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Profili professionali del docente a confronto: gli obiettivi formativi qualificanti (D.M. 249/2010) e il Bilancio di competenze (D.M. 850/2015).

Enrica Fontani

Docente e formatrice


 

 

Perché e come analizzare i profili professionali del docente?

Quale funzione ha la ricostruzione dei profili professionali del docente a partire dai documenti ufficiali (Leggi, Decreti Ministeriali, Contratti Collettivi Nazionali …)?

La definizione di un profilo professionale richiede una preventiva chiarezza rispetto all’idea di “buon insegnante”, questa chiarezza può essere non semplice da raggiungere, vi sono molteplici atteggiamenti e convinzioni in campo e altrettanti bisogni (degli allievi, delle famiglie, dei docenti, della società …) a cui rispondere.

Rintracciare e analizzare i profili professionali può aiutarci a riflettere sulla nostra concezione di “buon insegnante” e ad essere più consapevoli di fronte a quelle proposte da altri.

In che modo condurremo questo esame? Sarà necessario, per rendere più leggibile il confronto, l’utilizzo di uno strumento attraverso il quale rendere comparabili i diversi profili. A tal scopo ci serviremo del Framework for teaching di Danielson (2011), per le sue caratteristiche di usabilità e riconoscibilità.

Prenderemo in considerazione il profilo professionale emergente dal D.M. 294/2010 per la formazione iniziale dei docenti per metterlo a confronto con quello delineato dal D.M. 850/2016; in seguito ci occuperemo del profilo docente tracciato dalla L. 107/2015, di quello che si può ricavare dal Rapporto di Autovalutazione della scuola dell’infanzia e concluderemo con una proposta di autovalutazione, a carattere metodologico, del docente e della scuola.

 

Quali i profili professionali esaminati

Il D.M. 850/2015, come abbiamo visto nel precedente contributo, declina Ambiti e Descrittori per l’elaborazione di un Bilancio di competenze iniziale (e finale) da parte dei docenti in anno di prova. Dal Bilancio di c.i. si può desumere agevolmente un profilo professionale del docente che consente di operare un’autovalutazione, una formazione mirata e una valutazione dell’insegnante stesso.

In precedenza, a ritroso fino ad alcuni decenni, i riferimenti per il profilo dei docenti erano i Contratti Collettivi Nazionali (dal 1994 al 2009) che offrivano una generica definizione di aree di competenza, non immediatamente utilizzabili per un’autovalutazione e un miglioramento professionale.

Si giunge ad una declinazione degli obiettivi formativi in uscita dal corso di Scienze della Formazione Primaria con il D.M. 249/2010, tuttavia anche in questo caso la formulazione a carattere generale delle competenze non le rende direttamente fruibili per la riflessione e la crescita dei docenti.

In ordine cronologico si susseguono l’approvazione della L.107/2015 nella quale si definiscono ambiti tramite la valutazione dei quali ottenere la valorizzazione dei docenti (art. 129) e la valorizzazione del merito (art. 126); l’emanazione del D.M. 850/2015; l’uscita del Rapporto di Autovalutazione per la scuola dell’infanzia.

Da ognuno di questi testi, che siano Legge, Decreti Ministeriali, strumenti auto valutativi della scuola (RAV per l’infanzia) è possibile risalire, ricostruendo il profilo professionale più o meno implicito, a quale idea del “buon insegnante” avessero in mente il legislatore, i ricercatori di Invalsi o di Indire.

Procediamo, nel presente articolo, ad enucleare il profilo professionale che scaturisce dal decreto del 2010 per la formazione iniziale per procedere al confronto con il profilo disegnato dal Bilancio di competenze iniziale.

