Intervista a Sandra Benedetti e Antonio Gariboldi a cura di Enrica Fontani
Dal 2010 la Regione Emilia-Romagna ha promosso un percorso di sperimentazione di un approccio partecipato alla valutazione della qualità. In termini molto sintetici, quali le motivazioni e gli sviluppi?
Il percorso avviato sull’importanza di pervenire a modalità coerenti di valutazione della qualità dei servizi educativi 0-3 anni del sistema integrato regionale, ha la sua genesi in tempi piuttosto distanti rispetto alla pubblicazione del testo che ha visto la luce alla fine del 2017. L’avvio seppure embrionale del percorso avvenne già quando nel 2000 la regione Emilia-Romagna pubblicò un testo intitolato” La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della regione Emilia-Romagna” che restituiva all’intero territorio regionale l’esito di una ricerca sulla valutazione della qualità affidata alla Prof.ssa Egle Becchi dell’Università di Pavia e alla sua équipe.
Da allora molta strada è stata compiuta: sono state realizzate le linee guida per la stesura del progetto pedagogico ed è stata avviata un’accurata sperimentazione sull’auto-eterovalutazione dei servizi 0/3 su un consistente campione di servizi pubblici e privati.
Perché una ricerca orientata alla valutazione della qualità in forma negoziata e ricorsiva?
Perché a partire dal nuovo secolo si sono affacciati alcuni grossi cambiamenti che hanno condizionato le politiche di welfare negli anni a venire e quindi anche l’assetto dei servizi educativi ovvero:
- la trasformazione dello stato sociale, meno universalistico, e dei soggetti volti a garantire l’offerta dei servizi alla persona e quindi anche a quelli destinati ai bambini in età 0-3 anni e alle loro famiglie; la presenza accanto all’ente pubblico di soggetti partner afferenti alla cooperazione e al privato sociale senza fini di lucro, imponeva una revisione dei modelli di governance ed un ruolo dell’ente pubblico orientato a fornire indicatori di qualità adeguati a cui anche il privato sociale potesse uniformarsi, garantendo prestazioni professionali volte alla tutela della cura dei bambini piccolissimi in stretta consonanza con quelli offerti dal pubblico;
- il consolidarsi dell’Unione Europea e delle sue precise indicazioni rese esplicite nel trattato di Lisbona del dicembre 2007 nel quale si chiede agli stati membri della UE di garantire una copertura del 33% dei posti 0-3 da realizzarsi entro un decennio, oltre ad una esplicita messa a punto di strumenti idonei a perseguire e misurare la qualità raggiunta;
- la presenza di figure di coordinamento pedagogico oramai pressoché diffuse in tutto il territorio regionale, sia nei servizi pubblici che in quelli privati convenzionati, esito di un sostegno finanziario regionale espressamente mirato a favorire la loro adozione da parte dei soggetti gestori sia del pubblico che del privato; a tali figure il compito di predisporre in stretto raccordo con le équipe educative, un progetto pedagogico fortemente orientato a valorizzare oltre alle proposte educative anche le successive fasi di osservazione, autovalutazione e documentazione del progetto pedagogico stesso, rendendo produttive tutte le figure professionali che operano nei servizi e che ne costituiscono il costo maggioritario;
- la necessità di corredare e portare a compimento l’impianto normativo regionale attraverso l’accreditamento dei servizi 0-3, ancora assente nella legge regionale pur essendo evocato laddove si precisa la necessità di individuare espliciti strumenti di valutazione della qualità dell’offerta educativa.
Cosa intendiamo parlando di qualità dei servizi educativi? Esiste “una” qualità? Chi determina che cosa è qualità?
Il discorso sulla qualità ha il suo fondamento nella capacità dei servizi di rispondere compiutamente al diritto all’educazione e alla cura dei bambini e delle bambine che li frequentano, nel contesto di una società caratterizzata dal cambiamento dei modelli familiari e produttivi e quindi dall’esigenza di conciliare le responsabilità genitoriali con le diverse condizioni di lavoro. È riferendosi al riconoscimento reale del diritto all’educazione dei bambini nel concreto contesto sociale – e all’assunzione di una responsabilità pubblica in tal senso – che parlare di qualità dei servizi rimanda ad un impegno etico e politico, evitando che si traduca in un discorso puramente tecnico o che prevalga una logica di tipo aziendalista. In questo senso tutti i soggetti che sono coinvolti nella vita e nella gestione dei servizi sono chiamati a vario titolo a confrontarsi e ragionare sui valori e le scelte che stanno alla base delle azioni educative e sulle condizioni gestionali e organizzative che le rendono sostenibili e possibili. Ne deriva quindi una idea di qualità relativa e in relazione. Relativa perché, come detto, la qualità educativa è un costrutto definito sulla base di sistemi di valori negoziati o negoziabili; in relazione perché la sua definizione operativa fa necessariamente i conti con le condizioni materiali che generano o circoscrivono le varie possibilità di azione. Sotto questo profilo, già negli anni novanta, in alcuni documenti della Rete europea sulla qualità dei servizi si sottolineava come l’interpretazione e definizione del concetto di qualità dovesse essere inteso come un processo democratico e dinamico, che comporta lo scambio e il confronto tra le differenti idee, prospettive ed esperienze e che non può essere ridotto ad un’operazione prescrittiva.
