A cura di Franca Marchesi e Paola Vassuri –GNNI-gruppo di studio Formazione
Appunti dal focus group svolto ad aprile 2019
La riflessione condotta dalle autrici nel riportare l’esperienza di tirocinio nei Nidi d’infanzia degli studenti del corso di laurea per Educatori d’infanzia, porta ancora una volta in luce l’importanza per i professionisti dell’educazione di essere “professionisti riflessivi” (Schon)
L’incontro del focus group
A Bologna ci siamo incontrati in un piccolo gruppo, composto da alcune studentesse che hanno svolto il tirocinio nei nidi d’infanzia del sistema formativo integrato 03 coordinato dal Comune, alcune educatrici di nido-tutor accoglienti nei rispettivi servizi, un pedagogista e un’operatrice di sistema. Il focus è stato organizzato nell’ambito del gruppo Formazione con l’obiettivo di raccogliere le voci di chi l’esperienza di tirocinio l’ha vissuta in prima persona. Nel proporre alcuni brani significativi di questo incontro, ci teniamo a evidenziare che esso non ha un valore di rappresentatività statistica, ma ci sembra che ben esprima il senso dell’esperienza formativa durante la fase del tirocinio, dando anche conto dell’investimento emotivo che accompagna il primo ingresso dentro l’esperienza concreta nel nido.
Il focus group si è svolto attorno alcuni argomenti: la presentazione dei partecipanti, l’esperienza del tirocinio nel nido, l’utilizzo di strategie e strumenti di osservazione, le tracce della memoria dopo l’esperienza.
La conversazione è stata intensa e ricca di argomentazioni dalle quali abbiamo estrapolato alcuni brani particolarmente significativi dei racconti espressi. Li trascriviamo in corsivo indicando con le seguenti sigle gli interventi dei vari partecipanti: E educatrici, T tirocinanti, OS operatore di sistema, CP coordinatore pedagogico.
Le voci del confronto
Dal confronto emerge che il tirocinio è un momento prezioso per tutti gli attori del servizio e della formazione in quanto rappresenta:
- per lo studente un avvio di costruzione della professionalità, un ponte fra la teoria e il contesto della pratica;
- per l’educatrice una rivisitazione della propria storia professionale e dei motivi che sostengono la pratica quotidiana.
- Io non pensavo di entrare in un gruppo di persone così brave ho fatto un po’ fatica le prime settimane, dopo di che qualsiasi dubbio che avevo lo discutevo con loro, ho fatto leggere parti delle mie osservazioni; mi sono trovata molto bene e mi è piaciuto che le educatrici si mettessero sul mio piano e non pretendessero di sapere tutto, ovviamente ne sanno molto più di me, ma mi ascoltavano, se c’erano dei problemi sentivano la mia opinione e questa cosa secondo me è importante; imparare un po’ gli uni dagli altri, e sicuramente questo mi ha messo a mio agio.
- Sono tutor di tirocinio da parecchi anni e ho visto anche i cambiamenti nel tirocinio, …accogliamo le tirocinanti perché è prezioso anche per noi, come hanno già detto anche le colleghe. Seguire una tirocinante ti impone di riguardare il tuo lavoro da fuori, perché le tirocinanti ti fanno delle domande su cose che dai per scontate, invece entri in questa loro modalità, in cui riscopri anche la relazione con i bambini in modo diverso, le vedi giocare con i bambini e forse ti rendi conto che noi queste modalità le abbiamo un po’ perse, perché abbiamo tanti compiti…. .
Il contesto.
Il tirocinio emerge come il crocevia tra Università, Gestori, e Nidi di infanzia
Le studentesse fanno riferimento e citano i contenuti della Guida al tirocinio[1] che rappresenta lo strumento che accompagna tutti coloro che a diverso titolo si occupano di realizzare il tirocinio. Si tratta di un documento, composto da varie schede che riportano protocolli osservativi, finalizzati a orientare lo studente, durante le 200 ore di tirocinio diretto, rivolgendo la sua attenzione sui momenti fondamentali della quotidianità al nido. Questo documento assume inoltre la funzione di consolidare il sistema di relazioni in quanto costituisce il riferimento per tutte le figure professionali dei vari Enti (UNIBO, Comuni, Gestori di cooperative e di associazioni) che convengono le azioni e attivano le procedure necessarie perché lo studente possa incontrare il nido.
