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Fotografia ed educazione: quando le immagini diventano relazioni

Manuela Cecotti

Psicologa e pedagogista


Page 3_object 24Perché porre in dialogo fotografia ed educazione?

Analizzare i rapporti tra fotografia ed educazione si presenta come un’interessante ed utile esplorazione, che concerne il senso che la produzione e fruizione di immagini può assumere all’interno di una prospettiva di promozione di pensieri in merito alla cultura dell’infanzia e di costruzione di relazioni e percorsi coerenti all’interno dei servizi 0-6.

Scattare ed utilizzare fotografie sono pratiche molto diffuse in ambito educativo. Queste azioni si rivelano spesso poco sistematiche, raramente ragionate e pensate, ne emerge un’incertezza complessiva rispetto a come e quanto, quando e perché scattare fotografie.

Ancor più complesso si presenta il compito di adoperare le fotografie per comunicare e dare valore alle azioni quotidiane di bambini e adulti, pur essendo evidente il forte impatto che le immagini possono avere per tutti, e pur essendo comune l’esperienza di quanto esse possano parlare anche senza bisogno di parole. Troppi sono gli stereotipi sull’infanzia veicolati proprio dalle immagini e la loro diffusione è spesso pervasiva, tutto ciò richiede oggi agli educatori di esercitare il senso critico per un’assunzione di responsabilità educativa ed al contempo sociale, culturale e politica per una gestione consapevole ed un uso ragionato delle diverse funzioni comunicative delle fotografie all’interno dei servizi.

Grazie ad una serie di percorsi e sperimentazioni che hanno coinvolto nidi, scuole dell’infanzia e centri per bambini e famiglie in diverse città italiane, è possibile tracciare una mappa operativa articolata e ricca di potenzialità, tuttora in corso di esplorazione.

Da un lato ragionare di fotografia richiede di affrontare in termini diretti e funzionali le competenze tecniche degli educatori, quali la progettualità d’uso della fotocamera, la particolare attenzione al momento dello scatto, la capacità di analisi e lettura della fotografia come linguaggio non verbale.

Da un altro lato, la riflessione in merito all’utilizzo della fotografia in ambito educativo concerne lo sviluppo delle potenzialità relazionali della documentazione educativa. È possibile ideare e realizzare modalità interattive di osservazione ed interpretazione tra educatori, tra educatori e genitori e tra bambini in diversi momenti nel corso dell’anno educativo.

Coinvolgere tutti i protagonisti nella comprensione e problematizzazione di ciò che viene proposto allo sguardo permette di incrementare non solo la partecipazione, ma anche la profondità dei significati e delle relazioni che hanno luogo all’interno dei gruppi coinvolti.

Si tratta sostanzialmente di esperienze in cui la mediazione della fotografia comporta attività di descrizione, di narrazione e di ascolto via via più raffinati, fluidi e ricchi di dettagli. Genitori e bambini possono così essere sempre più protagonisti, interlocutori diretti e portatori di feedback e idee per la ricalibratura dei progetti educativi.

In che senso le immagini fotografiche diventano relazioni?

Con il termine fotografia si definisce un panorama ampio e complesso di significati.

In quanto artefatto culturale essa rappresenta un’invenzione speciale, capace di diventare tanto strumento di registrazione quanto mezzo espressivo, in grado di creare sia collegamenti concreti che simbolici tra noi e il mondo.

In questa sede consideriamo in modo particolare quattro dimensioni relazionali specifiche.

1. Le fotografie sono oggetti di relazione tra la realtà e la sua rappresentazione. Facciamo riferimento qui ai rapporti tra realtà e immagini della realtà. Le fotografie, se da un lato non sono delle registrazioni neutre del mondo, da un altro lato fanno esplicito riferimento ad esso, ponendo in relazione la realtà tridimensionale, tangibile, osservabile con la sua rappresentazione iconica bidimensionale, e questa, a sua volta, con le diverse persone coinvolte nella produzione e nell’interpretazione.

