Tullia Musatti
Lo studio propone un’analisi dei processi attraverso i quali gli aspetti materiali e simbolici dell’ambiente interagiscono con le attività dell’educatore, determinando l’esperienza del bambino in un centro per la prima infanzia. Quest’analisi riveste un interesse particolare sia per la pratica educativa sia per la comprensione dei processi di sviluppo nel secondo anno di vita dei bambini. In questo periodo avvengono dei cambiamenti importanti nell’interazione dei bambini con la componente fisica e sociale dell’ambiente circostante, per quanto riguarda il loro sviluppo cognitivo e l’acquisizione della capacità di muoversi autonomamente. Qui di seguito presenteremo due esempi che illustrano come le attività degli educatori e l’allestimento del setting pedagogico interagiscono e condizionano le recenti conquiste d’indipendenza motoria dei bambini per sostenere il loro coinvolgimento cognitivo e la loro socializzazione nella loro routine quotidiana nei servizi educativi. La discussione di questi esempi porta a nuove prospettive per comprendere la socialità in gruppo e per sviluppare delle pratiche educative innovative.
La qualità dell’educatore – l’interazione fra bambini e con lo spazio e l’arredamento nei centri per la prima infanzia sembra essere oggetto d’interesse di parecchi studi (NICHD 2000; Scarr, Eisenberg, and Deater-Deckard 1994; Tietze et al. 1998). Questa correlazione ci suggerisce che sia le attività degli educatori sia l’organizzazione del setting, in tutte le sue componenti (organizzazione dello spazio, mobilio e disponibilità e tipo di materiali di gioco), sono tutti elementi che riguardano il programma educativo del servizio stesso. Nelle migliori pratiche educative per i bambini della prima infanzia in Italia, in particolare all’interno di servizi per bambini sotto i tre anni, viene data particolare attenzione alla qualità e alla disposizione degli ambienti, del mobilio e dei materiali di gioco (Galardini 2003; Malaguzzi 1993) al punto che si potrebbe affermare che nell’approccio alla prima infanzia, in Italia, ‘lo spazio e i materiali a disposizione dei bambini sono considerati “una terza educazione” [insieme ai due educatori veri e propri presenti nella classe prescolare]’ (Mantovani 2007, 1117). Dal nostro punto di vista, questa metafora esprime qualcosa in più di una semplice correlazione fra la componente sociale e fisica dell’ambiente educativo. Essa suggerisce che le caratteristiche materiali e simboliche dell’ambiente fisico interagiscono attivamente con le attività degli educatori nell’orientare l’esperienza dei bambini all’interno del centro educativo.
Questo studio propone un’analisi dei processi attraverso i quali questa interazione si manifesta nel corso della vita quotidiana dei bambini in un centro per la prima infanzia per neonati e bambini nella prima infanzia.
Il lavoro più esemplare di Bronfenbrenner’s (1979) rappresenta una delle fonti d’ispirazione più significative nell’affrontare la questione dell’interazione fra il bambino e l’ambiente a livello prossimale o di microsistema, che è il setting con cui il/la bambino/a si ritrova ad agire faccia a faccia. Bronfenbrenner sostiene la natura olistica dell’esperienza del bambino in un setting che è definito dalle sue caratteristiche materiali e simboliche, oltre che da un sistema di ruoli e relazioni interpersonali e attività svolte dal bambino o da altre persone presenti nel setting pedagogico. La fonte principale degli effetti dell’ambiente immediatamente circostante sullo sviluppo psicologico del bambino sono le attività svolte dalle altre persone nella misura in cui sono percepite dal bambino, cariche di significato o intento (attività molare). Diventano parte del suo campo psicologico poiché lo coinvolgono nella partecipazione reciproca o semplicemente perché attraggono la sua attenzione. Ciò che è significativo per il bambino non sono le caratteristiche intrinseche dell’ambiente in quanto tali ma ciò che di esse entra a far parte dell’esperienza del bambino stesso. Quindi i processi di interazione del bambino con le altre persone e con gli elementi fisici e simbolici del setting lavorano in sinergia.
Nelle successive riformulazioni della sua teoria, Bronfenbrenner (1989) ha affrontato la natura del processo d’interazione fra il bambino e l’ambiente a livello prossimale. Come prima cosa ha sottolineato che nel determinare la qualità di tale processo giocano un ruolo importante, le caratteristiche del bambino in via di sviluppo, che possono suscitare diverse reazioni dall’ambiente circostante. In seguito, Bronfenbrenner (1993) ha suggerito che l’effetto dell’ambiente sul bambino è un processo dinamico, in quanto agisce nella misura in cui le sue caratteristiche invitano, stimolano o inibiscono l’impegno del bambino nell’interazione duratura e sempre più complessa con l’ambiente circostante e nelle attività in esso svolte.
Questi suggerimenti sembrano particolarmente rilevanti per l’analisi del processo d’interazione di neonati e bambini nella prima infaniza con l’ambiente di un centro per l’educazione della prima infanzia. In che modo le attività delle altre persone si collegano con le caratteristiche fisiche e simboliche del setting nel sostenere il coinvolgimento dei bambini nell’interazione con l’ambiente? La nostra analisi mira a rispondere a queste domande con riferimenti specifici alla dimensione dello spazio, all’interazione del bambino con l’ambiente circostante nel secondo anno di vita.