 

Le competenze del futuro docente

Il profilo del futuro docente che si delinea nel D.M. 194/2010 è composto da competenze disciplinari, psico – pedagogiche, metodologico – didattiche, organizzative e relazionali. Tali competenze, declinate negli obiettivi formativi qualificanti il corso di laurea, devono essere completate con altre competenze per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, linguistiche, digitali e per l’integrazione degli alunni disabili. Da rilevare che il corso di laurea previsto dal D.M. diviene a ciclo unico quinquennale (anziché quadriennale con un indirizzo per la scuola dell’infanzia e uno per la scuola primaria), con la frequenza di un anno aggiuntivo per il sostegno agli alunni disabili. Nella tabella che segue sono riportati gli obiettivi formativi qualificanti il corso di laurea posti a confronto con il framework for teacher (Danielson, 2011). Il confronto ci permette di rilevare la copertura dei Domini e delle Componenti da parte degli obiettivi formativi, in altre parole di comprendere se il profilo professionale per la formazione iniziale presenta una certa completezza o, invece, degli aspetti lacunosi.

 

Corrispondenza tra il metaframework e gli obiettivi formativi qualificanti del Corso di laurea magistrale in Scienze della formazione primaria (LM -85 bis) (Tabella 1, DM. 249/2010).

 

Si nota come tutti i Domini, Pianificazione, Insegnare, Ambiente della classe e Responsabilità professionale siano rappresentati dagli obiettivi formativi qualificanti la formazione iniziale dei docenti. Il futuro insegnante, recitano gli obiettivi, deve essere in grado di operare delle scelte nell’ambito dell’attività professionale, a tal riguardo sono citate la capacità di articolazione dei contenuti in funzione dei livelli scolastici, di gestione della progressione degli apprendimenti, l’opzione rispetto alle metodologie adeguate al percorso previsto. Tuttavia, ad un secondo livello di analisi ci si rende conto che manca quasi completamente l’idea della circolarità del processo di insegnamento – apprendimento e delle corrispondenti attività di monitoraggio e autovalutazione che mettono il docente, ancor di più se alle prime esperienze, in situazione di apprendimento e di crescita professionale. L’unico cenno in questa direzione nel testo è alla gestione della progressione degli apprendimenti adeguando i tempi e le modalità al livello dei diversi alunni. La precisazione rispetto all’adeguamento dei tempi e dei modi dell’apprendimento al livello degli allievi è opportuna ma riduttiva, rivela ancor più una concezione lineare del processo di insegnamento – apprendimento.

Ad onor del vero ciascun Corso di laurea in Scienze della formazione primaria ha provveduto a redigere un Ordinamento didattico nel quale precisa e sviluppa gli obiettivi formativi qualificanti, potenziandoli con il perseguimento dei risultati di apprendimento espressi con i Descrittori europei Conoscenza e capacità di rielaborazione, Conoscenza e capacità di rielaborazione applicate, Autonomia di giudizio, Abilità comunicative, Capacità di apprendimento (Bologna working group, 2005)

Anche i Tirocini e i Laboratori obbligatori concorrono a realizzare la connessione tra teoria e pratica (Supervisori di tirocinio di Bologna e Reggio Emilia – Modena, 2006); i Tirocini attuano una circolarità che rivisita costantemente i contenuti e i concetti appresi negli Insegnamenti e la pratica del quotidiano, i Laboratori offrono l’occasione di riflettere in situazione sull’efficacia delle tecniche e metodologie apprese. Sia i Tirocini che i Laboratori, che insieme agli Insegnamenti costituiscono la struttura del corso di laurea, meriterebbero di essere presi in esame e approfonditi per le implicazioni rispetto al tema di questo contributo, rimandiamo ad un eventuale approfondimento per ragioni di opportunità e di spazio.

Nonostante l’impostazione del corso di laurea e il riferimento negli Ordinamenti alle skills dei Descrittori europei permane l’iniziale lacuna data inizialmente dal Decreto: l’assenza di indicatori relativi alla valutazione degli allievi, sia nella fase di pianificazione e progettazione che nella fase dell’insegnamento porta a vedere l’attività di insegnamento come un percorso rettilineo dove la possibilità di incappare in qualche imprevisto prevede sempre il rientro nel tracciato iniziale.

