Login
Registrati
[aps-social id="1"]

Quando l’ascolto diventa progetto

Diana Penso

Pedagogista


Come avviene l’apprendimento nella scuola dei più piccoli?
Come nasce, si forma e si sviluppa l’intelligenza, come si costruiscono le categorie logiche che permetteranno in seguito il riconoscimento e la rappresentazione della realtà?
Gli psicologi ci spiegano che la maturazione del pensiero, la formazione dei concetti, si realizzano innanzitutto attraverso il primo incontro del bambino con la madre.
E’ dal dialogo iniziale che si stabilisce con la figura di riferimento, dal rapporto che si fonda con lei, dagli sguardi, dai sorrisi, dai toni della voce che compaiono, si manifestano, si consolidano le prime forme di rappresentazione mentale. Secondo tali teorie la relazione costituisce lo spazio primario, attraverso il quale il bambino apprende a ordinare, distinguere le esperienze quotidiane, ad attribuire loro valore e significato, ad acquisire gradualmente i criteri per interpretare la realtà, a costruire le capacità linguistiche fino allo sviluppo dei processi simbolici e delle
abilità espressive.

E’ a partire da queste considerazioni che negli anni ’70 nasce, si sviluppa nelle scuole dell’infanzia la pratica della pedagogia dell’ascolto.
Elaborata e ideata da A. Ginzburg psicoanalista, la pedagogia dell’ascolto ben presto si diffonde in numerose scuole d’Italia, ad opera di molti docenti appartenenti al Movimento di Cooperazione Educativa che rintracciarono in essa le basi fondative dello sviluppo emotivo, affettivo, sociale e cognitivo dei bambini.(A. Ginzburg: Premessa ad una pedagogia dell’ascolto nella scuola dell’infanzia, Comune di Roma, assessorato Scuola, 1979)
Nei decenni successivi attraverso “la pedagogia dell’ascolto” sono state introdotte nelle scuole e nei nidi, attività fondate sull’accoglienza e il rispetto delle richieste infantili; educatori e insegnanti hanno dato spazio alle voci dei bambini, inventando e organizzando angoli, modificando le strutture, raccogliendo conversazioni, registrando riflessioni e discussioni, accogliendo le ipotesi fantastiche che il bambino costruisce sul mondo, sulle sue origini e il funzionamento delle cose…
L’ascolto è entrato nei nidi e nelle scuole con i riti del circoletto (oggi chiamato anche tempo del “circle time”), il calendario, le presenze, i giornali murali, la raccolta delle conversazioni infantili:
Secondo la pedagogia dell’ascolto, l’insegnamento si costruisce dunque attraverso lo stabilirsi di un rapporto e di una relazione educativa: si apprende attraverso un incontro, fatto di affettività, emozioni, empatia, che consentirà in seguito a bambini e adulti di avviare un percorso di crescita e di sviluppo.
Ma da sola la relazione affettiva non basta, non è sufficiente ascoltare, per accrescere le capacità di pensiero e ragionamento, per promuovere curiosità e interessi verso la realtà. Oltre la dimensione affettiva, esiste una dimensione “sociale” della conoscenza: i bambini imparano continuamente in un ambiente costituito di spazi e di tempi, conoscono e sperimentano attraverso l’ organizzazione, le interazioni tra adulti e bambini e tra bambini e bambini.
Per esistere e concretizzarsi dunque la pedagogia dell’ascolto ha bisogno di radicarsi in una dimensione sociale, in spazi accoglienti, in contesti “caldi” e motivanti; la relazione educativa è un modo di essere e di fare che può esprimersi e realizzarsi solo all’interno di un ambiente pensato, organizzato per angoli e centri d’interesse, dove sia possibile stare in tanti, ma anche in piccoli gruppi, dove sia possibile esplorare o anche nascondersi e rifugiarsi, avviare percorsi di ricerca e esplorazione…
A partire dalle relazioni affettive rivolte ai bambini, l’ascolto dunque si trasforma dunque in progetto che: organizza gli spazi interni ed esterni, accoglie le famiglie, pone attenzione ai tempi dei bambini e alle routines, all’osservazione dei bambini, all’organizzazione dei lavori di gruppo,alla documentazione..

Documentazione:

Il benessere dei bambini
Borgo Valsugana, 26/29 agosto 2015 – I materiali

Pubblicazioni:

Quando l’ascolto diventa progetto

1 commento su “Quando l’ascolto diventa progetto”

  1. A Roma questa riflessione sull’ascolto ci ha dato veramente tanto. Sto facendo ancora ricerca su tutto questo adesso anche adesso che sono in pensione, perché ci tengo profondamente a ricostruire la storia dei servizi romani e i processi che certi spunti fondamentali hanno favorito nei servizi che ho concretamente coordinato. Grazie Diana

    Rispondi

Lascia un commento