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Gruppi di bambini di età non omogenea al nido (e non solo)

Daniele Chitti

Psicologo infantile, responsabile del Servizio Infanzia del Comune di Imola


I motivi di una scelta e la prospettiva antropologica nei servizi per la prima infanzia

 

Come si è arrivati alle sezioni di età non omogenea nei servizi educativi e formativi del Comune di Imola.

Il Servizio Infanzia del Comune di Imola gestisce attualmente (2016) 6 nidi d’infanzia (per complessive 19 sezioni) e 8 scuola dell’infanzia (per complessive 24 sezioni).

Il progetto pedagogico dei nidi d’infanzia e il POF delle scuole dell’infanzia stabiliscono entrambi la scelta dell’adozione di sezioni di bambini di età non omogenea, senza alcuna eccezione.

Le tappe che hanno portato a questo risultato sono, sommariamente, le seguenti:

  • 1997: si attuano le prime sperimentazioni di sezioni di nido di età non omogenea, dai 5 ai 36 mesi.
  • 2000: nidi e scuole dell’infanzia, la cui gestione era prima separata, diventano parte dello stesso servizio. Si pone il problema di arrivare ad una certa coerenza progettuale, anche sul tema dell’organizzazione delle sezioni che, alla scuola dell’infanzia, sono ancora tutte con bambini di età omogenea.
  • 2002: 5 nidi su sei sono organizzati esclusivamente per sezioni di bambini di età non omogenea.
  • 2005: 5 scuole dell’infanzia iniziano il passaggio a sezioni di età non omogenea, processo concluso 2 anni dopo.
  • 2008: anche l’ultimo nido si trasforma in sezioni di età non omogenea 5-36 mesi.
  • 2014: le restanti 3 scuole dell’infanzia passano per intero all’organizzazione per sezioni di bambini di età non omogenea.

Come si può vedere, si tratta di un lungo processo, che ha visto il progressivo coinvolgimento del personale educativo e docente attraverso strumenti di “persuasione scientifica”, partendo dalle positività delle esperienze che per prime sono state attuate nelle sezioni immediatamente disponibili. Ne risulta che tale passaggio non ha provocato conflitti rilevanti e ha dato la possibilità di fare molti approfondimenti e di studiare l’evoluzione delle sezioni miste per un arco di tempo considerevole. Ogni nido e ogni scuola ha una diversa interpretazione del modello, strettamente legata al meta-modello che illustreremo più avanti.

In realtà, l’organizzazione per sezioni di età non omogenea non è il fine (la visione) del servizio, ma lo strumento (la missione) attraverso il quale pensiamo di avvicinarci maggiormente alla visione stessa.

Quest’ultima, nel nostro caso, ruota intorno ad alcuni principi.

Il primo principio, riconosciuto come base di tutte le successive scelte educative e formative, è il rispetto dei diritti del bambino, così come sono sanciti dalla Convenzione ONU del 1989. In tale documento ci si riferisce ai diritti del bambino senza distinzione di contesti, per cui si può senza dubbio affermare che anche i servizi educativo-formativi, al pari della famiglia e di ogni altro soggetto coinvolto, sono tenuti ad agire in coerenza con esso.

I diritti che si intrecciano in modo molto stretto con i compiti dei servizi educativo-formativi, sono quelli che hanno a che fare con il rispetto dell’identità, intesa come frutto dell’appartenenza ad un dato contesto (sociale, culturale, religioso), ma anche come espressione delle caratteristiche personali (inclinazioni, desideri, stili espressivi, tempi, modalità epistemologiche) che non sono affatto determinate, ma solo modellate, dall’educazione.

Il diritto alla riservatezza, ad esprimere le proprie idee ed essere ascoltati, il diritto a riunirsi e ad avere un tempo dedicato al riposo, al tempo libero e al gioco, a loro volta, non sono diritti minori: il valore che viene loro riconosciuto, il modo in cui vengono declinati, incidono fortemente sulla qualità del contesto che un servizio educativo-formativo predispone e propone.

Ma non è sufficiente fermarsi al mero riconoscimento di tali diritti: è necessario definire con chiarezza il modo in cui tali diritti vengono tradotti in pratiche di cura, scelte organizzative, educative e formative. Volutamente, questi quattro ambiti progettuali sono citati insieme, in quanto ognuno ha un peso importante in ogni servizio educativo-formativo, indipendentemente dall’età dei bambini a cui è rivolto. Osservando i servizi virtuosi, si può infatti notare che essi hanno come specifica caratteristica proprio quella di tener conto, in modo equilibrato, di tutti questi ambiti. È evidente anche il contrario: ad esempio il caso in cui i reali bisogni dei bambini vengono sacrificati alle esigenze organizzative, oppure il caso in cui uno sbilanciamento sugli intenti formativi in senso stretto mette al centro l’apprendimento, trascurando i bisogni di cura e di sicurezza, che in realtà sono proprio il presupposto perché il bambino possa apprendere.