In questo periodo, l’interazione del bambino con le caratteristiche fisiche e simboliche dell’ambiente circostante e con le altre persone e le loro attività, subisce dei grandi cambiamenti. Il contributo della padronanza dello spazio da parte del bambino è innegabile.
Già Piaget (1937 [1954]) sosteneva che in questo periodo dello sviluppo, i bambini affrontano il problema della riorganizzazione dei loro movimenti nello spazio all’interno di una struttura cognitiva unitaria. Secondo Piaget, i bambini usano attivamente anche la dimensione dello spazio per esprimere la relazione con gli oggetti, per esempio quando mettendo un oggetto sul o nell’altro, ecc. Più di 40 anni dopo, questa scoperta fu confermata da nuove analisi sistematiche (Sinclair et al. 1982 [1989]).
Più di recente, diversi studi sperimentali hanno messo in evidenza il ruolo della locomozione indipendente nello sviluppo cognitivo e sociale del bambino in questa fase della crescita. In generale gli autori concordano nel dire che l’acquisizione e l’esperienza della locomozione indipendente portano a importanti riassetti dell’interazione cognitiva con il mondo fisico e sociale del bambino. Questa interazione implica un cambiamento della codifica dello spazio da egocentrica a allocentrica. Quando i bambini si muovono autonomamente, fanno un uso maggiore di punti di riferimento distali nella codifica dello spazio (Newcombe and Learmonth 1999), e devono costantemente aggiornare le relazioni spaziali fra loro stessi e le altre persone (Clearfield 2004). Secondo il pensiero di Campos et al. (2000) l’esperienza della locomozione indipendente influisce su un’infinità di aspetti riguardanti l’interazione del bambino con l’ambiente circostante, fino a coinvolgere persino le altre persone. I bambini che hanno imparato a gattonare possono essere coinvolti nella comunicazione e nell’interazione a distanza, acquisire nuove strategie di attenzione e migliorare la comprensione delle intenzioni altrui. Clearfield, Osborne, e Mullen (2008) sottolineano l’importanza della transizione da gattonare a camminare nel facilitare la progressiva partecipazione attiva dei bambini nei loro ambienti sociali.
Un’altra questione è capire in che misura l’organizzazione dello spazio nell’ambiente pedagogico influisca nel sostenere il riassestamento dell’interazione dei bambini con il mondo fisico e sociale indotto dall’esperienza di locomozione indipendente. A dire il vero, se analizziamo le osservazioni riportate negli studi qualitativi sulle interazioni tra pari, durante il gioco o l’esperienza in piccoli gruppi, nel secondo anno di vita (Stambak et al. 1983; Verba, Stambak, and Sinclair 1982), possiamo notare che i bambini sono stati disposti in cerchio, seduti a terra o intorno a un tavolo dove era stato collocato del materiale di gioco.
Questa disposizione nello spazio ha creato le condizioni per la loro attenzione condivisa allo stesso insieme di oggetti oltre all’identificazione e alla condivisione del significato delle attività tra pari.
Anche gli studi sui processi di socializzazione dei bambini nei centri per la prima infanzia effettuati durante la loro routine quotidiana ci suggeriscono che la disposizione dello spazio nel setting, sia nei suoi aspetti fisici che simbolici, gioca un ruolo importante nell’interazione dei bambini con i propri coetanei.
La maggior parte dei rituali di gioco fra bambini nella prima infanzia, descritti in alcuni studi osservazionali (Brenner e Müller 1982; Musatti e Panni 1981) hanno luogo in uno spazio ben definito (intorno a una tenda o muovendosi da una parete all’altra della stanza), che sembra offrire ai bambini un’importante cornice di riferimento per riunirsi o per organizzare le loro attività di gruppo.
Altri studi hanno dimostrato che l’effetto dell’organizzazione dello spazio sull’interazione fra bambini è in qualche modo mediato dal comportamento dell’educatore. L’interazione fra bambini di 2-3 anni nei centri per la prima infanzia sembra avvenire soprattutto in zone di gioco ben definite ma solo in assenza di barrire che possano impedire ai bambini di tenere sott’occhio il proprio educatore e le sue attività (Campos-de-Carvalho e Rossetti-Ferreira 1993; Legendre 1987, 1989). Moore (1986) ha evidenziato che il comportamento esplorativo, l’interazione sociale e la collaborazione fra bambini di 2-6 anni avvengono per lo più in centri diurni con aree di gioco ben definite. Tuttavia l’autore ha dimostrato che la disposizione dello spazio nel setting interagisce con il metodo e la filosofia d’insegnamento dell’educatore e che questi due elementi si rinforzano a vicenda nella determinazione della qualità della performance sociale e cognitiva dei bambini solo ai massimi livelli di definizione dello spazio e di filosofia dell’educazione aperta all’innovazione. In definitiva, secondo questo studio, gli effetti dell’organizzazione degli spazi, del mobilio e del materiale di gioco di alta qualità sono presi in esame solo se abbinati a un intervento dell’educatore anch’esso di alta qualità.