Le educatrici dei nidi presentano i documenti della progettazione pedagogica che contraddistinguono la cultura di riferimento del sistema di appartenenza di ogni nido. Viene messa in luce l’importanza per la pratica educativa dei documenti di indirizzo sia per sostenere il contesto formativo sensibile per il lavoro educativo, sia per costruire quel sistema di relazioni che facilitano il flusso continuo di valide interazioni tra ricerca e pratica.
- Da diversi anni, a ccogliamo le tirocinanti anche prima di Gennaio; prima non si faceva quasi mai, preferivamo farle entrare finiti gli inserimenti ma poi riflettendoci ci siamo rese conto che perdevano una parte importante e quindi le accogliamo a Novembre (tuteliamo delle situazioni ad esempio la sezione dei lattanti, ….). C i incontriamo all’una, una educatrice per sezione con la tirocinante e con la coordinatrice pedagogica, le raccontiamo chi siamo, quale è il nostro progetto pedagogico di nido, diamo lo strumento “KIT DI BORDO”, che contiene una serie di informazioni utilissime, compresi i nomi di tutto il personale educativo e dei collaboratori, i progetti di tutte le sezioni. L’incontro dura un paio di ore di conversazione semplice. In seguito la tirocinante viene inserita solitamente nella sezione della tutor.
- Il primo giorno ho conosciuto il gruppo di lavoro, visto il KIT DI BORDO e la prima settimana l’ho passata in office a leggere i documenti, a scrivere per fare poi la relazione finale e nel frattempo seguivo l’inserimento della bimba. La tutor mi ha presentato a tutti i genitori, dicendo chi ero, quanto sarei rimasta , ecc..
La pedagogista l’ho incontrata due volte. La mia tutor mi trattava da tirocinante e ci tengo a sottolinearlo perché alcune colleghe che hanno fatto il tirocinio in altre realtà territoriali non hanno avuto sempre lo stesso trattamento… Ero un po’ la sua ombra, e a qualsiasi dubbio o domanda lei rispondeva. Se era assente c’era sempre una collega.
- Il tirocinio ha una sua connotazione di ruolo e credo sia importante tenerla sempre presente. Si verifica un difficile equilibrio tra sottovalutazione e ipervalutazione del ruolo, a volte può accadere che “non ti faccio fare nulla perché sei una tirocinante”. È un equilibrio che deve tenere conto anche della personalità. Il tema per le educatrici è quello di tenere presente ruoli e funzioni.
- Mi sono sempre occupata di sostenere i l valore dell’esperienza di tirocinio nei servizi, anche attraverso alcuni percorsi cittadini concordati con l’Università, dove ci sono elementi formativi per le educatrici e per i coordinatori. Tutte le volte che facciamo questi incontri, si creano momenti di dialogo ed è sempre incredibile vedere la qualità dei servizi, la generosità nel mettersi a disposizione di queste ragazze, giovani studentesse, ed anche la passione per il proprio lavoro.
Entrare nel nido
La qualità del tirocinio dipende da come le studentesse vengono accolte e introdotte nell’esperienza. L’accompagnamento e le strategie messi in atto influiscono in modo determinante sullo svolgimento del percorso formativo.
- Nella 1° settimana in cui leggevo il progetto pedagogico, mi hanno mostrato i progetti degli scorsi anni. Abbiamo avuto questa conoscenza graduale, ci siamo dette le cose necessarie, come funzionava il Progetto pedagogico a grandi linee, in modo concreto, l’orario, poi nella settimana h o iniziato ad avere le informazioni gradualmente, perché se le avessi avute tutte subito mi sarei persa un sacco di cose.
Alla fine della prima settimana mi hanno dato il Progetto pedagogico e la programmazione educativa e di sezione. Ho conosciuto i genitori dei bambini e le ausiliarie e ho visto il loro ruolo importante.
- L’accoglienza è un’esperienza bellissima, ma è molto pensata, ogni anno prima di accogliere le tirocinanti c’è un collettivo dove ci diciamo di nuovo come pensiamo di gestire questa cosa.
- Credo davvero che il tirocinio sia un dovere deontologico dei servizi. In tutti i contesti ribadisco che è importante che ci sia un’accoglienza che non dipende dalla buona volontà delle persone, ma che sia un’organizzazione di sistema. Per come gestisco io questo tipo di tirocinio, lascio carta bianca alle tutor, per cui, io conosco le tirocinanti, ma lascio che le tutor facciano il loro lavoro, e loro mi chiamano solo se ci sono delle difficoltà (e a volte ce ne sono state con persone che non erano adatte per questo lavoro), per cui io intervengo, in un certo senso, al secondo livello.
