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Epistemologia educazione e professionalità

Augusta Moletto

Docente di Scienze Motorie

Riziero Zucchi

Docente del dipartimento filosofia e scienze dell'educazione, Università di Torino.


La filosofia ci offre la possibilità
di studiare, discutere e scoprire
i collegamenti tra i vari tipi di conoscenza.

J. Hengell, Bruner and Vico. Psychology and pedagogy,

New Vico Studies 10 (1992)

Alzate l’architrave carpentieri!

Negli anni ’80, per opera di Donald Schoen, si diffonde la teoria e la prassi del professionista riflessivo, per metter in luce i ragionamenti e le valutazioni che si attuano all’interno della pratica professionale. (Schoen 1983) Contestualmente vi è la necessità di procedere col supporto di idee che ci permettano di operare professionalmente all’interno di orizzonti di pensiero che diano senso alle scelte educative. Significa individuare filosofi e pedagogisti alleati in grado di aiutarci ad avere una visione prospettica e critica per saper distinguere tra le proposte che ci conducono ad un prassi corretta e quelle collegate a visioni anacronistiche.

E’ costruire un’ecologia della mente, assumere un atteggiamento critico in modo che tutti possiamo esser ricercatori ed esperti e nessuno possa esserlo a nome degli altri. Ciò permette di leggere la realtà che viviamo, lavorare a favore della logica della non delega, della soggettività positiva e della consapevolezza. Significa andare alla radice delle idee che guidano le scelte che ci riguardano da vicino. Scelte che non sono solo di pensiero, scritte sulla carta, ma diventano decisioni che influenzano la realtà. Riguardano il mestiere dell’educatore, indirizzano il modo di considerare i bimbi che ci sono affidati, determinano le decisioni che prendiamo nei loro confronti, l’atteggiamento che abbiamo verso i loro genitori.

Sono risposte a grandi domande poste dalle scienze dell’uomo. L’uomo è misurabile anche nei comportamenti e nei pensieri, nella sua dimensione umana, o lo è solo la sua corporeità? L’individuo è solo e isolato, indipendente dalla comunità, oppure si costruisce assieme agli altri, è un insieme di rapporti umani. Le qualità dell’uomo sono innate o frutto della relazionalità e dell’intersoggettività?

Presentiamo alcune figure di studiosi le cui idee e concezioni propongono nuovi metodi di ricerca che rendono possibile l’azione consapevole senza il ricorso alla delega. Permeano profondamente la teoria e la prassi del patto educativo tra scuola e famiglia, aprendo orizzonti di senso al dialogo tra insegnanti e genitori, superando le concezioni che ponevano barriere cognitive ad un rapporto paritario funzionale alla crescita del figlio alunno. Mettono le basi per la valorizzazione del sapere dell’esperienza, concreto, situato e quotidiano. Non parlano direttamente dell’alleanza tra scuola e famiglia, il loro apporto riguarda i fattori di crescita dell’uomo, in che modo si sviluppa, quali sono le sue conquiste. A noi trarre le conclusioni, verificare nella pratica educativa la validità dei loro asserti, corroborare con le loro indicazioni la nostra prassi.

 

Vico: è conoscibile solo quello che viene fatto

Vi è un filosofo di fine 600 e inizio 700 che, dopo esser stato riscoperto da Benedetto Croce, gode attualmente di fama mondiale. Le sue opere vengono tradotte in varie lingue, nascono società di studiosi che analizzano il suo pensiero collegandolo alla contemporaneità. Giovambattista Vico è il primo ad aver avuto il coraggio di criticare il dualismo cartesiano che pone una netta contrapposizione tra res extensa e res cogitans, razionalità ed emozioni; analoga critica è stata riproposta recentemente dal neurologo Antonio Damasio. (Damasio 1995) Questa concezione, sviluppata da Galilei e Newton, pone le basi della moderna concezione quantitativa della scienza che, applicata all’uomo, esclude tutto ciò che non può esser quantificato come le emozioni e i sentimenti.

Vico sostiene che la natura non può esser conosciuta compiutamente dall’uomo perché creata da Dio, in ogni caso è preesistente all’umanità. Ciò che può esser conosciuto in modo preciso è la storia, singola o collettiva, perché progettata, attuata e analizzabile da chi l’ha compiuta, l’uomo. Egli usa la formula verum ipsum factum: è conoscibile solo quello che viene fatto. (Vico 1971) Ebbene i genitori quel figlio l’hanno non solo messo al mondo fisicamente, ma ne hanno forgiato il carattere, proposto valori, sviluppato la personalità. Lo studioso valida così il carattere storico delle conoscenze dei genitori ponendo le basi per un riconoscimento scientifico del loro sapere.

