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I servizi educativi diffondono cultura d’infanzia

Paola Toni

Formatrice


Comunicare, promuovere, valorizzare

L’importanza della comunicazione dei servizi educativi

I servizi educativi devono comunicare valori e significati e sviluppare reciprocità e condivisione. Alcune caratteristiche specifiche dei servizi rendono difficile la comunicazione. Alcuni esempi: il servizio educativo esiste se qualcuno lo usa altrimenti resta uno spazio ben arredato e colorato. Questa logica considerazione deve farci comprendere il ruolo strategico delle famiglie nella promozione attraverso il passaparola positivo. E ancora: le principali caratteristiche dei servizi che ci vengono suggerite dalle teorie di management, sono l’intangibilità, l’inseparabilità, l’eterogeneità e la deperibilità, elementi che richiedono riflessione ed attenzione nei percorsi di comunicazione.

Una doverosa premessa

Prima di ragionare su tutti gli strumenti e le azioni che si possono compiere per comunicare i servizi educativi, bisogna riflettere su alcune caratteristiche insite nei servizi, in tutti i servizi e quindi anche in quelli per la prima infanzia.

Bisogna anche ricordare che la parola comunicazione nel suo significato di “mettere in comune, far partecipe” racchiude la parola reciprocità: si comunica per avere e pretendere uno scambio, per creare relazioni, per interagire, per avere riscontri, per mettere insieme. Se questo non succede vuol dire che stiamo danno solo informazioni, magari utili, ma spesso è una fatica sterile: non crea situazioni utili perché abbiamo costruito un canale univoco che non prevede feedback e quindi non svilupperà interazione e condivisione, fondamentali per gestire al meglio i servizi.

Comunicare i servizi non è cosa semplice perché mentre il prodotto è tangibile, concreto, solido, il servizio è intangibile, vive di sensazioni e si manifesta nel momento che si sta usando: il servizio medico si sviluppa nel momento in cui un paziente chiede aiuto al medico, altrimenti resta uno spazio ambulatoriale ma non un servizio sanitario. Lo stesso vale per le strutture educative: esistono in quanto “servizi” nel momento in cui le famiglie mandano i loro bambini, altrimenti restano delle belle aule attrezzate e colorate con personale preparato, ma che non “produce” servizio.

Il prodotto si può provare, toccare e può essere ben visibile in fotografia o in un disegno mentre il servizio può essere raccontato e il linguaggio deve essere all’altezza nel descrivere una progettualità complessa e diversificata e la ricerca delle parole giuste è di fondamentale importanza. Le immagini forse riescono meglio a comunicare il servizio soprattutto un filmato che propone anche il movimento, lo svolgimento in azioni dei contenuti, ma dovrebbe anche far scaturire, in chi guarda, l’atmosfera e le sensazioni che si vivono fruendo di quel servizio. E questo richiede una buona abilità tecnica e grande sensibilità, sia nelle riprese che nel montaggio.

Il servizio vive di percezioni (quindi di un ambito altamente individuale e suscettibile che nasce dal proprio modo di pensare, di approcciarsi ai problemi, di sentirsi parte di essi) e di passaparola (cioè dell’esperienza che altri hanno fatto di quel servizio che a loro volta nasce dal confronto con altre esperienze, altri modi di pensare etc).

Le caratteristiche dei servizi

Ragioniamo sui significati e sull’importanza che le caratteristiche dei servizi hanno e quali implicazioni comportano nel percorso di comunicazione e promozione.

Una prima distinzione: i servizi possono essere pubblici o privati e avere come interlocutore necessario alla loro esistenza un utente o un cliente. Chi deve rinnovare il passaporto o la carta di identità è un utente perché deve utilizzare dei servizi pubblici e solo quelli (anagrafe, questura, etc). Quando il cittadino può scegliere è cliente.

I servizi educativi, con qualunque tipologia di gestione, hanno “clienti” perché le famiglie possono scegliere tra una gamma abbastanza vasta, anche se questa varietà e opportunità è presente di più in alcune regioni d’Italia. Il servizio che non ha concorrenti può vivere senza comunicare: è sufficiente che dia l’informazione del proprio indirizzo, orario di apertura e di chiusura. Anche l’accessibilità, che è un elemento strategico, non ha così tanta importanza per il mantenimento di quel servizio. L’utente ne ha bisogno, non può farne a meno e anche se in zona scomoda, lo raggiungerà.

I servizi possono poi essere basati sulle attrezzature (esempio il bancomat, un autolavaggio etc) o sulle persone. I servizi educativi hanno nel personale il loro punto di forza e il loro vantaggio competitivo: sono le persone che fanno il servizio, con la loro preparazione e progettualità, con il loro stile, con la loro capacità di accogliere e far sentire a proprio agio adulti e bambini, con la loro abilità nel gestire e trovare soluzioni nei momenti di difficoltà e di tensione. Ma perché quel servizio educativo abbia successo, queste competenze devono essere comunicate e devono raggiungere il maggior numero di persone.

