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La democrazia educativa in Danimarca

Enea Nottoli

Redattore e formatore RILA


Gioco, natura e individuo: un approccio contemporaneo in previsione della democrazia futura.

 

La Danimarca è da considerarsi sicuramente un modello politico-economico e istituzionale per l’intera Unione Europea. I poco meno di 6 milioni di abitanti (5.707.251 al 1 Gennaio 2016), godono indubbiamente di una serie di servizi importanti, basati sul modello scandinavo che si appoggia su un’ampia diffusione dei servizi pubblici, attraverso un welfare state equo ed efficiente che garantisca un livello elevato di qualità della vita ed un livello elevato di protezione sociale.

In questo contesto, una particolare attenzione viene posta alla crescita del bambino, partendo dal servizio per l’infanzia sino ad arrivare al sistema universitario. Un percorso importante, decisivo che deve essere affrontato in strutture adeguate in cui, sin dall’inizio i pedagogisti e i bambini possano compiere un percorso comune basato sulla tradizione democratica della Danimarca.

 

Breve storia

Le prime informazioni sulla Danimarca risalgono al V secolo d.C. quando il territorio fu colonizzato dalle popolazioni scandinave. Fino al Quindicesimo secolo la sua fu una storia di conquiste che la portarono a colonizzare i territori dell’Inghilterra, della Germania, della Norvegia e della Svezia. Dopo la ribellione di quest’ultima e la conversione al Protestantesimo, la Danimarca si trasformò in monarchia assoluta. Dopo essersi alleata con Napoleone ed essere stata sconfitta dalla Norvegia, nel 1849 diventò una monarchia costituzionale.

Lo scoppio della prima guerra mondiale vide la Danimarca assumere una posizione neutrale, mentre nel secondo conflitto il Paese venne occupato dalla Germania (9 Aprile 1940), nonostante si fosse dichiarato ancora una volta neutrale. Pur sotto la dominazione nazista, si oppose alle politiche razziali risultando, alla fine, l’unica nazione che riuscì ad impedire la deportazione degli ebrei mettendoli in salvo.

Nel 1972 la Danimarca ha aderito alla Comunità europea, anche se nel 2000 ha rifiutato l’adozione dell’euro.

 

Il sistema educativo in Danimarca

La Danimarca è tra i sei paesi (assieme a Estonia, Slovenia, Finlandia, Svezia e Norvegia), che garantisce il diritto all’ECEC (Early Childhood Education and Care) ad ogni bambino dalla nascita, spesso subito dopo la fine del congedo parentale.

All’interno di questo meccanismo non si segnalano squilibri significativi tra domanda e offerta per qualsiasi gruppo di età. La Danimarca vanta uno dei tassi più alti di partecipazione con il 74% dei bambini sotto i tre anni che frequenta un centro ECEC.

I servizi ECEC possono essere offerti sia in istituti separati per i bambini più piccoli e i bambini più grandi, oppure in istituti integrati per entrambi i gruppi di età. Tuttavia, anche nei sistemi integrati, alcune distinzioni possono essere mantenute fra i due gruppi di età.

Il sistema integrato è fornito dai servizi pubblici, no-profit e privati. I servizi dipendono dal Giugno del 2015 direttamente dal Ministero dell’Educazione (fino alle elezioni del giugno 2015 la partnership era condivisa con il Ministero degli Affari Sociali)., il quale è responsabile per il percorso scolastico dei bambini.

Le autorità locali sono responsabili economicamente e funzionalmente di tutti i servizi educativi del proprio territorio, all’interno di una politica fortemente decentrata e federalista. Le agenzie locali devono anche operare per garantire alle famiglie un posto all’interno dei servizi, rendono noti i tempi di attesa, in modo che l’organizzazione possa avvenire nel modo migliore.

Il bambino è un cittadino a tutti gli effetti, dunque sin dalla nascita possiede diritto di scelta, che nei primi anni verrà perpetrato dalla famiglia. Dunque, in questo contesto, sarà un diritto legale il poter scegliere tra un servizio di tipo collettivo (nido) o un’educatrice familiare.

Il rapporto adulto bambino varia a seconda delle età: da 0 a 2 anni il rapporto è di un pedagogista ogni tre bambini (circa); da 3 a 5 anni il rapporto è di 1 a 7 mentre nei centri per il tempo libero il rapporto varia da 1 a 10 a 1 a 14 a seconda dell’età dei bambini.

