Milena Manini
I primi anni del nuovo secolo hanno ricollocato in primo piano, dal punto di vista politico culturale e legislativo, il tema dell’educazione dell’infanzia da zero a sei anni, questione rimasta tendenzialmente in ombra dopo l’esaurimento dell’imprinting progettuale ed economico della legge n. 285/1997. Le sue deliberazioni permisero il riconoscimento e il consolidamento del sistema dei servizi secondo una duplice direzione: una educativa, caratterizzata dalla compresenza di nidi, scuole dell’infanzia, tipologie integrative e tipologie sperimentali ed una politica organizzativa di con-correnza gestionale tra sistema pubblico e sistemi privati.
Anche il dibattito pedagogico educativo si è orientato e si orienta in tali direzioni, considerando la necessità di adeguamento continuo di questi servizi alle istanze delle famiglie e dei bambini in particolare, ma attento soprattutto alla loro qualità, o meglio a coniugare qualità e quantità con le relative implicazioni e necessità economiche.
Negli ultimi tempi hanno contribuito al riaccendersi dell’interesse e delle iniziative due eventi molto diversi ma concomitanti: l’aumento delle nascite che, nell’ultimo lustro, ha generato un incremento di richieste soprattutto di nidi ma anche di altre tipologie e le Raccomandazioni delle Commissioni europee per l’infanzia che, a partire dal 1996, e in successive deliberazioni,
avevano indicato standard qualitativi e quantitativi da raggiungere nell’arco di un decennio. Più precisamente, la Rete europea per l’infanzia aveva individuato quaranta obiettivi di qualità dei nidi e delle scuole che avrebbero dovuto essere raggiunti da tutti i Paesi dell’U.E. nell’arco di un decennio e indicato uno standard di offerta tale da soddisfare almeno il 33% dei bambini in età zero-tre.
L’Italia, così come molti altri Paesi dell’Unione, alla scadenza del 2006 è giunta inadempiente; pertanto il governo sta cercando di potenziare i Servizi per i piccoli che, a livello nazionale, raggiungono la copertura di appena il 9,9% dei bambini in età zero-tre. Il prolungamento fino al 2010 dei tempi per il realizzare quell’obiettivo non sarà certamente sufficiente per raggiungere la soglia richiesta a livello nazionale, considerando le condizioni di alcune Regioni italiane, tuttavia la riapertura del dibattito sull’estensione e generalizzazione delle istituzioni educative non obbligatorie, lascia intravedere buone prospettive.
Alle due precedenti, nell’ultimo triennio, si è aggiunta una terza variabile: la questione dell’inizio dell’obbligo, nel quadro di una ristrutturazione complessiva del sistema scolastico; tale riforma ha coinvolto, come è naturale in un approccio sistemico, anche le istituzioni educative per la prima e seconda infanzia, rischiando di creare danni all’intero comparto educativo zero-sei.
Nell’anno 2006 le questioni precedenti, ripensate secondo un approccio unitario e nella prospettiva di un’Europa dei servizi, sono emerse contemporaneamente con i loro nodi problematici; pertanto, considerando esperienze già sporadicamente presenti in diverse Regioni italiane (sezioni ponte, sezioni primavera, sezioni unificate di nido e scuola dell’infanzia), si è ritenuto opportuno, secondo una rinnovata politica dell’iniziativa pubblica, avviare forme di sperimentazione denominate appunto “Sezioni primavera o ponte”.
Tali “sezioni sperimentali aggregate alle scuole dell’infanzia”, che accolgono bambini e bambine dai ventiquattro ai trentasei mesi, sono le ultime nate per quanto riguarda la programmazione dello stato, che le riconosce ufficialmente stanziando fondi, indicando criteri indispensabili per il loro funzionamento e istituendo un Gruppo paritetico di rappresentanti dei Ministeri e di tutti gli enti interessati, secondo quanto previsto dalle leggi sull’autonomia locale, al fine di dare avvio ad iniziative di qualità. (…)
Non v’è dubbio che tutte queste esperienze con cui si sono commisurati molti Servizi e istituzioni educative dovranno essere il punto di riferimento per attivare buone pratiche nelle nuove tipologie di cui sopra. (…)
Confrontando le caratteristiche comportamentali dei bambini di alcuni Nidi comunali e alcune Sezioni Primavera federate alla FISM, utilizzando le categorie dell’osservazione, dell’ascolto, della comunicazione e dell’azione per un’analisi molto puntuale e dettagliata delle relazioni tra pari e tra questi e le educatrici, la presente pubblicazione mette in luce alcune specifiche caratteristiche delle Sezioni Primavera in contesti specifici dove si praticano strategie sistematiche di continuità con le Scuole dell’Infanzia.
Ancora una volta emerge, dall’analisi delle istituzioni educative nelle loro dinamiche quotidiane, l”importanza delle scelte educative dirimenti rispetto al tipo di Servizio. Vale a dire che le nuove tipologie organizzative, per costituirsi quali strutture di qualità, devono organizzare la loro didattica secondo forme in parte già consolidate nelle esperienze dei Nidi e in parte da inventare considerando la specificità di sezioni ponte con la Scuola dell’infanzia.