I servizi quindi, rispetto ai prodotti, hanno quattro caratteristiche specifiche: intangibilità, inseparabilità, eterogeneità e deperibilità.

Intangibilità: possiamo renderla concreta?

I servizi non si possono né provare, né toccare. Per sapere se funzionano devo usarli. Posso sentirne parlare, ma è la percezione e il giudizio di un’altra persona diversa da me. Un prodotto posso provarlo, toccarlo, assaggiarlo mentre il servizio, per capire se mi è utile, devo proprio usarlo e capisco se va bene quando l’ho già utilizzato (pensate ancora alla visita medica…) e per chi eroga servizi e li deve comunicare come fa a superare questa difficoltà? Come si ovvia a questa caratteristica?

Le risposte, e molte peraltro già adottate nei servizi educativi, sono molteplici. Eccone alcune:

  • l’uso di elementi concreti e tangibili (es. dimensioni architettoniche della sede, uso degli spazi, utilizzo di determinati materiali, molto attenzione ai particolari, come i colori, i giochi, la posizione degli arredi etc),
  • la preparazione del personale e la loro capacità di ascoltare, accogliere, progettare, lavorare insieme e creare dei team eccellenti etc,
  • l’utilizzo del passaparola predisponendo degli strumenti che lo rendano continuativo, utilizzando ad esempio il questionario di customer satisfaction per i genitori o pianificare con regolarità gli incontri con le famiglie per verificarne il gradimento e avere dei suggerimenti etc,
  • la creazione di una forte immagine, ma ancor meglio sarebbe far diventare quel servizio uno “status symbol” , cioè un luogo “privilegiato”, dove ci si sente fieri di portare i propri figli perché si sa che staranno bene, dove generazioni di famiglie hanno portato i loro piccoli (“anche il mio bambino va in quell’asilo d’infanzia, in quella scuole… etc)… come accade già in tante situazioni.

Se si attua una comunicazione volta al consolidamento del nome del servizio non bisogna mai dimenticare di citare anche l’istituzione o l’impresa di cui fa parte: spesso si sente parlare di un asilo nido ma difficilmente dell’ente comunale o della cooperativa che lo gestisce. Il nome del servizio è importantissimo, deve ben entrare nella testa dei cittadini, ma anche il senso di appartenenza ad un ente più ampio può dare forza ed aumentarne l’importanza. Spesso ho sentito frasi di questo tipo “Ah, siete comunali? Non sembrava!”….. oppure “E’ una cooperativa che gestisce? E siete così brave?!” frasi pronunciate e sostenute da un grande senso di incredulità!

Un altro ambito da perseguire con tenacia è la comunicazione che esplicita i valori e la mission del servizio. Come fare? La comunicazione delle attività, dalla festa di Natale a quella di fine anno, dovrebbe avere sempre un titolo, uno slogan, un sottotitolo che li evidenzi. Quindi non è sufficiente dire : Incontriamoci per gli auguri…. Festeggiamo il Natale….. Bambini e famiglie per… ma meglio sarebbe “Incontriamoci e facciamo festa” oppure “Tutti insieme così Il Natale è gioioso” oppure “Stare insieme ci rende più belli” ( con un pizzico di ironia….). Sottolineare i valori della festa, del stare insieme, del concedersi momenti gioiosi. Questo deve fare obbligatoriamente la comunicazione prodotta dai servizi educativi: rendere concreti l’accoglienza, l’unione di tante forze differenti, la gioia e la bellezza dello stare insieme. Non bisogna mai stancarsi di ribadirlo e di scriverlo.

Inseparabilità: la sfida quotidiana

Chi sta facendo, ad esempio, una borsa e sta utilizzando delle macchine, nel momento del lavoro non sarà senz’altro interessato o influenzato da chi compererà poi quel prodotto. E lui/lei, con il suo aspetto fisico, i suoi valori e le sue capacità relazionali non potrà persuadere o suggestionare il compratore perché non lo sta incontrando, non lo conosce forse mai lo conoscerà, produttore e compratore non sanno nulla uno dell’altro.

Nel servizio, e soprattutto nel servizio educativo, si delinea e si struttura una stretta dipendenza tra il fornitore di servizi e i loro clienti, genitori, bambini o altri utenti che condividono la medesima esperienza.

Chi produce il servizio ha bisogno di chi lo sceglie e lo usa e solo dal loro incontro che si realizza.