In altre parole, un servizio educativo e formativo deve rispondere a tutte le necessità di un bambino: una buona organizzazione gli offrirà un contesto ordinato e comprensibile, un’attenzione ai suoi bisogni fisici e psicologici lo metterà in una condizione di benessere, un ambiente ricco di stimoli soddisferà la sua naturale curiosità e la voglia di apprendere. Nessuno di questi ambiti, seppur di qualità elevata, è sufficiente in sé; essi devono essere integrati in modo armonico (il bambino deve percepire continuità tra i diversi ambiti), equilibrato (tutti gli ambiti devono essere ugualmente curati e rappresentati) e coerente (tutti gli ambiti devono far riferimento agli stessi principi).

Possiamo considerare il rispetto per i diritti del bambino come la cornice entro la quale muoverci, ma dentro tale cornice occorre specificare come si intende dare corpo a tali diritti: in altre parole, quali caratteristiche deve avere un servizio educativo-formativo, per soddisfare i diritti di ogni bambino?

Deve esser partecipato, inclusivo e di qualità. Per il primo aspetto, si fa riferimento all’idea che l’educazione è politica (come citava il titolo del convegno del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia del 2014.) in quanto è interesse dell’intera comunità il modo in cui vengono educate le nuove generazioni. Concretamente, le famiglie in primis, ma anche i cittadini che non siano diretti utenti, devono aver modo di conoscere e portare il loro contributo, di idee e risorse, alla vita di questi servizi. Non solo: anche i bambini stessi possono e devono essere, fin da subito, coinvolti nei processi decisionali che li riguardano, ed è compito di educatori e insegnanti predisporre opportunità e contesti adeguati al loro grado di sviluppo, in modo da rendere possibile tale partecipazione.

L’inclusività è un requisito fondamentale per adempiere ad uno dei fondamentali compiti dell’educazione: ridurre il più possibile gli svantaggi iniziali dei bambini, qualsiasi siano i fattori da cui essi hanno origine. La condizione perché questo avvenga è che il servizio riesca a connotarsi come contesto accessibile ad ogni famiglia e ad ogni bambino, in modo che riescano a godere pienamente delle opportunità offerte, e la verifica di tale condizione deve costituire il criterio di valutazione per vagliare ogni scelta: dalle modalità comunicative, all’organizzazione degli spazi, alla scelta dei materiali didattici e delle letture, alle modalità con cui si promuove la partecipazione. Così come la partecipazione, l’inclusività è qualcosa di cui i bambini possono – e secondo i valori promossi dai servizi del Comune di Imola devono – fare esperienza, e non solo per il vantaggio diretto che ne deriva. Il sentirsi accolti, considerati in prima persona è una parte del processo, ma occorre vivere immersi in un ambiente inclusivo, essere posti in condizione di sperimentare l’empatia e la solidarietà verso l’altro, conversare e riflettere con i compagni e le insegnanti sui significati e sulle manifestazioni concrete di questi valori, per fare in modo che i bambini li assumano come fondamenta della vita sociale attuale e futura.

Il concetto di qualità è complesso e composto di molteplici aspetti, legati alla predisposizione dell’ambiente educativo e alle esperienze offerte ai bambini, considerando, di queste ultime, sia i contenuti che le modalità con cui vengono proposte. Va infatti posta una particolare attenzione ai processi di apprendimento, garantendone significatività e radicamento. Se parliamo di qualità, dobbiamo anche prevedere processi di valutazione, la cui efficacia è data sia dalla pluralità di sguardi (auto/eterovalutazione, valutazione della qualità percepita dall’utente), che dall’attenzione a considerare tutti gli aspetti: da quelli inerenti l’organizzazione del servizio a quelli relativi all’efficacia del curricolo in generale o di sue singole parti e ancora alla verifica del raggiungimento, da parte dei singoli bambini, dei compiti evolutivi attesi, sia in base alla fascia di età che al loro percorso individuale, direttamente derivante dalla loro identità.

Autostima, curiosità, tenacia nel percorrere i propri progetti, senso critico e libertà di pensiero sono i guadagni che i bambini traggono dal vivere un contesto di buona qualità.

La nostra opinione è che si può garantire meglio il rispetto dei diritti dei bambini, la partecipazione alla vita della scuola, l’inclusività e la qualità della proposta formativa se vengono adottate le sezioni di età non omogenea, per i motivi che espliciteremo nella successiva seconda parte di questo documento. Anzi:a nostro parere, dovremmo andare con decisione verso servizi 0-6 anni, organizzati per gruppi di bambini di età mista, come illustrerò nella terza parte, presentando una specifica sperimentazione attuata dal Servizio Infanzia del Comune di Imola.

Il modello di sezione di età mista adottato dal Servizio Infanzia del Comune di Imola.