Grazie a questa qualità abbiamo la possibilità di entrare in rapporto con luoghi, tempi e persone non direttamente percepibili, e di incontrarli, seppure in modo del tutto particolare, attraverso le immagini fotografiche. Possiamo per esempio vedere in foto i nonni di un bambino, oppure la sua camera, i suoi giochi, oppure ancora com’era lui in tempi precedenti all’ingresso al servizio.

2. Le fotografie attivano una relazione tra chi fotografa e chi viene fotografato.Page 6_object 39

Quando fotografiamo i bambini corriamo sempre un rischio di intrusione: è fondamentale riconoscere e riPage 6_object 38spettare l’intimità in cui i bambini ci permettono di entrare perché indifesi e che noi dobbiamo tutelare, come pure la disponibilità degli adulti a rendersi visibili e ad esporsi a loro volta.

 

La discrezione va esercitata nel momento in cui ci si trova di fronte a situazioni sensibili dal punto di vista della vicinanza ai soggetti coinvolti ed alla loro vita quotidiana. Al contempo si possono creare situazioni di complicità, che denotano spesso la buona relazione tra educatore e bambino, ed anche tra adulti, quando scattare una foto diventa un atto di valorizzazione dell’esperienza in atto, o quando essere fotografato suscita la consapevolezza di un autentico interesse per ciò che si è e si fa in quel momento.

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Nel rivedersi in foto, non solo i bambini, ma anche i genitori e gli educatori, possono cogliere ciò che chi li ha immortalati ha considerato rilevante del loro essere in una determinata situazione.

3. Le fotografie possono diventare strumenti di mediazione nella relazione tra persone. È questa una delle peculiarità della fotografia come strumento di comunicazione non verbale e come attivatore di interazioni, che offre molte opportunità di sperimentazione. Davanti ad un’immagine è difficile che qualcuno non si senta in grado di esprimere un pensiero, per certi versi leggere una fotografia può essere un’esperienza relativamente semplice ed immediata per tutti.

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L’azione di attraversare l’immagine soffermandosi il tempo necessario affinché sia la foto a parlare, susciterà però sicuramente interpretazioni differenti per ciascun osservatore, sia esso educatore, bambino o genitore. È in quest’area di somiglianza/differenza che scambi e confronti possono aver luogo e diventare preziose occasioni di incontro tra pensieri e ragionamenti, di rapporti tra punti di vista che, interagendo, costruiscono relazioni tra le persone coinvolte.

4. Inoltre le fotografie ci mettono in relazione con noi stessi nel momento in cui ci riconosciamo in una immagine o percepiamo una fotografia come parte di noi. Questo vale sia per gli adulti sia, ad un certo punto dello sviluppo, per i bambini. È un aspetto molto delicato, ma anche molto interessante da esplorare.

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I rimandi interiori non sempre sono facili da tradurre in parole, possono far emergere sensazioni piacevoli o spiacevoli, di riconoscimento o di estraneità, diventando appunto per questo opportunità preziose di pensiero.

Il contributo si completa con “La fotografia come mediatore di relazioni. Esempi di pratiche e di progetti” nel quale l’autrice riporta alcuni esempi relativi a pratiche nell’ambito delle quali la fotografia può entrare come utile facilitatore e come interessante attivatore e mediatore di relazioni.

 

 

BibliografiaPage 8_object 49

Berger J. (2013). Capire una fotografia, trad.it. 2014. Roma: Contrasto.

Cartier-Bresson H. (2005). L’immaginario dal vero, Abscondita. Scianna F. (2014). Lo specchio vuoto.Roma – Bari: Laterza.

Cecotti M. (2015). La fotografia nei contesti educativi, in: Bambini, n.7.

Cecotti M. (2016). FOTOEDUCANDO. Parma: Spaggiari.

Cecotti M. (2016). Fotografare i bambini, in: Bambini, n.1.

Pieroni A. (2006). Leggere la fotografia.Roma: EDUP.

Schurch D. (2007). Psicodidattica della fotografia nel bambino dai 3 ai 7 anni. Milano: Franco Angeli.

Vacheret C. (2000). Foto, gruppo e cura psichica, trad.it. 2008, Liguori. Weiser J. (2013). FotoTerapia, ed.or. 1999. Milano: FrancoAngeli.

 

Per contatti: visiteainidi@libero.it

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