Il talento non è qualcosa di innato, ma un processo evolutivo.
Intervista a Susanna Mantovani e Maria Assunta Zanetti
“Se uno non ha talenti ma lavora con rigore può riuscire a ottenere grandi risultati. Se, al contrario, ha molti talenti ma non sviluppa é quasi certo che non ne venga fuori nulla» sostiene Susanna Mantovani docente di Pedagogia Generale e all’Università degli Studi di Milano Bicocca. Mantovani è specialista delle fasce d’età più piccole. Già alla scuola materna si possono cogliere delle predisposizioni: «é il caso del bilinguismo o del multilinguismo, ci sono bambini che giocano con i vocaboli e apprendono molto più velocemente rispetto a loro coetanei». Con i bambini è difficile riconoscere e distinguere tra passione e semplice curiosità. «Con il talento si esagera in un senso o nell’altro. Nel rimarcarlo: per un genitore ogni manifestazione dei figli, soprattutto molto piccoli, è straordinaria. E nel non riconoscerlo: come può accadere in una classe dove si lavora di più per il gruppo».
Ma talentuosi si nasce o il talento si può coltivare, costruire? «è preferibile parlare non di talento, ma di soggetti che hanno potenzialità tali da poter dare risultati straordinari», premette Maria Assunta Zanetti, direttrice di LabTalento, laboratorio italiano di ricerca e intervento sullo sviluppo del potenziale del talento e della plusdotazione, nato all’interno del Dipartimento di Scienze del sistema nervoso e del comportamento Sezione psicologia dell’Università di Pavia. «Il talento oggi non è più visto come un “qualcosa” che si possiede o non si possiede – spiega -, piuttosto come un “processo di evoluzione fluida basata su diversi aspetti”››. Tra questi aspetti Zanetti mette «la voglia di agire e di migliorare le proprie capacità›› e «la ricerca di occasioni non banali per mettersi alla prova in domini e problematiche nuove».
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Zanetti avverte che «l’essere esposti pubblicamente, osservati, giudicati, spesso spinge ì bambini verso il perfezionismo e un’esasperazione delle qualità per cui si sentono considerati “interessanti”››. Una condizione che li espone anche a «una fragilità emotiva» come effetto di una mancanza di sincronia «tra il livello di maturazione cognitiva e la competenza emotiva». E precisa: «Non di rado sono bambini che vanno incontro al rischio di non riuscire a modulare le emozioni, a non sentirsi capiti e considerati per la loro età, sviluppando alcuni disturbi del comportamento, sia nella direzione di un eccitamento anche esplosivo (iperattività) o di un’inibizione e un rallentamento (timidezza anche estrema, isolamento, tanta tristezza), e andando incontro a situazioni scolastiche di insuccesso perché non viene adeguatamente alimentato il loro grande desiderio di conoscenza e scoperta››. Per Zanetti è importante aiutare i bambini a sviluppare i loro talenti in modo corretto e in età precoce.
La pedagogista Mantovani è dell’idea che i talenti vadano lasciati esprimere e per farli sviluppare è utile un «contesto ricco», vale a dire «un ambiente in famiglia e nella scuola dell’infanzia che permetta ai talenti di manifestarsi anche se non è detto che si mantengano nel tempo. Un talento precoce nella danza o nella musica richiede disciplina per durare››.
Se è vero che il talento è una potenzialità che deve trovare il terreno per esprimersi – osserva Mantovani – serve anche «un aggiornamento di quelli che vengono ritenuti talenti. «Nelle nuove generazioni l’uso delle tecnologie fa aumentare le capacità creative e di espressione sul piano grafico e su quella visivo; meno, invece, nell’ambito linguistico. I ragazzi di oggi hanno molti talenti che non vediamo perché non li sappiamo riconoscere››.
In questo può venire in soccorso un film, nelle sale in questi giorni, Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali opera del regista visionario Tim Burton, a partire dai libri di Ransom Riggs, che racconta di giovani con doti fuori dal comune: dalla capacità di controllare il fuoco a quella di volare a quella di diventare invisibili. Ma più che talenti questi sembrano superpoteri.
Tratto da: “Il talento si può imparare. Proprio così” a cura di Severino Colombo, LA LETTURA, Corriere della sera 18 dicembre 2016