A cura del Coordinamento Pedagogico Unione Terre d’acqua (Bo)
Se un uovo viene rotto da una forza esterna, la vita finisce.
Se viene rotto da una forza interna, una vita inizia.
Le grandi cose iniziano sempre da dentro.
(Jim Kwik)
Siamo sicuri che il bambino possa davvero costruire il mondo? È realmente in grado di sapere ciò che è bene per lui? Gli adulti riescono a credere nel bambino e nelle sue potenzialità, a osservarlo senza pregiudizi, mettendo da parte idee preconfezionate?
Diventare adulti consapevoli del proprio ruolo educativo, capaci di affiancare il bambino rendendolo realmente protagonista, richiede un lungo lavoro fatto di scambi, formazione e osservazione.
È un lavoro complesso che per fortuna non si fa da soli, ma all’interno di un sistema educativo.
Quello che segue è il racconto del percorso che stiamo tentando di fare nei nidi e nelle scuole dell’infanzia del nostro territorio per permettere al bambino di costruire davvero il suo mondo.
Circa quindici anni fa le pedagogiste di un piccolo distretto di quattro comuni della provincia di Bologna, decidono di incontrarsi per mettere insieme idee e organizzare percorsi formativi per le educatrici dei nidi, per quel gusto, molto emiliano, del discutere e fare insieme.
Si sente il bisogno di condividere pensieri, visto il ruolo da solista che spesso riveste il la coordinatrice pedagogica tanto che, negli anni, da strumento più organizzativo, il gruppo diviene contenitore di dubbi, sostegno alle difficoltà, confronto sulle situazioni.
Diventa un gruppo più numeroso e variegato, accorpa al suo interno professioniste di diverse provenienze: cooperative, privati, FISM e pedagogiste di altri due comuni che, intanto, si sono aggregati al distretto originario, ormai orientato verso l’unione di Terre d’Acqua. Nel frattempo dalla Provincia arriva la richiesta di lavorare sul progetto pedagogico del nido, documento scritto della filosofia di ogni servizio e di analizzare la qualità educativa attraverso un apposito strumento di valutazione.
Siamo negli anni intorno al 2010 e il coordinamento di distretto ipotizza percorsi formativi che sostengano i gruppi in questo cammino, strutturando una formazione triennale che vada a lavorare su tre aspetti fondamentali della professione educativa: qualità del fare, delle relazioni, dei contesti.
Dopo i primi due anni, tuttavia, non si vedono risultati apprezzabili: i gruppi di lavoro presentano una certa stanchezza e propongono modalità lavorative che necessitano un ripensamento.
All’interno del gruppo di coordinamento sono presenti pedagogiste di nidi privati che stanno lavorando da qualche anno con professionisti del Centro Nascita Montessori di Roma, con esiti molto positivi. Così si decide di tentare questa strada, nella speranza che questo altro approccio possa scardinare alcune modalità cristallizzate nel tempo.
Condotte dai formatori del gruppo Percorsi per Crescere di Castellanza di Varese, coordinatrici ed educatrici iniziano a mettere in discussione percezioni e certezze consolidate negli anni.
Pur comprendendo come pedagogiste la positività del percorso, si capisce da un lato il lungo lavoro che si ha davanti e dall’altro l’impossibilità di presentare ai gruppi delle risposte salde e sicure. Si entra in una dimensione di ricerca, dove si deve per forza stare nel gruppo e con esso lavorare. Solo osservando davvero, muovendosi negli spazi, ipotizzando proposte di gioco in relazione ai bambini reali si riesce – insieme – a muovere i primi passi verso il cambiamento.
I nostri riferimenti teorici
I principi emersi dal processo formativo, che hanno dato avvio a nuovi percorsi sono:
Individualizzazione
Nei nostri servizi era consuetudine svolgere attività in gruppo.