Qui di seguito presenteremo un’analisi dei processi attraverso i quali le attività degli educatori interagiscono con la disposizione dello spazio, del mobilio e dei materiali di gioco e quali sono gli effetti di questa interazione sui processi sociali e cognitivi dei più piccoli nel corso della loro vita quotidiana in un centro per la prima infanzia. In particolare, descriveremo come questi processi siano interrelati alla recente conquista d’indipendenza motoria dei bambini nella prima infanzia e al loro conseguente impulso impellente di muoversi liberamente nell’ambiente che li circonda.
Nella nostra analisi verranno illustrati due esempi tratti da un’ampia raccolta di dati osservazionali raggruppati grazie a un progetto di azione-ricerca in collaborazione con il personale di un nido comunale (ovvero un centro educativo per i bambini della fascia d’età 0-3 anni) della città di Pistoia, che è famoso per l’alta qualità dei servizi che offre ai neonati e ai bambini nella prima infanzia. Uno studio precedente, con lo stesso personale educativo, ha esaminato a che livello l’educatore sia in grado di influenzare il coinvolgimento dei bambini più piccoli e l’interazione con i coetanei mentre sono seduti intorno a un tavolo e stanno esplorando le proprietà fisiche di uno specifico insieme di oggetti (Musatti and Mayer 2001). Uno studio più recente si è focalizzato sulle attività relative ai processi di socializzazione di un gruppo di bambini e dei loro educatori nella sezione lattanti e nella sezione “medi” nella loro routine quotidiana nel centro educativo. L’analisi di questi dati ha fornito importanti suggerimenti per la comprensione dell’interazione fra le attività dei bambini e degli educatori con la dimensione dello spazio nel setting pedagogico.
Contesto e metodi
Un membro del personale educativo comunale ha filmato le attività e i processi di socializzazione di un gruppo di 12-14 bambini e i loro educatori durante la loro routine quotidiana una volta a settimana, dalle 9 alle 945 del mattino, in due anni accademici successivi nella sezione lattanti, che si prende cura dei bambini da 6 a 18 mesi e in quella per i bambini dai 15 ai 28 mesi, del nido comunale “LagoMago” a Pistoia, in Italia. Sono stati fatti 54 video (45 minuti) in tutto. Durante le riprese gli educatori in servizio, responsabili dei bambini, stavano scrivendo il resoconto settimanale e le note sul campo sullo sviluppo sociale e cognitivo dell’esperienza dei bambini. I genitori di tutti i bambini hanno dato il loro consenso scritto e hanno permesso che i loro figli fossero ripresi.
I bambini avevano dai 9-14 mesi nel primo video e nel secondo 22-28 mesi. Sia la sezione lattanti che quella dei “medi” consistevano in una struttura ben definita e stabile, con aree delimitate e attrezzate per attività specifiche (area della musica, del gioco manipolativo, della lettura, ecc.). I bambini erano liberi di muoversi per la stanza e di esplorare a proprio piacimento i materiali di gioco durante le attività individuali e di gruppo. Gli educatori hanno cercato di facilitare la partecipazione dei bambini nel gioco o nelle attività esplorative e si sono fatti coinvolgere nelle attività promosse dai bambini.
Successivamente i video sono stati visti durante le riunioni con gli educatori del nido e sono stati fatti gli opportuni collegamenti alle informazioni più generali descritte nel loro resoconto settimanale. La discussione aveva lo scopo di migliorare la comprensione dell’esperienza giornaliera dei bambini e di una pratica educativa innovativa. Poi, due persone qualificate dello staff, si sono occupate della trascrizione completa di ciascun video per poter analizzare e identificare le sequenze in cui le attività dei bambini fossero in grado di creare dei singoli episodi della loro interazione con l’ambiente circostante.
Da questa raccolta di dati abbiamo scelto due esempi in grado di illustrare in che modo le attività e la posizione degli educatori possano incentivare il coinvolgimento dei bambini e la loro condivisione e attenzione verso le azioni svolte. Nel primo esempio vedremo un’analisi dettagliata delle attività e delle interazioni di quattro bambini all’inizio del secondo anno di nido e il loro educatore mostrerà come i movimenti e la posizione di ciascun partecipante abbia un effetto sull’attività di gruppo e sulla loro partecipazione. Il secondo esempio considera un video della durata di 45 minuti in tutto, nella sezione dei medi, dove un numero crescente di bambini più grandicelli sono impegnati in attività condivise e si muovono nella stanza uno alla volta. Dall’analisi degli episodi di gioco in successione presi in esame durante la fase di osservazione, dimostreremo come la disposizione dello spazio e le attività degli educatori e la loro posizione influiscano sul coinvolgimento dei bambini e sulla loro partecipazione alle attività di gruppo..
Per garantire la riservatezza, negli esempi descritti, abbiamo indicato i nomi dei bambini con delle lettere maiuscole che non corrispondono alle iniziali dei loro nomi reali.
Analisi degli Es.
