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Finalmente… si può smettere di parlare di nidi

Cassandra

Profetessa


Proviamo a ricapitolare

 

  • Finalmente qualche differenza su chi sono i bambini inizia a serpeggiare: ci sono quelli italiani, nati da italiani, che sono altro da quelli che arrivano da là, fuori Italia (ma anche gli americani? I neozelandesi? altri?) e da quelli che proprio non sono stati direttamente fecondati da papà e mamma durante un naturale rapporto sessuale. Che, va detto, purchè sia stato pensato e voluto con finalità del concepimento, altrimenti il lato puramente voluttuoso o libidinoso dell’atto potrebbe produrre, attraverso un rapido mutamento epigenetico, una genia malamente rivolta al piacere, fisico ed estetico, con ciò minando alla base la formazione di una gioventù che invece deve tendere a quel tasso di insoddisfazione progressiva necessaria al “soccorso attraverso il consumo” per sentirsi realizzata.

 

  • Finalmente si riparla di maggiori flessibilità nel mondo del lavoro e di contratti precari (detti anche a tempo determinato) in modo che si possa sempre più rimandare la creazione di un sistema personale con un minimo sguardo futuro sulla base del quale fare qualche scelta di vita. Del tipo: vado a vivere per conto mio, magari ci vediamo anche domani e forse facciamo una vacanza insieme, ti andrebbe di avere un bimbo o una bimba che ci rompa le scatole tutti i giorni, sai, c’è un nido per la bimba o il bimbo e anche se costa ce la facciamo a mandarlo lì.

 

  • Finalmente si ritorna a pensare che i bimbi e le bimbe sono piccoli, fragili, rompiscatole e fino alla maggiore età non sono loro che contano, ma la mamma e il papà, meglio con un papà che lavora (possibilmente prima o poi non sarà precario) e una mamma che sta a casa, usa i voucher e al massimo si dedica a un poco di shopping o gira sulla rete, ma attenti: da oggi chatgpt e bing, così non fai la fatica di provare a trovare da sola una risposta o una soluzione, che è troppo faticoso e poi magari ti fa girare un poco la massa cerebrale: e allora ti viene mal di testa.

 

  • Finalmente abbiamo scoperto l’arcano per cui non si riesce a spendere tutti i soldi del PNRR per i nidi: ne abbiamo progettati troppi, rispetto ai bambini e bambine che potrebbero andarci. Per raggiungere il 33% che i Lep hanno previsto ci vorrebbero 143.212 posti, ma noi ne abbiamo banditi 264.480. Accidenti, quasi il 45% del totale. E allora chi se ne frega se la commissione europea ha proprio fissato da poco l’obiettivo del 45%, mica possiamo essere così in linea con quelli lì di Bruxelles. Già non siamo ancora al 33%, vogliamo per caso strafare? E allora niente risorse in più per arrivare a coprire i costi di gestione del 45% e rimaniamo al 33, che già sono tanti. E poi se sono di più al Nord che al Sud è naturale: nel nostro meridione c’è il sole, ci sono tanti spazi aperti, ci sono le “comari” che si aiutano l’un con l’altra che intanto hanno tempo da perdere, mica come al Nord (poi l’Est del Nord, che all’Ovest già fanno più pasticci) che per fortuna c’è a trainare la nostra economia. Tra l’altro negli altri 67 che non frequentano, ce ne sono già parecchi un poco fragilini, malatucci, con qualche handicappino fisico motorio, con qualche povertà educativa e culturale (come dicono “i filosofi”, che pensano e pensano ma poi non fanno) che poi in realtà sono loro che non ci mettono quel tanto che basta per venirne fuori. E quindi è meglio che frequentino altri ambienti più consoni e idonei alla loro situazione: stiano in casa, appunto, o per strada, o in qualche percorso di accompagnamento (che peraltro però costa e proprio tanto non ce li possiamo permettere) che poi vedrai, troveranno una situazione a loro più idonea; e intanto gli altri possono finalmente ambire a quel merito che fino a quando ci sono i primi non si riesce troppo a perseguire perché disturbano un poco.

 

  • Finalmente abbiamo scoperto che per facilitare la spesa nei servizi educativi (se qualche risorsa semmai ci fosse) basta liberalizzare le gare entro un certo importo così la smettiamo di chiedere in continuazione di fissare un costo non patteggiabile, cercando di privilegiare la qualità. Che poi cosa è questa qualità, sembra tanto una invenzione dei soliti “filosofi” per alzare il prezzo e poi vivere di rendita; che si ringrazi che ci sono dei posti dove portare quei bambini (e poi di nuovo, ‘ste mamme se ne stiano a casa, che se i figli passano i primi tre anni a casa con i genitori è meglio per loro, crescono bene e non si ammalano così tanto). Una volta i bambini se ne stavano a casa con la badante (e infatti ti dò già i voucher, santa pazienza) e se non puoi li porti in una struttura che te li tiene per un po’ di ore. Sono per caso cresciuti male i bambini nell’epoca del boom economico? Tutti cresciuti preparati e pronti a produrre, mica come adesso tra neet e sfaccendati che persino chiedono un minimo salario decedente per tirare a campare: e dove sta la produttività? E dove sta quel sano guadagno nei soldi che ho investito, che già comunque mi chiedono troppo per quel che sono capaci di fare?

