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La nuova didattica a distanza e lo zerosei

Diana Penso

Pedagogista


La sospensione dei servizi educativi e formativi per i bambini da zero a sei anni, causata dal Covid 19, ha determinato una situazione grave e difficile, per bambini, bambine, famiglie, maestri e maestre, educatori e educatrici.

L’emergenza coronavirus ha caratteristiche nuove e, oltre a coinvolgere la sfera sanitaria, ha colpito la sfera psicologica ed emotiva di tutti noi, anche dei piccoli, con conseguenze negative soprattutto per i più fragili. La chiusura inaspettata e improvvisa delle scuole e dei nidi ha creato in tutti un senso d’instabilità, uno spaesamento, un cambiamento del ciclo della giornata, della settimana, a questo punto, dei mesi… Dobbiamo stare a casa, e così cambia tutto il nostro sistema di relazioni.

C’è una novità, che s’impone nel nostro vivere quotidiano: dobbiamo fermarci, attendere, guardarci da lontano. Dopo avere trascorso i primi giorni con senso di leggerezza, quasi di vacanza, per l’interruzione della scuola, è subentrato poi un senso di vuoto, causato dalla mancanza della routine che regola le nostre vite, che danno sicurezza e prevedibilità.

Ci siamo accorti all’improvviso che andare a scuola ci manca: a volte pesante, a volte mal sopportata, l’andare a scuola in realtà riconsegna un ritmo alle nostre vite e nello stesso tempo costruisce e consolida l’appartenenza a una comunità.

La scuola per noi e per i nostri figli è il luogo fondamentale della vita sociale, spazio di vita, di partecipazione, di dialogo e ascolto, dove avvengono le conoscenze, si costruiscono i saperi e le relazioni. A scuola ci incontriamo, ci confrontiamo, diamo un senso, una direzione alle nostre vite e a quelle di tanti altri, bambini e adulti. È lo spazio dell’educare e dell’incontro.

Dunque il periodo che stiamo vivendo privo di queste scansioni, di routines che danno un senso di stabilità, è difficile. Ma non possiamo, né dobbiamo lasciarlo passare senza provare a ricavarne pensieri nuovi, progetti, proposte su come fare scuola ancora, differenti modalità di incontro con gli altri.. forse provare ad elaborare una nuova pedagogia.

Dobbiamo diventare capaci di trasformare il bisogno in azione, personale e collettiva con nuovi progetti. Dobbiamo restare insieme e pensare questo tempo anche come un’occasione preziosa di apprendimento per tutti insegnanti e famiglie. Per superarlo, per uscire fuori da questo stato d’incertezza e instabilità, abbiamo bisogno di provare a superare l’isolamento, di sentire empatia, solidarietà, vicinanza.

Quanto durerà?

La domanda che spesso sentiamo porre agli esperti del settore, è: ”Quanto durerà? Quando potremo tornare alla normalità?”

Se l’unico rimedio, fino a che non si troverà un vaccino, è la distanza sociale, cosa possiamo prevedere per i nostri bambini?

In particolare con i bambini piccoli, il rapporto educativo è prevalentemente un corpo a corpo, un abbracciarsi, incontrarsi, toccarsi in una relazione continua.

Quando riaprirà un nido o una scuola che prevedono l’intimità del contatto tra educatori, insegnanti e bambini e la vicinanza nelle interazioni tra bambini e bambini, come insegnare ai piccoli che un abbraccio, un avvicinamento eccessivo può essere pericoloso? Come possiamo immaginare di consolare, asciugare il pianto, fare un cambio, evitando un’intimità che adesso può apparire imprudente?

In realtà nessuno può darci risposte sicure: il tempo che stiamo vivendo è oscuro e inaspettato, non sappiamo quanto durerà, certo esiste il timore che questa fase, in particolare per i bambini piccoli, sia destinata a perdurare e questa incertezza genera smarrimento e preoccupazione.

 

Come viviamo questi giorni?

Ognuno di noi questi giorni ha vissuto emozioni, provato paure, ansie. Quali difficoltà avvertiamo come insegnanti e come genitori? Di che cosa le famiglie bisogno secondo noi, in questo periodo?

Abbiamo spiegato ai bambini quello che è successo e in che modo? Quali pratiche dobbiamo utilizzare per continuare a prenderci cura di loro, anche a distanza? Con quali criteri scegliere ciò che vogliamo condividere?

