
Matteo Lei
Premessa
Ormai da diversi anni interventi di natura politica (ed esempio i documenti programmatori o le linee guida di indirizzo dei servizi) e tecnica (ad esempio articoli su riviste di matrice psico-pedagogica) richiamano fortemente alla necessità di una riforma dei servizi per la prima infanzia in nome dei sempre più citati “bisogni delle famiglie moderne”. Spesso il limite di fondo di questi interventi è di citare tali “bisogni” ma di non entrare puntualmente nel merito di come essi siano collegati alle trasformazioni strutturali – le nuove forme che le famiglie contemporanee stanno assumendo – e come queste trasformazioni generino modificazioni affettive e psicologiche – diversi modi essere bambini e genitori in famiglia – che, a loro volta, generano nuove sfide che i servizi devo raccogliere se vogliono assolvere al ruolo di sostegno e di facilitazione delle competenze famigliari.
Questo intervento intende entrare più nel merito della questione, cercando di sintetizzare alcuni dei cambiamenti strutturali occorsi nelle famiglie contemporanee e collegarli ad alcune dinamiche psicologiche e affettive ad esse connessi, per poi suggerire alcune trasformazioni organizzative dei servizi per l’infanzia in grado di facilitare e sostenere processi ecologici di sviluppo dei bambini e delle competenze genitoriali.
Alcuni cambiamenti delle forme famigliari contemporanee
Molteplici studi sulla psicologia dello sviluppo delle relazioni famigliari stanno studiando da diversi in modo approfondito e accurato come i cambiamenti socio-culturali occorsi negli ultimi quindici anni hanno contribuito a dare vita e a sostenere nuove tipologie strutturali (la forma delle famiglie) descrivendo inoltre gli effetti che tali trasformazioni stanno generando sulle dinamiche di relazione affettiva e interpersonale (Fruggeri, 1996, 2005). Considerando i dati Istat sulle nascite e le coppie in Italia (Per informazioni più dettagliate si rimanda al volume “Avere figli in Italia negli anni 2000: approfondimenti dalle indagini campionarie sulle nascite e sulle madri”) si diventa genitori per la prima volta molto più tardi che in passato (l’età media delle donne è 31 anni); sono aumentate le separazioni e i divorzi (secondo le ultime rilevazioni Istat le unioni interrotte da una separazione, dopo 10 anni di matrimonio, sono quasi raddoppiate passando dal 4,5% dei matrimoni celebrati nel 1985 all’11% osservato per le nozze del 2005); sono il 35 % i bambini nati da coppie che hanno almeno un genitore straniero; la crisi economica ha alimentato flussi migratori rapidi, caratterizzati da famiglie che si spostano molto velocemente da un territorio all’altro in cerca di lavoro alimentando forti difficoltà di ambientamento nel tessuto sociale (Mazzoli, 2009). Questi elementi poi si inseriscono in una realtà culturale e sociale che, dagli anni settanta in avanti, ha potuto contare sul controllo delle nascite come forma di emancipazione femminile e ha mano a mano fatto i conti con la possibilità di slegare la procreazione dall’atto sessuale.
Quali sono gli effetti sulle dinamiche e sulle interazioni famigliari (il modo di percepirsi e di fare i genitori) che gli studiosi delle famiglie collegano a questi cambiamenti?
Alcuni di essi sono riconducibili alle relazioni che si sviluppano nelle relazioni “tra” i componenti della famiglia (dinamiche intrafamigliari) con un influenza diretta anche su come i membri di una famiglia si relazionano con l’esterno; altri sono riconducibili alle relazioni che intercorrono tra i componenti della famiglia e il mondo esterno (dinamiche interfamigliari) che hanno naturalmente riflessi anche sulle dinamiche interne.
Di seguito ne saranno considerati alcuni in modo più approfondito.
Dinamiche intrafamigliari
Considerando in primo luogo lo spostamento anagrafico è facile intuire quanto i figli di oggi siano attesi, posticipati, programmati. Ma i figli molto attesi e programmati sono spesso anche quelli più investiti di rappresentazioni e proiezioni affettive, essi rischiano di viversi contesti famigliari sbilanciati sulle pratiche di accudimento rispetto a quelle di svincolo e di gestione autonoma delle situazioni. Inoltre la grande attenzione sulla crescita dei bambini e gli studi ad essa connessi hanno messo in evidenza capacità e autonomie precoci dei bambini e gli effetti che i differenti stili educativi hanno sulla crescita rendendo i genitori sempre più consapevoli delle possibili influenze delle loro azioni sulla crescita dei figli. Per questo motivo abbiamo sempre più a che fare con famiglie in cui i ruoli genitoriali sono orientati alla vicinanza, al dialogo, alla comprensione – volti ad alimentare le potenzialità dei bambini e a non ledere i loro diritti – ma con conseguenti difficoltà nell’imporre dei vincoli per paura di interferire con la loro libera espressione.
