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Il vecchio dottore

Dario Arkel

Pedagogista e docente universitario


Il vecchio dottore è un libro prezioso perché leggendolo ci troviamo proprio di fronte alla genuinità di Korczak che parla finalmente in modo diretto con i bambini; la cosa veramente preziosa è che come parla Korczak ai piccoli dovremmo imparare noi genitori e insegnanti a farlo: la lotta di Korczak è proprio tra il bambino e l’adulto e aggiungerei tra il bambino e le istituzioni. Vale a dire, manca per il bambino una emancipazione diretta ad essere il fulcro della società, talvolta direi anche preso in considerazione dalla società.

Abbiamo visto in questi giorni della pandemia che non c’è stata una parola diretta sui bambini: o si trattava di scuola o di educatori o si trattava di trasporti o si trattava di mascherine.

Quindi il bambino soffre di una psicologia incompresa e non accettata dall’adulto e dalle sue istituzioni – quelle che Socrate avrebbe definito il massimo della responsabilità umana – è come se il cucciolo umano non fosse preso in considerazione.

Vorrei proprio segnalare qualcosa di molto importante contenuto in questo libro attraverso la lettura del finale della famosa Fiaba della vita, vale a dire la vicenda di Olek e Bolek, uno biondo e l’altro nero, che vivono in qualche modo una tragica “istituzione” razzista precipitata su di loro, tramutandoli da bambini liberi e amici quali erano, in un ebreo ed in un tedesco.

Bambini, sono assolutamente amici ma da ragazzi e quindi da adulti la società li trasforma in nemici e si trovano praticamente a battersi l’uno da una parte e l’altro dall’altra, in una spietata guerra. Sono adesso tutti e due aviatori, non sapevano a chi sparavano, vedevano solo alcuni aeroplani nemici e li hanno colpiti, e si sono colpiti tutti e due reciprocamente centrandosi all’unisono, perché avevano imparato a sparare bene.

Gli aeroplani sono caduti avvolti dal fuoco proprio nel momento in cui una bambina andava con suo padre fuori città per comprare qualcosa in campagna, una bambina che era cresciuta con i due amici, al loro fianco. Gli aeroplani sono caduti su quel padre ebreo e sulla ragazza ebrea, tre vedove piansero, ad una avevano ordinato di essere ebrea, alla seconda di essere tedesca, e la terza era rimasta liberamente la mamma di un’ebrea e moglie di un ebreo.

La mia fiaba termina qui, ma non è finita la loro fiaba, perché le loro anime sono rimaste, anche se i loro corpi sono bruciati, perché le anime sono ignifughe e quando muore una persona, la sua anima – senza aeroplano, senza benzina e senza pallottole di piombo – vola alta nel cielo. Le loro anime adesso sanno com’è e perché è finita così. Non si preoccupano più adesso, questi giovani morti, sono felici e non hanno più bisogno delle nostre lacrime, perché conoscono che cosa verrà.

Ecco, in questo racconto si legge tra righe che il bambino non nasce ebreo, non nasce con questo pensiero o quell’altro, come non nasce cattolico o non nasce tedesco, polacco o italiano. Nasce e basta.

Il bambino va considerato in quanto nato e quindi come altra persona con altra esigenza, un’altra mentalità; ha carattere creativo e noi adulti ci rallegriamo quando ci fa sentire amati e ci salta sulle ginocchia ma solo quando abbiamo tempo per accoglierlo. Ed è il tempo dell’adulto uno dei nemici maggiori. Rispetto al bambino, l’adulto vive il il non tempo, cioè il tempo solo per sé stesso, per il suo egoismo possessivo, che non gli permette di comprendere il bambino. Quando il bambino non è particolarmente affettuoso con i genitori, e quindi avrebbe bisogno di essere compreso con più attenzione, viene pressoché abbandonato.

Dico ai genitori, in un momento così difficile: stiamo molto più vicini ai nostri ragazzi, ai nostri bambini, sappiamo che hanno solo noi, perché sono chiusi, rinchiusi nelle mura di casa, diamo loro la voce per loro e la nostra vicinanza, che possa essere ispirata a quella del Vecchio Dottore, di Janusz Korczak che racconta le storie di Bolek e Olek, che vengono precipitati ad passare da grandi amici che erano, a dei nemici.

E’ auspicabile che ci sia sempre un grandissimo interesse per la figura del dottor Korczak che, non dimentichiamolo, non ha voluto abbandonare i suoi bambini a Treblinka e quindi è morto con loro.

