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L’organizzazione degli spazi: tra il dire e il fare

Diana Penso

Pedagogista


Nella mia esperienza di formazione con educatori di nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, l’aggiornamento è organizzato in due fasi differenti: una prima fase viene dedicata prevalentemente agli aspetti teorici, alla ricerca, alla riflessione, al confronto con i docenti.
La prima parte di questo percorso si svolge quindi attraverso lezioni teoriche, discussioni collettive, lettura di documenti, lavori di gruppo su argomenti specifici e la messa a punto di strumenti didattici e metodologici.
La seconda fase più circoscritta, viene dedicata all’ osservazione diretta nelle sezioni e nelle scuole, a come cioè le tematiche affrontate in sede collegiale, sul piano teorico, siano applicate poi nella pratica quotidiana.
L’osservazione è un aspetto molto importante della formazione, perchè dà modo di conoscere i bambini e gli adulti nel contesto di vita scolastico, di comprendere le relazioni, in generale lo stile e il clima educativo della scuola. Spesso consente di stabilire la reale connessione tra i progetti dichiarati e la realtà didattica.
La progettazione e l’organizzazione dell’ambiente ad esempio costituiscono un aspetto fondamentale dell’azione educativa.L’ambiente della scuola è il luogo in cui avvengono i rapporti educativi, il contesto carico di significati affettivi, di connotazioni educative e formative, lo spazio degli affetti, dove ciò che conta è come ci si sente al suo interno, dove si sviluppano vissuti, memorie, affetti, attraverso i quali il bambino sperimenta e costruisce la sua identità. Nello spazio si cresce e si educa.
Dunque i criteri con i quali vengono suddivisi gli ambienti, sistemati gli arredi, collocati i giochi e i materiali, raccontano l’identità di una scuola, parlano dello stile educativo di insegnanti educatori.
Ad esempio una disposizione dei materiali che non consenta ai bambini di utilizzarli in modo libero, non potrà facilitare l’organizzazione spontanea ed autonoma di giochi e attività.
Allo stesso modo, una strutturazione degli arredi poco flessibile, che non permetta di modificarne la disposizione per una certa attività o per lavorare in piccoli gruppi, tenderà ad offrire ai bambini contesti di apprendimento limitati e ripetitivi.
Gli spazi della scuola vanno dunque diversificati, per consentire diverse opportunità: stare in tanti o stare da soli, esplorare, sviluppare l’autonomia, fermarsi in “zone”morbide di intimità o di relazioni…
All’interno della struttura-sezione o di altri spazi all’interno della scuola, possono essere predisposti dunque alcuni ambienti, con proposte di attività diverse, luoghi che vengono di solito chiamati “angoli”, ­zone-gioco nelle quali si presentano alcune situazioni che ricreano ambienti o suggeriscono azioni coordinate. Sono spazi che si presentano ordinati e raccolti, progettati con lo scopo di offrire un’atmosfera familiare e a misura di bambino.
Per essere efficaci gli angoli devono essere pensati, ben delineati, identificabili nella strutturazione (basta spostare alcuni mobili) riconoscibili per la presenza di materiali adeguati all’angolo, condivisi a piccoli gruppi, ordinati e raccolti, devono ricreare gli ambienti familiari, suggerire azioni coordinate. (Staccioli G., Diario dell’accoglienza, Valore Scuola, Roma, 2002).
La suddivisione della sezione e degli spazi comuni per angoli o centri d’interesse, ormai diffusa nei nidi e in quasi tutte le scuole dell’infanzia, deriva da alcune necessità.

  1. Innanzi tutto consente di individualizzare l’insegnamento: i bambini possono scegliere l’angolo che preferiscono, si viene a evitare in questo modo lo svolgimento delle attività, tutti allo stesso tempo. Quest’organizzazione permette di convivere nella stessa classe con bambini di differenti età: ad esempio, mentre si è impegnati in un lavoro di concentrazione con un gruppo di bambini di 5 anni, i piccoli sono liberi di svolgere liberamente altre attività, in angoli opportunamente pensati e organizzati, senza l’intervento continuo dell’insegnante.
  2. Inoltre questa strutturazione, mette il bambino in condizione di fare da sé: se si offre un ambiente ben organizzato, ricco di proposte di attività, il bambino, spinto dalla curiosità, si potrà muovere secondo una ricerca personale, scegliendo lo spazio che al momento lo interessa maggiormente.

Queste le dichiarazioni enunciate nei collegi, negli incontri di formazione e condivise da tutti.

Nella fase dell’osservazione mi accorgevo poi che spesso esisteva una distanza tra ciò che era stato dichiarato ed esplicitato nella formazione e la pratica didattica.
Nell’entrare nelle sezioni ad esempio, avvertivo che esistono stili educativi differenti.
Le sezioni, tutte suddivise per angoli, rivelavano disposizioni diverse: alcune sobrie e ordinate. altre ancora al contrario abbondanti e caotiche.

  1. La disposizione dei mobili.

Anche se tutti gli insegnanti e educatori ormai differenziano lo spazio in angoli, esso viene poi organizzato in modo differente. Ad esempio, in alcune sezioni, l’angolo della cucina era posto sullo sfondo di una parete, in maniera appiattita, senza dare la possibilità di rifugiarsi, nascondersi…
Certi spazi erano allestiti secondo un pensiero e una manualità adulta (con disegni fatti dagli insegnanti); in altri, gli angoli erano poco curati, o non vissuti, altri ancora al contrario caotici e disordinati perchè privi di regole.