Servizi educativi e socializzazione

L’esperienza diffusa dei nidi, ha permesso per la prima volta nella storia di promuovere la ricerca empirica sulla socializzazione precoce dei bambini, di cui prima non si sapeva nulla, ma vi erano solo speculazioni adulto-centriche, facendoci capire che, rispetto all’età immediatamente successiva, la differenza è nei metodi e nei processi di socializzazione, non certo nella sua presenza/assenza.

Agli adulti, i processi di socializzazione dei bambini e degli adolescenti hanno sempre fatto paura e li ha spesso indotti a introdurre meccanismi di controllo…. O a negare che la socializzazione esista, come nel caso dei bambini piccoli.

Ora sappiamo che a tutte le età i bambini apprendono più facilmente dagli altri bambini, piuttosto che dagli adulti, il cui ruolo è fondamentale nella preparazione del setting di apprendimento e nella mera funzione imitativa, piuttosto che nella stretta gestione dei processi e dei contenuti.

Sulla base di queste riflessioni, sono state assunte tre idee guida per la valutazione relazionale dei contesti di apprendimento:

  1. La complessificazione dei contesti di apprendimento, di norma, favorisce l’apprendimento stesso e lo sviluppo delle strategie “intelligenti” di adattamento. La complessificazione relazionale è la più importante ed efficace.
  2. Grazie alla capacità dei bambini piccoli di gestire processi mentali paralleli, la socializzazione complessa non solo non ostacola il processo di attaccamento con le figure primarie, ma a certe condizioni addirittura lo favorisce.
  3. È valido quello che Von Foerster chiama imperativo etico: “agisci sempre in maniera che il numero delle possibilità cresca”. Si deve agire, cioè, in modo da produrre nuove possibilità percettive, che possono ampliarsi solo a patto che si ampli la libertà degli individui e delle comunità umane.
  4. Ridurre la complessità relazionale, come fa di norma la scuola di base, potrebbe rappresentare un significativo ostacolo alla crescita e all’apprendimento dei bambini.

Tutto ciò ha a che fare con l’adozione delle sezioni di età non omogenea, perché se la “complessità è un valore abbiamo almeno tre motivazioni per tale scelta:

  1. Motivazione psicorelazionale: la complessità relazionale “orizzontale” promossa dalla convivenza di bambini di età diversa è molto più elevata di quella presente in gruppi di bambini di età omogenea. Per questo motivo, le relazioni verticali tendono a diventare meno invasive (finito l’inserimento) e lasciano il posto a quelle orizzontali. Al nido, la contemporanea adozione della figura di riferimento facilita l’ambientamento del bambino e della famiglia e promuove una più rapida autonomia emotiva del bambino, accolto con più naturalezza all’interno del gruppo dei (quasi) pari.
  2. Motivazione pedagogica: in tal modo, i processi di apprendimento per mera imitazione (e compiacenza), tipici della relazione del bambino con l’adulto, si riducono, mentre aumentano quelli basati sulla co-costruzione, la sperimentazione e l’elaborazione personale degli stimoli. La sezione mista sostiene il rispetto dell’identità di ciascun bambino molto di più della sezione omogenea (cfr: l’esperienza della Scuola di Barbiana, di don Lorenzo Milani).
  3. Motivazione antropologica: soprattutto, la sezione di bambini di età mista si avvicina molto ad essere “un gruppo umano naturale con una storia”: è molto di più della somma degli individui che la compongono; continua ad essere influenzata da tutti coloro che vi hanno appartenuto nel passato. La sezione mista ha una storia evolutiva (pluri-generazionale) che travalica gli individui (bambini e adulti)

 

L’approccio antropologico alle sezioni di età non omogenea.

Una sezione di età mista nata, ad esempio, 15 anni fa ha 15 anni di storia culturale alle spalle. Tutti i “pionieri” non ne fanno più parte da tempo, ma tutte le generazioni hanno dato il loro contributo, che non verrà perso, ma trasformato, come il cibo in un organismo vivente. È quello che si definisce “un gruppo umano quasi-naturale con storia”, un gruppo che è quindi possibile descrivere e valutare con metodi antropologici ed etnografici e di cui è possibile sfruttare a fondo le risorse, con le quali anche minimizzarne gli aspetti critici, sempre esistenti. Come negli individui.

Un contesto-sezione (school-setting) maturo sotto il profilo antropologico è “l’insegnante aggiunto” immanente, gratuito e sempre presente. Orienta il fare e il pensare dei bambini molto di più di quanto qualunque insegnante “umano” possa fare, e per quest’ultimo è il maggiore alleato che si possa immaginare.

Un alleato non condiscendente, però, con cui è necessario trattare, per realizzare una forte partnership, che parte dalla profonda conoscenza del contesto stesso.

