Mirella Castagnoli
La Camera ha approvato la legge sulla videosorveglianza negli asili e nelle strutture per anziani e disabili con 279 sì, 22 no e 69 astenuti. Il provvedimento approvato con larga e trasversale maggioranza a Montecitorio tiene conto delle 12 proposte di legge depositate in commissione e di alcune migliaia di firme e petizioni provenienti da “circoli” facebook, e social vari. Tuttavia malgrado una così larga intesa, non solo non ci sentiamo di rallegrarci, ma esprimiamo una profondissima preoccupazione, così come preoccupazione esprimono associazioni che di cura e infanzia si occupano – vedi il gruppo nazionale Nidi e Infanzia, il pedagogista Daniele Novara, il garante per la Privacy dottor Antonello Soro, ecc. – solo per citarne alcuni fra i più noti.
Siamo preoccupati perché, ragionando di testa e non di “pancia” sappiamo per certo che né il processo di educazione – cura rivolto all’infanzia, né quello di assistenza e cura rivolto agli anziani possono essere prodotti – e tanto meno assicurati – dalle telecamere di sorveglianza. Certo gli abusi indignano anche noi: non sono solo una profonda ferita sugli esseri umani direttamente colpiti, ma anche una ferita profonda su tutto il sistema di Educazione, così come su quello di Assistenza e cura. Per questo vorremmo prevenire, evitare che abusi e misfatti accadano, più che punire a misfatti avvenuti. La sicurezza e il benessere fisico ed emotivo di minori o anziani è un tema delicato e complesso che richiede attenzione, interventi studiati e nessuna banalizzazione. La risposta utile per prevenire gli abusi non è quindi la video sorveglianza, utile in tribunale, ma non certamente per la qualità della cura e dell’educazione. [Per inciso, sappiamo tutti che l’esistenza della pena di morte non evita che si commetta assassinio]. La strada maestra da percorrere per prevenire è quella della professionalità del personale e della buona organizzazione del lavoro. Quella professionalità che si ottiene con una rigorosa formazione iniziale certificata da titoli di studio/specializzazione, una altrettanto rigorosa formazione periodica in servizio tramite corsi di aggiornamento/stage. Organizzazione del lavoro intesa come assunzione attraverso concorso/graduatorie, carico di lavoro sostenibile (numerosità dei gruppi di bambini – o anziani – di cui prendersi cura), turni di lavoro/riposo volti a limitare l’insorgere dello stress emotivo (insegnare nella scuola dell’Infanzia è considerato “usurante”!) e così via.
Questa che abbiamo a grandi linee tracciato è la sola strada per giungere alla buona qualità dei servizi educativi e di cura; la scorciatoia della video sorveglianza può portare tutt’al più a un servizio di mera custodia più o meno asettica che solo qua e là può aprirsi all’empatia, a un sorriso, a una carezza.
Per questi motivi invitiamo a una mobilitazione affinché si abbandoni la scorciatoia che ci porta molto lontano dalla meta della qualità dei servizi educativi e di cura.
A proposito di scorciatoie che ci inducono in pericolose deviazioni segnaliamo “panino da casa vs mensa scolastica”.La Mensa è stata una non facile conquista e spiace vederla “liquidare”, ma non è questo il punto. Il punto sta nelle potenzialità valoriali che la mensa racchiudeva e tuttora racchiude. Infatti la Mensa era/poteva/doveva essere (è e può essere): veicolo di convivialità, di solidarietà, integrazione, uguaglianza, educazione alimentare, educazione tout court, consapevolezza dello spreco.
Poi, certo, sappiamo che:
per i Comuni, la mensa è gravata da problemi di organizzazione (appalti, costi, locali, indicazione dei menù ecc), rette non riscosse;
gli insegnanti si devono fare carico di un momento educativo per cui non sempre si sentono preparati/ben disposti anche perché si tratta di operare su un terreno molto esposto a conflitti con la famiglia (dall’“almeno assaggiane un pochino” alle infinite diete per allergie, intolleranze, cultura[vegetariana, vegana], religione, abitudini familiari);
le famiglie lamentano generalmente l’alto costo del servizio, a volte la bassa qualità del cibo.
Insomma la mensa presenta delle criticità; forse bisognerebbe ripensare tutto l’impianto (primo, secondo con contorno, frutta), forse si potrebbero cercare modelli più flessibili, sempre mantenendo fermo l’impianto valoriale di cui sopra perché le complessità vanno esaminate e sciolte caso per caso.
Quel che è certo è che il panino da casa è una scorciatoia che salta tutti i valori citati, applica il “ciascuno per sé”, non garantisce di fatto la qualità, pone problemi d’igiene, di salubrità (un panino al giorno toglie il medico di torno?), di panino freddo /vivanda da scaldare, ecc.
Percorrendo questa scorciatoia giungiamo allo scioglimento dei nodi complessi o ci perdiamo nel bosco dell’individualismo?
Pur condividendo, sul piano puramente pedagogico, le osservazioni contenute nel testo, non posso esimermi dal ruolo che svolgo: il progettista.
Ognuna di quelle provvidenze (formazione personale, titoli superiori, concorsi e selezioni appropriate, mensa di un certo tipo, etc.) ha un costo, il quale ricadrebbe, fatalmente, sulle famiglie, come aumenti di rette o contributi periodici.
I piani finanziari per le attività connesse alla pedagogia sperimentale sono talmente risicati da non permettere il nolo di un bus per mezza giornata…
E’ la realtà con la quale mi trovo a fare i conti ogni giorno. Un’amara realtà, uno scoglio, contro il quale si infrangono anche le intenzioni dei più lungimiranti
Concordo pienamente sull’insignificanza Delle telecamere negli asili. Da pedagogista anzi mi indignano perché vanno a minare tout court il difficile ma fondamentale rapporto di fiducia e collaborazione che si instaura nel tempo con la famiglia per il bene del bambino. Noi professionisti dobbiamo seriamente pensare di arrivarci e far sentire fortemente la nostra voce
Cordialmente
Silvia Savini