In secondo luogo è necessario considerare alcuni elementi che collegano i fare i genitori con l’essere componenti di una coppia. Nel passato i ruoli in relazione al genere era molto più definiti: era chiarissimo cosa fosse opportuno facesse una donna-madre e un uomo-padre. Nelle famiglie contemporanee i ruoli sono più sfumati e quindi meno differenziati di un tempo. Le donne sono più orientate che nel passato al lavoro e alla realizzazione personale fuori dalle mura domestiche, gli uomini sono meno orientati di un tempo ad una realizzazione personale che passa esclusivamente dal riconoscimento professionale e quindi anche più presenti in famiglia e nella gestione dei figli. Queste sfumature non hanno minato il senso della famiglia disgregandone le relazioni interne ma certamente hanno reso più difficile un riconoscimento rapido e sicuro di quali siano i compiti di un padre moderno o di una madre contemporanea. La gestione della quotidianità (chi porta i bambini a scuola, chi ritira il fratellino al nido, chi si occupa dei compiti, ecc.) richiede processi di negoziazione continui volti a definire aspettative e bisogni reciproci che spesso mancano di schemi codificati a cui fare riferimento. Per questo motivo spesso aumentano i livelli di conflittualità all’interno della coppia/famiglia dovuti alla fatica comportata dalle continue negoziazioni.
Dinamiche inter-famigliari
I flussi migratori, la perdita del lavoro, lo svuotamento delle periferie con conseguenti alte concentrazioni nei nuclei urbani hanno contribuito a disgregare un tessuto sociale che nel passato era fondato su comunità stabili e continue. Le condizioni di crescente isolamento vissute dalle famiglie contemporanee ha fatto si che i confini famigliari siano percepiti in modo sempre più rigido, poco orientato a individuare nel tessuto sociale circostante risorse connettive volte a sostenere e facilitare la concertazione di tempi di lavoro e cura della giornata. La scarsa abitudine a considerare gli “altri” come risorsa sta generando un doppio cortocircuito: non permette di sperimentare la possibile efficacia di soluzioni esterne alla famiglia; contribuisce ad aumentare la percezioni di responsabilità sulle spalle dei genitori che in questo senso si sentono iper-resonsabilizzati nel crescere i propri figli. Diventa sempre più difficile considerare che i propri figli possano essere accuditi – o anche rimproverati – da qualcun altro, che i genitori stessi possano esercitare funzioni genitoriali sui figli degli altri (“tu occupati della crescita dei tuoi figli che ai miei ci penso io”), con gravi conseguenze sull’idea di responsabilità sociale e di genitorialità diffusa: è sempre più raro assistere a momenti di gioco informali di un gruppo di bambini (ad esempio al parco o in cortile) sorvegliati da un solo adulto che in modo temporaneo esercita funzioni di controllo su tutti i bambini presenti.
Nuove possibili organizzazione dei servizi in funzione delle trasformazioni famigliari
Come abbiamo visto in precedenza le modificazioni nelle relazioni interne alle famiglie – ruoli genitoriali basati sulla simmetria; ruoli famigliari più sfumati – e nel loro rapporto con l’esterno – isolamento – contribuiscono ad influire sui modi di percepirsi e di interagire dei componenti famigliari. Internamente la simmetria ruoli genitoriali contribuisce a generare difficoltà nell’esercizio della funzione di regolazione mentre i ruoli famigliari meno definiti generano continui processi di negoziazione per la gestione della vita quotidiana; L’isolamento e la privatizzazione generano iper-responsabilizzazione e grande incertezza nell’esercizio delle funzioni famigliari.
Quale organizzazione dei servizi per la prima infanzia potrebbe contribuire a fare si che questi nodi problematici possano essere affrontati in-direttamente nella frequentazione quotidiana da parte dei bambini e delle famiglie?
Probabilmente sarebbero utili servizi che, attraverso la loro progettazione, organizzazione e modalità di funzionamento, permettano di (meta)comunicare messaggi educativi legati alla quotidianità orientati a fare emergere gli elementi critici fin qui discussi (gestione del contenimento, negoziazione dei conflitti, iper-responsabilizzazione). In questo modo tali temi potrebbero influenzare le ipotesi progettuali quotidiane e potrebbero essere affrontati sia nella gestione diretta della quotidianità (cosa è successo oggi e in che modo è stato affrontato e governato) sia con azioni parallele costruite ad hoc (macro progettazioni che si intersecano con le ipotesi progettuali quotidiane e generano influenze dirette).