Se un nido ha più di una sezione, con l’adozione delle sezioni miste diventa una metafora della città, o della società complessa.

Tutto ciò serve se gli educatori ne sono consapevoli, adattano il loro comportamento professionale e si dotano degli strumenti idonei per la descrizione e la progettazione.

Per la descrizione, potremmo ad esempio fare riferimento ad un particolare modo di descrivere le culture comunitarie in genere, attraverso le seguenti dimensioni costitutive:

  1. Dimensione tecnologica: mezzi di produzione, strumenti e competenze;
  2. Dimensione economica: modelli di scambio, di possesso e di condivisione;
  3. Dimensione politica: gestione del potere e dell’influenza personale o dei sottogruppi;
  4. Dimensione sociale/istituzionale: modelli di interazione, ruoli, rappresentazioni reciproche, regole sociali, organizzazione della vita pubblica;
  5. Dimensione estetica ed etica: criteri di valutazione sui costrutti bello/brutto, buono/cattivo, giusto/sbagliato;
  6. Dimensione filosofica: le credenze, le spiegazioni dei fenomeni e le visioni del mondo.

Che, applicate a un nido o a una scuola, possono essere così ridefinite:

  1. Ogni gruppo ha un proprio modello di possesso e di scambio/condivisione di ciò che ha prodotto;
  2. Ogni gruppo maturo ha leader (d’opinione, d’azione…) e gregari per diverse situazioni; il sistema di leadership può essere rigido o elastico, conservatore o dinamico;
  3. Ogni gruppo è diviso in sottogruppi, esiste un sistema di rappresentazione reciproca tra i membri, un sistema di regole per gestire la vita quotidiana ben conosciuto dai membri del gruppo ed esiste una qualche attribuzione di ruoli;
  4. Ogni gruppo ha un proprio codice estetico ed un proprio codice etico, un sistema di valori di riferimento;
  5. Ogni gruppo sviluppa un sistema concettuale di spiegazione dei fenomeni e della realtà.
  6. Ogni gruppo predilige una propria “tecnologia”, sviluppa specifiche capacità sulla base degli apporti di ciascuno e ha preferenze sulle modalità di produrre risultati.

Una cultura comunitaria produce, invariabilmente, questi prodotti narrativi:

  • Un sistema mitologico;
  • Un sistema di simboli sociali;
  • Totem identificativi dei diversi gruppi;
  • Un insieme di riti;

che rappresentano la base descrittiva narrativa peculiare per ogni gruppo, estremamente utile per l’autoconsapevolezza del gruppo stesso, ma anche per la sua rappresentazione ai genitori.

 

I vantaggi operativi della sezione di età mista

Oltre a quelli già considerati sul piano degli apprendimenti, è necessario aggiungere i seguenti, desunti sulla base della nostra più che decennale esperienza:

  1. La sezione mista è per sua natura molto più accogliente, facilita l’integrazione e l’inclusione anche di bambini con difficoltà strutturali o transitorie.
  2. Quindi, permette di gestire positivamente eventuali regressioni di bambini in temporanea difficoltà.
  3. Sostiene atteggiamenti collaborativi e riduce i conflitti; facilita l’auto-organizzazione dei bambini.
  4. Quindi, riduce drasticamente la necessità di attività strutturate dall’adulto: dalla programmazione step by step, si passa con naturalezza alla progettazione educativa strategica.
  5. La maturità relazionale e culturale della sezione mista permette di dare più valore ad un’esperienza, quella del nido, che è mediamente piuttosto limitata nel tempo per ciascun bambino.
  6. Permette ai bambini di percepire in modo pratico non teorico l’esistenza di una “carriera scolastica” nello stesso ordine di scuola, quindi di fruire di un costante feedback ambientale al loro processo di crescita.
  7. Costituisce un ricchissimo laboratorio di ricerca educativa, relazionale e didattica.
  8. Least but not last, pare che sia molto meno faticoso per gli educatori.

Nella nostra lunga esperienza, abbiamo potuto anche verificare l’esistenza di svantaggi che, tuttavia, non sono mai strutturali, ma idiosincratici, molto legati al fattore umano.

  1. In ambito educativo – ma vale per qualunque professione – ci deve essere il migliore accoppiamento possibile tra strumento e utilizzatore (è certamente poco vantaggioso dare un’ottima chitarra classica “Ortega”, costruita per destrimani, ad un musicista mancino).
  2. In più, in ambito educativo, l’accettabilità di uno strumento non dipende solo da considerazioni “ergonomiche”, ma anche, e soprattutto, dalla possibilità di percepirlo come “egosintonico” sul piano relazionale, caratteriale, etico, culturale: ciò che è stata descritta come complessità, agli occhi di qualcuno di tratta di mera confusione, anarchia, entropia.
  3. Inoltre, va considerata la naturale propensione della specie umana alla conservazione, a rinunciare ad una meta vantaggiosa se il viaggio per raggiungerla appare troppo faticoso e un po’ incerto.
  4. Ancora, siamo poco abituati a considerare l’educazione come una “scienza”, in cerca di sempre nuove sfide e fondata sull’evidenza empirica. Implicitamente, spesso pensiamo che tutto sia già stato detto e il nostro approccio è a volte tautologico, apodittico ed ideologico: in una parola, meramente ricapitolativo di esperienze pregresse.
  5. Infine, il modello scolastico tradizionale (per classi omogenee) è visto come naturalmente “istitutivo” della scuola stessa, sebbene sia con tutta evidenza una posizione abbastanza acritica, determinata più da bisogni di razionalità organizzativa, che da considerazioni scientifiche.