Dentro l’esperienza: strategie di osservazione
Entrando nella complessità del lavoro educativo i componenti del focus group hanno modificato il registro di confronto, che è diventato più emotivo, più riflessivo e più problematizzante. La conversazione è stata caratterizzata da pause di riflessione e da considerazioni riguardo l’utilizzo di strumenti e tecniche di lavoro nella relazione con i bambini e fra gli adulti. Se le strategie di accoglienza, di contestualizzazione e di ambientamento risultano fondate in anni di esperienza collettiva e dotate di una certa sicurezza data dalla conoscenza che le educatrici hanno dei fenomeni che riguardano l’avvio di una esperienza, l’utilizzo degli strumenti di osservazione sistematica trova una minore consistenza metodologica, richiede una rinnovata comunicazione nel gruppo di lavoro e sembra necessaria una maggiore focalizzazione degli strumenti e del metodo su cui basare il confronto fra educatrici. A proposito di osservazione emerge la consapevolezza condivisa della sua funzione basilare per la progettazione educativa e per la comunicazione con sufficiente chiarezza e correttezza. Il rischio è quello di considerare la percezione personale come unico filtro di lettura di quello che accade. Si riflette sul fatto che uno strumento di osservazione svolge “un servizio” prestando all’educatore una tesi, dei parametri , una guida affinché chi osserva possa avere chiarezza fra ciò che ha osservato, i parametri utilizzati e la successiva rielaborazione. In altri termini emerge la fondamentale necessità nel lavoro educativo di mantenere coerenza e chiarezza nel rapporto fra le premesse dell’osservare (cosa so dei bambini, cosa vorrei osservare, come e in quali contesti) e le conseguenze dell’osservazione (le intenzioni progettuali, le strategie relazionali e comunicative). Lo strumento per l’osservazione offre una valida connessione tra l’azione educativa e le premesse derivanti dalle ricerche e dalle teorie.
La tirocinante esprime una certa tensione nel mettersi alla prova per la prima volta con gli strumenti dell’osservazione e con la possibilità del confronto che offre. In prima istanza lo strumento sembra limitare e ingabbiare. Emerge quanto occorra allenare l’occhio e la mente per acquisire questa abilità di osservare in campo educativo. È un lavoro paziente, per il quale occorre non dare per scontato quello che si sa già di un bambino “perché lo si guarda sempre”. È un lavoro che richiede studio per capire e conoscere i parametri che sono più o meno sottesi in uno strumento, “le teorie-le rappresentazioni dello sviluppo”. È una competenza che si compie individualmente e che necessita del confronto: “per avere un’ampia visione della crescita di un bambino occorre mettere insieme diversi punti di vista, che il gruppo di lavoro consente”.
Dalle espressioni delle tirocinanti emerge come elemento apprezzabile per il tirocinio la possibilità di una interazione con le educatrici accoglienti dove sia ben accolta la “domanda”. Chiedere, saper chiedere in merito all’esperienza diretta è una dimensione dell’osservazione.
Chiedere per conoscere il perché di una situazione, di una risposta e di un atteggiamento di un bambino o dell’adulto necessita di una focalizzazione tematica e soprattutto allena l’intenzione per capire, per il dubbio, per il confronto.
La domanda è una costruzione sintattica centrale per la riflessione. Quando l’esperienza attraverso l’osservazione sollecita il pensiero ha come esito la domanda.
Quando si ha un dubbio e si vuole aprire uno spazio di autentica comunicazione con i colleghi si pone la domanda aperta favorendo così l’espressione nel confronto. Quando si vuole conoscere ciò che non appare noto si pone una domanda. Si tratta in questo caso di una vera e propria competenza che richiede tempo e spazio formativo. Per l’educatrice sembra molto significativo osservare questo comportamento della tirocinante, apre il confronto con il compito professionale, e la memoria dei propri inizi. Molto si è parlato di osservazione fin dagli anni ’70.
I nidi sono stati il contesto educativo per eccellenza che ha sviluppato tante esperienze formative in tal senso, e dunque è importante che questo patrimonio dedicato all’osservazione come competenza centrale del lavoro educativo al nido sia centrale nella formazione universitaria. Le educatrici accoglienti con tanti anni di esperienza non hanno avuto questa formazione negli anni degli studi e dunque hanno partecipato attraverso la formazione in servizio a costruirsi un abito mentale di osservatrici. Accogliendo le tirocinanti un pò si stupiscono di quanta energia assorba lo strumento, riflettono su quanto ritengano già di “osservare sempre”e di aver bisogno di confrontare le proprie osservazioni con le colleghe. Altre descrivono come siano passate dall’utilizzo di uno strumento all’utilizzo di più strumenti da scegliere in relazione all’obiettivo, al periodo dell’anno, ecc.. La pratica può a lungo andare dare per scontato gli strumenti, se non vengono rinnovati, e nel contempo rende più disinvolta la capacità di scegliere in relazione a intenzioni, contesti, fasi.
