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La cura nel lavoro educativo al Nido

Elisa Cimonetti

Educatrice Nido Università di Trento.

Lidia Magistrati

Formatrice per educatori di asili nido e centri per la prima infanzia

Michela Pedrinolla

Educatrice Nido Azienda sanitaria di Trento.


Il lavoro educativo al nido si caratterizza come una professione di cura, un’esperienza che tiene insieme aspetti pedagogici strettamente intrecciati con aspetti di attenzione e rispetto alle persone con cui si entra in relazione e di cui ci si prende cura. Rispettare per essere rispettati.

“L’offerta educativa è concepita al meglio quando si basa sul presupposto fondamentale che l’educazione e la cura sono inseparabili” Linee guida decreto 65/2017 art.10

Allarghiamo il concetto di cura a partire dalle prime comunicazioni con i genitori; dai primi contatti telefonici e verbali ai colloqui. L’ambientamento pensato e organizzato già da come viene arredato lo spazio: i colori scelti, la suddivisione degli spazi, i mobili, i materiali da gioco. La cura su come ci si presenta, come ci si veste, che scarpe si indossano. Il tono della voce, i modi gentili e accoglienti, la capacità empatica di “sentire” l’altro, di immedesimarsi in ciò che prova. Offrire un ambiente caldo e accogliente dove i genitori sanno trovare e riconoscere il loro spazio perché sono stati “previsti” nell’organizzazione degli ambienti: un posto dove sedersi, una piantina, una stampa scelta con cura, un ordine che fa calore e accoglienza. Il genitore che sa dove deve mettersi e cosa fare sia quando ha vicino il suo bambino sia quando questi si allontana e lui può restare ad osservarlo o quando deve aspettarlo fuori dalla stanza. L’ambiente ben suddiviso e arredato serve anche gli educatori affinché trovino e riconoscano il loro spazio nei vari momenti della giornata e venga riconosciuta e alleviata, il più possibile, la loro fatica fisica ed emotiva, lo spazio e gli arredi devono avere cura anche di loro: una sedia alla giusta altezza, una poltrona comoda, una mensola dove poter tenere le proprie cose, la possibilità di poter staccare un attimo per prendersi con calma un caffè, ma anche la possibilità di portare con sé un solo bambino a fare una cosa speciale insieme. Piccoli gesti e attenzioni di un sistema basato sulla gentilezza e la cura per il benessere delle persone.

Le routine sono i momenti privilegiati della cura nel lavoro al nido, cogliere e valorizzare al di là della ripetitività, dell’obbligo, della poca considerazione sociale che si dà ai gesti di cura e pulizia, il piacere dell’accudimento di una persona fragile e dipendente.  La profondità della relazione per l’intimità che si viene a creare e per l’abbandono fiducioso che il bambino fa del suo corpo nelle mani di chi lo cura. Lui si affida completamente senza remore e timori, a noi il compito di accoglierlo e accompagnarlo.

Le cure al nido fanno anche da orologio, da contenimento agli adulti che si muovono all’interno di momenti quotidiani ben definiti per gestire al meglio ciò che sta in mezzo: gioco, attività, giardino o spazio esterno.

Da anni al nido viene riservata un’attenzione e data un’importanza enorme alle attività e al gioco organizzato. L’idea che sostiene è che solo queste elevino il nido a luogo educativo. Prendiamo una giornata tipo di 7/8 ore della maggior parte dei bambini, in queste ore l’attività, organizzata e proposta nella parte centrale della mattina, dopo la merenda e il bagno e prima del pranzo, occupa circa un’ora. E le altre 6/7 ore? Risulta molto faticoso e svilente vivere tutte queste ore pensando, percependo di fare solo lavoro di manovalanza, di custodia. La strada maestra è dare dignità per bambini ed educatrici ai momenti di cura, di gioco libero con bei materiali, bei giochi, bei libri a disposizione e in un ambiente curato dove sia possibile osservare il bambino sia singolarmente che in gruppo. Momenti di cura e gioco libero ben integrati con la vita all’aria aperta e con attività e laboratori proposti dentro e fuori dal nido.

Ovviamente tutto questo richiede che anche le educatrici si sentano “curate”: chi dona cura e attenzione ha bisogno di riceverne per non sentirsi svuotato.