In tale direzione, le esperienze precedenti e la ricerca qui testimoniata ci suggeriscono alcuni criteri di qualità che potrebbero essere analoghi sia per i Nidi sia per le Sezioni Primavera, ma che dovrebbero configurarsi specificamente, in relazione ai differenti contesti organizzativi. Vediamoli.
a) In primo luogo promuovere interazioni sociali tra bambini di età diverse. Nelle Sezioni Primavera federate alla FISM, infatti, ogni giorno vengono programmati e realizzati incontri tra i bambini delle Sezioni Primavera e quelli della Scuola dell’Infanzia; questa pratica si rivela positiva, secondo quanto emerge dalla ricerca, per ridurre i momenti di conflittualità che appaiono molto più accentuati nei bambini osservati nei Nidi. Il modello progettuale di questi ultimi, pur prevedendo come obiettivo la socializzazione sia fra gruppi di pari sia fra bambini di età diversa, specie per quanto riguarda i medi e i grandi, spesso viene disatteso a favore di un primato delle sezioni, e inoltre, salvo casi assai rari, le relazioni con la Scuola dell’Infanzia sono sporadiche per diversi motivi, primo fra tutti l”isolamento e la lontananza spaziale tra le istituzioni. L’obiettivo della socializzazione allargata, tuttavia, non conduce per se stesso a buone pratiche se non è accompagnato da una progettualità che le attribuisca un significato educativo intellettuale, emotivo e sociale, e promuova valori positivi di protezione, difesa, rispetto reciproco, stimolo linguistico-cognitivo e così via. In tale direzione il ruolo delle educatrici e delle insegnanti ma anche dei genitori è di fondamentale rilevanza al fine di creare le condizioni pedagogiche e didattiche per la sua realizzazione.
b) In secondo luogo promuovere e potenziare le varie forme di comunicazione non verbale, accanto al linguaggio verbale. Nella ricerca di Lara Vannini emerge, sia nei Nidi sia nelle Sezioni Primavera, il primato delle comunicazioni verbali, e su tali risultati la ricercatrice si interroga ampiamente e problematicamente per comprendere la minore rilevanza delle comunicazioni non verbali tra i bambini e tra questi e le educatrici.
È indiscutibile l’esplosione del linguaggio verbale in questo periodo della :zona evolutiva infantile, dunque l’importanza che l’educazione linguistica ha assunto gradatamente, tuttavia negli anni più recenti si è forse trascurato il fatto che non è l’approccio simbolico e astratto alla realtà la dimensione sociale della personalità che rischia di essere attualmente più deprivata nei bambini e nelle bambine (se si escludono quelli di lingua madre non italiana), bensì gli altri linguaggi, specialmente quello oculo-manuale. Tale constatazione dovrebbe essere tuttavia correlata con
un’ulteriore risultato della ricerca: la rilevanza numerica di comportamenti che vengono descritti come “esecuzione di consegne”. Essi testimoniano la partecipazione attiva dei bambini alle azioni ed alle operazioni della vita quotidiana; tuttavia sarebbe importante approfondire la valenza di tali attività (accompagnate, pare, da scarso entusiasmo) e in qual modo esse acquisiscano significati sociali, etici e soprattutto comunicativi dal punto di vista operativo.
c In terzo luogo, poiché la ridondanza del linguaggio verbale è accentuata e aggravata dall’emergenza dell’incapacità di un ascolto, per cosi dire esplicito, da parte dei bambini, sarebbe importante promuovere l”educazione all’ascolto e ad una quieta, abituale, conversazione. L’educazione al silenzio ed a momenti di gioco e attività non irrequiete sono obiettivi
difficili da conseguire, ma importanti per contrastare il sovraffollamento di suoni, rumori, parole in libertà che nella vita sociale quotidiana e spesso anche nella famiglia, tendono a formare soggetti sordi alle sfumature del sonoro e incapaci di vero ascolto.
A conclusione del nostro discorso, le Sezioni Primavera, attivate o in corso di attivazione, se offrono una risposta politica alle richieste delle famiglie, o mirano a soddisfare le direttive comunitarie, in primo luogo devono rappresentare soprattutto uno dei modi possibili di interpretare e realizzare la continuità e la transizione tra Nidi e Scuole dell’Infanzia ed entrare nella rete dei Servizi per i piccoli. In altri termini essi rappresentano un’occasione di ripensamento dei Servizi e delle istituzioni per bambini in vista di una loro complessivamente rinnovata qualificazione. In secondo luogo e altrettanto significativa resta l’occorrenza di incentivare anche i Nidi e le Scuole dell’Infanzia stesse, di cui le Sezioni Primavera sono un complemento ed un’integrazione.
Milena Manini è Professore ordinario di Discipline didattiche presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna.
Lara Vannini, I luoghi del crescere, 2008 dupress, Bologna