In generale avremmo bisogno quindi di servizi per la prima infanzia che favoriscano:
un approccio inclusivo alla progettazione dei servizi (Medeghini, Fornasa, Vadalà, 2013) cioè attraverso una lente che pone la valorizzazione delle differenze come approccio epistemologico di base, capace di uno sguardo attento al sapere cogliere le caratteristiche peculiari di cui ogni individuo è portatore. In questo senso i servizi dovrebbero essere portatori di un approccio organizzativo e progettuale volto a valorizzare e le biografie dei bambini e delle famiglie che accoglie. Un approccio che, attraverso la valorizzazione delle differenze, non omogeneizza le individualità. Molte azioni allora dovrebbero essere rivolte a sostenere il bagaglio di esperienze maturate fino a quel momento dai bambini e dalle famiglie, immaginandosi quello come punto di partenza ideale dal quale partire per costruire un percorso progettuale che ne valorizzi le qualità individuali. Ad esempio si potrebbero progettare metodologie di ambientamento che maggiormente tengano in considerazione le esperienze pregresse delle famiglie sul tema dello svincolo e dell’affidamento per favorire il progressivo adattamento dei bambini, dei famigliari e delle educatrici al nuovo contesto.
l’esercizio dello svincolo, dell’auto-regolazione (invece che dell’invischiamento e dell’etero-regolazione) di tutti i componenti della relazione educativa (bambini, famigliari e educatrici) mettendo a disposizioni soluzioni organizzative orientate a sottolineare le potenzialità delle membrane permeabili, invece che da confini impermeabili. Ad esempio questi elementi potrebbero essere sostenuti dal passaggio dall’organizzazione per sezioni ad un’organizzazione per gruppi di bisogni e/o d’interesse che attraversi l’organizzazione dei tempi della quotidianità. Inoltre sarebbe interessante che l’organizzazione dei servizi potesse prevedere una maggior fluidità nella fruizione autonoma degli spazi educativi da parte dei bambini. Gli ambienti potrebbero essere luoghi in cui i bambini possono esercitare libere scelte pensando a modi che rendano attuabili un maggior collegamento tra gli spazi interni e gli spazi esterni, studiando strategie che permettano di più passaggi fluidi tra interno ed esterno e, sotto lo sguardo di un adulto che accompagna ma non si sostituisce, esplorare i propri limiti. Infine sarebbe interessante in questo senso pensare a forme organizzative che includano contemporaneamente bambini nella fascia d’età 1/6 anni ampliando le possibilità di contaminazioni e apprendimenti reciproci per bisogni ed interessi piuttosto che per frammentazione cronologica delle competenze.
l’esercizio quotidiano di forme di genitorialità diffusa (invece che di genitorialità esclusiva e privata), dove la responsabilità del benessere e della salute dei bambini è di tutti gli adulti presenti di volta in volta. Questi elementi potrebbero essere sostenuti a partire da forme di ambientamento e poi di organizzazione quotidiana che valorizzano le dinamiche di coinvolgimento contemporaneo di più attori contemporaneamente (compresi i genitori) oltre che da una organizzazione per gruppi in cui tutti gli adulti sono responsabili dei bambini che hanno in vista (e non quelli della loro sezione). In questo senso il ruolo dell’adulto si configura più “interfaccia delle relazioni” con un ruolo di “ponte” invece che come figura di riferimento unica.
la costruzione di contesti in cui sia possibile allenare gli schemi affettivo-motori (Downing, 1995) di connessione e riconnessione tra bambini e tra adulti e bambini (educatori e famigliari) in modo da esercitare la capacità di bambini e adulti di rendersi contattabili dopo una breve separazione. Ad esempio questi elementi potrebbero essere valorizzati da una organizzazione degli spazi che valorizzi le competenza di ricerca ed esplorazione pensati in funzione degli interessi dei bambini (già a partire dall’ambientamento e riambientamento) e diventare piste di lavoro progettuale da sviluppare nelle ipotesi progettuali.
processi di confronto attivo quotidiano sulle competenze genitoriali (essere e fare i genitori) e sulle dinamiche di sviluppo dei bambini, intendendo la partecipazione delle famiglie a partire dalla possibilità di vivere liberamente parti della giornata del servizio e non come una variabile interveniente da agire/non agire a comando o attraverso macro progetti, ma come un fattore intrinseco e costituente dell’organizzazione dei servizi. Ad esempio i servizi per l’infanzia potrebbero prevedere la possibilità di accedere al servizio stesso durante tutto l’arco di tempo del funzionamento e la contemporanea possibilità, per chi lo desidera, di fermarsi e com-partecipare alla vita educativa quotidiana.
