Non è stato facile intervistare Pinocchio. E non perché sia introvabile. È, al contrario, da per tutto. Si muove sempre, con movimenti che – senza offesa – sembrano da burattino. Scatta di qua e di là continuamente, e, per potergli fare domande e catturarne le risposte, ho dovuto accompagnarlo in una ginnastica a cui non sono allenato. Valeva la pena? Giudichi chi legge…
Che differenza c’è fra l’essere burattino ed essere bambino?
Non bambino – mi ha risposto risentito facendo un salto con piroetta -, ma ragazzino. Sono un ragazzino, e non un bambino. È vero. Sono stato burattino. Non è vero – mi ha detto facendomi una smorfia con la lingua fuori -. Sono stato una marionetta. Se fossi stato un burattino, qualcuno avrebbe dovuto muovermi infilando un braccio nel mio vestito, nel mio corpo … Cioè nel buratto … ho detto io. Certo – ha detto Pinocchio un po’ infastidito -. Nel buratto. Ma io, marionetta, ero fatto di legno pieno e non potevo essere mosso da nessuno. Ero marionetta e dovevo essere mosso tirando e allentando i fili a cui erano attaccate le mie gambe e le mie braccia. Di legno.
E la differenza?
Non l’hai ancora capito? – mi ha detto guardandomi come si guarda uno giudicato tonto. – Da marionetta i fili li tengono, e li tirano, gli altri. Da ragazzino sono libero e nessuno mi tira i fili. I fili non ci sono. Ma è vero che quasi tutti dicono che sono stato burattino. Ed è vero che, mentre andavo a scuola, sono stato così stupido da farmi attirare dalla musica del Gran Teatro dei Burattini. Ero incuriosito, e ho venduto il libro di scuola, l’abbecedario, per poter andare a teatro. Gli altri burattini mi hanno fatto festa. Ma Mangiafuoco si è arrabbiato e voleva che fossi gettato nel fuoco per poter cuocere un montone … Ma l’ho commosso, e mi ha regalato cinque zecchini d’oro, quel gran babbeo.
Sempre facendo una ginnastica frenetica, gli ho chiesto: Quanti cambiamenti hai fatto? Te li ricordi o preferisci dimenticare?
E perché dovrei dimenticarli? – mi ha risposto un po’stupito e un po’ seccato -. Me li ricordo tutti molto bene,e te li dico subito. Mi sono anche divertito. Ogni cambiamento era una sorpresa. Ascolta: – e ha elencato i cambiamenti della sua storia, facendo salti, uno a destra e uno a sinistra, per ogni cambiamento che ricordava. Devo dire che mi pestò due volte un piede, e mi rifilò un calcio, saltando e ricordando i suoi cambiamenti -. Ecco:
Pezzo di legno qualunque, che avrebbe dovuto diventare gamba di tavolino.
Burattino, anzi marionetta, chiamato Pinocchio.
Impiccato a una quercia.
Malato con la febbre alta.
Il mio naso si allunga in modo straordinario.
Divento Malandrino e cane da guardia.
Pesce burattino. Anzi: pesce marionetta.
Somaro.
Rischio di diventare un tamburo.
Da somaro ridivento un burattino, anzi una marionetta, di legno.
Mi trattano da legna per il fuoco.
Divento un ragazzino in carne e ossa.
Ecco tutte le mie trasformazioni. Sei contento? – mi disse facendomi un inchino e una pernacchia impertinente. Feci finta di non aver sentito né la domanda né la pernacchia . E gli chiesi: E la fata con i capelli turchini? Te la ricordi?
Se me la ricordo? – disse immobilizzandosi di colpo e rischiando di perdere l’equilibrio e cadere -. Senza di lei sarei morto venti volte, se mai fosse possibile. Era una bambina – disse diventando rosso – che poi invece era una fata. Per fortuna che la incontrai, perché senza di lei il Gatto e la Volpe mi avrebbero lasciato morto impiccato. E mi ha insegnato che ci sono due tipi di bugie: quelle con le gambe corte e quelle con il naso lungo, come era capitato a me. Lei mi ha rimesso a posto il naso. Mi ha fatto ritornare da mio padre, Geppetto.
Vuoi bene a tuo padre?