A sostenere il profilo professionale del futuro docente manca l’idea della regolazione continua della progettazione in virtù delle risposte degli allievi e dell’insegnante stesso, degli esiti imprevisti (anche positivi) e del mutamento del contesto.

Negli obiettivi formativi qualificanti non è prevista l’autovalutazione come risorsa per l’apprendimento e il miglioramento dell’insegnante. L’osservazione e la riflessione sul processo dell’insegnamento – apprendimento sia nel corso del suo svolgimento sia al suo termine aiuta il docente a comprendere quali condizioni ambientali e relazionali, e quali azioni didattico – educative lo rendano più efficace.

L’esercizio della competenza auto valutativa è proficuo già dal momento della pianificazione, fase nella quale il docente fa tesoro degli apprendimenti realizzati nelle precedenti esperienze per apprestare al meglio i successivi interventi; si rivela fondamentale nel passaggio della realizzazione per apportare le sempre necessarie modifiche in itinere e altrettanto importante al termine dell’attività per fare un bilancio dell’efficacia del percorso progettato.

Il valore della competenza auto valutativa è generativo nel permettere al soggetto di mettere a fuoco gli aspetti forti gli aspetti deboli della propria professionalità, di comporre un piano personalizzato di sviluppo professionale (Mind tool, 2007 – 2010) e di intervenire con opportune occasioni formative.

Nel grafico che segue si evidenzia come non siano presi in adeguata considerazione dal D.M. 249/2010 gli obiettivi formativi inerenti la Responsabilità professionale come intesa da Danielson (2011) e secondo un ampliamento di significato che la estende alla valutazione degli alunni contestuale all’autovalutazione del proprio insegnamento e al relativo impegno nello sviluppo personale e professionale.

Componenti del metaframework per livello di competenza richiesta dagli obiettivi formativi qualificanti il Corso di laurea magistrale in Scienze della formazione primaria (LM -85 bis) (Tabella 1, DM. 249/2010).

 

Le competenze del docente neo – assunto

Gli aspetti da rilevare nel D.M. 850/2015, a partire da quelli analizzati nel precedente contributo (Fontani, 2016), sono l’attribuzione di una specificità per l’insegnante di scuola dell’infanzia rispetto alla metodologia e alla didattica, con riferimento esplicito alla relazione, al gioco, alla vita pratica, e riguardo la comunicazione con le famiglie, con la richiesta della costruzione di un rapporto personalizzato e accogliente

Il processo di insegnamento che si configura a partire dagli Ambiti e dai Descrittori è improntato ad una circolarità tra la pianificazione e progettazione, la realizzazione e l’autovalutazione e valutazione degli apprendimenti. Il docente è tenuto, già in fase di preparazione del lavoro, a Rendere operativi gli obiettivi di apprendimento individuati, traducendoli in evidenze concrete capaci di supportare la verifica del loro conseguimento e, in seguito, a Strutturare l’azione di insegnamento, impostando una relazione coerente tra ciò che gli allievi conoscono già e un percorso didattico caratterizzato da obiettivi, attività, mediatori e valutazione. L’idea dell’adeguamento in itinere è costantemente presente, l’insegnante deve saper Verificare l’impatto dell’intervento didattico rimettendone a fuoco gli aspetti essenziali.

Per quanto riguarda lo specifico degli allievi nel Bilancio di c.i. sono richieste al docente competenze in ordine alla valutazione formativa con la richiesta di Rendere visibili agli occhi degli allievi i loro avanzamenti rispetto all’obiettivo prestabilito attraverso un feedback progressivo; Utilizzare diverse tecniche e strumenti per la valutazione formativa; Fornire indicazioni per consolidare gli apprendimenti e favorire integrazione e ristrutturazioni delle conoscenze a distanza di tempo e Verificare collegialmente l’acquisizione competenze trasversali (soft skills). Anche in questo caso prevale, oltre alla necessaria verifica delle acquisizioni delle competenze da parte degli allievi, l’attenzione al processo di insegnamento – apprendimento dal quale la valutazione è parte integrante.