La qualità è un dato misurabile? Ci sono strumenti, metodologie?
L’idea che la qualità educativa possa essere o non essere un dato misurabile rappresenta una questione controversa sotto il profilo epistemologico e che rimanda, almeno in parte, al più ampio dibattito sull’applicabilità delle metodologie quantitative nell’ambito delle scienze umane e sociali. Da questo punto di vista la posizione assunta all’interno di tale dibattito – e quindi anche in riferimento al fatto che la valutazione a certe condizioni possa essere un processo più o meno “oggettivo” – porta a fondare o a fare riferimento a differenti approcci, modelli e metodologie di valutazione. Potremmo anzi dire, in senso più generale, a diverse culture delle valutazione. A mio avviso, comunque, in riferimento alla qualità dei servizi per la prima infanzia, è possibile solo elaborare alcuni indicatori quantitativi rispetto alle condizioni che possono essere determinanti nel favorire la qualità dei servizi educativi: il rapporto numerico educatori/bambini, il monte ore annuale dedicato alla formazione in servizio o, nel loro complesso, alle attività non frontali con i bambini, il numero di servizi coordinati dal pedagogista, ecc. Riferiti quindi ad aspetti che si possono definire di qualità strutturale. Quando invece ci riferiamo alla valutazione della qualità dei processi educativi, cioè processi fortemente connotati in chiave simbolica e relazionale, non ha senso parlare di misurazione. La valutazione, in questo caso, è un processo culturale che assume la componente soggettiva come un suo elemento costitutivo. Nel senso che l’atteggiamento valutativo di un soggetto è sempre guidato dai suoi presupposti cognitivi e culturali, i dati si danno sempre entro schemi concettuali e quindi si può essere “oggettivi” solo in riferimento ad uno specifico sistema di categorie. Questo non significa che non occorra curare la sistematicità e il rigore nella fase di raccolta dei dati. Nella valutazione è possibile valorizzare realmente la dimensione intersoggettiva del processo – e quindi il confronto e il dialogo tra punti di vista e sguardi diversi ai fini di una comprensione più profonda della realtà che si sta esaminando – solo se il giudizio di ognuno può essere argomentato sulla base di quanto rilevato e osservato. A prescindere dagli strumenti anche differenti che sono utilizzati, e che possono essere scelti per obiettivi ed esigenze diverse, è essenziale che la valutazione si caratterizzi come un processo dialogico, aperto, transattivo e partecipato.
Quali sono le principali caratteristiche del percorso di valutazione che è stato sperimentato in Regione Emilia-Romagna?
Il percorso sperimentato nei servizi educativi per la prima infanzia ha dato rilievo e valore ad alcuni elementi:
- la natura formativa e partecipata del processo di valutazione. L’approccio valutativo sperimentato si fonda sul coinvolgimento attivo di educatori e coordinatori pedagogici e si propone esclusivamente di sollecitare all’interno del gruppo di lavoro processi di riflessione e revisione delle proprie pratiche. L’efficacia formativa della valutazione, e quindi la possibilità di attivare cambiamento, è infatti strettamente legata alla capacità che ha il processo di sollecitare una reale partecipazione di chi opera nel contesto educativo. I servizi educativi per la prima infanzia sono infatti servizi ad alto tasso di simbolizzazione e la loro qualità è fortemente legata alla componente motivazionale e relazionale. Il cambiamento e lo sviluppo dinamico di un servizio educativo sono dunque connessi alla capacità di attivare indagini autoriflessive e di
costruire e ripensare repertori condivisi all’interno del gruppo di lavoro;
- la centralità del ruolo dei Coordinamenti Pedagogici Territoriali (CPT). I diversi Coordinamenti Pedagogici Territoriali, che sono stati intensamente coinvolti già in fase di progettazione del sistema di valutazione, rappresentano i principali organismi di riferimento nella gestione ed evoluzione del processo. Un assunto fondamentale è che l’integrazione e lo sviluppo qualitativo del sistema dei servizi possono essere favoriti evitando il loro isolamento e quindi costruendo un ambito di lavoro che promuova una logica di scambio e collaborazione, che favorisca i rapporti di rete e che introduca meccanismi di autoregolazione della qualità che si situano sia a livello di singolo servizio sia a livello di sistema territoriale;
- la struttura multilivello del sistema di valutazione e la dimensione ricorsiva del processo. Una caratteristica distintiva del sistema di valutazione sperimentato è che prevede l’utilizzo di strumenti e procedure che sono in parte definiti a livello regionale e in parte autonomamente elaborati e contestualizzati nei diversi territori provinciali da ogni Coordinamento Pedagogico. Il sistema di valutazione formativa si articola su più livelli. A livello regionale, per dare coerenza al sistema ed evitare una sua parcellizzazione, si propone sia un indice di riferimento del progetto pedagogico (un indice che identifica alcuni elementi essenziali che devono essere trattati nel progetto, ma che lascia assoluto spazio progettuale ad ogni servizio), sia gli elementi di base della metodologia di valutazione. A livello provinciale, invece, per offrire la