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La moltiplicazione dei genitori

Sempre più spesso padri e madri si rivolgono a scuole per genitori, consultori familiari, siti del web nella speranza di ottenere un sostegno nell’esercizio del proprio ruolo. È soprattutto l’ingresso nella fase adolescenziale dei figli che pone loro difficoltà relazionali e educative innescate dai cambiamenti che i ragazzi attuali hanno introdotto nel processo di crescita ed emancipazione dai genitori. La liberazione dei costumi sessuali, la grande importanza attribuita al gruppo dei coetanei, la socializzazione precoce, i nuovi motivi di disagio e i controproducenti tentativi di mitigarlo pongono al padre e alla madre un’urgente necessità di riuscire a essere un autentico sostegno nel percorso evolutivo del figlio che attraversa l’età del massimo rischio. Si è così diffusa la consapevolezza che svolgere in modo efficace la funzione materna e paterna nel contesto socioculturale attuale è un compito che richiede lo sviluppo di nuove competenze e, quando è possibile, un confronto ravvicinato con chi svolge analoghe funzioni o dispone di un sapere educativo aggiornato.

Nella realtà attuale è più appropriato chiedersi cosa stiano facendo la madre da un lato e il padre dall’altro, piuttosto che interrogarsi su cosa stia combinando la famiglia nei confronti del figlio in difficoltà. È così diventato evidente, e quindi ampiamente riconosciuto, che non è più realistico ipotizzare che esista un solo modo di svolgere la funzione genitoriale, ma che siano diffuse molteplici interpretazioni della funzione materna e paterna. Da molti anni la società non prescrive quale debba essere il compito primario del padre e della madre e lascia liberi gli aspiranti genitori di interpretare il compito più in relazione alla propria formazione, indole, qualità della relazione di coppia, e storia personale piuttosto che imporre una rigida suddivisione dei compiti e una convenzionale suddivisione del potere fra uomo e donna, moglie e marito, padre e madre. Il silenzio sociale su quale sia il mandato affidato al padre ha reso più evidente che l’accensione della vocazione paterna nei giovani maschi dipende in genere da una sorta di attivazione delle centrali simboliche profonde da parte della relazione di coppia che sospinge verso la consapevolezza il desiderio di realizzarsi anche attraverso il progetto generativo e l’assunzione di responsabilità nei confronti del proprio cucciolo. La funzione paterna nascerebbe quindi nel luogo dell’amore e della creatività e non più nel luogo della legge, dell’etica e della celebrazione del potere maschile.

La maggior parte dei nuovi padri tende a riconoscere che la propria conversione è avvenuta soprattutto grazie allo straordinario potere del bambino nel coinvolgere in una relazione che fin dell’inizio ha più le caratteristiche dell’innamoramento che quelle dell’accettazione del mandato di trasmettere regole e valori a un piccolo selvaggio. Si è così diffusa la figura del padre accuditivo, “materno”, più attento a offrire relazione competente piuttosto che a trasmettere regole e valori sociali. Anche la funzione materna, oltre alle funzioni invarianti che caratterizzano il ruolo di madre, si caratterizza oggi per la forte propensione a capire quale sia la qualità di relazione affettiva e lo stile educativo che sostengano il proprio cucciolo nell’inserimento precoce nella rete delle relazioni con i coetanei offerte dalla scuola e da altre istituzioni di sostegno alla madre che lavora. L’insieme di queste e altre importanti trasformazioni insediatesi nel cuore educativo e affettivo della famiglia mononucleare generalmente a figlio unico, rendono variegato il panorama delle varie tipologie di padri e di madri che si possono incontrare nella realtà sociale condivisa.

Va tenuto presente che molti indicatori sottolineano l’alto livello di gradimento che queste novità educative suscitano nei figli: basti pensare a come sia raro imbattersi in bambini che sperimentino ancora paura nei confronti dei genitori e temano la severità dei castighi in caso di trasgressioni. I nuovi bambini non hanno più paura degli adulti, della scuola, della famiglia e godono di un insolito potere contrattuale: ritengono di avere ragione e diritto a un ascolto attento e competente da parte degli adulti e particolarmente dal padre e dalla madre.

