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Non chiamiamola solo DAD

Diana Penso

Pedagogista


Il tempo della distanza

La sospensione dei servizi educativi e formativi  causata dal Covid 19, ha determinato una situazione grave e difficile, per tutti, bambini e bambine,  famiglie, maestri e maestre, educatori e educatrici. Da un giorno all’altro tutto è cambiato e il tempo del Corona Virus  ci ha costretto  a restare a casa. Ci è stato detto prima che scuole e nidi sarebbero rimasti chiusi per alcuni giorni, poi per settimane,  in seguito sono diventati mesi. Dal mese di marzo, all’improvviso, bambini e bambine sono stati privati della possibilità di vivere relazioni con i pari, di sperimentare occasioni di gioco, di ricerca ed esplorazione; separati da ambienti di vita  conosciuti, organizzati e predisposti per promuovere e sostenere i processi di apprendimento.

Nidi e scuole sono luoghi di affetti, spazio d’incontri, di gesti di cura, di gioco, di scambi  e anche di conflitti. Il tempo nelle scuole e nei nidi è fatto di attività, di routine, scansioni ripetitive e rassicuranti dei diversi momenti della giornata, che strutturano e danno senso alle esperienze dei bambini, di organizzazione di spazi e materiali, di scoperte e di esplorazioni. Questi percorsi vissuti quotidianamente sono stati all’improvviso, bruscamente interrotti, ma non si è rotto il bisogno di relazioni, di continuare a vedersi e incontrarsi. Dopo il primo spaesamento e superando molte difficoltà, abbiamo dovuto fare riferimento a un’altra forma di incontro e di educazione, quella a distanza, l’unico strumento che avevamo a disposizione. Sentivamo il bisogno di altri mezzi che  ci permettessero ancora di vederci, di ascoltarci, di ristabilire e mantenere quel  legame educativo tra insegnanti e bambini, insegnanti e genitori, e tra loro insegnanti, bambini, genitori, per allargare quell’orizzonte quotidiano divenuto all’improvviso piccolissimo e ristretto.[1]

Consapevoli di non aver potuto elaborare con i bambini  il tempo del distacco, che avrebbe dato senso a questa lontananza, abbiamo sentito il   bisogno di attivarci per far sentire la nostra presenza. Siamo quindi entrati nel mondo dell’online. Molti insegnanti si sono immersi in questa “avventura” generosamente, spesso senza averne le competenze e dando vita ad una serie  di video registrati, videochiamate, tutorial. All’inizio alcune educatrici e insegnanti hanno interpretato la didattica a distanza come una sorta d’imitazione della scuola primaria e allora in molti siti abbiamo intravisto,  schede da colorare, lavoretti da produrre, in  occasione di Pasqua, della festa del papà o della mamma, quasi che la distanza dalla scuola si annullasse, solo se si continuava a ripetere e a trasmettere l’esecuzione di compiti.

In realtà sentivamo il bisogno di costruire ancora relazioni, dovevamo in qualche modo abbattere quella distanza insopportabile, attraverso volti, sorrisi, sguardi, voci.

Nel caso dei bambini piccoli per i quali le attività educative prevalentemente si realizzano attraverso momenti di cura, di relazione, di esplorazione, la didattica a distanza andava organizzata attraverso forme di contatto a distanza e proposte educative basate sul gioco, con la mediazione degli adulti.

Per fare della didattica a distanza uno strumento educativo e formativo, abbiamo ragionato con molte insegnanti e educatrici, su come creare uno sfondo pedagogico, per mantenere anche in questa situazione di emergenza, la relazione educativa, l’ascolto e la cura e   continuare a  mantenere il sentimento di appartenenza alla comunità scolastica,  allo  stare insieme, al condividere.

Anche il MIUR ha definito quest’opportunità di una forma di didattica a distanza nella scuola primaria e secondaria “Didattica a Distanza” (DAD),  ma per la fascia d’età da zero a sei anni “Legami Educativi a Distanza” (LEAD), perché l’aspetto educativo in questa fascia di età s’intreccia con il legame affettivo e motivazionale.

Quando si aprivano le piattaforme, era come se tante finestre si affacciassero sul nostro mondo. Guardarci, parlarci, commuoverci qualche volta per un ricordo inaspettato, per una nostalgia improvvisa: quelle piattaforme, quei messaggi wattsapp, quelle telefonate, sembravano riempire anche se per poco tempo, il vuoto di un’assenza.