Insomma, più che lo strumento può, nel bene e nel male, l’essere umano. Come sempre. Ma, senza cambiare i nostri strumenti, saremmo ancora al paleolitico. Nel bene e nel male.

 

Nido e scuola dell’infanzia di Sesto Imolese: il nostro primo servizio 0-6 a sezioni miste quasi integrale.

Come si è arrivati a sperimentare questo servizio: il caso e la necessità.

Il plesso in parola è un edificio di proprietà della parrocchia di Sesto Imolese, affittato da molti anni al Comune di Imola, al fine di realizzarvi un polo prescolastico comprensivo di un nido d’infanzia (al primo piano) e di una scuola dell’infanzia (al piano terra).

A causa dell’espandersi dell’abitato con nuovi insediamenti a partire dalla fine del secolo scorso e la conseguente migrazione di nuove famiglie da altri territori, fino al 2012 il servizio nel suo complesso è stato caratterizzato da un costante aumento della domanda, tanto che nel 2006 la proprietà, su richiesta dell’amministrazione, realizzò un ampliamento dell’edificio, che arrivò ad ospitare due sezioni complete di nido e tre sezioni e mezzo di scuola dell’infanzia (2008), per un totale di 124 bambini.

Dal 2011, le iscrizioni hanno cominciato a contrarsi per i motivi contingenti noti. All’inizio dell’anno scolastico 2015-2016, era utilizzata una sola sezione di nido e tre sezioni di scuola dell’infanzia, per un totale di 95 bambini. Poiché la scuola risultava comunque piuttosto affollata, in accordo con le famiglie, una sezione della stessa, a settembre 2015, fu spostata nei locali della sezione di nido non più utilizzata, al primo piano.

Tale evento ha posto le basi per riflettere sull’opportunità di progettare un servizio sperimentale che, per approssimazioni successive, vada verso un servizio pienamente integrato 0-6 anni, tale da arrivare a costituire un bench-marking per la realizzazione di interventi analoghi anche in altre parti della città.

Il progetto, già approvato dai due gruppi di lavoro, fu presentato ai genitori nel corso di un’assemblea in data 20 gennaio 2016 e dagli stessi accolto con entusiasmo. In quell’occasione, il coordinamento pedagogico e il personale educativo e docente presentò le attività comuni che erano già state realizzate e descrissero come il contesto ambientale, privo di barriere fisiche (porte o cancelli) tra gli spazi dedicati al nido e quelli dedicati alla sezione di scuola dell’infanzia (vedi in allegato la planimetria), aveva incentivato nei bambini, dopo i primi mesi di ambientamento, l’esplorazione autonoma, anche a piccoli gruppi, degli spazi dei rispettivi “vicini”. Il personale è stato abile nel non imporre barriere psicologiche o normative, per cui l’esplorazione dei bambini ha seguito un corso naturale di progressiva familiarizzazione di spazi, materiali e persone.

I bambini di entrambe le sezioni sono stati a loro volta abili a comprendere le grandi opportunità insite in questa nuova scoperta, sia in termini relazionali (nuovi bambini e nuovi adulti), che di disponibilità di materiali sconosciuti.

Sulla base di questi nuovi interessi che i bambini avevano spontaneamente mostrato e che stavano rendendo sempre più porosi i confini tra i due servizi, il personale educativo e docente ha iniziato a rilanciarne l’interesse, progettando attività comuni che coinvolgessero tutti i bambini. In particolare, a partire dal mese di gennaio 2016 è stata curata l’integrazione dei bambini grandi del nido con i bambini della sezione di scuola dell’infanzia.

Contemporaneamente, sono state poste le basi amministrative per realizzare il massimo della continuità. Con D.G.C. n. 1 del 12 gennaio 2016, si è provveduto a modificare ad hoc i criteri del bando di iscrizione alla scuola dell’infanzia, stabilendo il diritto di precedenza nell’accesso alla sezione di scuola dell’infanzia di cui trattasi per i bambini provenienti dal nido, qualora i genitori ne avessero fatta richiesta. Questa misura è una condizione di precedenza esclusiva per questo servizio, non si applica in nessun altro caso nel territorio comunale. In questo modo, sono state create le premesse perché un bambino di Sesto Imolese, a seconda dell’anno in cui si iscrive al nido, possa frequentare lo stesso servizio per 4, 5 o addirittura 6 anni, senza alcuna frattura o spostamento, con un gruppo di compagni che si rinnova in modo naturale di anno in anno e con lo stesso gruppo di adulti.