L’esperienza delle educatrici
(Michela)

Il nido dell’azienda ospedaliera è aperto tutti i giorni dal lunedì al sabato dalle 6.30 alle 21.30. Durante i primi anni in questo servizio sono stata educatrice di riferimento della fascia serale. Il pomeriggio e la sera mi trovavo a gestire un gruppo di bambini di diverse età che cambiava ogni giorno in base alla turnazione del genitore. Inizialmente non è stato facile conoscere tutti i bimbi, con il tempo ho capito che per far star bene i bambini al nido era fondamentale anche un’attenta comunicazione tra noi educatrici e con i genitori. Questi ultimi si affidano completamente a noi ed è fondamentale dedicare anche a loro una buona cura. La sera, dopo un turno di lavoro pesante a contatto con persone malate, i genitori arrivano spesso al nido cercando una parola di conforto. Ricordo ancora il giorno in cui una mamma mi disse che durante il pomeriggio aveva visto morire un bambino in sala operatoria. Era così abbattuta che il mio istinto mi ha spinto ad abbracciarla. In quel momento ho cercato di accogliere il suo bisogno e le sue emozioni con delicatezza e sono riuscita a strapparle un sorriso raccontandole un piccolo episodio che riguardava il suo bimbo avvenuto nel pomeriggio. La sera diventa più facile dialogare con i genitori, i tempi sono più lenti e i bambini sono in numero ridotto rispetto al resto della giornata. Questo dà anche la possibilità all’educatrice di gestire più facilmente la stanchezza dei piccoli, che soprattutto dopo cena inizia a farsi sentire. È importate creare situazioni tranquille che permettano ai bambini di avvicinarsi al momento della nanna con serenità anche se ancora fuori casa. Dopo una riflessione condivisa con le mie colleghe è nata in me l’idea di costruire qualcosa che simbolicamente potesse rappresentare questo momento particolare della giornata: la “valigia della sera”. Attraverso di essa ogni giorno presentavo ai bambini una proposta differente, come per esempio l’ascolto di musica rilassante oppure la lettura di un libro sulla nanna. Questa valigia aveva lo scopo di creare un rituale che offrisse ai bambini sicurezza, ma anche un pizzico di sorpresa e meraviglia. Per i bambini molto entusiasmante era trovare nella valigia le spugnette e la crema per dedicarsi alla cura del proprio corpo prima di mettere il pigiama. In questi momenti la mia mano e il mio sguardo diventavano la coccola che i bambini amano ricevere da mamma e papà prima di andare a letto. Ogni tanto li invitavo a sdraiarsi e loro facevano lo stesso con me, è proprio in queste situazioni che capivo di aver instaurato qualcosa di unico e speciale con loro, di aver instaurato una relazione di cura.

(Elisa)

Ricordo il mio stupore nell’aprire lo spazio dedicato ai miei oggetti personali il primo giorno di lavoro al Nido dell’Università; in basso a destra notai un’etichetta con il mio nome, appesa ancor prima di conoscermi da quelle che sarebbero divenute le mie colleghe. Un gesto di cura tanto semplice quanto potente, un pensiero caldo ed accogliente che mi ha subito fatta sentire la benvenuta; penso di aver provato un’emozione simile a quella che vivono le famiglie quando, varcando la soglia del nido la prima volta, si accorgono delle etichette con il nome del loro bambino appese sui loro spazi personali. Subito compare un sorriso sul volto, ci si sente previsti nello spazio e nelle persone, accolti e pensati.

Per me la cura rappresenta la volontà di creare una piccola comunità educante e attenta, il desiderio di ricercare la bellezza arricchendo l’ambiente di stimoli e dettagli che lo rendano famigliare ed accattivante per bambini e adulti. Una bellezza che può costituire un rimedio all’abitudine e che mantiene vivi interesse e stupore. Il cambiamento paziente e non frettoloso degli arredi ed il riordino delle proposte di gioco all’interno dello spazio divengono azioni di cura che creano ruotine virtuose, si configurano come parti integranti del gioco dei bambini e si rispecchiano attraverso il loro gioco simbolico. Appendere dei prismi che riflettano la luce alle finestre, adornare la stanza con fiori freschi o con immagini di qualità la personalizzazione degli spazi per noi educatrici con ciò che ci rappresenta, sono esempi di cura che fanno la differenza nel vivere quotidianamente il proprio lavoro. La cura è sempre generatrice di cura; aggiustare un libro che si strappa o un oggetto che si rompe diventa importante per aiutare i bambini a comprendere che ciò che si è danneggiato si può riparare e riutilizzare anche se diverso da com’era prima.

In stanza sono state allestite due scatole; una chiamata “il dottore dei libri” contenente scotch e forbici ed un’altra denominata “kintsugi” (antica pratica giapponese che consiste nel riparare con l’oro ciò che si è rotto) con pennelli, colla e polverina dorata; i bambini riconoscono lo spazio dedicato a queste due scatole e le cercano in base alle circostanze. Si ripara assieme, viene mostrato l’oggetto o il libro rotto e li si osserva in tutte le fasi necessarie per ripararli, ricostruendo così anche l’esperienza vissuta attraverso passaggi e dialoghi sull’accaduto. La cura si arricchisce e ricostruisce fuori e dentro in modo rispettoso e personale generando pensieri e parole nei bambini e negli adulti attraverso lo scambio e l’osservazione quotidiana.

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