Esempio 1. Il gioco di gruppo sul tappeto
Questo esempio illustra un episodio della durata di circa 8 minuti (9:14:27 – 9:22:18) tratto da un video registrato nella sezione lattanti all’inizio dell’anno. L’episodio riguarda un gruppo di 4 bambini e un’educatrice. Tutti i bambini sapevano già muoversi autonomamente: H (11-mesi) e Z (11-mesi) sapevano solo gattonare, mentre W (15-mesi) e A (13-mesi) sapevano anche camminare. L’educatrice era seduta in terra su un grande tappeto dove erano stati collocati degli oggetti: barattoli e scatole contenenti oggetti più piccoli come palline e bastoncini. A circa un metro di distanza c’era uno scaffale su cui era stato posizionato altro materiale di gioco. L’analisi dell’episodio dimostra come la location e la posizione dell’educatore e le sue attività rappresentino un polo attorno al quale si concentrava l’attenzione dei bambini, facilitando la loro interazione reciproca.
Immagine 1. Nella stanza dei neonati; il gioco di gruppo sul tappeto.
In questo esempio possiamo identificare quattro sequenze distinte, ognuna caratterizzata da una dinamica diversa dell’attenzione e delle interazioni dei partecipanti, ma tutte focalizzate sulla stessa semplice attività molare, ovvero scuotere un oggetto che ne contiene uno più piccolo per riprodurre un suono. L’immagine 1 riproduce alcuni fotogrammi che illustrano i momenti più significativi delle quattro sequenze.
Sequenza 1 (9:14:27 – 9:16:22)
L’educatrice tiene H sulle gambe, mentre Z e W sono seduti accanto a lei sul tappeto. L’educatrice suggerisce ai bambini di ascoltare il suono prodotto da una scatola contenente una pallina che viene scossa (0:10). Questo attira l’attenzione di A che si avvicina (Immagine1.1.a) e si accovaccia fra Z e W, formando un cerchio intorno al materiale di gioco. Z è fortemente attratto dall’attività proposta, che ripete diverse volte, e successivamente posiziona diversi oggetti in un contenitore che scuote per produrre il suono. L’educatrice e gli atri tre bambini prestano tutti attenzione alla sua azione (immagine 1.1.b); poi, l’educatrice imita l’attività di Z e invita nuovamente gli altri bambini ad ascoltare il suono prodotto. Ora H prende un contenitore e lo scuote. La sequenza termina con Z che va via gattonando per recuperare uno degli oggetti che ha fatto cadere e pur essendo seduto fuori dal cerchio si trova ancora nell’area delimitata dal tappeto.
Sequenza 2 (9:16:23 – 9:18:54)
Z prosegue la sua attività di scuotere + produrre suoni e sebbene si trovi più lontano ha comunque sotto controllo l’attività svolta all’interno del gruppo. L’educatrice continua a proporre l’attività di scuotere + suoni usando altri oggetti. I bambini osservano attentamente le sue azioni esplorando i nuovi oggetti proposti e riproducendo l’attività usando oggetti diversi (H at 9:18:03: e A at 9:18:08), interagendo costantemente con l’educatrice e esplorando gli oggetti che indica. W si unisce mostrando (accompagnando il gesto con un’esclamazione) il coperchio di una piccola scatola ad A, che ha appena raccolto la sua parte inferiore (Immagie 1.2.a). L’educatrice, che sta cercando altri oggetti da abbinare per produrre suoni nuovi, prende il coperchio dalle mani di W. Le sue azioni sono osservate attentamente e A, infine, prende dalle sue mani l’ultima combinazione di oggetti (scatola + palla) usati per produrre un suono nuovo. Li scuote energicamente mentre è osservata dagli altri (Immagine 1.2.b). L’attenzione del gruppo è interrotta da un altro educatore che sta passando li vicino.
Sequenza 3 (9:18:55 – 9:20:19)
Seguendo la proposta dell’educatrice di prendere altro materiale di gioco dallo scaffale, W sta ora indicando questo scaffale ad A verbalmente (Immagine 1.3.a). Anche l’educatrice stimola A verbalmente e anche con i gesti. A, che non viene mai perso di vista da W, si muove verso lo scaffale, afferra un grosso coperchio ma lo ripone immediatamente, si muove per la stanza e torna verso lo scaffale dove H è arrivata gattonando. A insieme ad H esplorano dei materiali di gioco presi da un cesto (Immagine 1.3.b), finché A non si allontana con due oggetti e H ritorna verso il gruppo.
Sequenza 4 (9:20:20 – 9:22:18)
Mentre H, W e Z, che si è avvicinata nuovamente al gruppo, continua a esplorare gli oggetti in terra vicino all’educatrice, A, che si era spostato verso la fine della stanza, raccoglie una scatola chiusa e ritorna verso l’educatrice con un’espressione determinata sul volto mentre scuote ripetutamente la scatola verso l’alto (Immagine 1.4.a). Poi la consegna all’educatrice mimando una richiesta e muovendo il suo corpo come per riprodurre l’azione dello scuotere richiesta dall’educatrice stessa. Quest’ultima coglie il significato della sua richiesta e, dopo aver mostrato ad A che la scatola è vuota, ci mette dentro una pallina e gliela riconsegna. A prende la scatola e la scuote per produrre il suono (Immagine 1.4.b). Ora è soddisfatta e si allontana nuovamente verso un’altra zona della stanza. Tutta l’interazione fra A e l’educatrice è stata osservata da H e W. Nei minuti successivi l’attenzione prestata dai bambini agli oggetti sul tappeto svanisce.