 

  • Finalmente si stanno placando tutte quelle voci, richieste, appelli ad una formazione più coerente (così si diceva) con il sistema integrato. Intanto integrato di cosa: le regioni sono le regioni, i comuni facciano i comuni, lo Stato è lo Stato e deve pensare a sé. Ognuno faccia la sua parte, senza volersi immischiare in “integrazioni” che poco ci stanno a fare con quella multivariegata realtà territoriale, di uso e costumi, persino di enogastronomia che è l’Italia e che proprio da questa varietà ne guadagna. Per cui il Sud continui a esportare giovani e talenti al Nord (quando servono, che non è che servono sempre), si aggiusti con quell’economia sommersa che comunque ce n’è tanta (e pazienza se ci vuole qualche mano forte e non troppo legale per controllarla, è un piccolo prezzo che va pagato per mangiare), si diverta con il turismo e se proprio ultimamente inizia a manifestare preoccupazione per le spiagge un poco troppo invase da barconi che non sono proprio quelli da crociera abbia fiducia, si provvederà in tempo. E poi meno male che adesso arriverà l’autonomia regionale differenziata, così più nessuno avrà da lamentarsi. Ognuno avrà in base a quel che produrrà così non ci saranno più pretese che non tengono conto di chi merita e di chi invece approfitta della benevolenza altrui. Che se poi magari ti passa nella testa di lamentarti che non stai troppo bene è perché in tutti questi anni di unità italiana qualcuno ne ha approfittato, cosa peraltro ingiusta e non vera, hai solo da spostarti e andare dove pensi si stia meglio; sempre, ovviamente, che ti vogliano perché non è che puoi pretendere a priori un diritto.

 

  • Finalmente, dunque, la formazione rimanga quella che è, diversa e non integrata, intanto perché i bambini sono diversi secondo l’età. Mica puoi pensare a qualcosa che unisce un piccolo di due anni con uno di quattro o chi frequenta l’asilo (asilo, dicasi, perché mai nido?) con la scuola materna (perché mai d’infanzia?) che lo dice il nome stesso: è scuola, un pò piccina, ma è scuola, non certo luogo dove “si educa” (come dice sempre il filosofo) che è appunto qualcosa di diverso e non certo così importante come dove ci si “istruisce”. E poi il merito di chi insegna (e non educa) va salvaguardato; così è giusto che chi lavora all’asilo (asilo, perché mai nido?) voglia andare alla scuola materna (perché d’infanzia?), da qui alla scuola primaria, dalle cooperative ai comuni (che pagano meglio) dai comuni allo stato (che ti tratta meglio e ti paga anche di più) e poi su su per altre strade. Quindi la formazione deve rimanere diversa, così aiutiamo anche le Università che intanto si erano organizzate per corsi differenti (e quanto ci costa riorganizzare tutto?), aiutiamo i docenti a non dovere studiare di nuovo, lasciamo che si inventi qualche bel percorso formativo che magari non serve a niente ma fa bella immagine, e poi non aumentiamo (che figurati lo sforzo richiesto, impossibile!) il numero di laureate annuali, che quelle che escono tutto sommato bastano. E meno male che sono laureate e pochi i laureati, che per fare la mamma tutta una vita ci vogliono le donne; gli uomini se sono ferrati in materia giustamente insegnino alle laureande. E se alla fine della fiera non abbiamo il numero sufficiente di educatrici per tenere aperti gli asili (asili, perché mai nidi?) ecco dimostrata la ragione già detta: si è pensato di aprirne troppi, allora se ne facciamo di meno in fondo siamo perfettamente dentro un “equilibrio del sistema”.

 

  • Finalmente, finalmente. Finalmente meno nidi, ma non solo meno nidi, meno servizi in giro per il Paese, con tutto quel fastidio che poi danno perché bisogna decidere chi è di qualità, chi li gestisce, chi li controlla, insomma tutta quella burocrazia che persino l’Europa dice che ci soffoca. Meno pretesa di diritti un po’ inventati, perchè chi non lavora e non vota non può certo avere tutti i diritti che una giusta democrazia pretende. Insomma, bisogna crescere per meritarseli. E così, finalmente, torniamo a una giusta normalità, per poterci dedicare a chi veramente merita e difende con fierezza la nostra storia e i nostri confini. Esterni ma anche interni.

 

  • E finalmente i nostri pargoli cresceranno di nuovo meglio.

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