 

Obiettivi della sperimentazione.

La sperimentazione in oggetto ha più di un obiettivo:

  1. Arrivare per gradi successivi a eliminare o almeno ridurre, dimostrandone la fattibilità, la maggior parte dei problemi di natura formale o organizzativa che attualmente limitano la possibilità di realizzare servizi integrati 0-6 anni. Di alcuni di tali problemi è già previsto da subito il superamento, anche solo parziale, come si dirà meglio più avanti. I problemi più rilevanti, sul piano organizzativo formale, riguardano: 1) la costruzione di un gruppo di lavoro che, pur essendo formato sia da docenti che da educatori, intervenga a favore di tutti i bambini indistintamente; 2) l’omogeneizzazione delle routine, del calendario e dei tempi di apertura; 3) la realizzazione di sottogruppi totalmente misti da 5 mesi a 5 anni.
  2. Realizzare un Curricolo formale che superi gli attuali Progetto Pedagogico e Piano dell’Offerta Formativa, pur preservandone ed integrandone i principi, centrato sul singolo bambino (quindi non sul servizio), con una forte impronta evolutiva e basato sui campi d’esperienza, sull’apprendimento cooperativo e sul costruttivismo sociale.
  3. Svolgere una valutazione dei punti di forza e di possibile debolezza di un simile modello per il percorso evolutivo dei singoli bambini (sia in termini cognitivi che sociali) e sulla percezione che i genitori maturano (o mutano) del processo di crescita dei loro figli.
  4. Promuovere una maggiore riflessione all’interno di tutto il servizio Infanzia sul tema della coerenza della proposta formativa 0-6 anni.
  5. Prefigurare altre possibili sperimentazioni, anche diverse da quella in oggetto (ad esempio, servizi unici solo a partire dai 18 mesi), da realizzare in altre sedi, che tengano conto dei risultati ottenuti e di altre valutazioni contestuali.

 

Composizione del gruppo dei bambini (anno scolastico 2016/2017).

Nella prima fase della sperimentazione, gli attuali gruppi 0-2 e 3-5 conserveranno i loro ambienti di riferimento iniziale.

Il gruppo 0-2 sarà comporto da 22 bambini; attualmente, non risulta iscritto nessun bambino del 2016, ma potranno essere successivamente accolti, nel caso arrivassero domande e ci fossero posti disponibili. Di norma, il gruppo non dovrebbe superare i 24 bambini. Dei 22 bambini iscritti, 11 sono del 2015 (di cui 7 neo iscritti) e 11 del 2014 (di cui 4 neo iscritti).

Il gruppo 3-5 sarà composto da 26 bambini (che è anche il numero massimo): 12 del 2013 (di cui 11 provenienti dal nido), 6 del 2012 e 8 del 2011.

Quindi, il servizio nel suo complesso può ospitare 50 bambini.

 

Calendario e orari.

I nidi e le scuole dell’infanzia del Comune di Imola hanno lo stesso calendario scolastico (dal lunedì compreso tra il 29 agosto e il 4 settembre, all’ultimo venerdì di luglio, con possibilità di servizio estivo anche in agosto in alcuni poli, di cui uno è proprio Sesto Imolese). Più complesso sarà arrivare alla omogeneizzazione degli orari. Infatti, tutti i servizi aprono alle 7.30, ma, mentre il nido chiude alle ore 17.00, le scuole dell’infanzia chiudono alle ore 16.30. Modificare in una delle due direzioni l’orario di chiusura del servizio 0-6 potrebbe provocare problemi in tutto il sistema cittadino. Probabilmente, è necessario pensare a come uniformare l’orario su tutto il territorio e non solo sul plesso in esame, oppure, chiedere ai genitori dei bambini più piccoli di accettare la chiusura alle 16.30 (in fondo, non sarà più un nido tradizionale), anche considerando che nel plesso è attivo il servizio di prolungamento fino alle 18.30.

 

Composizione del gruppo di lavoro.

Il gruppo di lavoro è il seguente:

  • 3 educatori di ruolo a tempo pieno (30 ore settimanali fronte-bambino; 50 ore annuali di compresenza aggiuntiva con i bambini e 170 ore annuali di monte ore);
  • 2 docenti di ruolo a tempo pieno (30 ore settimanali fronte-bambino; 50 ore annuali di compresenza aggiuntiva con i bambini e 170 ore annuali di monte ore;
  • 2 unità di personale ausiliario di ruolo a tempo pieno (7.12 ore giornaliere), con compiti prevalenti di vigilanza e supporto all’attività educativa, didattica e di cura;
  • 1 cuoco di ruolo.

