Il Nido, come luogo nel quale gli educatori sappiano farsi carico del bambino nella sua globalità, dove la progettazione e la realizzazione di un contesto attento alle emozioni, sia al centro del loro fare quotidiano.
Destinatari del Corso:
Educatori/educatrici di nido e sezioni primavera
Data del Corso:
Sede del Corso:
Scuola dell'infanzia "Gesù Bambino"
Indirizzo:
Costo del Corso:
Iscriviti al corso: Abano Terme: L’intreccio delle relazioni al nido
Termine per l'iscrizione al corso:
Per Informazioni:
mailto:info@zeroseiup.eu
Tel. 3286937161
Progettazione e Conduzione a cura di:
Descrizione del Corso:
I bambini al Nido hanno la necessità di un educatore che sia in grado di soddisfare i loro bisogni fisiologici, e non solo; di un educatore che, prima di ogni altra cosa, sa muoversi con delicatezza tra le molteplici sfaccettature della quotidianità: cura e apprendimento, stasi e movimento, sicurezza e incertezza, individuo e gruppo.
Programma del Corso:
Lo sviluppo del sé, soprattutto nei bambini molto piccoli, che dipendono ancora totalmente dall’adulto che cura (care giver) passa dal suo corpo, dal percepirlo come intero e, allo stesso tempo, differenziato nelle diversi parti che lo compongono. In relazione allo sviluppo del sé, Winnicott parlava dell’Holding e dell’Handling come capacità materna sia di contenere (fisicamente innanzitutto, emotivamente come conseguenza) sia di “manovrare” con sicurezza e rispetto il corpo del bambino. Affinché ci sia sviluppo integro e autentico del sé (senso di interezza tra psiche e soma), secondo il teorico anglosassone, è necessario che l’adulto che si occupa del bambino sia presente emotivamente e in sintonia con il bambino quando lo abbraccia, lo cambia, lo tocca, lo nutre. Non si tratta, quindi, di una cura meccanica, distratta o automatizzata; quanto di una cura attenta, responsiva, modulata e coerente con i reali bisogni del bambino. La relazione con l’educatrice, quando risponde a questi criteri restituisce al bambino un’immagine positiva di sé e lo colloca in un posto sempre privilegiato nel contesto nido.
È da queste premesse che si sviluppa la possibilità, per l’educatrice, di avviare – sostenendolo – il percorso verso l’autonomia del bambino, quando per autonomia intendiamo non la mera autosuffi cienza del bambino, quanto un concetto complesso di autonomia che includa le dimensioni emotiva (il bambino è capace di chiedere aiuto e tollera le attese e le frustrazioni), cognitiva e sociale (il bambino si rappresenta il mondo, interviene su di esso facendo ipotesi, si mette dal punto di vista degli altri) oltre a quella dell’indipendenza (è disponibile ad attaccamenti multipli, è incuriosito dalle nuove persone).
Progettare i momenti di cura significa, in questo orizzonte, pensare innanzitutto a riservare un tempo per riflettere su quanto osservato e compreso delle esigenze di ogni singolo bambino nel gruppo. Significa modulare l’intervento tra le istanze individuali e di gruppo, signifi ca curare l’ambiente e la presentazione del cibo, garantire la privacy e i rituali personali e allo stesso tempo favorire le relazioni, l’imitazione e la convivialità. Significa tematizzare la dimensione emotiva afferente alla dipendenza dall’adulto nella cura e di quella implicata nella socializzazione delle esperienze soggettive di cura e nello sviluppo dell’autonomia. Il bambino che “sa fare”, quali emozioni prova, e cosa prova, quando non riesce, quando deve dipendere dall’altro? In questo senso l’adulto deve operare continui aggiustamenti, senza mai smettere di avere in mente il bambino.
Progettare l’ambiente educativo significa avere in mente che per il benessere del bambino occorre: sicurezza: – assenza di pericoli, – sicurezza emotiva (contenimento, calore, accoglienza, punti di riferimento), – sicurezza come padronanza (dare fiducia, promuovere dall’interno…); accessibilità; interesse; cura estetica; individualità – gruppo e socializzazione.
Progettare la relazione educativa significa muoversi tra alcune costanti: ruolo dell’adulto; idea di bambino; stili relazionali; strumenti; teorie di riferimento; didattica;gestione del gruppo.
Una relazione è costituita da una serie di interazioni che avvengono nel tempo, e in ciascuna è impossibile separare gli aspetti cognitivi da quelli emotivi e relazionali.
Per descrivere una relazione è necessario descrivere le interazioni che la compongono, ossia il loro contenuto e la loro qualità.
Poiché le proprietà dinamiche di una relazione cambiano con il suo progredire, le qualità di una relazione devono essere considerate in rapporto al momento in cui si trova quella relazione (ad esempio, i giudizi che noi diamo su una relazione genitore-bambino sono sempre in rapporto all’età del bambino) e nel contesto delle altre relazioni in cui ciascuno dei partecipanti è coinvolto
La relazione educativa al Nido va innanzitutto pensata e progettate affinché sia riconoscibile un’intenzionalità e una consapevolezza nell’agire dell’adulto. Rappresenta, in questo senso, la premessa e l’esito dello star bene di adulti e bambini: muove da e verso il riconoscimento e l’accettazione reciproci e il suo primo fine è il sostegno dello sviluppo del bambini e del gruppo.
Una buona relazione è una relazione sicura, che rappresenta la base dalla quale ci si muove per attivare processi conoscitivi e relazionali, per mediare tra bambino e ambiente di apprendimento. Lo sviluppo e la conoscenza, infatti, sono processi mediati dall’interazione sociale all’interno della quale l’adulto gioca un ruolo fondamentale di attento osservatore, di regista e di modulatore dell’intervento educativo.
La relazione educativa dovrebbe, connotarsi come uno stile riconoscibile, che comprenda tutti gli aspetti dell’interazione tra adulto e bambino.
Uno stile relazionale che sia in grado di sostenere il benessere, la sicurezza e l’autonomia del bambino dovrebbe avere queste caratteristiche: prevedibilità e regolarità, coerenza, non ambivalenza; pertinenza e contingenza; flessibilità; rispecchiamento e attribuzione di signifi cato; sensibilità, responsività, sintonizzazione emotiva; disponibilità emotiva; riferimento sociale; facilitazione, mediazione.
Porsi come obiettivo l’educazione del bambino significa utilizzare l’osservazione e l’ascolto come strumenti principali per progettare la relazione educativa.