Alcuni bambini, appena arrivava la chiamata della maestra o dell’educatrice, correvano a nascondersi e non c’era verso di farsi vedere o di mostrarsi alla maestra, ai compagni. Altri restavano a guardare, partecipavano attivamente, quasi che il tempo di casa e il tempo di scuola,  fossero gli stessi. Dov’era la distanza e dov’era la vicinanza? Quando siamo lontani e quando siamo vicini?  Quegli sguardi accoglienti, quei sorrisi aperti, raccontavano una vicinanza e un’affettività che annullavano le distanze reali.

Durante una videochiamata, una bambina chiedeva  alla  maestra: ”Posso andare al bagno? “

Anche le proposte educative erano orientate a progettare occasioni che fossero significative sul piano emotivo e affettivo innanzitutto. Capire e comprendere le esigenze di tutti e tutte è stato difficile. Inizialmente c’era semplicemente il bisogno di sentire le voci, di vedere figure educative significative.  Per questi motivi cercavamo di condividere l’ascolto delle emozioni e degli stati d’animo dei bambini; percepire le loro preoccupazioni e i loro bisogni, al di là di quello che dimostravano, renderli protagonisti, raccogliere  le loro storie.

Poi iniziavamo a fare delle proposte semplici, piacevoli, che facessero stare bene: giochi, attività, letture, filastrocche, canti e giochi da realizzare anche dentro casa. Realizzavamo  registrazioni con brevi narrazioni. Un adulto che legge ad alta voce a un bambino compie un atto d’amore e ciò ha risvolti importanti per lo sviluppo sul piano relazionale, emotivo, cognitivo, linguistico, sociale e culturale. Nell’esperienza condivisa della lettura e dell’ascolto, adulto e bambino entrano in sintonia reciproca attraverso i mondi che prendono vita tra le pagine del libro, in una comunicazione intensa e piacevole fatta di emozione, amicizia, complicità, fiducia, che rinsalda il loro legame affettivo.

Sono state raccontate filastrocche, cantato canzoni, inviati messaggi, prodotto video con lettura di libri e animazioni di storie, realizzato spettacolini, giochi da ripetere e condividere. Uno dei giochi più piacevoli e rilassanti, era  sicuramente l’attività della  manipolazione,  impasti, didò, farina ecc… Attività di tipo ludico ed esperienziale, come la costruzione di una “scatola” come collezione di oggetti, o percorsi di tipo osservativo, manipolativo o rappresentativo (realizzazione di disegni, semplici costruzioni, ecc.) consentivano di dare un significato particolare alle giornate, creando anche le premesse per la condivisione di queste esperienze e l’attesa per il momento della restituzione in ambito scolastico; attività motorie da poter eseguire in casa, cacce al tesoro; giochi all’aperto.

Venivano riprodotte alcune routines,  aiutando  i genitori a valorizzarle anche a casa.

Il riordino, la cura personale, apparecchiare, sparecchiare, rimettere in ordine, il susseguirsi delle attività quotidiane offrivano ai bambini una serie di occupazioni molto varia,  contribuendo a fissare l’ idea di spazio e tempo che a poco a poco diventerà conoscenza. Dal ripetersi di queste routines (prima mi sveglio, poi mi alzo, poi mi vesto, poi mangio) i bambini coglievano il senso del prima e del dopo, acquisivano  la capacità di anticipare gli eventi, costruendo un po’ alla volta la mappa  temporale e spaziale di questo periodo della propria vita.

Altre proposte erano orientate a una sorta di “pedagogia della memoria[2] attraverso raccolta di foto, documentazioni di percorsi per poter riconnettere i ricordi, le emozioni, gli interessi.

Nonostante i suoi limiti, la LEAD è stata utile per:

  1. Rinforzare (o riallacciare) il filo delle relazioni, mantenere o ricostruire quel contatto fatto di emozioni, sguardi, voci, vicinanza, condivisione, complicità, che per il personale educativo, i bambini e le loro famiglie rappresentava il vissuto quotidiano fino a poco tempo fa;
  2. Mantenere vivo il sentimento di appartenenza alla comunità scolastica e la necessità dello stare insieme, del condividere, del sentirsi parte di una comunità;
  3. Dare continuità all’azione educativa e di portarla nelle case;
  4. Anche in una situazione di emergenza, fare della scuola un luogo di incontro, partecipazione, attenzione e ascolto;
  5. Rompere la solitudine, l’isolamento nel quale ci siamo  trovati, superare la mancanza della relazione con l’educatrice, con la maestra;
  6. Sperimentare nuove forme d’incontro tra scuola e famiglia.

