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In cortile: gioco libero! Ma come? Libero da che cosa?

Amilcare Acerbi

Formatore, pedagogista


Liberarsi dalla paura. Riprogrammare giardini e cortili.

Per trattare di spazi esterni di nidi, scuole dell’infanzia, scuole primarie partirei dalle paure di genitori e insegnanti, in primis e dal “terrorismo burocratico” scatenato negli ultimi anni da dirigenti di scuole, Asl, Comuni, quando si tratta di “portare in cortile” gli allievi, facendo diventare “pericolose” le sabbiere, le buche in giardino, le rose, le bacche. Uno degli interventi più illuminanti nell’interno degli edifici, per sagacia dei tecnici, è stato quello di fasciare gli spigoli e in esterno di pavimentare a dismisura le superfici con costosissime piastrelle gommose (composte forse da materiali di dubbia provenienza). La sabbia a detta loro è fuorilegge !!

Aria malsana e inquinata, amianto negli edifici, obesità dovuta a eccessi di sedentarietà e di alimentazione, scarsa dimestichezza con l’autonomia e l’orientamento fuori casa preoccupano molto meno.

La caduta o l’urto durante il gioco in scuola è considerato evento intollerabile.

Lo scontro, lo sgambetto, la gomitata, la frattura di un braccio o di una tibia durante l’attività nella scuola-calcio è considerato evento normale. Così dicasi per caduta, slogatura, frattura con il maestro di sci. Per il calcio trattasi di favorire una possibile professione di successo e comunque di una risposta al desiderio di competizione del figlio, nel secondo caso di “stare nella moda”, non certo di attività fisica utile, visto che si svolge molto saltuariamente. Il genitore più di tanto non si scompone di fronte a questi incidenti.

Come si può impedire che un bambino si faccia male? Non considero la semplice caduta, con o senza sbucciatura e relativo zampillo di qualche goccia di sangue (meno di un prelievo di controllo). Al tema della responsabilità e al come progettare e gestire “sicuro” ho dedicato alcuni anni fa un manuale di progettazione e un libretto redatto per l’Istituto italiano per la sicurezza del gioco[1]. Vi si parlava a lungo anche della responsabilità e dell’esigenza di educare al rischio per prevenire i pericoli.

 

Non farsi scippare la responsabilità educativa

Parto da un assunto: le maestre hanno l’attività motoria e di gioco come compito previsto dalla normativa: non c’è programma dove non la si preveda, non solo, ma ampiamente è prescritta l’educazione all’autonomia, ovvero che il bambino impari a muoversi nel suo mondo, a sperimentare! Non esiste una normativa “superiore” delle Asl o di chi per esse. Gli uni devono rispettare gli altri e impegnarsi per trovare soluzioni. Dunque si tratta di un problema tecnico e organizzativo: come far acquisire a ciascun bambino la padronanza nell’uso del proprio corpo e nella gestione del desiderio di competere e di mettersi alla prova. I dirigenti scolastici non devono intimorire le insegnanti adducendo clamorose responsabilità, ma richiamare e ribadire il contenuto delle Indicazioni nazionali per il curricolo, del 2012 (ben volentieri dimenticate in queste parti dalla maggior parte degli insegnanti) e quindi le esigenze di sviluppo e di esperienza dei bambini, salvaguardando i docenti dall’assalto scomposto dei genitori. L’educazione al vivere nella quotidianità, il rapporto col rischio e col pericolo, la scoperta e il rapporto col proprio limite fisico e psicologico, oggi, se non vengono esercitati in scuola chi li gestisce?

 

Rendere consapevoli e collaborativi i genitori

Questi aspetti devono essere assunti collegialmente dai docenti, con la convinta copertura dei dirigenti scolastici, e presentati con enfasi ai genitori. I genitori devono diventare grati agli insegnanti che se ne fanno carico, considerato che loro hanno poco tempo quotidiano da dedicarvi, non dispongono di spazi adeguati e occasioni dove il figlio impari a stare con altri bambini ed a esercitarsi nelle relazioni sociali. Così come il figlio ha imparato a camminare osservando i propri genitori, così come ha imparato a farsi capire, a ricordare il nome delle cose, a chiedere, rispondere, raccontare ascoltando mamma, papà e nonni, così imparerà vedendo e provando a compiere gesti, a giocare, a utilizzare regole di comportamento con gli altri. Stando in mezzo agli altri, osservando, copiando. E passo passo si creerà una cultura ludica e dell’esplorazione, ovvero i modi per muoversi autonomamente e sapere che cosa fare da solo e con gli altri. Più modelli avrà, più riuscirà a gestirsi in autonomia. E’ su queste riflessioni che va realizzato il confronto col genitore in modo che capisca il valore dell’opera degli insegnanti e anch’egli si preoccupi delle abilità del figlio e quando può, lo faccia esercitare.