In questo episodio abbiamo visto dei bambini impegnati nella stessa attività, interagire con degli oggetti per un periodo relativamente lungo. L’incontro dei bambini in un’aera delimitata dal tappeto, l’educatrice che mantiene una posizione stabile su di esso, e che propone ai bambini delle attività in successione con coerenza, rappresentano un contesto fisico e psicologico che stimola l’attenzione reciproca dei bambini e li fa concentrare sulla stessa attività molare, ha indotto la loro voglia di partecipare a un evento condiviso, rappresentando un punto di riferimento per il bambino il cui forte impulso di movimento ha interferito con il suo coinvolgimento per un’attività condivisa.
Esempio 2. Raggrupparsi e sparpagliarsi nella stanza
In questo esempio presenteremo una sintesi di un’intera sessione di osservazione di 45 minuti nella Sezione dei “medi”, dove ritroviamo la maggior parte dei bambini, dagli 8 mesi in su, che sono stati osservati precedentemente nella sezione lattanti. Durante la sessione sono stati osservati un gruppo di bambini progressivamente più numerosi (5-10) e degli educatori (1-2). Cinque bambini avevano 15 e 18 mesi e altri cinque fra 20 e 21 mesi. Tutti avevano imparato bene a camminare e avevano un forte desiderio di girare liberamente per la stanza.
L’analisi degli esempi ha dimostrato che nel corso dei 45 minuti della routine quotidiana del nido, si sono susseguiti tre episodi simili a quello descritto nell’esempio 1. Durante ciascun episodio un certo numero di bambini ha raccolto degli oggetti in una zona ben definita ed è stato coinvolto nella stessa attività molare. Gli episodi sono avvenuti in punti diversi di questa sezione del nido, ruotando attorno a diverse attività molari, e hanno coinvolto diversi bambini a livelli differenti di partecipazione. Gli episodi sono durati rispettivamente 13,12 e 13 minuti, e sono stati interrotti da due momenti più brevi (di 3 minuti ciascuno) durante i quali i bambini sono andati in giro per la stanza e si sono dedicati ad attività individuali e a interazioni diadiche.
Immagine 2. La location dei tre episodi nella sezione dei medi.
L’analisi dei processi attraverso i quali è originato, si è sviluppato ed è culminato ciascun episodio ha dimostrato come il riunirsi dei bambini e la condivisione di attenzione per un’attività sia funzionale sia alla disposizione dello spazio che alla posizione dell’educatore.
L’immagine 2 mostra la mappa dell’area in questione, indicando le zone in cui i tre episodi hanno avuto luogo. Dimostra come la sezione lattanti sia stata suddivisa in zone ben definite caratterizzate dalla presenza di un mobilio differente e dalla disponibilità (su scaffali e in un armadietto) di diversi gruppi di materiali di gioco. Ciascun mobile e ciascun gruppo di materiali di gioco può essere usato per più di un’attività: la zona della musica conteneva diversi tipi di tamburi, un pianoforte giocattolo e dei flauti, oltre ad altri oggetti che possono essere usati per produrre suoni differenti; il grosso cuscino potrebbe essere usato per sedersi sopra e leggere e cantare in gruppo o per tuffarcisi; davanti all’armadietto è stato collocato un grande tappeto che conteneva diversi gruppi di materiali di gioco per attività di manipolazione (sabbia, creta, ecc.).
Per ciascun episodio descriveremo brevemente le interazioni fra i bambini e l’educatrice e le attività molari su cui si sono concentrati tutti insieme. L’immagine 3 illustra alcuni momenti significativi degli episodi.
Immagine 3. Nella sezione dei medi: riunirsi e sparpagliarsi
Episodio 1. L’esplorazione dei suoni nella zona della musica (9:00 – 9:13)
Quest’episodio, della durata di 13 minuti, si svolge nella zona della musica dove l’educatrice ha invitato i cinque bambini, già presenti nella sezione dei medi, a seguirla (Immagine 3.1.a). In questa zona, l’attenzione dei bambini, a cui si sono aggiunti gli ultimi due che sono appena entrati nella stanza, si focalizza sull’esplorazione dei suoni. Inizialmente l’educatrice suggerisce di riempire un lungo tubo di plastica con delle noccioline, di ascoltare il suono prodotto scuotendo il tubo e di farle poi cadere sul suolo. Quest’attività è accolta con grande entusiasmo dai bambini che aiutano a raccogliere le noccioline da terra; tuttavia, a turno, (tranne Z) tutti si allontanano per un breve periodo e gironzolano fuori da quest’area o battono la mano a ritmo su uno dei tamburi messi lì vicino all’interno della stessa area. Gradualmente si sviluppano due attività simultanee, entrambe rivolte all’esplorazione del suono del tamburo. Alle due attività partecipano bambini diversi (Z + P + l’educatrice, e D + I), mentre S e O si alternano fra le due attività e lo spostamento in altre aree (Figure 3.1.b). Le due attività infine convergono in un’attività unica che consiste nel far cadere le noccioline e altri oggetti sui tamburi, con la partecipazione di P, D, Z e I e dell’educatrice. Quando P e D perdono l’interesse e lasciano l’area, le attività continuano per altri minuti. Il tutto termina quando anche l’educatrice si allontana per controllare cosa sta succedendo nelle altre zone della stanza.