Il tema dell’osservazione si conferma come nucleo della qualità educativa. Dal dibattito del focus Group ricaviamo alcune domande: nel lavoro quotidiano come si arriva a personalizzare l’utilizzo degli strumenti? Gli strumenti dell’osservazione ingabbiano la relazione o la rafforzano? Come si apprende quel mix di sapere e saper fare in educazione?
- L e tirocinanti arrivano già preparate con queste guide, mi è capitato più d’una volta di dire guarda serena, osserva rilassati un po’. Allenandosi a quello che viene richiesto si tende ad essere molto osservatrici. Mi ha colpito che una ragazza notasse al momento del pranzo che la maggior parte dei bimbi cercava il posto personale e che se il loro posto veniva occupato da un altro andavano in crisi. La tirocinante passava il tempo ad osservare sempre questo aspetto.. ne abbiamo parlato e abbiamo capito meglio che nel suo compito osservativo del momento del pranzo doveva osservare i particolari …. Infatti sono molte le domande che ci vengono poste in relazione a quanto hanno osservato.
- N ei vari momenti dell’anno io osservo in modo diverso; tendo ad osservare ciò che non capisco oppure quel comportamento che si ripete sempre o quelle modalità che cambiano… Loro osservano tutto e in quel momento, dato che te ne parlano, tendi ad osservare anche tu, riguardi di nuovo i bambini… .
- Noi come nido scriviamo poco, è più verbale il nostro scambio di osservazioni e quindi leggere le loro osservazioni è interessante perché vedi il punto di vista di persone che non ti conoscono e hanno un’apertura diversa, per cui ti fanno vedere delle cose che tu fai sempre nel tuo quotidiano, le dai per scontate. Le tirocinanti ti fanno notare altri aspetti, riprendi consapevolezza di quello che fai; è veramente molto bello avere questo scambio: un bambino sta facendo una cosa, io ti dico cosa sto facendo e tu mi dici come l’hai osservato e insieme si vedono degli aspetti che a volte ti sfuggono. Quando anche loro vogliono entrare nella vita del nido sono una risorsa, una ventata di novità. Noi gli diamo tanto, ma anche noi prendiamo da loro.
- Nello svolgere l’osservazione con il metodo Corsaro non ho chiesto informazioni alle educatrici perché non volevo che le informazioni mi influenzassero, se avessi visto un atteggiamento particolare dei bambini, avrei pensato che era legato a quello che mi avevano detto, invece volevo che fosse la più oggettiva possibile, poi mi sono confrontata su quello che era emerso …. per me l’osservazione è importante, ma la relazione con il bambino e gli altri educatori è più importante. Mentre osservo se il bambino vuole chiedermi o dimostrarmi qualcosa, io sto con lui, non sto dietro solo alle modalità richieste dallo strumento anche perché posso riprenderle velocemente.
- A volte gli strumenti possono diventare una sorta di copertina di Linus. …. però io difendo le griglie perché per arrivare all’atteggiamento osservativo, bisogna passare attraverso lo strumento che ti dice quali sono gli argomenti importanti e quali no in base ad una determinata epistemologia; hai una teoria di riferimento e tu osservi in base ad una teoria. L’educatore osserva sempre perché alla fine l’osservazione non la possiamo staccare dal lavoro. Non puoi dire adesso lavoro poi osservo. Occorre allenarsi per assumere un atteggiamento osservativo. Il lavoro dell’educatore è sempre in equilibrio tra e tra… e quindi occorre trovare un equilibrio che permette di capire cosa è importante e cosa no e la situazione osservata.
Dentro l’esperienza: la partecipazione attiva della tirocinante
Fino a dove arriva il desiderio di conoscere, vedere, provare, sperimentare? Gli assaggi che il tirocinio offre necessitano di una attenta considerazione per l’educatrice tutor verso la tirocinante. Gradualità, attenzione, cautela ma anche audacia.
- Nel nido dove ero ho potuto partecipare a un colloquio individuale, le educatrici hanno riferito anche a me le ragioni del colloquio richiesto dai genitori. La bambina della sezione grandi aveva avuto un fratellino e aveva cambiato completamente e i genitori volevano capire se anche al nido era successo lo stesso.
