riabilitazione alla gioia.
Istituire una sorta di capodanno tra un giorno e l’altro, tra un’ora e l’altra.
Dobbiamo scendere molto in fondo a noi stessi
e rimanere ben saldi in superficie assieme agli altri.
Senza tenere insieme questi due movimenti non c’è intensità, non c’è bellezza.
Adesso per tornare a casa, per tornare assieme nella casa del mondo,
ci vorrà una nuova genesi, un nuovissimo testamento.»
Franco Arminio