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Lo 0-6 in Europa

Enea Nottoli

Redattore e formatore RILA


Un percorso nelle politiche dell’infanzia

Il sistema 0-6 in Europa sta vivendo un momento molto importante alla ricerca, mai celata di una omogeneità che solo pochi anni fa sembrava irraggiungibile. e che oggi, nonostante le difficoltà sembra possibile.

I cambiamenti economico-politici hanno sicuramente influito sulle politiche dell’infanzia nei vari paesi, con il ruolo del bambino che ha assunto un ruolo centrale nell’attenzione non solo del mondo accademico e pedagogico, ma anche in quello culturale.

Il panorama è ancora oggi molto vario e ricco di sfumature, con paesi che indubbiamente rappresentano l’eccellenza, altri che cercano di raggiungerla e con i molti che ancora devono capire la strada definitiva da intraprendere.

Ciò che emerge dall’analisi approfondita dei sistemi di parte di questi paesi, è una evidente tendenza europea alla ricerca del miglioramento dei servizi all’infanzia, con evidente attenzione ad alcuni aspetti, che alla fine risultano prioritari in ogni contesto, anche in quelli apparentemente più distanti tra loro.

Il bambino, in questo momento storico, sembra essere il centro dell’attenzione, ma non solo come essere competente e strutturato, ma anche come elemento da strutturare in previsione di un ruolo futuro ben definito e, sicuramente distante dal suo corrispettivo di alcuni decenni fa. I paesi post-comunisti hanno dovuto rivedere completamente le loro filosofie educative, le loro pratiche e le concezioni di base passando da strutture adulto-centriche ad altre bambino-centriche. Anche coloro che sembravano al riparo da alcune influenze culturali, nell’ultimo decennio hanno avuto a che fare con cambiamenti epocali, che hanno messo in discussione il ruolo dei servizi dell’infanzia e del personale stesso.

Indubbiamente la ricerca della qualità nel servizio e nella proposizione di un elemento comune, ha portato i vari paesi in gioco ad un confronto non solo al proprio interno ma soprattutto con i paesi affini, portando ad una crescita delle strutture e delle persone.

Oggi i paesi dell’UE28, almeno quelli presi in considerazione in questo percorso, sembrano aver individuato, direttamente o indirettamente tre elementi comuni da raggiungere: la qualità, il benessere e la strutturazione.

Il panorama che si pone davanti è quello di una realtà, che nonostante i tentativi di creare continuità, presentano una discontinuità molto accentuata, non solo nella proposizione delle metodologie pedagogiche, ma anche in ambito strutturale-organizzativo. La vicinanza, il continuo scambio di idee e le conoscenze scambiate reciprocamente hanno aperto un canale comune, ma i contesti sociali, storici e politici all’interno dei quali i servizi per l’infanzia si sono o si stanno sviluppando sono decisamente diversi.

Se da una parte abbiamo un blocco “nordico”, Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca in cui si possono riscontrare percorsi egualitari dalla primissima infanzia sino al termine della scuola dell’obbligo, dall’altro abbiamo molte altre realtà in cui la discontinuità sembra essere una norma.

Nell’EU 28 la concezione del bambino, della sua cura e soprattutto della sua formazione continua ad avere punti di vista differenti; il percorso 0-3 è fondamentale o quantomeno formante in tutte le realtà, ma l’attuazione delle politiche educative è molto differente.

Ci sono paesi dove il problema della domanda-offerta è molto evidente e altri dove al contrario si riesce ad offrire a tutti i bambini un servizio di qualità; paesi dove la transizione da un servizio 0-3 a 3-6 è automatica ed altri in cui esiste uno stacco evidente, con una interruzione della continuità che poi va a ricadere sulla formazione del bambino; paesi in cui l’educazione 0-3 ha ancora una forma assistenziale, in cui il bambino è visto come un soggetto da accudire ed accompagnare nella routine giornaliera, mentre in altri è trattato come soggetto autonomo e già in grado di procedere verso un percorso più complesso; ci sono paesi in cui il diritto alla frequenza comincia dalla primissima infanzia, prima dell’anno di età, ed altri in cui si comincia a parlare di frequenza al compimento del terzo anno.

Ciò che emerge in modo inequivocabile dall’analisi attenta delle situazione singole e collettive, è la volontà di mettere la formazione del bambino al centro del processo educativo e non solo. La sensazione è che all’interno del mondo educativo dell’infanzia ci sia la volontà di discutere, di sperimentare, di creare nuovi percorsi che abbiano come punto di riferimento unico ed inequivocabile il bambino.

Ad oggi pochi sono i paesi che hanno raggiunto gli “obiettivi di Barcellona”, in quanto la soglia dei bambini sotto i tre anni che frequenta i servizi per la primissima infanzia sono abbondantemente sotto il 33%. In questa ottica, una delle tendenze comuni sembra essere proprio il raggiungimento di questa soglia, che di per sé non rappresenta una punto di arrivo ma bensì un trampolino, per diffondere sempre più la cultura dell’infanzia.

Nella tabella seguente sono riassunte le principali caratteristiche dei paesi presi in esame nella pubblicazione

Lo 0-6 in Europa, un viaggio nell’infanziaTabella riasuntiva articolo 0-6

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