Questa modalità educativa è stata messa in discussione: ogni bambino deve sentirsi un soggetto con risorse e bisogni diversi, quindi non può essere considerato uno dei tanti. Gradualmente, ci si è spostati dal contesto della pluralità a quello della singolarità: il noi è diventato io, il voi è diventato tu, i bambini hanno lasciato il posto al bambino. “La cura della singolarità del bambino è il punto di partenza del percorso educativo, la socializzazione il punto di arrivo.” (Grazia Honegger Fresco, incontro del Coordinamento Pedagogico di Terre, Castellanza di Varese – Bg – il 21 aprile 2015).
Ambiente preparato
Nei nostri servizi era consuetudine che i bambini, per svolgere la loro attività, dipendessero dall’adulto.
A questo scopo, il lavoro di modificazione dell’ambiente è stato fondamentale per creare spazi adeguati agli interessi di ciascun bambino, per dargli la percezione di essere accolto e farlo sentire sicuro; spazi ben differenziati e riconoscibili da lui, con pochi materiali selezionati di facile riordino, messi a disposizione al momento giusto in una complessità crescente. “Dobbiamo essere totalmente organizzate affinché il gioco del bambino risulti spontaneo”. (Paola Tonelli, Seminario “Le scatole azzurre” organizzato dalla Cooperativa Cadiai di Bologna il 29/03/2014).
La libertà di scelta
È pregiudizio diffuso che il bambino non sia in grado di scegliere
Nella realtà dei nostri servizi, l’adulto tendeva ad anticipare le azioni dei bambini, orientandoli su proposte predefinite. Ma, una volta predisposto l’ambiente in modo più rispondente alle esigenze individuali dei bambini, abbiamo verificato che molti di loro erano perfettamente in grado di scegliere l’attività da svolgere, in quale angolo giocare, quale materiale utilizzare. Questo rende possibile l’osservazione del percorso originale del bambino, che sa ciò di cui ha bisogno molto meglio dell’adulto.
L’attenzione e la concentrazione
L’eccesso di stimoli induce povertà di attenzione e discontinuità nella concentrazione
“L’attenzione collega gli eventi che hanno luogo simultaneamente nella mente (…). E come sostiene una nota legge scoperta dalle ricerche sul cervello, i neuroni che si attivano insieme si collegano tra loro. Il bambino si concentra facendo un’attività liberamente scelta” (Raniero Regni, Convegno di Brescia 2014, La mente del bambino: Maria Montessori e le neuroscienze”) in un ambiente adeguatamente predisposto. Di seguito, la concentrazione trae vantaggio dall’attività manuale con oggetti rispondenti alle abilità raggiunte e nel rispetto dei tempi individuali. “Fare e conoscere sono un binomio inscindibile” (Id.) Il rafforzamento di questa esperienza attiva del bambino sostiene e alimenta la sua predisposizione ad apprendere.
Il Nido come ambiente di vita
Il Nido è un ambiente completamente nuovo per il bambino
Il bambino ha bisogno di trovarsi a suo agio nell’ambito della relazione intersoggettiva, ma anche nel contesto ambientale. Nell’educatrice egli deve percepire la stabilità e la continuità delle cure, nell’ambiente deve sentirsi fisicamente bene, psicologicamente protetto. “L’ambiente deve essere un luogo familiare al bambino, una sorta di “habitat naturale” nel quale tutto favorisce lo sviluppo del senso di protezione e dell’indipendenza”. (Grazia Honegger Fresco, Un nido per amico, 2007, La Meridiana)
Cosa è cambiato
L’adozione di tali principi e pratiche richiede una profonda trasformazione ai gruppi di lavoro.
Maria Pia Fini del Centro Nascita Montessori di Roma, sottolinea l’importanza di “creare le condizioni affinché il nido sia un luogo di formazione permanente per le educatrici” e indica come “il modo di lavorare con i bambini sia poi strettamente legato a una continua revisione dell’atteggiamento personale, a un persistente allenamento all’osservazione e al rispetto dei ritmi infantili” (Belotti Gianini Elena, Honegger Fresco Grazia, Educazione dalla nascita, l’esperienza del Centro Nascita Montessori, Emme Editore, Milano, 1983).