Il colloquio è stato fondamentale, le educatrici hanno dato un feedback di ciò che avevano osservato, avevano un rapporto molto familiare con i genitori perché la bambina aveva cominciato a frequentare da lattante, ora aveva quasi tre anni e quindi era una conoscenza amichevole..
- Nel nido dove sono stata mi sarebbe piaciuto partecipare al colloquio ma le educatrici non me lo hanno consentito perché si trattava di una situazione ritenuta molto sensibile.
- Mi è piaciuto molto poter proporre una attività perché ho visto le educatrici curiose ed interessate e prima di presentarla ne ho parlato con loro e ho detto come avrei voluto utilizzare gli spazi, ho spostato i mobili e anche loro hanno partecipato e ho lasciato i materiali che avevo preparato. Ho potuto essere attiva perché mi hanno lasciato fare tutto, anche leggere i libri ai bambini in autonomia (ovviamente sempre con le educatrici alle spalle).
Tra teoria e prassi: temi aperti…. ed eventuali problemi per la prospettiva
Temi aperti ….
- la funzione dei documenti sostiene il riferimento alla professione
- il ruolo della tirocinante e dell’educatrice in relazione all’esperienza: occorre mantenere chiarezza dei diversi ruoli e funzioni
- il rapporto tra strumento osservativo, metodo richiesto e relazione in corso – la valutazione reciproca di educatrici e tirocinanti
…Ed eventuali problemi
- tirocinio al 3°anno o ricollocazione fra 2° e 3°?
- accoglienza nella sezione o nel gruppo di lavoro ?
- partecipazione al lavoro collegiale:quali parti?
- ci sono parti molto sensibili che non sono oggetto del tirocinio?
- intreccio e collegamento fra tirocinio e tesi di laurea?
- Sono utili tutti gli esami del secondo anno; psicologia dello sviluppo è la base per fare la relazione. H o ripreso gli appunti degli esami dell’anno scorso, rivisti con occhio differente, integrati maggiormente perché un conto è studiare, un conto mettere in pratica.
- …a nche l’esame di igiene è fondamentale, es. lavare i giocattoli, io ho chiesto al nido “ma ogni quanto lavate i giochi…” ?
- Io ho trovato molta congruenza ….. tornando ai contenuti degli esami più utili la teoria mi ha aiutato tanto anche a dare delle spiegazioni.
- Quasi ti stupisci! perché anche il momento dell’accoglienza, momento limitato, è sempre un momento che abbiamo studiato, m a vederlo concretamente è tutt’altra cosa
- Ho passato tante ore su quei libri a studiare, e poi alla fine è come se mi fosse tornato tutto a favore! Nella situazione del nido si deve ragionare velocemente e questo può portare a usare soluzioni più semplici che però possono essere sbagliate e quindi rischi di rispondere in un certo modo e in realtà rischi di fare dei danni. La soluzione più semplice e immediata in realtà può non essere funzionale, serve invece rifarsi alle teorie che sai che possono funzionare. Ci puoi ragionare prima, parlandone con gli altri e non reagire d’istinto come faresti senza teoria, probabilmente. Quindi secondo me essere formati è fondamentale.
- Lo scorso anno abbiamo avuto una brutta esperienza, u na ragazza che a nostro avviso non era idonea a questo lavoro, ci siamo date un po’ di tempo, anche le colleghe erano d’accordo e la pedagogista ci ha appoggiato molto; io ho poi interpellato l’Università e la ragazza il tirocinio non l’ha finito. È stato molto brutto tarpare le ali a chi ha un grande desiderio di fare questo lavoro, ma la studentessa era in grandissima difficoltà e anche pericolosa in certe situazioni.
- U n’altra parte difficile da gestire è il rapporto tra le ore di tirocinio, il lavoro e i laboratori universitari e gli esami. Sono tre mesi intensi! Nella parte conclusiva della relazione di tirocinio ho proposto di svolgere una parte delle ore anche nel secondo anno perché nel terzo anno intrecciare tutti i vari impegni è difficile e quindi suddividere qualche ora al secondo anno sarebbe utile. C’è la parte teorica che è necessaria ma questa è un’esperienza concreta e molto suggestiva, quindi più si fa e più capisci se è l’ambito giusto in cui vorrai continuare in seguito.
Importante il lavoro della Guida, fatto molto bene perché aiuta tanto lo studente a orientarsi e non perdersi nel marasma delle informazioni complicate!!!!
[1] UNIBO, Guida al tirocinio nei servizi per l’infanzia 2019-2020, Laurea educatori servizi all’infanzia, corsi.unibo.it.