Sparpagliarsi ed emozionarsi con la grande molla rossa (9:14 – 9:16)
Nei successivi 3 minuti, tutti e sette i bambini sono sparpagliati per la stanza. Alcuni di loro vagano per la stanza o occasionalmente esaminano del materiale di gioco. Due bambini maschi (D e P) sono attratti da una grossa molla rossa, cominciano un rituale di gioco apparentemente noto che esordisce con grosse risate (Immagine 3.2.a. e Immagine 3.2.b). L’educatrice è seduta in disparte e osserva tutta la scena senza interferire.
Episodio 2. Esplorazione di tazze, anelli e rametti sul tappeto (9:17 – 9:30)
Due bambine, S e O, intraprendono una nuova attività di esplorazione di oggetti, prendono degli oggetti dall’armadietto vicino al tappeto. L’educatrice si avvicina a loro, si siede sul tappeto e comincia a giocare con le due bambine. Esaminano le proprietà fisiche di diversi tipi di oggetti: le catene di metallo e le tazze, contenitori e tubi di plastica. Progressivamente, tutti i bambini si avvicinano e s’interessano all’attività. Prima, le altre tre bambine (R, Z e I), poi i due maschi, e uno dopo l’altro, smettono di giocare con la molla e si uniscono al gruppo (D è più esitante: Immagine 3.3.a). Questo segna l’inizio di una lunga attività di esplorazione di oggetti (Immagine 3.3.b). L’arrivo di altri tre bambini rompe il cerchio di attenzione reciproca.
Sparpagliarsi e attività rumorose (9:31 – 9:33)
Tutti i bambini sono di nuovo sparsi per la stanza, e sono impegnati in un gioco motorio rumoroso. Il clima generale è di confusione, c’è molto rumore e si stanno sviluppando un po’ di situazioni di conflitto. L’educatrice sta accogliendo gli ultimi bambini in arrivo.
Episodio 3. Lettura del libro sul grande cuscino (9:34 – 9:45)
L’educatrice invita i bambini a calmarsi e suggerisce di andare a leggere un libro tutti insieme, su un grande cuscino. L’idea è accolta con entusiasmo da tutti i bambini. La lettura dura più di 10 minuti e coinvolge tutti i bambini presenti: alcuni di loro (F, Z e I) per tutto il tempo, altri per pochi minuti (Immagine 3.4.a e Immagine 3.4.b), si allontanano per poi tornare ad ascoltare nuovamente la lettura in un secondo momento. Al termine della lettura, T si avvicina e viene immediatamente incluso nel gruppo di lettura. Nel frattempo un’altra educatrice è arrivata per proporre un’ attività differente nell’aera della musica, radunando così altri bambini intorno a lei.
L’analisi dell’Esempio 2 ha evidenziato il raggrupparsi di cinque o più bambini in tre occasioni, in tre zone differenti della stanza. Questi raggruppamenti ruotano intorno all’interesse condiviso dei bambini per un’attività molare (esplorazione di suoni, esplorazione delle proprietà degli oggetti e lettura del libro).
Il raggruppamento e l’interesse sono stati sostenuti dal materiale e dalla disposizione simbolica delle varie zone (tipo di oggetto disponibile e possibile uso significativo) oltre all’intervento dell’educatore, che ha reso chiara l’attività di gruppo condivisa attraverso le sue azioni e la sue parole. Nell’episodio 1 e 3 il raggruppamento dei bambini è scaturito dai suggerimenti fatti dall’educatrice, mentre nell’episodio 2, l’educatrice si è inserita nell’attività iniziata dalle due bambine. In tutti i casi lo spostamento dell’educatrice nell’area specificata, ha evidenziata l’importanza della posizione dell’insieme di oggetti.
Ciascun episodio è durato più di 10 minuti, una durata non trascurabile se si considera l’età dei bambini, e ha seguito un’evoluzione simile: coinvolgimento graduale di più bambini, sviluppo nel tempo di un’attività molare, e graduale perdita di interesse da parte dei bambini.
Vorremmo anche sottolineare che il raggruppamento e l’interesse dei bambini variava e in molti casi era discontinuo. Sebbene tutti i bambini abbiano partecipato attivamente ad alcuni momenti dell’episodio, in momenti alterni la maggior parte di loro si sono allontanati per poi tornare in un secondo momento a partecipare all’attività che, nel frattempo, gli altri non avevano smesso. L’analisi dell’evoluzione di questi processi, ha messo in luce l’importanza dell’ambiente, nella sua componente fisica e sociale, in grado di accogliere, contenere e possibilmente far resistere l’attrazione dei bambini verso una varietà di stimoli nonostante il loro forte impulso di muoversi liberamente per la stanza.