Ad occuparsi dell’educazione dei bambini sono i pedagoghi i quali devono aver compiuto un percorso di formazione di 3 anni e mezzo negli istituti universitari; a loro si affiancano gli assistenti, per i quali sono richiesti 18 mesi di preparazione. Per i pedagoghi dei nidi di famiglia non è richiesta nessuna formazione professionale specifica, se non tre settimane di training. L’orario di lavoro settimanale è di 37 ore nei servizi educativi e di 48 nei nidi familiari.

La formazione dei Pedagoghi deve incrociare anche quelle che sono definite le materie artistiche: lavorazione del legno, della ceramica, pittura e disegno. Lo scopo è evidentemente di preparare questi professionisti a delineare spazi ideali all’interno dei quali, ogni bambino, possa esprimere le proprie potenzialità.

Altra competenza richiesta agli educatori è quella naturale. Conoscere la natura, la sua evoluzione, i suoi mutamenti è fondamentale per accompagnare il bambino alla sua scoperta, visto che l’outdoor è alla base di tutte le progettazioni scolastiche, dallo 0 in poi.

 

I principi educativi danesi

Il bambino è considerato, sin dalla sua nascita un cittadino a tutti gli effetti, dunque il processo educativo e formativo dovrà prevedere la sua crescita proprio in funzione di “cittadino futuro pensante”.

Il gioco e la vita all’aperto sono considerati due capisaldi insostituibili all’interno del percorso educativo, dunque ogni tipo di attività o di esperienza ruota attorno a questi due elementi. L’aspetto cognitivo e le abilità sociali del bambino passeranno attraverso questo percorso.

Democrazia, relazione di conoscenza tra pedagogisti e bambini, rispetto del bambino sotto ogni forma e partecipazione del bambino alla propria vita quotidiana. Il rapporto stretto e non saltuario con la natura per comprenderla e comprenderne le risorse, le possibilità e la grandezza. Una crescita educativa nel tempo, una “lifelong prospective” capace di creare un cittadino consapevole e in grado di apportare miglioramenti al proprio contesto sociale.

Il gioco come approccio alla vita, come momento di scoperta; il gioco naturale come massima espressione della proprio individualità e del proprio saper crescere nel contesto sociale appropriato. La natura come palestra di crescita.

Il bambino sin dall’inizio del suo percorso educativo è, dunque, pensato nel futuro non nel presente. Dovrà comprendere l’importanza di partecipare alla vita sociale e apprendere le competenze cognitive e sociali per vivere nella società.

Nel 2004 in Danimarca fu introdotto il “Pedagogical Learning Plans”, in cui si evidenziarono i temi fondamentali da sviluppare all’interno del percorso di crescita di ogni bambino: linguaggio, competenze sociali, competenze personali, natura ed elementi della natura, espressioni e valori culturali, corpo e movimento.

Tutto ciò che trasforma un semplice cittadino in un cittadino competente ed in grado, quando chiamato in causa, di apportare elementi migliorativi alla società.

La nascita di asili nel bosco e di agriasili, sempre più frequente negli ultimi anni, ha manifestato ancor di più, semmai ce ne fosse stato bisogno, la tendenza alla costruzione di un individuo armonico, sostenibile e sostenuto.

Giocare nella natura e con la natura è considerato un fondamento pedagogico primario, senza il quale l’individuo non riuscirà a raggiungere un equilibrio per il futuro.

 

Conclusioni

La realtà danese poggia le sue basi pedagogiche sulla sua storia passata e recente, fatta di democrazia, tolleranza e continua attenzione all’individuo in quanto tale.

Un sistema che non segue i suoi “utenti” dalla nascita fino al termine del proprio percorso educativo, consapevole che tale non termina con la fine di un percorso di studi. Un sistema fatto non di quantità ma di qualità, dove le ore non scandiscono il processo didattico ma la crescita educativa.

Un modello dal quale molte democrazie europee potrebbero prendere esempio, sia nell’organizzazione dei servizi sia nella strutturazione dei cittadini futuri. La democrazia che investe nella crescita democratica dei propri cittadini, sin dalla loro nascita, è sicuramente forte e ben radicata e, almeno sulla carta, preposta alla creazione di nuove esperienze formative e accrescitive.

Investire risorse nei propri cittadini vuol dire investire nel proprio futuro di Stato.

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