La differenza sessuale garantisce la salute psichica dei figli? Non si direbbe …
Umberto Galimberti
Ora che le decisioni sono state prese e il clima su questo non è più infuocato, approfitto per tornare sul tema delle adozioni, discutendo in termini “quasi scientifici”, dal momento che la psicoanalisi a cui lei fa riferimento non è una scienza, e le neuroscienze sanno ancora troppo poco dell’anima e anche, se mi permette, del corpo.
La separazione dell’anima dal corpo è stata inaugurata da Platone per giungere a conoscenze universali e valide per tutti, a cui non era possibile pervenire se ci si fosse regolati unicamente sulle informazioni provenienti dai sensi corporei, essendo queste informazioni diverse da individuo a individuo, e nel corso della vita dello stesso individuo. Poi il Cristianesimo, con Agostino, accolse il dualismo di anima e corpo che Platone aveva inaugurato per risolvere un problema di conoscenza, e lo rigiocò in un altro scenario: quello della salvezza. Il passo successivo ancora fu compiuto da Cartesio che, inaugurando la scienza moderna, ridusse il corpo a organismo e poi cercò di porlo in relazione all’anima ricorrendo alla ghiandola pineale.
Quando sento dire che la psicologia è ormai persuasa che esiste una relazione tra anima e corpo, dico che questa relazione è un puro gioco di parole, finché qualcuno non sarà in grado di dimostrarmi perché, se uno mi insulta (evento culturale) mi produce una vasodilatazione (evento fisiologico) . Per quanto concerne le neuroscienze, esse sono ancor meno attrezzate della psicologia per trovare l’unità di anima e corpo, perché il corpo che indagano è ancora il corpo di Cartesio, ossia l’organismo, non il corpo del mondo della vita, del tutto estraneo alle neuroscienze, e, se mi permette, in parte anche alla psicologia, eccezion fatta per la psicologia fenomenologica che da un secolo a questa parte, con Husserl, Heidegger, Iaspers, Sartre, Merleau-Ponty, Binswanger, Minkowskì, e da noi Callieri e Borgna, sta chiedendo alla psicologia di cambiare paradigma.
Ho fatto questa premessa perché lei mi parla di corpi maschili e femminili, intendendo gli organismi della donna e dell’uomo, che sono indubbiamente diversi. Ma se dall’organismo ci portiamo all’altezza del corpo, la felicità di un bimbo dipende dall’affetto che riceve, dall’attenzione che chi lo ha adottato gli dedica, dal mondo che i genitori adottivi gli creano intorno. Perché l’organismo, come tutte le cose, “è” nel mondo, mentre il nostro corpo “dischiude” un mondo, accoglie gli stimoli che da quel mondo provengono e in quel mondo si sente chiamato e impegnato. Ed è di un mondo che i bambini hanno bisogno, non di due organismi diversamente sessuati.
Per quanto poi riguarda la psicoanalisi, Lacan, che lei opportunamente cita, riformula in altro modo quello che Freud aveva già enunciato illustrando il complesso di Edipo, il cui superamento decide la buona organizzazione psichica del soggetto. Ma Freud aveva anche precisato che tale concetto era applicabile solo in Occidente, dove vige la famiglia nucleare, e non nelle altre società che Freud definisce «eso-edipiche», dove si cresce al di fuori del percorso edipico, senza per questo diventare affatto dei disadattati o dei pazzi.
Quando nelle dispute sulle adozioni gay sento dire che “ogni bambino ha diritto a un padre e a una madre”, penso: quanto siamo ancora etnocentrici, nell’assumere l’organizzazione familiare che noi occidentali ci siamo dati come l’unica in grado di garantire la salute psichica di chi viene al mondo! Salvo poi curare la depressione di giovani, che giungono persino a progettare il suicidio, pur avendo avuto una mamma e un papà.
D la Repubblica, 30 aprile 2016