Quando sono stato inghiottito dal Pesce-cane, nel buio di quel pancione mostruoso, che forse era di una balena, ho incontrato un Tonno filosofo, che aspettava di essere digerito e che mi ha detto di rassegnarmi a fare la stessa fine. Ma io – disse con aria fiera e saltando su una panchina che era lì vicino a noi (non vi ho detto che eravamo in un giardino pubblico? Scusatemi …) – non mi rassegno mai. Mi caccio nei guai, ma rassegnarmi … mai. Ho visto una luce lontana, un fuoco. Mi sono avvicinato e … ho ritrovato mio padre, Geppetto, che era stato inghiottito dal Pesce-cane mentre attraversava l’oceano nella barchetta due anni prima. Che gioia! La gioia più grande della mia vita!
Ma se volevi tanto bene a tuo padre, a Geppetto, perché ne hai fatte di tutti i colori? Perché scappavi sempre? Perché ti mettevi sempre nei guai?
Prima di rispondermi mi fece una smorfia con pernacchia. Ma subito mi chiese scusa e disse che gli era scappata. E rispose: Scappavo perché volevo essere io a muovermi, e non essere mosso da qualche burattinaio. Volevo diventare un ragazzino.
Mi piace! Ma solo per questo?
No. Anche per il Gatto e la Volpe.
Cosa vuol dire? Il Gatto e la Volte? In che senso?
Volevo che loro mi approvassero, mi stimassero.
E allora?
E allora … ma tu non puoi capire.
Tu prova a spiegarmi…
Erano quelli che avevo incontrato.
Avresti incontrato anche i tuoi compagni di scuola, se fossi andato a scuola.
Vedi che non capisci! I compagni di scuola non erano per me.
Vuoi dire che erano come di un altro pianeta, di un altro mondo, irraggiungibili.
Forse hai capito … non me l’aspettavo da te …
Come tu non ti aspettavi di essere capito dai compagni di scuola. Invece il Gatto e la Volpe?
Con loro era diverso, così pensavo. Non c’era bisogno che mi capissero. C’era bisogno che mi prendessero con loro, e che credessero che ero come loro.
Ma non sarebbe stata la stessa cosa con i compagni di scuola?
Non capisci … perché i compagni di scuola mi prendessero con loro, avrei dovuto essere come loro. E io ero sicuro di non farcela. Ero sicuro di non riuscire ad essere stimato da loro. Mentre con il Gatto e la Volpe …
Con il Gatto e la Volpe?
Era più facile.
Regalavano la stima a poco prezzo?
Se vuoi. Anche se la facevano pagare … hanno cercato di rapinarmi … delle monete d’oro … hanno rubato le monete sotterrate … mi hanno abituato a cercare di essere stimato da chi mi chiedeva di essere monello, che mi è sempre venuto bene e facilmente. Così, il mio compagno più svogliato, Romeo detto “Lucignolo” mi ha portato nel Paese dei balocchi, dove ci siamo divertiti come matti e diventati amici. Amici? o somari?
Lo sai anche tu?! Ma è vero che l’ho già detto, nell’elenco dei miei cambiamenti … le mie orecchie sono diventate come quelle di un somaro. Una vicina di casa, una Marmottina, mi ha detto che avevo una “febbre da somaro” e in poco tempo sarei diventato proprio un somaro. Sembra che questa malattia, come mi ha spiegato la Marmottina, ce l’hanno i ragazzi che, invece di studiare, passano tutto il tempo solo a divertirsi. Sono andato a cercare Lucignolo, e ho scoperto che anche a lui erano cresciute le orecchie da somaro. Ci siamo presi in giro tra noi, ridendo io di lui e lui di me. Ma ci siamo accorti che eravamo diventati somari.
Passando tutto il tempo a non fare niente di impegnativo, si crede di non essere più capaci di fare niente di impegnativo. Ti pare?
Posso farti io delle domande? – da un po’, Pinocchio era stranamente fermo -.
Certo che puoi!
Tu hai sempre studiato?
Ho studiato poco, soprattutto quando ero un ragazzino come te, e cercavo di non essere solo e sempre quello che gli altri, anche chi mi voleva bene, volevano che io fossi.
Ti divertivi e non studiavi?