Discussione
Lo scopo principale dello studio è stato quello di esplorare la funzione della dimensione dello spazio nel processo d’interazione dei bambini con l’ambiente di un centro per la prima infanzia.
Abbiamo preso in esame due esempi tratti dalla raccolta di dati osservazionali redatti in un centro per la prima infanzia, in Italia. In questo centro, gli spazi, il mobilio e il materiale di gioco erano ben organizzati, le aree di gioco erano ben definite, i bambini erano abituati a muoversi liberamente e a scegliere la loro attività di gioco, e gli educatori erano disposti a essere coinvolti nelle attività dei bambini. Queste caratteristiche dell’ambiente hanno fornito un’opportunità particolarmente interessante per analizzare il modo in cui le attività dell’educatore possono interagire con le caratteristiche dell’ambiente per orientare i bambini nella loro esperienza (Bronfenbrenner 1979). Gli esempi hanno illustrato alcuni episodi in cui questa interazione era chiaramente visibile.
Tutti gli episodi descritti hanno avuto luogo in un’aera di gioco ben definita, coinvolgendo un certo numero di bambini e l’educatrice, e ruotavano intorno ad un’attività molare. Abbiamo dimostrato che il processo di sviluppo degli episodi dipende dalla capacità altalenante dei bambini di questa età di essere coinvolti in modo continuativo nella stessa attività molare insieme ad altri bambini, e dal loro impulso di muoversi liberamente per la stanza, oltre che dalla capacità dell’ambiente di accogliere, contenere e possibilmente contrastare questo impulso. Questa capacità è costituita sia dalla qualità delle caratteristiche fisiche e simboliche dell’ambiente che dalla capacità dell’insegnante di partecipare attivamente nell’ambiente. In particolare, abbiamo evidenziato in che modo l’educatrice, con la sua posizione e le sue attività, abbia trasmesso ai bambini il significato delle possibili attività nelle diverse aree di gioco. Ha pertanto contribuito a creare un contesto in cui fissare e combinare le frammentate attività dei bambini e l’attenzione reciproca.
Nel primo esempio abbiamo presentato un’analisi più dettagliata di un episodio che ha coinvolto i bambini della sezione “medi” che avevano tutti acquisito la capacità di indipendenza motoria, eccetto una piccola bimba, che non ha dimostrato un forte impulso di allontanarsi. Abbiamo notato che la posizione fissa dell’educatrice sul pavimento ha rappresentato un punto di riferimento per il raggruppamento e l’attenzione reciproca dei bambini, mentre il tappeto ha delimitato un’area più grande, che ha offerto un contesto per il coinvolgimento di una bambina che, sebbene avesse lasciato il gruppo, ha mantenuto attiva l’attenzione verso l’attività del gruppo da una certa distanza. L’analisi ha dimostrato che la combinazione di questo spazio ben definito, con la continuità dell’attività molare sostenuta dall’educatrice ha incentivato sia il coinvolgimento prolungato dei bambini che la loro attenzione reciproca. Il numero e la varietà di oggetti usati dall’educatrice e dai bambini per ripetere la stessa attività (scuotere un oggetto che ne contiene un altro per produrre un suono) ha permesso il coinvolgimento progressivo di vari bambini e il consolidamento del significato dell’attività attraverso la sua generalizzazione, e cioè la sua implementazione con altri oggetti. Ciò nonostante, il tentativo dell’educatrice di incoraggiare il movimento indipendente dei bambini per andare a procurarsi nuovi oggetti ha portato a un’interruzione temporanea dell’attenzione reciproca e all’allontanamento della bimba più irrequieta. Tuttavia, qualche minuto dopo, lo stesso desiderio di generalizzare l’attività includendo altri oggetti ha riportato indietro la bambina nel cerchio dell’attenzione condivisa.
Il secondo esempio ci ha permesso di illustrare in che modo la forte esigenza di muoversi sentita dai bambini, nel loro secondo anno di vita, abbia portato a un diverso equilibrio fra la disposizione dello spazio, il mobilio e i materiali di gioco e gli interventi dell’educatore. Nella sezione dei “medi”, le attività molari, che successivamente sono diventate il centro dell’attenzione dei bambini, sono state chiaramente orientate dall’allestimento dei materiali di gioco divisi in unità tematiche nelle varie aree della sezione. L’educatrice ha attivamente utilizzato lo spostamento dei bambini, sia spontaneo che da lei indotto, per riproporre, nelle varie aree della stanza, un gruppo di bambini intorno a un’attività molare che potesse essere svolta con i materiali a disposizione in quella determinata zona. Nell’Episodio 1 di questo esempio, ha adattato con flessibilità questa strategia per soddisfare le esigenze degli spostamenti più piccoli dei bambini all’interno della zona della musica.
Possiamo avanzare delle ipotesi su come quest’interazione positiva fra le proprietà fisiche e simboliche del setting e le attività e gli spostamenti dell’educatrice abbiano incoraggiato il coinvolgimento dei bambini e la loro partecipazione alle attività condivise.
