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Per un’educazione al digitale

Gabriele Lugaro

CO Founder e Presidente CED (Centro Educazione Digitale)


nel sistema educativo 06

Il CED sta ponendo da anni la propria riflessione sul rapporto fra bambini e tecnologie digitali chiamando in causa il “sistema educativo”. L’obiettivo è arduo: generare un nuovo approccio multidisciplinare, intergenerazionale, trasversale e autogenerativo che permetta un dialogo e una problematizzazione continua fra esseri umani e tecnologie digitali di massa, educando e formando le nuove generazioni ad affrontare i cambiamenti ai quali la rivoluzione digitale (ancora in corso) ci porrà di fronte.

Ma cosa intendiamo con “sistema educativo”? e, soprattutto, come può essere messa in moto la “macchina” di questo sistema per tendere all’obiettivo prefigurato?

Nel primo articolo abbiamo posto come nostra stella polare la necessaria “riconcettualizzazione degli schermi e dei dispositivi digitali” da parte del mondo adulto. Questa riconcettualizzazione rappresenta un punto di partenza e una condizione imprescindibile per poter generare, all’interno della società, un cambiamento di rotta nei termini di un’assunzione di responsabilità collettiva. Quando parliamo di “mondo adulto” dobbiamo necessariamente suddividerlo in alcune macrocategorie, che ovviamente si intersecano e compenetrano, ma che sono essenziali ai nostri fini per impostare una strategia comunicativa e di diffusione di sensibilità in merito al tema del digitale. Le agenzie che operano all’interno del sistema educativo sono:

  • Famiglia
  • Scuola
  • Comuni e ASL

Negli ultimi tre anni CED ha formato circa 200 insegnanti delle scuole e dei nidi d’infanzia nella provincia di Savona, questi preziosi momenti di formazione sono stati un arricchimento per tutti e tutte non solo in termini contenutistici ma anche in termini di produzione dialogica di pensiero e strategie operative. Le insegnanti, meglio di chiunque altro, conoscono la realtà delle famiglie e sono state un prezioso aiuto per ideare e proporre modalità di coinvolgimento delle famiglie.

Anche in questo caso è stato di grande importanza per il CED affrontare e “scontrarsi” con il piano di realtà: nei primi anni gli incontri organizzati con i genitori (in presenza o a distanza) delle scuole coinvolte nei nostri progetti andavano deserti o semi-deserti (una percentuale media del 5% dei partecipanti sul totale della popolazione scolastica). Si è quindi provato a sviluppare il progetto delle Video pillole dedicate alle famiglie che ha accompagnato per due anni di fila i nostri lavori di divulgazione. L’idea delle Video pillole consisteva nella creazione di brevi video di sensibilizzazione all’uso dei media digitali a casa.

Con un linguaggio divulgativo e oggettivo si sono proposti settimanalmente contenuti video alle famiglie, tramite la chat Whatsapp per le comunicazioni classe e famiglia, con l’obiettivo di dare continuità e coerenza al progetto e ai temi trattati. È ancora presto per esprimere valutazioni in merito all’efficacia di questa strategia comunicativa poichè i feedback qualitativi raccolti, soprattutto dalle maestre, hanno restituito risultati molto eterogenei: ci sono state scuole in cui le Video pillole sono state viste e condivise settimanalmente dagli insegnanti, dai rappresentanti di classe e dalle famiglie, e scuole in cui le stesse rappresentanti di classe dei genitori non si sono dette interessate all’argomento e in cui la percentuale di visualizzazioni è stata bassissima.

È stato particolarmente interessante confrontarsi con gli insegnanti stessi e sui loro pareri in merito all’efficacia delle Video pillole per le famiglie. Fra i feedback che i docenti ci hanno dato uno di quelli che ci fa piacere condividere è stato “Le videopillole sono troppo poco terroristiche, dovete spaventarli (i genitori) di più!”. Questa frase strappa un sorriso a tutti noi ma ci aiuta anche a riflettere non solo sulle modalità di realizzazione delle Video Pillole ma anche sulle modalità comunicative del media digitale stesso.

 

Oltre a queste note di natura pratica l’esperienza delle Video pillole ci ha permesso di allargare il campo di analisi al tema della sensibilizzazione del rapporto bambini e media digitali nel sistema educativo. La video pillola è uno strumento che mira ad utilizzare il linguaggio e la pedagogia del media digitale smartphone per trasmettere contenuti divulgativi dedicati alle famiglie ma, in quanto strumento, resta tale.

Ciò che sta emergendo come necessario ai nostri occhi è la realizzazione di una continuità educativa al digitale che proceda dallo 06 (quindi nidi comunali e privati, scuole dell’infanzia statali e private) ma che sia condivisa da tutti gli Istituti Comprensivi (quindi la fascia 3-13). Estendere il campo dei destinatari dell’educazione al digitale, coinvolgendo non solo l’infanzia ma contestualmente la scuola primaria e la secondaria di primo grado, è un’enorme possibilità che il digitale stesso ci offre.

Chiariamoci, il digitale è una costante della formazione dell’essere umano del nostro secolo, la sua trasversalità attraverso le generazioni è uno dei suoi caratteri distintivi. Parallelamente le competenze digitali degli esseri umani non sono uniformi rispetto all’età e ai contesti di formazione, i divari aumentano e, se la forbice delle competenze digitali continuerà ad allargarsi, diminuiranno proporzionalmente le possibilità di un’effettiva educazione al digitale per la società nel suo complesso. Risulta pertanto fondamentale intervenire a partire dagli Istituti Comprensivi proponendo un approccio educativo che si realizzi nella verticalità del curriculum, che sia operativo, scalabile e accessibile a tutti.