È necessario che le coordinatrici, in un simile percorso, partecipino attivamente a questo cambiamento con lo scopo, da un lato, di accompagnare e sostenere i gruppi di lavoro; dall’altro, di attivare gli stessi cambiamenti su se stesse e sul proprio sguardo rivolto ai bambini, agli adulti e al gruppo di lavoro. Questo si traduce nello stare vicino, essere dentro al gruppo, sentirsi parte, ma anche nel fare insieme, discutere, abbandonare l’atteggiamento giudicante, mantenendo la capacità di guardare il sistema con uno sguardo più esterno.
L’esercitare in modo diverso questa funzione, l’interrogarsi su come realizzare nei nidi questi cambiamenti, hanno trovato nel Coordinamento distrettuale delle Terre d’acqua il luogo per il confronto permanente sui principi e sulle pratiche educative.
I risultati possono essere rappresentati da un doppio Movimento:
– essere coordinatrice: stare dentro, riavvicinarsi ai gruppi di lavoro;
– essere coordinamento: portare fuori, coinvolgere altre realtà del territorio in questo processo.
In questo percorso la formazione ha avuto la funzione di elemento attivatore del cambiamento e riferimento fondamentale, mentre il Coordinamento è stato lo strumento che ha sostenuto le singole coordinatrici e le ha aiutate a costruire una diversa identità di ruolo.
E’ in questo senso che si può affermare che questo processo ha consentito davvero una riflessione approfondita su cosa significhi, come coordinatrici, essere figure di sistema, svolgendo una funzione di vero sostegno e affiancamento ai gruppi di lavoro, ma operando contemporaneamente affinché quello che accade dentro al nido divenga prezioso e significativo per l’intera comunità.
Il percorso verso lo 0/6
Nel nostro distretto già dal 2006-2007 alcune pedagogiste svolgono un ruolo di coordinamento per le scuole dell’infanzia statali del territorio. Si tratta di un numero di ore non elevato, a fronte della complessità delle situazioni e del numero di bambini.
Nonostante ciò, questa presenza, caratterizzata da osservazioni nelle sezioni, scambi con le insegnanti sulle pratiche educative e colloqui di consulenza alle famiglie, rende possibile un confronto relativo alle tematiche che parallelamente stanno emergendo nell’ambito della formazione sullo 0/3.
Tale confronto permette l’avvio di percorsi formativi mirati e quindi, anche con le insegnanti del 3-6 del distretto, si inizia a parlare di libera scelta, della possibilità che ogni bambino segua un suo percorso, dell’ambiente come educatore aggiuntivo, del ruolo dell’adulto.
L’obiettivo dell’intero percorso è quello di costruire una “vera” continuità educativa, che vada oltre l’estemporaneità di progetti realizzati ad hoc solo in determinati periodi dell’anno, ma che si basi sulla condivisione dell’idea di bambino e del ruolo educativo dell’adulto che lo affianca.
La presenza delle coordinatrici pedagogiche nelle scuole statali non ha le stesse caratteristiche che assume all’interno dei nidi comunali, e questo rende il percorso un po’ più complesso; tuttavia consente comunque, un lavoro di rete che facilita lo scambio per realizzare un progetto educativo coerente su tutta la fascia 0/6 anni.
Una narrazione
Narrazione di una Pedagogista del Coordinamento delle Terre D’Acqua
La cosa che più mi ha aiutato nel rapporto con il gruppo di lavoro è il rimettere al centro degli interventi di tutti gli adulti il bambino. Quanti gruppi di lavoro a parlare degli adulti! Ho capito che al centro era sempre l’adulto, anche quando sembrava che parlassimo dei bambini.
Ho cominciato quindi a capire quanto fosse importante osservare e che il modo in cui osservi il gruppo di lavoro e le parole che usi, sono strettamente corrispondenti al modo in cui le educatrici fanno le loro osservazioni sui bambini. Se dico alle educatrici che i bambini della loro sezione non mi sembrano molto autonomi, mi possono rispondere che per loro sono autonomi, ma se sono descrittiva rispetto a ciò che vedo, ho la possibilità di attivare un vero confronto.