In tutti gli episodi, il livello, la durata e la continuità della partecipazione di ciascun bambino nell’attività di gruppo variava enormemente. Tuttavia, persino negli episodi descritti nel secondo esempio, la posizione dell’educatrice in un zona ben definita e il fatto che abbia assicurato la continuità dell’attività proposta (integrandola, ove necessario, con variazioni proposte dai bambini come nell’episodio dell’area della musica) hanno rappresentato un solido contesto in cui i bambini hanno partecipato in momenti alterni e in cui sono riusciti a re-integrarsi facilmente dopo un’assenza temporanea.
In breve, nonostante l’incoraggiamento alla partecipazione continua di alcuni bambini intorno allo stesso oggetto d’attenzione, è stato accettato anche un livello inferiore di partecipazione da parte di altri bambini che si sono temporaneamente distratti per la presenza di altri stimoli o si sono lasciati trasportare dal loro desiderio di muoversi liberamente per la stanza. In questo caso, l’aver mantenuto un’attenzione per l’attività del gruppo a distanza ha agevolato il loro ritorno o per lo meno la loro partecipazione emotiva per ciò che stava accadendo.
Dai risultati ottenuti possiamo avanzare un’ulteriore ipotesi anche se ancora meno tangibile delle precedenti. Quest’ultima sembra però plausibile o addirittura piena di riferimenti sia per la comprensione della socializzazione nella prima infanzia che per le pratiche innovative nei centri educativi. L’analisi degli episodi presentati nel secondo esempio ha rivelato che ciascun episodio ha una sua struttura autonoma, derivante dalla continuità della sua posizione, dall’identità dell’attività molare intorno alla quale ruota, e dai suoi confini temporali (segnata dall’inizio e dalla fine dell’attività molare e dallo spostamento dei partecipanti). Possiamo ipotizzare che nel corso dei suoi spostamenti, la natura unitaria dell’episodio sia stata fortemente evidenziata sia per la presenza di tutti i bambini nel setting che per essere stata localizzata in un’area ben definita oltre che per la presenza e l’attività dell’educatrice. Per usare la terminologia di Piaget (1974 [1977]) potremmo dire che questi elementi abbiano fatto emergere l’episodio condiviso come un evento osservabile che può essere percepito, memorizzato e infine rappresentato dai bambini come tale.
In conclusione, pare che questo processo contribuisca a consolidare la sensazione dei bambini che stanno partecipando ad un’esperienza di gruppo e a facilitare la loro percezione di eventi condivisi.
Per sostenere l’idoneità teorica e pratica di interpretazioni così forti sulla condivisione del processo cognitivo da parte di neonati e bambini nella prima infanzia, faremo un’osservazione finale. L’analisi qui presentata suggerisce che lo studio di questi processi, in un contesto di gruppo, richiami la considerazione di nuovi elementi rispetto a quelli presenti in una situazione diadica e che la dimensione dello spazio sia senza dubbio cruciale. Il ruolo dell’adulto in una situazione diadica con un bambino è stata descritto nel seguente modo: ‘… l’adulto che assiste il bambino fa da “scaffolding” per le intenzioni del piccolo, lo aiuta a concentrarsi, lo protegge dalle distrazioni, riduce il livello di libertà che deve gestire’(Bruner 1995, 6). Nella nostra analisi abbiamo sottolineato il fatto che l’adulto, per avere la stessa funzione in una situazione di gruppo, deve fare un uso intelligente delle caratteristiche fisiche e simboliche del setting, oltre che dei movimenti compiuti dal bambino all’interno di esso. Nello stesso articolo Bruner (1995) ha sottolineato che la comunione di idee fra gli esseri umani dipende, non solo dalla condivisione di un centro d’attenzione, ma anche dalla condivisione di un contesto e di presupposizioni, in altre parole da un background comune. La nostra analisi ha lo scopo di contribuire alla comprensione di alcuni dei processi condivisi dai bambini, nel corso del loro secondo anno di vita, nel contesto della vita quotidiana in un centro per la prima infanzia.
Approfondimenti
Gli esempi discussi in questo studio sono tratti da una raccolta di dati all’interno di un progetto di ricerca; attività condotta con la collaborazione fra l’Istituto di Scienze Cognitive e Tecnologiche, il Consiglio della Ricerca Nazionale Italiano e la città di Pistoia con il sostegno economico della Regione Toscana (2004 – 2005). Lo studio è stato condotto con la partecipazione di Donatella Giovannini, il coordinatore pedagogico, Rita Benedetto, Armanda Cassaresi, Franca Gualtieri, Gabri Magrini, Simona Peruzzi, Monica Tonini, Sabrina Rossi, e Gloria Bianchi, gli educatori, e con il sostegno del personale del nido ‘LagoMago.’ Vorremmo ringraziare Anna Lia Galardini e Sonia Iozzelli, Capo del Dipartimento dell’Istruzione della Città di Pistoia, per averci dato l’opportunità di effettuare i nostri studi in un ambiente educativo così creativo e accogliente. Un ringraziamento speciale ai bambini che con tanta tenerezza ci hanno ispirati con le loro attività e i loro interventi.
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