Il tempo della presenza

Con la prossima riapertura di nidi e scuole dell’infanzia, a settembre, incontreremo nuovamente bambini e bambine che hanno attraversato questo periodo di emergenza e chiusura. Ci auguriamo che presto non ci sia più bisogno di LEAD e che da settembre in poi i legami saranno solo in presenza. Sicuramente una grande difficoltà di questa situazione e della prossima riapertura, consisterà nel conciliare e mantenere in equilibrio la ricerca della sicurezza e la riorganizzazione di nidi e scuole dell’infanzia, con un pensiero pedagogico.

È necessario progettare le ri- aperture tenendo insieme diritti all’educazione e al gioco dei bambini con i diritti allo star bene dal punto di vista della sicurezza e della salute degli adulti e dei bambini e dei genitori. Noi sappiamo che scuole e nidi sono luoghi di educazione, di formazione e socializzazione e quindi vanno sostanziati con spazi, tempi e attività significative, che rispondano ai bisogni dei bambini, anche in tempo di emergenza. Certo sarà necessario trovare “accomodamenti ragionevoli”[3] per riuscire a tenere insieme le necessarie misure sanitarie con gli elementi di qualità caratterizzanti i nidi e le scuole dell’infanzia

I bambini da zero a sei anni hanno esigenze del tutto particolari, legate alla corporeità e al movimento: hanno bisogno di muoversi, esplorare, toccare, abbracciare. Hanno bisogno d’interazione con i coetanei, esigenza che si esprime soprattutto in situazioni di gioco, di vicinanza fisica e di contatto, di scambio e condivisione. La relazione tra i bambini e gli adulti è la condizione per conferire senso a una struttura educativa per piccoli, che si caratterizza innanzitutto come esperienza sociale e affettiva. I piccoli poi hanno bisogno di esplorare lo spazio, manipolare materiali, svolgere  e fare esperienze concrete. Questi aspetti sono elementi essenziali dell’esperienza di crescita di ogni bambino e vanno salvaguardati anche nei nuovi modelli organizzativi di emergenza che verranno individuati.

Aspetti irrinunciabili e invarianti pedagogici

E’ importante dunque anche in questa situazione di emergenza  garantire una cornice di senso nel fare scuola. Abbiamo bisogno di definire aspetti irrinunciabili, dobbiamo ripensare a uno sfondo pedagogico che assicuri anche nell’emergenza, che vengano garantiti percorsi di cura, di relazione educativa, di movimento, esplorazione, gioco, di narrazione condivisa; abbiamo necessità  di indicare gli invarianti pedagogici [4] per garantire che ogni nido e ogni scuola, resti un servizio educativo  e formativo.

Gli spazi. Come ci è stato più volte raccomandato, per garantire il necessario distanziamento, l’esperienza educativa dovrà svolgersi prevalentemente per piccoli gruppi, in spazi delimitati, protetti, in sezione, intersezione, in laboratori, all’aria aperta, utilizzando anche la corrente pedagogica che fa riferimento alla pedagogia diffusa. [5]

Sicuramente la realizzazione di attività all’aperto garantirà che l’esperienza formativa si svolga in sicurezza poiché si realizza un ambiente per sua natura areato e in condizioni favorevoli al richiesto distanziamento fisico. L’ambiente naturale poi  costituisce uno spazio ricco di sollecitazioni; un prato, un bosco, un giardino offrono spunti interessanti per svolgere  percorsi di esplorazione, scoperta e costruzione di conoscenze. Ma uscire fuori all’aperto o giocare con elementi naturali,  non costituiscono e di per sé un’esperienza formativa, non sono da soli, garanzia di svolgimento di  esperienze formative. Anche il fuori va organizzato in modo significativo, l’ambiente esterno, come gli altri ambienti,  va progettato, preparato in anticipo e curato di continuo dagli adulti. Rispetto alla necessità di  rintracciare poi ulteriori spazi, andranno individuati spazi aggiuntivi, che superino l’idea di  sezione, nei corridoi, nelle palestre, nei cortili ma anche nel territorio. Infatti il territorio può offrire molteplici occasioni, quali: biblioteche, musei, teatri, campi gioco, ludoteche all’aperto,  piazze, parchi, biblioteche, botteghe artigiane…

Le attività educative dovranno consentire il gioco, l’osservazione e l’esplorazione dell’ambiente naturale all’esterno,  diverse forme di dialogo, esperienze di canto-gioco-movimento-espressione nel piccolo gruppo, attività manipolative e di esplorazione dei materiali,   giochi simbolici e narrazioni.