L’ esempio di cui parlavo prima, di Olek e Bolek, in questo loro andare oltre la morte fisica è esattamente quello che sembra essere accaduto a Korczak e ai suoi bambini, perché loro vivevano quello che era il mondo della Storia non cronologica ma della Storia dell’opportunità perché i bambini vivono un eterno presente, un infinito presente, e questo infinito presente sembra quasi restituito a questi bambini di Korczak e allo stesso Janusz Korczak. Infatti, avviene che, dopo la morte dei bambini e di Korczak, succedono avvenimenti che veramente hanno dell’incredibile, uno su tutti è la Rivolta del Ghetto di Varsavia, la seconda sono i prigionieri di Treblinka che fanno saltare il forno crematorio, la terza la fuga di Sobibor, dal campo di sterminio di Sabibor, e poi c’è né una quarta… ecco, noi sappiamo che nell’ orfanotrofio del Dom Sierot di Janusz Korczak, i bambini, nella tipografia stampavano delle cartoline illustrate. L’ ultima cartolina, nel 1945, verso la primavera del ’45, viene ritrovata tra le macerie del Ghetto di Varsavia: questa cartolina, che era stata commissionata probabilmente dal Vecchio Dottore, ma non ne abbiamo certezza, mostrava dei fiorellini blu – blu violetto e una didascalia molto semplice ” Non ti scordar di me”. Questa cartolina, una volta di più, dimostra che vi era l’intenzione, tra le varie, di Korczak di perpetuare questo esempio contro le guerre e per la pace, quindi contro questi assassini che li hanno portati a morte. Costruendo la vita nel percorso di morte, Korczak costruisce la più grande opera d’ arte pedagogica di ogni tempo – e non lo dico solo io – che è stata quella di preparare questi bambini alla sicura morte, e preoccupandosi che i bambini potessero essere non solo tragicamente coscienti ma anche assolutamente bellissimi, preparati e consapevoli, con la possibilità di stare tra di loro e di poter giocare per l’ ultima volta al gioco della beffa al prepotente, e di poter stare insieme e andare oltre la speranza.

Questa è la ricetta dell’oltrenero, tra il buio più fitto nel quale si intravedeva la luce. Non si tratta di una speranza di tipo cristiano ma della speranza rinchiusa nel vaso di Pandora, quella che riporta alla mitologia più profonda. Perché l’uomo uccide sempre se stesso e per contro vi sono maestri come Korczak che mantengono viva questa speranza in termini concreti, nel medesimo vaso che i greci avevano identificato essere quello di Pandora.

Nel libro del 1912 di Korczak “Il diritto del bambino al rispetto” vengono enunciati i famosi tre principi fondamentali del diritto del bambino, da qui nasce la possibilità di un catalogo di diritti, che può essere considerato come un catalogo di valori, che è molto di più. I diritti molto spesso sono i diritti di una libertà talvolta senza responsabilità, quindi sprovvista di valori pragmatici, i diritti per Korczak, invece, sono i diritti dell’essenzialità, cioè il valore della vita contro la morte ed il valore del bello contro il brutto, il valore del vero contro la menzogna – e quindi il ripristino di quelli che sono i comandamenti contenuti nelle tavole mosaiche, ovvero gli elementi più semplici dell’umanità, tanto che possono essere riferiti come verbo. Ecco il verbo è l’azione umana, e l’azione umana secondo Korczak e secondo noi che siamo, diciamo, in qualche modo, i suoi discepoli se così si può dire, è la più grande delle intuizioni che si sia tramandata, la maggiore delle invenzioni positive che miete valori: è il valore della fratellanza, il valore della solidarietà, il valore dello stare insieme, della consapevolezza e della condivisione. Solo condividendo si può avere la vita con minor sofferenza e con più soddisfazione.

Ivan Illich si chiedeva: “Qual è la più bella esperienza della vita? E’ avere un amico”. Si è più ricchi con un amico, e ancor di più con un amore, ma se si ama l’ umanità e ci si comporta come chi ama l’ umanità, ecco che riscontriamo il valore principale per cui il Popolo Ebraico, 1500 anni prima di Gesù Cristo, si è messo in luce costituendo delle sue tribù un gruppo unico, le Leggi hanno creato un popolo unico dalle loro divisioni, ciò vuol dire che questo verbo, questa azione, queste parole contano ben di più, delle azioni scellerate che scatenano guerre, le ingiustizie e le prevaricazioni, e la non comprensione degli esseri umani. Quindi è ovvio che i diritti dei bambini e del fanciullo, la Carta della Convenzione di New York del 1989, si sia ispirata alla maggiore delle leggi dell’umanità, nel medesimo spirito primigenio. Se guarire un corpo è magnificenza, valorizzare un’anima è anche di più.

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