Ma vi è un altro aspetto per cui è fondamentale che i bambini giochino all’aperto, misurandosi con la vegetazione, il tempo atmosferico, il corpo dei compagni, attrezzi, materiali: la prevalenza e l’uso domestico e quotidiano di esperienze virtuali, sedentarie, con video, tablet, videogiochi, così ben congeniate e pubblicizzate, così poco sporchevoli, che già bambini e bambine di 18 mesi ne fanno abbondante uso. L’esperienza fisica all’aperto renderà i bambini consapevoli che si può vivere bene utilizzando tanto il mondo virtuale che il mondo fisico.

Non solo. Il contrasto all’obesità e alla pigrizia passa dal gioco motorio. Tali questioni sono talmente importanti e strategiche sul piano educativo e del benessere, che non possono essere affidate al singolo insegnante: fanno parte dello stile di ciascuna scuola, debbono essere sostenute, argomentate, diffuse dal gruppo docente e con autorevolezza prese in carico dalle dirigenze scolastiche.

 

Il gioco libero non ha senso, ma…

Il giocare all’aperto non significa banalmente lasciare i bambini liberi nel cortile. Il fuori deve essere ricco e multiforme, perciò sarà necessario che i bambini progressivamente acquisiscano modelli di comportamento e quindi dispongano di esempi e di un contesto che faciliti il fare in pochi. I bambini hanno bisogno di scoprire ed esercitare la propria abilità manuale e corporea, di riconoscere la propria dipendenza dai ritmi naturali; hanno bisogno di compagni di gioco, di sperimentarsi nello scambio e nell’incontro, di esplorare da soli e in piccolo gruppo.

Ma per uscire quotidianamente in giardino è necessario tener presenti quante opportunità si potrebbero creare e sperimentare: potenzialità espressive e mimiche, abilità manuali e manipolative, capacità logiche e di costruzione, bisogno di correre, saltare, spingere, il piacere di ascoltare, desiderio di stare con gli animali, ricerca del mettersi alla prova e del senso di paura, l’evasione nel fantastico. Per ognuna di queste azioni ci vuole uno spazio e uno stimolo adeguato. La contemporaneità delle presenze dei bambini in cortile richiede che si salvaguardi la concentrazione di ciascuno e il tempo per portare a termine l’esplorazione e l’esperienza; vanno evitate infatti le interferenze eccessive, foriere di bisticci.

Il senso della comunità. Per il giocare in forma collettiva gli insegnanti dovranno periodicamente farsi carico anche di organizzare attività e giochi che creino la gioia di far parte di una comunità, la consapevolezza della bellezza di essere in una grande casa ove tutti possono stare bene se organizzati dentro regole condivise[2].

 

Impostazione pedagogica di cortili e giardini scolastici

Ho lavorato molto in questa direzione, sperimentando diverse soluzioni[3], dove il bambino non sia solo utilizzatore, ma in qualche modo possa gestire e modificare l’assetto dello spazio. Il cortile deve offrire vocazioni diverse, attraverso separazioni leggere, istallazioni, strumenti, materiali che ne connotino i possibili utilizzi. Per questo suggerisco di immaginare e organizzare l’ambiente esterno secondo cinque categorie di giochi e funzioni educative, dentro cui possano scorrere le esperienze “a scelta spontanea” (inizialmente guidate per fornire spunti). Le funzioni sono:

> autonomia, quei giochi di movimento che favoriscono lo sviluppo fisico, stimolano il coraggio, la destrezza personale, la coordinazione; la collaborazione;

>socializzazione, i giochi di socialità che permettono di instaurare relazioni, imparare a vivere in gruppo, imitare ruoli sociali;

> creatività, i giochi che sviluppano le capacità espressive, comunicative, logiche;

> avventura, i giochi che consentono di sperimentare, mettersi alla prova, rischiare fisicamente e psicologicamente.

> vegetazione, da intendersi come risorsa, ma anche come complemento alle altre categorie.

Tali funzioni devono “materializzarsi”, ovvero il cortile va pensato e organizzato in cinque aree gioco, condivise e riconosciute dai bambini, con strutture fisse, alcune in commercio, altre realizzate insieme[4].

 

Ecco alcuni esempi di spazi progettati, riprogettati e realizzati.

Per l’autonomia

La palestra all’aperto: si tratta di utilizzare gli attrezzi gioco tradizionali (scivolo, castello, altalena), interpretandoli in chiave di allenamento oppure attraverso invenzioni di nuovi modi di uso (in coppia, con carichi, con regole ecc.). Meglio sarebbe dotarsi di attrezzi singoli da scavalcare, salire, cui appendersi, oscillare, scivolare, dello stesso tipo ma con difficoltà graduate. Andrebbero aggiunti piccoli attrezzi per giochi con regole.[5]

Il traffico: Si tratta di predisporre su una superficie pavimentata scatoloni di cartone, cilindri di cartone e di plastica, gessetti e gesso in polvere, fioriere, il tutto per realizzare spartitraffico, aiuole, parcheggi, semafori, segnaletica stradale, stazioni di servizio, garage, negozi ecc. al fine di utilizzare appieno tricicli e biciclettine.

 

La socializzazione

Il villaggio: predisporre casette, tavoli, banchi, e costruire insegne di abitazione, negozi, officine, ospedale, mercatino, con relativi accessori-giocattolo.