 

 

Il digitale deve diventare  uno dei protagonisti  del Patto di Corresponsabilità

Scuola-Famiglia che viene firmato a inizio anno, e non solo come nota burocratica su un foglio che viene firmato di default dai genitori, ma come opportunità di rilancio del dialogo scuola-famiglia. CED sta attualmente lavorando ad un progetto che dia ad ogni Istituto Comprensivo la possibilità di adottare un “Regolamento condiviso scuola-famiglia sull’uso del digitale”, coinvolgendo nella formazione e nella riflessione sul tema docenti e famiglie e dando centralità al rapporto bambini e digitale all’interno dei processi educativi.

Con quest’ultima frase non intendiamo dire che il rapporto bambini e digitale debba essere prioritario rispetto alla relazione, alla socializzazione, all’espressività… intendiamo invece affermare che il rapporto fra bambini e digitale deve diventare una priorità educativa per i genitori. La famiglia è la prima agenzia di socializzazione nell’educazione

ai media, i genitori devono sentirsi responsabili del rapporto fra i propri figli e gli strumenti digitali. Nel sentirsi maggiormente responsabili a livello educativo avranno, grazie alla sinergia con le iniziative dell’Istituto Comprensivo, maggior stimoli nel conoscere, approfondire e indagare i rischi e le opportunità del digitale.

Una parentesi doverosa: in queste pagine stiamo affrontando il tema da vari punti di vista: strategico, logistico, educativo, formativo, comunicativo, socio-assistenziale, socio-politico. Non perdiamo tuttavia il focus di questo discorso: nel 2022 tre bambini su quattro nella fascia 0-2 mangiano di fronte a uno schermo, più di 1 bambino su 2 nella fascia 3-5 utilizza i dispositivi digitali in autonomia, dato che sale a 3 bambini su 4 nella fascia 6-10[1]. L’uso di questi dispositivi aumenta proporzionalmente così come aumenta la precoce età di ingresso in un social network (una vera e propria “finestra sul mondo” senza filtri o censure, nelle mani di algoritmi che hanno come unico obiettivo il profitto delle aziende e non il benessere degli utenti) in fasce d’età in cui i concetti di identità e intimità sono ancora in via di sviluppo e formazione.

La diffusione degli smartphone ha portato allo sviluppo di nuove patologie come la No Mobile Phobia (stiamo conducendo uno studio su alcuni licei a riguardo) e, ancora, il precoce fenomeno del gaming che ha portato, negli anni, a un incremento dei casi di Sindrome Hikikomori.

Questi sono, in estrema sintesi, alcuni dei rischi attuali e futuri che ci spingono a voler sviluppare strategie efficaci per promuovere un’educazione digitale in tutto il sistema educativo.

Abbiamo parlato del coinvolgimento delle famiglie e degli Istituti Comprensivi. Passiamo ora al ruolo, altrettanto centrale, dei Comuni, delle ASL e della politica. Il tema deve essere ovviamente affrontato sia sul piano locale che sul piano nazionale. Dal punto di vista locale ciò che possono fare gli amministratori consiste nel mettere in rete i vari Istituti Comprensivi, favorendo una cooperazione e un coinvolgimento trasversale sul tema affinché esso abbia massima risonanza nella cittadinanza. Inoltre le amministrazioni possono farsi promotrici di campagne di sensibilizzazione, incontri pubblici e dialoghi con le famiglie che possono essere occasione non solo per promuovere il dialogo sul rapporto bambini e digitale ma anche per rinnovare l’attenzione sui delicati (e dimenticati) temi della genitorialità. Gli amministratori hanno quindi la grande possibilità di rilanciare i rapporti fra scuole e genitori, inserendo nel dibattito pubblico la “sfida educativa” che ci pone il digitale e favorendo un rinnovato dialogo fra le agenzie educative principali. Parallelamente le ASL hanno la possibilità di introdurre questi temi già a partire dai corsi pre-parto creando una sinergia con il mondo dei pediatri negli anni più delicati per l’infanzia che promuova politiche attive di prevenzione rispetto ai rischi di un uso non equilibrato dei dispositivi digitali.

Se la politica e la sanità locale investono su questi temi vinciamo tutti.

A livello macro invece il discorso si amplia (e non potremo certo essere esaustivi a riguardo). Sarebbe inizialmente necessario, in accordo con le associazioni dei pediatri e dei medici di famiglia, avviare campagne di sensibilizzazione per limitare radicalmente l’uso dei dispositivi digitali nella prima infanzia. Contestualmente si dovrebbe porre l’attenzione sul delicato mondo dei social network, sui suoi funzionamenti, i suoi rischi e la sua attuale “deregulation”. La politica nazionale deve intervenire nel limitare l’età di accesso ai social network, ponendo regole più stringenti in merito all’iscrizione, ai contenuti e agli algoritmi che governano tali social media. La politica deve assumersi una forte responsabilità di fronte allo strapotere delle aziende del big tech, ponendo delle regolamentazioni che limitino l’uso delle intelligenze artificiali e degli algoritmi che, pur implementando le loro capacità di ottimizzazione dei profitti, rischiano di generare forti esternalità negative nello sviluppo emotivo, cognitivo, psicologico e relazionali di intere generazioni.

Sempre più spesso il potere delle aziende del big tech e gli impatti che queste possono generare su giovani e giovanissimi viene paragonato al potere che le multinazionali del “Big Tobacco” avevano nel secolo scorso. La riflessione a riguardo necessita di un continuo aggiornamento e confronto fra le agenzie del sistema educativo, teniamo alta l’attenzione su questi temi e monitoriamo gli studi e le ricerche più recenti.

La questione resta, e resterà per molto tempo ancora, aperta.

 

[1] Report “Connessioni Delicate” https://sip.it/2022/11/30/salute-dei-minori-e-digitale/

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