possibilità di contestualizzare le indicazioni regionali assicurando autonomia decisionale e gestionale ai singoli territori, vengono elaborati dai vari CPT gli strumenti di valutazione ed aspetti più specifici delle procedure. Il CPT ha la responsabilità di gestire il processo valutativo nelle sue diverse fasi, di analizzare e interpretare gli esiti del percorso a livello territoriale e di monitorare le azioni di miglioramento realizzate nei servizi. Infine, a livello di singolo servizio, è assegnata la responsabilità di condurre il processo di autovalutazione coordinandolo con quello di eterovalutazione (il valutatore esterno, che svolge il ruolo di “amico critico”, è rappresentato dal coordinatore pedagogico di un altro servizio). Il sistema di valutazione delinea, dunque, elementi comuni e condivisi a livello regionale per offrire una cornice di riferimento e orientare l’analisi e la riflessione su aspetti della qualità educativa che si ritengono centrali per la reale integrazione della rete di servizi pubblici e privati. Lascia, tuttavia, autonomia ai CPT sia nel mettere a punto a livello di territorio il sistema adattando e contestualizzando alcuni contenuti ed aspetti metodologici, sia nel curare e supervisionare la realizzazione del processo. La struttura multilivello del sistema di valutazione, sviluppata in fase di progettazione e sperimentazione, è così funzionale ad un processo di regolazione della qualità che assume un carattere ricorsivo, creando una interconnessione tra i vari livelli sistemici – regione, territorio provinciale e servizio – e un rapporto di circolarità tra l’attività di valutazione, l’identificazione dei bisogni formativi e la progettazione di azioni di miglioramento delle diverse realtà educative.
Quali indicazioni emergono in vista di possibili sviluppi e di una generalizzazione del percorso anche in altre regioni?
Il percorso di auto-eterovalutazione a cui si riferisce la sperimentazione compiuta attraverso l’elaborazione, co-costruzione e applicazione delle linee guida regionali, ha messo in evidenza con successo i seguenti aspetti:
- una compiuta e condivisa elaborazione di paradigmi comuni all’interno di un consistente numero dei servizi educativi del sistema integrato per quanto riguarda l’elaborazione del progetto pedagogico: la riflessività attivata nelle équipe educative ha giovato rispetto ad un’accresciuta consapevolezza sulle motivazioni che inducono a compiere le scelte educative del personale, conferendo a tali scelte un portato scientifico motivato da presupposti educativi espliciti ed argomentati;
- una diversa modalità di intendere la valutazione, meno invasiva, e più adeguata alla natura dei servizi educativi che possiedono come caratteristica quella di operare in senso processuale, prestando più attenzione alle motivazioni che inducono progressivamente a compiere scelte educative adeguate alle richieste dei bambini e alle loro tappe di sviluppo;
- un efficace approccio alla valutazione che, applicata sul doppio binario (autovalutazione da parte dell’équipe educativa ed eterovalutazione da parte di una figura esterna al servizio, ma non priva di conoscenza del sistema educativo a cui comunque appartiene), ha consentito di rafforzare in modo dialogato e negoziato la formazione in progress di tutti gli attori interessati;
La trasferibilità di questa esperienza ad altri territori o ad altre istituzioni ritengo possa essere possibile valutando ovviamente il contesto in cui applicare il portato delle linee guida, ma soprattutto mettendo in evidenza, sotto il profilo economico, la doppia risorsa di questa modalità di fare valutazione:
- nel tempo le équipe educative rafforzano la loro capacità di fare osservazione, analisi ed elaborazione del progetto pedagogico facendone motivo di confronto con il coordinatore pedagogico, le famiglie, gli amministratori. Allo stesso tempo la consapevolezza circa la pertinenza o l’inefficacia delle scelte educative adottate, rende le équipe più motivate nel loro agire professionale, dunque più in grado di gestire il contraddittorio e la conflittualità generata spesso dalla mancanza di analisi oggettivamente orientate;
- nel lungo periodo la pratica valutativa basata sul massimo coinvolgimento delle équipe rende le stesse autonome e il costo della valutazione si riduce anche sotto il profilo economico portando un doppio vantaggio nei bilanci dei soggetti gestori pubblici e privati.
- Infine è convinzione di chi ha compiuto questa esperienza che l’accreditamento della qualità dei servizi assume in questo modo una visione diversa dalla pura certificazione su coefficienti standardizzati, poco adeguati alla natura dei servizi educativi.
Sandra Benedetti
Educatrice, coordinatrice pedagogica presso il Comune di Modena e di Bologna, funzionaria del servizio infanzia della Regione Emilia-Romagna dagli anni ’80 all’inizio degli anni ’90 e quindi dal 2001 alla fine del 2015 come responsabile del coordinamento dell’area infanzia 0/6.
Oggi collabora in qualità di pedagogista con riviste nazionali e straniere e realizza consulenze tecnico-scientifiche per soggetti pubblici e privati in materia di politiche educative.
Antonio Gariboldi
Professore associato di Didattica generale e Pedagogia speciale presso il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia.