
Paola Toni
Perché parlare di strategia? I motivi sono molti
Primo motivo
Partiamo dalla definizione: la comunicazione strategica è l’arte di rendere la comunicazione capace non solo di far “capire razionalmente” ma soprattutto di far “sentire suggestivamente” ciò che si vuol indurre nei nostri interlocutori. É il passaggio da una comunicazione che spiega a una che induce a fare”. E questo lo ripetevano e scrivevano Paul Watzlawich e Giorgio Nardone.
Tutto il valore e i valori dei servizi educativi quindi pretendono e richiedono strategie di comunicazione.
Secondo motivo
Il mondo relazionale dei servizi educativi è molto ampio, gli interlocutori, sintetizzabile in questo schema, sono tanti. e ognuno richiede un modo, un tempo e degli strumenti appropriati.
La maggior parte delle relazioni si sviluppano nell’incontro con le famiglie e le/i colleghe/i. Con meno frequenza, ma ugualmente importante, sono i pubblici che gravitano intorno ai servizi per la prima infanzia. Non sono sempre presenti nelle relazioni quotidiane, solo in certi momenti o per certi eventi ma richiedono attenzione, coinvolgimento, in sintesi una specifica comunicazione.
Terzo motivo
Si può esprimere con questa domanda: attraverso quali strumenti di comunicazione il valore dei servizi educativi emerge ed è compreso da tutti?
Oggi a questa domanda se ne affianca un’altra: cartaceo o digitale, cartellone o newsletter, forse è meglio un post su Facebook, ma il sito come deve essere strutturato, quanto può essere impegnativo sostenere nel tempo un blog? E ancora quale frase scrivo e quale immagine abbino?
Lo schema qui sotto offre una molteplicità di strumenti da prendere in considerazione a seconda dei contesti in cui si vive e lavora. Può essere utilizzato anche come checklist per sottolineare quelli che si usano e per prendere spunti di altri che possono essere utili alla promozione dei propri servizi educativi.
Quarto motivo
Nei servizi educativi la grande creatività e competenza che l’equipe educativa esprime nel creare benessere nei bambini e nelle loro famiglie, non trova la giusta rappresentazione negli strumenti di comunicazione usati.
La comunicazione ha bisogno di tempo, di progettazione, di pianificazione e di condivisione. Comunicare è un lavoro e richiede una organizzazione specifica che, se attivata, rende poi tutto più facile e fluido.
Comunicare i servizi educativi per i bambini da 0-6 anni e costruire percorsi di promozione e diffusione della cultura d’infanzia è quasi troppo facile visto i molteplici valori che ne sono alla base. Ne suggerisco alcuni: promuovere la cultura d’infanzia, offrire luoghi e attività fondamentali per la crescita armonica del bambino, valorizzare e difendere la qualità dei servizi educativi, creare spirito di gruppo e agevolare il lavoro in team perché in questo modo si raggiungono livelli più alti di qualità, condividere il primato della relazione, sentirsi responsabili per il proprio ruolo, dar valore al proprio lavoro. A questo si possono unire tutte le attività quotidiane (dall’ambientamento ai laboratori, dalle feste e alle uscite per citarne solo alcune) nei loro alti significati legati alla crescita e all’autonomia del bambino, alla socializzazione e alla collaborazione. Tante piccole grandi storie che attraverso frasi semplici creano e portano avanti un racconto ricco di valori. Il focus deve essere questo: quali valori sto comunicando alle famiglie, ai miei pubblici, ai miei lettori?
È importante poi avere uno stile qualificato e riconoscibile (nell’accoglienza, nella gestione, nella leadership), sviluppare al meglio le capacità empatiche, prendersi cura (del bambino, del genitore, del funzionario, dell’educatrice, del progetto educativo), condividere gli obiettivi, essere convinti/e che la comunicazione sia fattore primario del servizio educativo.
Quinto motivo
La comunicazione digitale agevola o complica, porta gioie o dolori?
A fronte di molte cose pregevoli, vedo pagine Facebook o siti abbandonati da anni. Se attivi con rappresentazioni che non premiano i servizi educativi, non fanno risaltare la complessità che sta sotto la “punta dell’iceberg”, magari raccontano di attività svolte ma il perché sono state realizzate raramente viene espresso.
Il libro “Promuovere e diffondere la cultura d’infanzia” di Paola Toni e Sara Di Paolo propone una analisi ad ampio raggio: dal significato dei servizi e dei suoi molteplici valori, alla comunicazione interna e agli strumenti di comunicazione d’impresa, passando dal cartaceo al digitale, dal linguaggio alle immagini, dal blog ai post su Facebook.
Il testo cerca di dare qualche risposta offrendo spunti di riflessione sugli strumenti e sui momenti più importanti di comunicazione e relazione dell’equipe educativa con le famiglie e con il territorio.
Analizza il linguaggio, i font, i colori e il loro ruolo nel suscitare emozioni, suggerisce metodi per gestire il Blog o la pagina Facebook, ma anche la riunione nei momenti più difficili, propone suggerimenti ed esempi per offrire una variegata molteplicità di possibilità comunicative ma sottolineando che ogni situazione, ogni contesto dovrà formulare la propria e ogni equipe educativa saprà trovare quella giusta.
Alcuni modelli proposti dovrebbero facilitare e rendere esaltante la condivisione e la suddivisione dei compiti nel gruppo e le tecniche di web writing facilitare la composizione.
Gli esempi proposti e il capitolo sull’intenzionalità delle parole spinge il ragionamento sul loro grande potere e aiutano a capire che le parole, appena diventano testo scritto e pubblicato, acquisiscono valore se sono comprese da chi le legge.
Un capitolo poi è dedicato ai genitori assidui nei gruppi WhatsApp. È importante prendere atto della realtà, senza demonizzare né enfatizzare. Se le tecnologie Web e le reti sociali sono utili alle pratiche pedagogiche e alla comunicazione dei valori allora si devono sperimentare: l’approccio mentale deve essere quello di adattarli al raggiungimento del miglior risultato. “Se riuscissimo a sostituire la logica dei mezzi con quella dei risultati, gli insegnanti sarebbero liberi di adattare i loro mezzi ai migliori risultati, non il contrario” come saggiamente suggerisce Idriss Aberkane, neuro scienziato.
Il libro “Promuovere e diffondere la cultura d’infanzia” propone percorsi da sperimentare e monitorare. Richiedono sospensione del giudizio, curiosità sugli andamenti, tenuta dell’equipe educativa ma i risultati poi arrivano.