Mi piaceva molto leggere, e mi nascondevo per leggere senza essere interrotto. Se chi mi voleva bene, come la nonna, ad esempio, o mia madre, mi vedevano che non studiavo, mi davano subito qualcosa da fare. Io volevo non fare niente. Cioè leggere. Era il mio modo di scappare e cercare di capire chi volevo diventare. E tu, leggevi?
No – e riprese a saltare da tutte le parti -. Gli unici libri che incontravo erano quelli della scuola, l’abbecedario. E quelli … Tu hai detto che i libri erano per te un modo di scappare. Per me,invece, i libri di scuola mi facevano sentire come in prigione, legato.
Prigioniero del dover essere solo scolaro?
Forse è così. Ma non so dirlo bene. Prova a dirlo tu, e io dico giusto o sbagliato.
Ti sembrava che per essere scolaro tu dovessi lasciare fuori i tuoi desideri.
Giusto … ma non capisco bene. I miei desideri? Ma io non sapevo quali fossero, i miei desideri…
Allora diciamo che tu dovessi lasciare fuori, per diventare scolaro, i tuoi desideri confusi, il desiderio di avere dei desideri.
Giusto.
Tu cercavi in giro, e ti attiravano la musica, i giochi … Io cercavo nei libri, nascosto sul pianerottolo della scala che andava nel solaio.
Facevo il possibile, e di più, per incontrare delle cose diverse da quelle che avrei dovuto, secondo gli altri, seguire. Avevo proprio bisogno di cose diverse, nuove.
Anch’io avevo bisogno di incontrare cose diverse…
Ma le trovavi nei libri? Ti bastava?
Non mi bastava, e per questo cercavo altri libri, altre storie, che mi aiutassero a fare un mio progetto, o qualcosa di simile.
Ti facevi delle fantasie, dei sogni…
Ma evitavo di fare come invece hai fatto tu: sbattere la faccia e finire nei guai, che se non c’era la Fatina…
Giusto! Ma non capisco i libri. Potevi accontentarti di leggere senza vivere le storie che trovavi nei libri?
Non potevo accontentarmi, ma potevo capire quale storia, tra quelle che leggevo, poteva servirmi per la mia storia.
E quale è la storia che ti è servita?
Credo di aver messo insieme dei pezzi da tante storie. Ogni storia che leggevo mi dava qualche idea. Senza rendermene conto, ho messo insieme diverse idee.
Che ti facevano capire se potevi farle diventare la tua storia senza metterti nei pasticci, come invece ho fatto io.
Bravo Pinocchio! Ma sai che sei un ragazzino sveglio?!
Almeno questo! Dopo tante peripezie … Ma capisco meglio che i libri che leggevi ti raccontavano storie già finite, che avevano una fine, e questo ti permetteva di immaginare come tu avresti potuto cominciare.
O andare avanti. Hai capito molto bene. Un libro racconta qualcosa come se fosse già successa, e questo ci permette di immaginare il nostro futuro. Ti pare?
Ho capito. Ma l’ho capito solo adesso, e i pasticci che ho combinato, le disgrazie che ho vissuto, tutto questo non si può più cancellare. Sarebbe stato meglio pensarci prima. Mandare avanti l’immaginazione per capire se la strada pensata sarebbe stata possibile. Invece…
Un momento. Tu hai capito bene, e hai detto cose giuste, con parole giuste. Ti devo fare una domanda delicata. Posso?
Dai…
Tu lo sai che sei diventato un libro?
L’ho sentito dire. Ma non so cosa vuol dire. Mi aiuti a capire?
Vuol dire che qualcuno, l’autore, ha pensato la tua storia, e l’ha scritta.
E perché mi ha fatto incontrare tante disgrazie?
Ma ti ha fatto incontrare anche la Fatina…
È vero. Ma anche il Grillo Parlante, che continua a essermi poco simpatico.
E perché?
Perché voleva fare sempre lezione. Mi stufava.
Forse hai capito perché Enrico Lorenzini, Collodi, ha scritto la tua storia…
Forse perché potesse divertire e insegnare qualcosa senza fare il Grillo Parlante.
Giusto!
Continuammo a conversare, passeggiando, io, e saltellando lui. Ma quello che ci siamo detti non sto a raccontarlo, perché fa parte di un’amicizia fra il vecchio che sono e quel ragazzino, Pinocchio.