Ho capito che tutto ciò va costruito e condiviso senza fretta nel gruppo di lavoro, perché i cambiamenti hanno bisogno di tempo e spesso, nelle fasi di passaggio, vedi situazioni incongruenti, che forse sembrano peggiori di quella dalla quale sei partito.
Perché posso riuscire a dare tempo di apprendere e crescere ai bambini, solo se lo do anche a me stessa e ai gruppi di lavoro.
Narrazione Insegnante Rita Risi, Scuola Infanzia Nicoli San Giovanni in Persiceto (Bo)
Premetto che è un periodo in cui mi sto guardando dentro sia come persona che come insegnante per tentare di capire ciò che mi spinge nell’iter lavorativo. Ciò per me è molto utile per andare in profondità e mettermi in discussione.
Credo molto che l’osservazione sia alla base di tutto.
Perché continuiamo a metterla in secondo piano o in terzo o addirittura non la consideriamo nemmeno come punto di partenza? Mi chiedo anche se siamo capaci di osservare.
Da dove partiamo? Dai nostri bisogni o da quelli dei bambini? Dai nostri o dai loro pensieri?
Come faccio a partire dai loro desideri se non mi fermo ad osservarli per scoprirli?
All’osservazione va dedicato tempo….
Ora mi trovo a scrivere i profili di alcuni bambini per i prossimi colloqui con i genitori e mi rendo conto che di alcuni non ho osservato e scritto nulla: ciò mi disturba e non posso e non voglio essere tranquilla!
Forse avremmo bisogno di aiuto…..magari di una figura pedagogica stabile all’interno della scuola che cammini con noi!
Narrazione Tirocinante Serena Riolo (Università di Bologna)
Mi chiedo, per chi stiamo lavorando tanto? Per una nostra soddisfazione personale, per il nostro orgoglio personale, o per il benessere dei bambini e delle bambine? Perché si fa tanta fatica a capire, che al centro bisogna mettere il bambino?
Perché ci si meraviglia tanto di quanto lo strumento dell’osservazione possa essere
utile per capire? Perché si fa tanta fatica a comprendere che i bambini non sono stupidi, che hanno le loro capacità, che bisogna dare loro fiducia… Perché si sente la necessità di organizzare le giornate, partendo dalle risorse che si hanno a disposizione, invece che dai bisogni dei bambini? Perché ci si meraviglia nel sapere che delle maestre sentono la necessità di avere un supervisore? Non dovrebbe essere “normale”? Perché il Pedagogista non è richiesto anche alle primarie, alle secondarie, in altri campi educativi? Perché non viene messo questo al primo posto, nelle agende politiche? Perché la politica non comprende che se le persone stanno bene, anche l’economia può migliorare? Perché non si cerca di unire le forze per cambiare le cose davvero importanti? Perché si devono vedere dinamiche di competizione o insoddisfazione tra il personale che lavora per dei bambini? E’ vero che siamo esseri umani e che ognuno di noi ha i propri vissuti, ma se non si è in grado di mettere al centro il bambino credo che non si debba fare questo mestiere. Se non si è in grado di salvaguardare l’infanzia, credo che non si dovrebbe ricoprire il ruolo di “politico”, se non si è in grado di vedere i bambini, forse è meglio starne alla larga.
Il Coordinamento Pedagogico Unione Terre d’acqua (Bo) è composto da:
Daniela Bernardi – Angela Camasta – Antonella Cardone – Miriam Cesari – Irma Crepaldi – Livia di Pilato – Rita Ferrarese – Roberta Giacobino – Emanuela Imbriaco – Elisa Mortara – Rosalina Blanco Perez – Rosanna Restaino– Mara Silvestri – Silvia Travaglini – Lucia Zucchi
Ringraziamo la Cooperativa Percorsi per Crescere di Castellanza di Varese che ci ha accompagnato in questi tre anni in un percorso di formazione che ci ha arricchito profondamente, proponendoci nuovi sguardi sul bambino.