Il servizio si avvale anche delle prestazioni di un’unità di personale ausiliario, in appalto, per 3 ore al giorno, esclusivamente per la pulizia e il riordino dei locali.

 

Cosa è già cambiato nel primo anno di sperimentazione (2016-2017).

Dal punto di vista della gestione quotidiana:

  1. L’ingresso fisico del servizio è unico; l’accoglienzaprepara fino alle 8.15 è realizzata in comune
  2. I servizi ausiliari sono unici. Pertanto, la cucina del nido preparerà i pasti per tutti i bambini e per tutti gli adulti; le unità di personale ausiliario di ruolo svolgono attività di vigilanza e sostegno per tutti i bambini, in modo coordinato;
  3. Le principali routine già tendono a diventare comuni. Il pasto è servito alla stessa ora per tutti (11.30, circa) e, dopo i primi mesi, i bambini partecipano sempre più a tale momento in gruppi misti 0-6, quasi sempre per scelta spontanea. Il menù è lo stesso, con qualche variazione soprattutto di pezzatura della pasta e altri alimenti simili.
  4. Il sonno viene fruito in due diversi dormitori (di norma, i bambini del secondo e terzo anno di scuola dell’infanzia, se non ne hanno bisogno, non dormono); sarà sperimentata nel tempo l’opportunità di gruppi misti, ad esempio i bambini di due anni con i loro compagni più grandi, e vigilato dallo stesso personale.
  5. L’area verde del servizio 0-6 è unica, separata da quella della scuola dell’infanzia tradizionale che si trova al piano terra dello stesso edificio. La separazione delle due parti non è comunque assoluta.

Dal punto di vista generale:

  1. Il gruppo di lavoro è organizzato come tale: ha riunioni di programmazione periodiche (settimanali o quindicinali), può prevedere modalità di auto sostituzione interna (ad esempio, in presenza di squilibri episodici nel rapporto tra personale e bambini nelle due sotto unità di partenza); condivide i compiti gestionali come un servizio unitario (gestione degli acquisti, gestione della posta elettronica e dei rapporti con i servizi di staff, rappresentanza nei gruppi di coordinamento generale).
  2. Pure unico è il Consiglio di Partecipazione, che si integra con quello della vicina scuola dell’infanzia, ma persegue un proprio percorso di sviluppo identitario.

Utilizzo degli spazi: avendo presente l’allegata planimetria, si può notare che la sezione di riferimento dei più grandi non è uno spazio unico, ma si compone di tre stanze più piccole. Poiché tutte le scuole dell’infanzia del Comune di Imola aderiscono al modello “Senza Zaino per una Scuola Comunità” (www.senzazaino.it), questi tre spazi sono già fortemente connotati per le attività che vi si possono svolgere (riunioni del grande gruppo – o agorà – e attività motorie; attività grafico-pittoriche e scientifiche; gioco simbolico), sono abbastanza raccolti e consentono con naturalità una divisione del grande gruppo in gruppi più piccoli. Questa maggiore strutturazione e prevedibilità ambientale, il basso livello di confusione, la minore ampiezza degli spazi, il senso di operosità che vi si realizza ha rassicurato i bambini più piccoli, rendendoli sempre più desiderosi di frequentarli. I due piccoli spazi di atelier (uno, ben delimitato essendo una stanza, e l’altro ricavato all’interno dello spazio di riferimento dei più piccoli con elementi mobili), permette un’ulteriore maggiore articolazione in piccoli gruppi.

Inoltre, sempre osservando la planimetria, si può notare che i due nuclei spaziali sono separati da un breve corridoio ad angolo retto, che è in leggera salita con pavimento antiscivolo. Questo aspetto lo ha reso da subito un luogo di gioco spontaneo adatto sia ai piccoli che ai grandi (ad esempio, per le corse con tricicli e macchinine); per questa ragione i due gruppi di bambini hanno da subito teso ad incontrarsi in quel luogo e, di conseguenza, ad essere percettivamente attratti da quello che c’è oltre. Sempre in questo spazio di transizione, è collocata un’ampia parte della documentazione a favore delle famiglie, per cui è anche un luogo di incontro delle stesse, indipendentemente dall’età dei figli.