Con la prossima riapertura di nidi e scuole dell’infanzia, incontreremo nuovamente bambini e bambine che hanno attraversato questo periodo di emergenza e chiusura. Come avverrà la vicinanza? Stiamo provando a immaginarla. Per i bambini la dimensione del tempo presente è la più forte: ecco che parlare con loro di ciò che sta accadendo e ciò che è avvenuto, di come lo si sta affrontando è utile e importante. Ci sarà bisogno di costruire il passaggio dal dentro al fuori, dal prima al dopo. Bisognerà trovare il modo di elaborare insieme le emozioni sia degli adulti sia dei bambini. Raccontarci tutto il periodo della pandemia, cercare le parole per raccontare e condividere con i pari, finalmente insieme,   immaginare  anche la ripartenza.

C’è stato un tempo, settimane prima, mesi dopo, in cui per bambini e bambine, le routines sono saltate, alcuni legami educativi e amicali importanti, sono stati bruscamente interrotti.

C’è stato un tempo un cui educatori e insegnanti si affacciavano su piattaforme, proponendo giochi, canzoni, raccontando fiabe della buonanotte. C’è stato un vuoto di scuole e di nido, che non possiamo ignorare o far finta che non ci sia stato.

Tutto questo non può essere dimenticato, non possiamo immaginare che dalla chiusura improvvisa di marzo, potremo passare ad una riapertura improvvisa, anche se con regole cambiate.

C’è bisogno di costruire connessione tra il prima della chiusura, il durante e la riapertura.

Ci sarà bisogno di raccogliere le emozioni, i timori e le storie dei bambini, in cerchio, a piccoli gruppi.

Come hai passato questo periodo?

Come trascorrevi la giornata?

Avevi voglia di rivedere le tue maestre e i tuoi compagni?

Ti piaceva vederli sul computer o sul cellulare, o non ti piaceva?

Per mantenere connessioni,  collegare tra loro passato, presente, futuro, è opportuno far rivivere nei bambini una memoria positiva dell’esperienza vissuta prima al nido, a scuola, poi a casa, attraverso immagini, racconti, canzoni, oggetti, routine, dialoghi, giochi, narrazioni, stavolta nella ripresa di un rapporto in presenza con i compagni e le educatrici.

Non si tratterà allora  di costruire tutto dal nuovo, ma di connettere una continuità col nostro passato, le tradizioni del nostro patrimonio pedagogico ma modificato e trasformato.

Ci auguriamo che a breve non ci sarà più bisogno della LEAD e che da settembre in poi i legami saranno solo in presenza. Ma possiamo riconoscere che nonostante i suoi limiti e il fatto di non aver potuto raggiungere tutti i bambini,  attraverso la LEAD sicuramente educatrici e insegnanti hanno acquisito nuove  competenze digitali, stretto relazioni con le famiglie, stabilito relazioni significative, avviato percorsi di formazione. La LEAD potrebbe costituire uno strumento che anche nell’eventualità di ulteriori fasi di difficoltà, come questa, restituiscano il “senso” del lavoro educativo, per la cura e l’educazione dei bambini, valorizzando le buone pratiche fanno parte del patrimonio educativo e scolastico acquisito di nidi e scuole dell’infanzia.

 

[1] Commissione Infanzia Sistema integrato Zero-sei (D.lgs. 65/2017) ORIENTAMENTI PEDAGOGICI SUI LEAD: LEGAMI EDUCATIVI A DISTANZA UN MODO DIVERSO PER FARE NIDO E SCUOLA DELL’INFANZIA, MIUR

[2] D. Demetrio, Pedagogia della memoria, Meltemi, 1998

[3] Convenzione delle Nazioni unite sui Diritti delle persone con disabilità, 2007

[4]C. Freinet, Gli invarianti pedagogici

[5] L. gallo, P. Mottana, Pedagogia diffusa, 2017

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