Il profilo del docente delineato dal D.M. 850/2015 si completa con gli Ambiti e i Descrittori relativi alla Responsabilità professionale (secondo il metaframework di Danielson). Particolare attenzione è riservata alla comunità di pratica con i Descrittori relativi alla necessità di condividere le prospettive rispetto alla comunità scolastica, di partecipare al lavoro di gruppo, di avvalersi di pratiche di peer review e peer learning.

L’Ambito della formazione continua arricchisce il quadro della Responsabilità professionale con Descrittori espliciti: Reinvestire, nelle pratiche, i risultati dell’analisi e della riflessione sull’agito; Utilizzare i risultati della ricerca per innovare le proprie pratiche didattiche. Il docente è considerato a tutti gli effetti un professionista riflessivo (Shön, 1993) che incrementa il proprio sapere e migliora la propria professionalità dalla riflessione sull’azione.

Nel Bilancio di c.i. è sempre presente il richiamo alla capacità dell’insegnante di lavorare in gruppo, tanto che i Descrittori inerenti la formazione e la ricerca sottolineano la necessità che sia coinvolto in attività collaborative.

Nello schema che segue è illustrata la corrispondenza tra gli Ambiti e i Descrittori del D.M. 850/2015 e il framework di Danielson (2011).

 

 

 

Corrispondenza tra il metaframework e gli ambiti per l’autovalutazione del docente* indicati dal Bilancio di competenze iniziale.

*le competenze evidenziate sono quelle richieste in modo specifico al docente di scuola dell’infanzia.

 

Il Dominio della Responsabilità professionale, dalla quale il docente intraprende la sua attività e alla quale ritorna incessantemente, spicca sicuramente sugli altri Domini.

Nella figura che segue è rappresentata in modo evidente questa prevalenza, emerge anche il rilievo assegnato, nel profilo del docente secondo il Bilancio di c.i., al Dominio dell’Insegnare.

 

Componenti del metaframework per livello di padronanza richiesta (Bilancio di competenze iniziale).

*le competenze evidenziate sono quelle richieste in modo specifico al docente di scuola dell’infanzia.

 

I due profili professionali presi in esame nel presente contributo mostrano una profonda differenza tra loro. Tale differenza è da ricercare non tanto nel modesto scarto tra il ritrarre l’uno il docente in uscita da corso di laurea e l’altro il docente neo – assunto, quanto nella diversa idea di apprendimento (e di conseguenza del “buon insegnante”) che sostiene i due profili.

L’apprendimento – insegnamento caratterizzato da una certa linearità che sorregge l’impianto degli obiettivi formativi qualificanti (D.M. 249/2010) richiede un docente che eroghi conoscenza (magari anche bene) agli allievi, che a loro volta, nel migliore dei casi, se ne appropriano. L’insegnante interviene con correttivi nel caso avvengano “incidenti” di percorso.

Diverso è il caso del docente il cui profilo è disegnato dal D.M. 850/2015 che è tenuto a partecipare in modo attivo, insieme all’allievo, al processo di insegnamento – apprendimento e a regolarne attraverso continui interventi l’andamento. Solo a queste condizioni vi è un protagonismo autentico nell’apprendimento da parte dei suoi partecipanti, il soggetto che apprende è responsabile e conduttore del proprio apprendimento, allievo e docente ognuno per la propria parte La valutazione e autovalutazione continua e ricorsiva che permette di regolare e autoregolare il processo diviene formante (Plessi, 2004) e parte essenziale dell’apprendimento, sino a costituire essa stessa un apprendimento.

 

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