L’interazione tra consumatore e fornitore di servizi può rappresentare un momento motivante che nella maggioranza dei casi, procura grande gioia e soddisfazione, ma può diventare, nei momenti critici, un elemento di difficile gestione, una minaccia: il personale è “sotto-osservazione continua”, i genitori e i nonni (sino a poco tempo fa i veri concorrenti degli asili d’infanzia) giudicano, valutano, ordinano, chiedono etc.

Se l’inseparabilità può essere considerata una grande opportunità, la soddisfazione del fruitore (ma in questo caso sono due, i bambini e le loro famiglie) è la grande sfida quotidiana.

La relazione e la reciprocità sono alla base e diventa un legame fisico che assume una dimensione tangibile che alimenta sentimenti ed emozioni, dalle necessità di essere rassicurati, alla conquista della fiducia, alla condivisione della progettazione pedagogica, all’allegria e alla gioia che nei servizi educativi si vive. Il sorriso è l’elemento basilare che sprigiona una potenza incredibile, soprattutto se è reciproco, educatrice e genitore.

In questo ambito riveste molta importanza la rappresentazione di sé, personale educativo e famiglie: il percorso di conoscenza e di accettazione gli uni degli altri è dato, inizialmente, da quello che si percepisce come simile o di valore per chi guarda. Alcuni atteggiamenti e comportamenti assumono poi carattere universale, come il sorriso, la gentilezza, e per dare il senso della tangibilità (e della rassicurazione) hanno una rilevanza particolare l’aspetto fisico e l’abbigliamento etc.

La partecipazione, componente essenziale del servizio, va gestita e organizzata in modo da trarre il maggior vantaggio reciproco. Io spesso suggerisco di fare una specie di “bilancio delle competenze” dei genitori o dei nonni o degli adulti responsabili di quei bambini perché se conosco “cosa sanno fare” posso proporre o accogliere idee e progetti utili per tutti. Una famiglia che si sente non solo accolta ma anche valorizzata può diventare una efficiente promoter e grande sostenitrice del servizio.

L’eterogeneità e variabilità , elementi sempre più strategici

Nel servizio manca l’uniformità tra una prestazione e l’altra perché ogni persona, sia chi lo eroga e sia chi lo usa, è diversa. E questa è una ricchezza che andrebbe maggiormente interiorizzata.

La standardizzazione o meglio i molteplici tentativi di rendere visibile e valutabile la qualità, negli ultimi 30 anni, hanno prodotto tanti studi sfociati poi nella produzione di strumenti di valutazione. Non sono stati analizzati solo gli ambienti, l’igiene, l’alimentazione (i dati di concretezza e tangibilità del servizio e più facilmente individuabili) ma molti sforzi sono stati profusi per valutare il servizio, la progettazione pedagogica e la relazione (elemento effimero di intangibilità reso simile e continuo).

Oggi, se va avanti con più vigore la proposta dell’Open Group (Lavoro Aperto) si verificherà una sempre maggiore eterogeneità nel servizio educativo perché in quella metodologia viene enfatizzata la scelta e la volontà del bambino, uno, unico nelle sue esigenze e nei suoi desideri.

I valori, gli obiettivi e i risultati che si vogliono raggiungere saranno sempre alla base delle attività e della quotidianità. Perché questo si realizzi serve molta comunicazione interna intesa come confronto e analisi dei comportamenti più utili in una logica di miglioramento continuo che ogni operatore deve vivere come sua grande opportunità. Il ruolo del coordinatore/trice pedagogico/a è fondamentale per creare questo clima di operosità dinamica.

Deperibilità…. Ma quante iscrizioni ho?

Il quarto elemento è la deperibilità che significa che non posso conservare, archiviare il servizio né l’impiego della capacità e potenzialità inutilizzata.

I problemi derivanti sono: domanda superiore dell’offerta che provoca tempi di attesa lunghi o riduzione della qualità; domanda inferiore dell’offerta con una sottovalutazione delle capacità del servizio, una resa economica inferiore etc.

Forse oggi il rischio è proprio quello della diminuzione di richiesta che costringe a riflettere su alcuni ambiti su cui poi costruire il piano di comunicazione e che sono: il sistema delle iscrizioni (a volte troppo complicato e difficoltoso, ma oggi dovrebbe essere online), il prezzo che potrebbe/dovrebbe diventare più “flessibile” proprio per venire incontro ai bisogni economici delle famiglie, lo sviluppo di servizi complementari, l’aumento della partecipazione del “fruitore adulto” . Ma tutto questo va ben comunicato.

Preso consapevolezza di questi elementi nel prossimo articolo ci addentreremo sulla comunicazione interna e la riflessione sull’importanza del clima interno per la promozione e la comunicazione dei servizi educativi.

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