L’anfiteatro: predisporre una copertura leggera (anche solo funicelle e bandierine colorate), gradoni a semicerchio o pedane o panchette o vecchie seggioline ridipinte, e attorno tutori da orto o aste cui appendere teli colorati per creare coperture e fondali e per racchiudere lo spazio. E qui organizzare l’ascolto musicale, balli, piccole rappresentazioni, assemblee.

 

La creatività

Il cantiere: predisporre piani di lavoro (tavoli bassi, pedane, muretti), attrezzi semplici per spostare, costruire, tagliare; elementi naturali con forme molto differenti, elementi di idraulica, edilizia, elettricità; vaschette e contenitori per riporre il tutto, infine veicoli/giocattolo.

L’atelier: preparare superfici grandi, inclinate e verticali, pennelli e pennellesse; materiali naturali da trasformare in colore; oggetti tridimensionali da dipingere; mortai e pestelli, cucchiai, secchi e bacinelle; stoffe da dipingere, cordini; plastiche trasparenti e colorate per catturare la luce, teli leggeri e reti per catturare il vento, nastri colorati per segnalarlo.

 

L’avventura

La Jungla: predisporre tutori, reti per verdure rampicanti, teli di plastica per vasche e stagni; erbe rampicanti, graminacee; il tutto per realizzare divisori, piccoli pergolati, nicchie verdi.

L’astronave: predisporre teli di plastica, fogli di stagnola, teli colorati, cordino, tubi di plastica da idraulico, da elettricista; flessibili e oggetti di alluminio, fustini, seggiolini; caschi, guanti ecc. per

ricostruire mezzi e cabine spaziali, sfruttando gli alberi come sostegno.

 

La vegetazione

Come arredo. In merito alla vegetazione, la quinta categoria, essa andrebbe concepita come una risorsa ben oltre l’idea di “tappeto e ombrellone”, come bordura e riparo verso l’esterno.

Come Risorsa educativa. La vegetazione è una risorsa che può essere accresciuta e gestita anche da parte degli insegnanti e dei bambini, pur con tempi un poco più lunghi. Innanzitutto l’erba: non è tutta uguale, può anche essere lasciata crescere molto, quindi venir falciata a strisce creando sentieri, slarghi, radure[6]; lasciata crescere in forma selvatica e spontanea fa emergere varietà vegetali grazie ai semi portati dal vento e dagli uccelli, facendo spuntare fiori e baccelli carichi di altri semi. Tra le erbe da aggiungere possono seminarsi quelle che l’uomo ha selezionato per uso commestibile (frumento, orzo, granoturco, girasoli, ecc.). Tra le erbe utilizzabili ci sono interessantissimi rampicanti, molto veloci nella loro crescita (piselli, zucche, angurie)[7]. Erbe, cespugli, rampicanti, alberelli possono vivere anche in vaso, spostabili se necessario. E tutto questo diventerebbe oggetto di cura, manipolazioni, manutenzione, azioni in cui coinvolgere i piccoli. La vegetazione è un elemento che può aiutarci a caratterizzare un ambiente di gioco, oltre che essere la fonte di interessanti scoperte botaniche, agronomiche, zoologiche.

 

Concludo riaffermando l’esigenza di avere una visione articolata e dinamica dello spazio esterno, per quanto piccolo e povero che sia originariamente, di non basarsi soltanto su strutture acquistabili, ma concepirlo e completarlo insieme a bambini e genitori. La fase di progettazione con i bambini è utilissima, e quindi ogni anno il nuovo gruppo in ingresso deve potervi partecipare; poi coinvolgere i genitori significa avere l’occasione di parlare di gioco e di portare sguardo e attenzione sulle potenzialità dei figli.

Può educare chi osserva da vicino i bambini, quotidianamente, nei loro progressi e nelle loro incertezze; vigili del fuoco, operatori di Asl e dei vari uffici tecnici no, ma sono utilissimi e da sfruttare se in possesso di statistiche specifiche, di norme certe (non di interpretazioni), perché tali saperi possono migliorare le azioni degli educatori.

 

[1] “Spazi ludici”, Acerbi, Giuliani, Martein – Maggioli editore

[2] Le biblioteche sono piene di manuali di giochi di gruppo!

[3] Qui presento l’impostazione generale. Ma mi riprometto di tornarvi e descrivere diversi impianti pensati dai nido alle scuole primarie: Naturalia; Il giardino creativo dei piccoli; Giardino primi passi; Giochi d’acqua; Il giardino della poesia; Asfalto con giardino.

[4] Debbo dire che mi diverto molto a svolgere stage di due giorni per dimostrare come si può realizzare quanto affermo!

[5] Ne ho redatto un lungo elenco nell’articolo sul nostro sito “Estate: c’è molto, oltre secchielli, palette e pallone”.

[6] Certo ciò comporta la scelta dello spazio, un pensiero convinto, il tracciamento desiderato, una trattativa preventiva con chi taglierà l’erba. Ma tutte le ditte sono dotate di falciatrice e decespugliatore. Tecnicamente lo sfalcio guidato è facilissimo e comporta forse dieci minuti in più di lavoro. Sperimentato direttamente!

[7] Ne descrivo i modi nel progetto “Naturalia”.

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