 

Le famiglie

Le famiglie, al di là di tanta retorica raccontata (la riscoperta dei valori, la bellezza dello stare insieme e del condividere, il ritrovamento di tempi lenti..) presto si sono trovate di fronte alla fatica di tenere bambini piccoli o ragazzi grandi chiusi dentro casa, per tante ore durante la giornata, a volte in spazi ridotti, fatica per la quale forse non erano preparati.

Molte famiglie, papà, mamme si sono trovati in grande difficoltà e allora si sono rivolti a piattaforme, siti web, oggi numerosissimi, chiedendo consigli, attività da presentare ai bambini, per riempirne i vuoti e il tempo.

 

I bambini

Ci raccontano di bambini che appaiono spesso nervosi, o al contrario ammutoliti, smarriti, privati delle loro routines quotidiane che danno loro tanta sicurezza, ma soprattutto senza rapporti sociali con altri pari, occasioni di esplorazione, manipolazione, scoperta, privati di spazi e di luoghi adatti a loro.

I bambini più piccoli patiscono l’assenza di un contesto scuola, luogo che è organizzato in modo educativo, che organizza le loro esperienze, in modo variegato e diffuso, attraverso la pratica dei “cento linguaggi” (Malaguzzi) e che promuove il loro sviluppo.

Nei bambini piccoli l’apprendimento nasce dai sensi e dal movimento e il corpo ne rappresenta lo strumento privilegiato. I processi della conoscenza si costruiscono fondamentalmente attraverso le relazioni, l’esplorazione, la scoperta, la costruzione di esperienze significative.

Quale apprendimento è possibile oggi all’interno delle case, se non promuoviamo l’interazione attiva e dinamica negli angoli, negli spazi, nel giardino, nei laboratori?

Sappiamo che il bambino non cresce solo attraverso la relazione con l’adulto, ma si sviluppa in un ambiente dotato di significato e a seconda di come esso è organizzato, contribuirà o meno alla sua formazione..

 

Insegnanti e educatori

Anche insegnanti e educatori, privi del rapporto quotidiano con i bambini, con le famiglie, raccontano di vivere in uno stato di mancanza e d’incertezza.

 

Cosa possiamo fare

A scuole chiuse, con le condizioni d’isolamento in cui vivono le bambine/i bambini, un’altra forma di scuola è però necessaria per mantenere il contatto, per dare continuità all’esperienza di scuola come luogo d’incontro, partecipazione, attenzione e ascolto.

Oggi che la scuola è chiusa, occorre trovare nuove forme di comunicazione, mettere in atto azioni insolite, per continuare a prenderci cura dei bambini, anche da lontano.

Innanzitutto è necessario mantenere vitale il sentimento di appartenenza alla comunità scolastica e la necessità dello stare insieme, del condividere, del sentirsi parte, e, per gli adulti come per i bambini/ragazzi, dell’interdipendenza.

Abbiamo bisogno dunque di altri strumenti che permettano comunque di vederci e di sentirci, con gli sguardi, con le parole e con i toni della voce.

Dobbiamo fare riferimento a un’altra forma di educazione, quella a distanza, l’unico strumento che abbiamo a disposizione. E in questa circostanza ci vengono aiuto i mass-media.

Questi canali, piattaforme, siti web, Facebook, Whattsapp, videochiamate, spesso criticati, nel recente passato, ritenuti freddi perché credevamo che il bambino davanti ad essi si ponesse in una situazione di passività, oggi sono diventati la nostra risorsa primaria, per mantenere relazioni, per superare il senso di isolamento.

Come insegnanti, formatori con la nostra presenza attiva, attraverso altri canali di comunicazione, possiamo ricordare che la scuola c’è. Possiamo dare conforto; ricordare che abbiamo costruito, che continueremo a fare; colmare in parte quel vuoto che si è creato a causa dell’assenza della scuola, con consigli, suggerimenti; prenderci cura delle emozioni dei piccoli, interpretarle attraverso il filtro dell’esperienza e della razionalità.

In un certo senso c’è da invertire un percorso.

Eravamo abituati, a portare un po’ di casa dentro la scuola, attraverso la continuità orizzontale, facendo entrare le famiglie nei servizi, accompagnando l’ambientamento con oggetti transazionali, portando a scuola e al nido, tracce di casa. Forse oggi c’è da fare un percorso al contrario: si tratta di far entrare la scuola e il nido dentro le case, mandare messaggi, ricordare che la scuola c’è, attraverso incontri, contatti, conferme che confortano e rassicurano.

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