Luoghi comuni e effetto gregge
Aprire una discussione intorno alla democrazia della cura. Per ogni bambino o bambina che non va a scuola, per ogni malato in casa, c’è quasi sempre una donna che si sobbarca un sovraccarico di lavoro di cura.
Infittisce la trama di documenti, interventi, discussioni su come riaprire (o non riaprire) Nidi, scuole dell’infanzia e scuole in genere. Bambine e bambini sembrano essere al centro delle preoccupazioni di molte categorie di persone. In parte sono pretesto per rivendicazioni di sussidi. Richieste forse con aspetti di legittima aspettativa ma che non attengono all’infanzia e alla sua tutela. Vorremmo provare a limitarci a una riflessione su come entra (e esce) in gioco l’infanzia in questa drammatica vicenda.
I cervelli dei bambini e delle bambine
Come hanno vissuto e come vivranno i bambini questa parentesi di lockdwn? Lo strappo dalle abitudini, dalle compagnie, dalle routines, l’immersione in una presenza massiccia di famigliari (che dalle statistiche storiche non vuol dire sempre affettuosa), la scomparsa (scomparsa in assoluto senza preavvisi e saluti) di parenti e conoscenti? C’è una riflessione da fare su cosa resterà nella mente di questa generazione dell’esperienza “diversa” vissuta in questi mesi. E gli educatori e chiunque si preoccupi dell’infanzia dovrà impegnarsi a studiare e a capire per mettere in atto atteggiamenti e comportamenti adeguati.
Mamme e lockdown
Secondo i dati Istat, le donne che hanno continuato a lavorare durante il lockdown sono quasi due terzi delle occupate, perché operano in settori che sono rimasti attivi anche durante la crisi. Questa situazione che rende evidente le diseguaglianze nei ruoli, ma anche la segmentazione di genere dei settori di attività, potrebbe produrre effetti particolarmente dannosi per le donne colpendole in maniera più dura.
L’effetto gregge
Osservando quello che si sta verificando in altri Paesi europei più rapidi che non l’Italia nel decidere la riapertura dei servizi, il rischio che si palesa nel concreto è che dopo aver attivato task forces, gruppi di lavoro, aver (forse) prodotto delle linee guida, la soluzione dei problemi sarà il ricorso all’effetto gregge, cioè il confidare che comunque i corpi saranno in grado di reagire autonomamente al rischio di contagio con la produzione degli anticorpi. E nel giro di qualche settimana ritorneremo alle classiche pratiche. E con molte giustificazioni: l’economia generale, il costo dei servizi, i problemi contrattuali del personale, … Tutto vero, ma …
Può esserci un ma?
“C’è invece un’idea che può fare da guida in questa crisi, quella di “democrazia della cura”: una teoria che colloca la cura nel posto centrale oggi occupato dal mercato e dall’economia. Mettere la cura al centro significa riconoscere (ma anche redistribuire) il lavoro di chi quotidianamente si “prende cura” per promuovere benessere individuale e collettivo. Richiede perciò di investire nelle linee di difesa e promozione di una vita umana piena, che includono l’educazione, i servizi per l’infanzia, il contrasto alla violenza sulle donne, ma anche le tutele occupazionali, il reddito di base, la protezione ambientale… Per questo bisogna diffidare di chi traveste da scelte drammatiche ma necessarie la fretta di tornare al “come prima”. Bisogna impegnarsi invece affinché il “dopo” posizioni la cura, insieme al peso dei corpi, al cuore della nostra idea di democrazia”.
Possiamo provare a impegnarci in questa dimensione?