  1. La disposizione dei materiali

Come la disposizione degli angoli, anche la collocazione dei materiali si presentava a volte, priva di significato; sistemati in modo confuso, per consuetudine o imitazione, posti in luoghi non adeguati o inaccessibili.
Mi è capitato di vedere materiali privi di significatività, quali improbabili cetrioli o pomodori di plastica nell’angolo della cucina (che poi i bambini utilizzavano in maniera inadeguata) o giochi disposti secondo una logica che risponde più alle fantasie, ai desideri, alle aspettative degli adulti (camion, bambole o trenini appoggiati sulle mensole).
Preferibile una piccola caffettiera Moka vera, che ha il potere di evocare la familiarità della casa…
Materiali posti in alto, in luoghi inaccessibili, lontani dal centro d’interesse corrispondente, impediscono la scelta autonoma, la formazione spontanea di piccoli gruppi di lavoro, possono provocare conflitti e aggressività, confusione o noia.

  1. Il modo in cui sono utilizzati gli angoli

Non è importante solo il fatto di suddividere la sezione in angoli, ma i criteri secondo i quali essi sono utilizzati. Ad esempio, l’importanza di scegliere il centro d’interesse preferito, da parte dei bambini e dichiarato nel tempo della formazione, veniva a volte contraddetto in molti modi, da parte degli insegnanti. Dal porre regole rigide nella loro utilizzazione, nello scegliere quando e quali bambini potessero accedervi, nel mantenere e differenziare l’ora del gioco libero (e dunque della ricreazione) e l’ora della didattica.
Se stiamo lavorando- afferma un insegnante-non si può andare a giocare negli angoli…
Ancora una volta l’ora della didattica viene considerata dunque più importante e formativa, rispetto ai momenti del gioco, nel quale il bambino sia libero di esprimersi e interpretare ruoli, stabilire relazioni, inventare progetti …
Oppure, nonostante ciò che era stato espresso nella fase della formazione (l’importanza del rispetto dei tempi dei bambini..) entrando nelle sezioni e vedendo lavorare i bambini, comprendevo che l’ansia di terminare un prodotto, superava il fatto di realizzare un percorso lento, rispettoso dei tempi e dei ritmi di sviluppo dei bambini.

Esiste dunque una distanza tra le teorie condivise nei momenti della formazione e la pratica educativa.
Sembra che nell’ attività quotidiana si sia più preoccupati dell’insegnamento delle discipline e non di come avviene l’apprendimento, delle condizioni nelle quali esso si svolge e si sviluppa.
Ci sono aspetti della scuola in genere sottovalutati e ai quali non si attribuisce valore formativo, quasi che essi non incidano sull’educazione dei bambini. Come si sistemano gli arredi, come si dispongono e come si presentano materiali, come i bambini vi possano accedere…
E ci si sofferma sugli aspetti disciplinari, quasi che l’apprendimento possa avvenire solo attraverso la trasmissione di nozioni, contenuti. Eppure il disordine con i quali in certe scuole si dispongono gli spazi, comunicano uno stile educativo. O la distrazione con la quale ci si rivolge ai bambini, la fretta con la quale si danno indicazioni, rivelano le idee e le scelte pedagogiche di alcuni insegnanti.
O ancora, anche se le classi sono ben organizzate, i saloni strutturati per laboratori, numerosi i progetti di accoglienza, di ascolto, esiste poi un distacco tra i progetti che gli insegnanti elaborano e le relazioni reali che si stabiliscono con i bambini, con le famiglie, una distanza tra i documenti scritti e il clima generale della scuola.
E allora tutte le esperienze e le attività che vi si svolgono, perdono significato e spessore, si smarriscono nell’insignificatività del fare per il fare, senza che l’esperienza lasci una traccia nel vissuto di insegnanti, bambini e genitori, nella storia della scuola.
I bambini apprendono sempre. Non ci sono momenti “alti” della formazione e momenti meno importanti sul piano educativo. Porre attenzione ai modi nei quali l’ambiente, le relazioni incidono sugli apprendimenti, può significare oggi rimettere al centro della riflessione pedagogica la qualità dell’apprendimento.
Quando si progetta l’organizzazione dell’ambiente occorre sempre chiedersi: perchè fare certe attività, piuttosto che altre, come organizzare le sezioni, i laboratori, come disporre materiali?
Dov’è il bambino, le sue esigenze sono comprese e rispettate, i suoi bisogni sono ascoltati e rispettati?
Oggi appare sempre più necessario rendere “consapevole” l’operato dell’insegnante, quali sono i bisogni che i bambini hanno, quali le attività, i comportamenti, i contesti che favoriscono il soddisfacimento di tali bisogni.

Una buona scuola, si arricchisce attraverso la comprensione che ciò che conta non è tanto il numero delle proposte, ma come esse vengono presentate e curate, ciò che è importante sono le relazioni che si stabiliscono con le persone, con gli ambienti e con i materiali e infine come avvengono la lettura, la riflessione e l’interpretazione di ciò che accade e le risposte dei bambini.

2 commenti su “L’organizzazione degli spazi: tra il dire e il fare”

  1. L’argomento è di grande attualità. La scuola è chiusa, ma c’è una grande necessità che riapra per gli alunni e per le famiglie.
    La scuola deve essere aperta in sicurezza. Questo si può realizzare pensando alla scuola secondo nuove ‘organizzazioni’ e secondo criteri di flessibilità didattica. Scusate, ma secondo me questo è il momento di ripensare la scuola per una riforma globale sostituendo l’organizzazione disciplinare con un’altra che ha come base i centri di interesse. E’ un lavoro notevole ma si può lavorare per il cambiamento da domani fino a settembre.

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