processi di mutua co-regolazione tra bambini e adulti (educatori e famigliari) che siano sempre più in grado di connettersi tra di loro ed esercitarsi nella negoziazione quotidiana ed esplorare il valore educativo della conflittualità. Questo processo dovrebbe avviarsi considerando anche nuove forme e modalità di negoziazione dei conflitti. Oltre alle classiche modalità di negoziare verbalmente i conflitti si stanno da tempo esplorando i modi in cui le persone cooperano dal punto di vista interattivo e corporeo (Lei, Fornasa, Soli, Vadalà, 2011). Questo elemento potrebbe essere sostenuto da un approccio formativo alle relazioni interattive, all’intersoggettività e alla cooperazione di tipo incarnato ed enattivo (Maturana, Varela, 2001; (Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente) De Jaegher, Di Paolo, 2007) in modo da poter vivere la corporeità e gli apprendimenti ad essa legati in modo più consapevole e strategico.
una progettazione e un’organizzazione delle quotidianità che affronta il tema del rischio con un approccio volto a considerare sempre le due facce della medaglia: rischio come pericolo da evitare/ rischio come opportunità evolutiva di apprendimento. L’organizzazione degli spazi interni ed esterni, le tipologie di materiali proposte, le modalità di gestire le transizioni potrebbero essere maggiormente orientate a favorire occasioni in cui i bambini e gli adulti presenti sono sollecitati ad esplorare i propri limiti fisici e mentali attraverso esperienze che mettono alla base il tema dell’apprendimento come ricerca di una progressiva esplorazione autonoma della responsabilità individuale e collettiva. Molte esperienze di ricerca pedagogica stanno approfondendo il tema delle potenzialità delle esperienze a contatto con la natura ed evidenziando quanto un’organizzazione pedagogica degli spazi esterni consapevole e mirata possa valorizzare gli aspetti di apprendimento cognitivo, emotivo, affettivo e corporeo dei bambini in esse coinvolti (Malavasi, 2013).
Conclusioni e rilanci per il futuro
In questo intervento si è cercato di descrivere alcune delle principali trasformazioni che stanno affrontando le famiglie contemporanee, si è cercato di collegare tali trasformazioni ad alcune dinamiche psicologiche ed affettive che stanno modificando i modi di interagire internamente tra i famigliari e tra loro ed il contesto sociale. In relazione a tali modificazioni sono state proposte alcune modalità di ri-organizzare i servizi per la prima infanzia che cercano di esplorare modi di organizzare i servizi della prima infanzia in modo che le proposte organizzative e progettuali siano orientate alla facilitazione delle competenze genitoriali delle famiglie contemporanee senza che esse si sentano espropriate di tali funzioni (Chiari, 2014). Questa sfida riporta ad una prospettiva di ricerca eco-inclusiva (Fornasa, Morini, 2012) che intende queste sollecitazioni come “esperienze per vedere” invece che ricette da applicare in modo a-contestuale.
Concludiamo con un rilancio per il futuro: sarà necessario interrogarsi profondamente su quali processi formativi attivare per sviluppare ricerche e sperimentazioni che possano raccogliere le suggestioni descritte in precedenza e affrontare la sfida a cui i servizi sono attualmente chiamati.
Bibliografia
Chiari C. (2014). Universo famiglie. Una ricerca-azione nel territorio di Forlì-Cesena. Bergamo, Edizioni Junior.
De Jaegher H. and Di Paolo E. (2007). Participatory Sense-Making: An enactive approach to social cognition. Phenomenology and the Cognitive Sciences, 6(4), 485-507
Downing G., Il corpo e la parola, Astrolabio, Roma 1995.
Fornasa W., Morini L. (2011). “Mappe per…”. Transizioni verso un Ecologia Sociale. Academia.edu.
Fruggeri L. (1996). Famiglie. Dinamiche interpersonali e processi psico-sociali. Roma, Carocci.
Fruggeri L. (2005). Diverse normalità. Psicologia sociale delle relazioni famigliari. Roma, Carocci.
Lei M., Fornasa W., Soli F., Vadalà G. (2011). Le interazioni triangolari nella cooperazione tra bambini. Forme di apprendistato relazionale. In Nicolini P. (a cura di), Le dimensioni sociali nell’apprendimento e nella formazione, Bergamo: Edizioni Junior
Malavasi L. (2013). Educazione naturale nei servizi e nelle scuole per l’infanzia. Bergamo, Edizioni Junior.
Maturana H., Varela F. (2001). Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente. Padova, Marsilio.
Mazzoli G., Spadoni N. (2009). Piccole imprese globali. Una comunità locale costruisce servizi per le famiglie. Milano, Franco Angeli.
Medeghini R., Vadalà G., Fornasa W., Nuzzo A. (2013). Inclusione sociale e disabilità. Linee guida per l’autovalutazione della capacità inclusiva dei servizi. Trento, Erickson.