Succede però sempre più spesso che i genitori rompano il patto coniugale, si separino e preparino il divorzio definitivo. Compaiono allora sullo scenario domestico accanto al padre e alla madre i loro nuovi compagni e spesso anche i figli delle relazioni precedenti. Generalmente i bambini sono propensi ad accettare di costruire relazioni pacifiche con i nuovi arrivati purché non pretendano di usurpare o ricoprire funzioni materne o paterne. Il nuovo galateo della famiglia ricomposta prevede che i bambini rispettino l’autorevolezza degli adulti e riconoscano il diritto a svolgere una generica funzione di indicazione educativa. Ma non sono disposti a ubbidire a chi siede abusivamente al posto del padre o della madre. Se però i nuovi compagni dei genitori riconoscono la legittimità dei confini impliciti, tutto fila liscio e può succedere che anche i genitori più litigiosi e gelosi finiscano per accettare una pace conveniente piuttosto che proseguire una guerra di logoramento.

Che la funzione materna e paterna sia relativamente autonoma dalla componente biologica ed anche dall’eventuale livello di sofferenza mentale del soggetto che la esercita, lo si verifica con sufficiente chiarezza nel caso in cui un cittadino adulto che abbia superato le prove attitudinali venga incaricato di svolgere le funzioni di genitore affidatario a causa di una o più meno temporanea inadeguatezza educativa dei genitori naturali.

In questi casi può svilupparsi una relazione satura di funzione materna o paterna solo grazie a una scelta etica e a un interesse sincero per il destino sociale di minorenni lasciati soli o traumatizzati dal comportamento degli adulti di riferimento. Anche nel caso dell’adozione si sviluppano, pur alle prese con le prevedibili difficoltà di partenza, intense e coinvolgenti relazioni sature di competenza materna o paterna, esposte a volte al rischio che il bambino adottato, divenuto adolescente, metta in discussione il valore del legame adottivo nel tentativo di riabilitare in fantasia i genitori naturali che l’hanno abbandonato per oscuri motivi. Nessuno però mette in dubbio che siano gli stessi bambini e adolescenti ad avvertire la necessità che la propria crescita sia presidiata da una funzione paterna e una materna, se possibile non in conflitto tra loro. Allorché, infatti, si verifichi l’evenienza che una delle due pretenda e ottenga l’egemonia affettiva e educativa, si avverano delle difficoltà di crescita dei figli naturali o adottivi costringendo sia gli adulti che i minorenni a dolorose vicissitudini alla ricerca di una maggiore democrazia affettiva.

 

Se quindi la funzione materna e paterna rappresentano l’approdo del soggetto adulto a una maturità etica, affettiva e educativa che lo rende capace di sostenere nella fatica di crescere dei bambini, è relativamente poco significativo che il bambino sia figlio naturale, o sia adottato o sia stato concepito in provetta, sia maschio o sia femmina. Dovrebbe essere quindi non decisiva l’identità di genere maschile o femminile, nello svolgere una funzione prevalentemente paterna o materna come dimostra la recente maternalizzazione del padre e relativa paternalizzazione della madre che consente sia al genitore maschio di svolgere funzioni materne che al genitore femmina di accudire con ispirazione paterna la crescita del proprio cucciolo.

Chiunque abbia avuto occasione di partecipare a una riunione dei genitori degli allievi della medesima classe, ha potuto entrare in contatto con le più diversificate interpretazioni della funzione materna e paterna, non solo in relazione alle diverse etnie ma anche in relazione alla composizione della coppia genitoriale, omosessuale o eterosessuale, famiglia adottiva, bambini affidata ai nonni, famiglie ricomposte, giovanissime coppie o genitori single. Sono occasioni di confronto ravvicinato su come la competenza educativa e relazionale dell’adulto che svolge funzioni paterne o materne sia di gran lunga più importante della sua identità di genere, età, orientamento sessuale o fede religiosa. Di ciò tengono ampiamente conto gli esperti chiamati a valutare la competenza materna o paterna nei casi in cui sia la giustizia a dover decidere chi meglio possa assumersi la responsabilità di garantire i diritti fondamentali dei bambini.

 

Tratto da La lettura Corriere della Sera 7 agosto 2016

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