Utilizzo del materiale: una delle critiche consuete alle sezioni di età eterogenea è che per motivi di sicurezza parte del materiale dei bambini grandi deve essere tenuto lontano dai piccoli e questo limiterebbe le esperienze dei primi e/o aumenterebbe le esigenze di controllo sui secondi. Avendo una pluridecennale esperienza con le sezioni di età mista, possiamo dire che si tratta di un problema molto relativo, e i possibili limiti sono di gran lunga compensati dalle grandi opportunità che si possono presentare. È chiaro che occorre fare in modo che certo materiale non venga utilizzato dai più piccoli (ad esempio, i Lego piccoli o le perline), ma è anche vero che la maggior parte del materiale usato dai grandi può essere usato dai piccoli con modalità diverse, ma in sicurezza, non di rado in attività complementari ai modi usati dai grandi, incentivando esperienze condivise. Ed è vero anche il contrario: i bambini più grandi trovano attraenti alcuni materiali utilizzati dei più piccoli, ne fanno un uso molto creativo, spingendo i piccoli amici verso nuove e inattese sperimentazioni.

Inoltre, grazie all’adesione al modello Senza Zaino e alla lunga formazione con ReMida, le nostre scuole e i nostri nidi privilegiano già materiale di gioco naturale e riciclato, molto simile, nel loro aspetto grezzo, per tutti i bambini. Da tempo limitiamo l’acquisto di giocattoli troppo finalizzati e anche per le costruzioni privilegiamo materiale molto più euristico, assolutamente adatto a tutte le età.

 

Il futuro.

Fino a dove spingersi con i gruppi di età eterogenea. La nostra ambizione è esplorare nel giro di un paio d’anni la possibilità di creare gruppi completamente eterogenei per età. Non sappiamo ancora né se sia possibile, né se sia auspicabile. Vi sono studi antropologici che sono molto incoraggianti (ad esempio, il classico Infanzia e Società, di Erik Erickson), che dimostrano che in gruppi naturali dove i bambini di ogni età crescono insieme, anche capacità per la cui acquisizione è di solito necessario l’intervento dell’adulto (come il controllo sfinterico o il cammino), vengono raggiunte in modo molto più naturale, non conflittuale e stabile avendo come esempio e maestri i bambini più grandi, anche quando gli adulti se ne disinteressano. I bambini di 5 o 6 anni, percepiti così competenti e disponibili, quasi mai dei competitori, esercitano un fascino incoercibile nei più piccoli, anche in bambini di 7/8 mesi, che facilmente si dimenticano anche di eventuali ansie abbandoniche durante l’inserimento o in momenti di crisi, tanto ne sono attratti. A loro volta, i grandi imparano abilità sociali altrimenti impensabili, una maggiore attenzione agli altri e al fatto che le tante esigenze diverse richiedono regole diverse e complesse, creando un ambiente sociale più umano e meno burocratizzato.

Siamo dell’idea che questo tema della convivenza di bambini di età eterogenea sia ancora oggetto di molti pregiudizi, in gran parte sostenuti da interessi corporativi, mentre le evidenze scientifiche, seppure limitate, sono decisamente a favore dell’opportunità di permettere ai bambini di crescere quotidianamente con altri bambini di età anche molto diversa. La nostra ambizione è dare un contributo originale a questa ricerca, nel solco di quella che fu la grande esperienza della Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, scuola eterogenea totalmente basata sull’apprendimento cooperativo, che ha prodotto non poche personalità illustri del nostro Paese.

Contaminazione tra ruoli professionali. Infine, vorremmo realizzare una profonda contaminazione dei due ruoli professionali esistenti, quello dell’educatore e quello del docente, consapevoli che stiamo toccando uno dei punti più controversi. Per riallacciarci ad uno dei primi temi qui trattati, quello del rispetto dei diritti, riteniamo che la distinzione di due diversi “mestieri” per la prima infanzia dedicati a due diverse sotto-età rigidamente divise sia avvenuto in uno scenario di scontro tra opposti diritti (o presunti tali) degli adulti e non dei bambini.

Fusione tra Progetto Pedagogico e Piano dell’Offerta Formativa. A nostro parere, un aspetto che limita gli attuali Progetti Pedagogici (tutti, compreso il nostro) è la scarsa attenzione ai compiti evolutivi dei bambini, ai campi di esperienza e agli esiti dei processi di apprendimento. I progetti pedagogici sono molto sbilanciati sulla predisposizione del contesto e sul ruolo dell’adulto (come singolo e come gruppo di lavoro), molto meno si focalizzano sul singolo bambino in quanto organismo autonomo in divenire. I Piani dell’Offerta Formativa, d’altra parte, risentono, loro malgrado, delle più tradizionali istanze scolastiche, in termini di continuità verticale e preparazione ai livelli successivi. Paradossalmente, le scuole dell’infanzia sembrano più attente al bambino, ma è un bambino ipotetico, standard e proiettato in un futuro istituzionale. Un servizio 0-6 deve essere un luogo di crescita nel qui e ora, fondamentalmente centrato sul singolo bambino che apprende insieme ad altri bambini, con l’adulto, attento, partecipe e in grado di stupirsi, sullo sfondo.

Tutto ciò dovrà essere contenuto nel nostro futuro Curricolo 0-6, un documento di progettazione che dovrà essere univoco e coerente per tutta la fascia di età considerata

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