 

Vygotskij: siamo una cultura frutto di una storia

Strettamente collegata alla concezione vichiana è la metodologia storico culturale di Lev Semenovic Vygtskij: ciascuno di noi ha una personalità frutto di una storia. E’ lo studioso il cui pensiero collega il sapere degli esperti a quello dei genitori, creando ponti epistemologici funzionali allo scambio di conoscenze tra scuola e famiglia.

Il bambino ha una dotazione biologica che permette funzioni mentali inferiori (memoria involontaria, attenzione spontanea, immaginazione riproduttiva, ecc.), legate ai sensi che si trasformano, tramite la relazione e la mediazione con l’adulto, in funzioni mentali superiori (memoria volontaria, attenzione volontaria, immaginazione creativa, ecc.). (Vygotskij L. S. 1974, Storia dello sviluppo delle funzioni mentali superiori, Giunti Firenze). La famiglia è il primo e più importante nucleo sociale che determina per ogni uomo la transizione da uno stadio biologico ad uno relazionale.

Sostenere che l’adulto contribuisce in modo significativo alla costruzione della personalità del piccolo d’uomo attribuisce dignità ai genitori, in un periodo in cui la comunicazione tecnologica sembra conferire enormi vantaggi, se non una superiorità ai minori rispetto agli adulti.

Mette al centro dell’evoluzione della persona, della sua umanizzazione, la madre che trasforma il gesto del bambino da incompiuto e inconsapevole in un gesto sociale dotato di senso di cui egli prende coscienza tramite la mediazione sociale. (Vygotskij 1974) Valorizza la genitorialità non solo in termini cognitivi ma afferma che il pensiero non nasce solo da un altro pensiero, ma dai sentimenti, dalle emozioni che lo studioso rivaluta al punto di elaborare un trattato sull’argomento. (Vgotskij 1998)

Evidenzia l’importanza della cultura e della socialità nello sviluppo umano e la dimensione storica che forma la specificità dell’uomo. La famiglia costruisce col figlio la sua storia, ne accompagna lo sviluppo, la cultura viene amministrata nel tempo, non può esser infusa meccanicamente, ma dosata in modo consapevole. Cultura e sviluppo temporale sono ingredienti della crescita. Il tempo biologico si collega a quello storico, cultura e biologia sono in collegamento dialettico nello sviluppo umano.

Vygotskij pone alla base delle sue proposte educative l’ottimismo pedagogico, la visione positiva che caratterizza in particolare il pensiero dei genitori, il loro atteggiamento proattivo. Nessuna teoria è possibile se si parte esclusivamente da premesse negative come non è possibile nessuna pratica educativa costruita su definizioni e basi puramente negative. (Vygotskij 1987) Tale prospettiva è particolarmente importante per i bambini in situazione di handicap per i quali occorre sempre aver un atteggiamento positivo: per ogni situazione di difficoltà vi è la possibilità di realizzare una compensazione. Da un lato il difetto è una limitazione, una debolezza, una diminuzione dello sviluppo, dall’altro, proprio perché crea delle difficoltà, stimola una spinta in avanti … Ogni difetto crea degli stimoli per la produzione della compensazione. (Vygotskij 1987)

Uno dei concetti chiave della pedagogia di Vygotskij è la concezione evolutiva: considerare l’essere umano non solo staticamente, ma in continuo cambiamento per accompagnarlo nel cammino verso l’adultità. La sua concezione del bambino, con deficit o meno, è basata sulla pedagogia della speranza e della fiducia, la tensione verso il futuro e verso lo sviluppo. Nelle idee e nel metodo di Vygotskij vi è l’incontro tra una visione scientifica, basata sull’evoluzione e una visione genitoriale, fondata sull’empatia e l’affetto. (Goussot A. Zucchi R. 2015). Un atteggiamento che ogni professionista dovrebbe far suo, in particolare se la sua missione si sviluppa in ambito educativo.

 

 

Wittgenstein: valorizzare il sapere dell’esperienza
Noi riportiamo le parole
dal loro impiego metafisico
indietro al loro impegno quotidiano

L.Wittgenstein, Ricerche filosofiche

 

C’è un filosofo il cui riflessione ha fortemente influenzato il secolo che ci ha preceduto. La sua è stata coerenza di vita e di pensiero, ha testimoniato con la propria esistenza la completa adesione alle sue idee. Allievo e poi collega del filosofo Bertrand Russell, scrive un saggio col quale intende dimostrare che il mondo può esser spiegato in termini logici: il Tractatus logico-philosophicus. Il libro si basa sull’assunto che il mondo, il pensiero, il linguaggio presentano la stessa struttura, per capire com’è fatto il mondo basta sapere com’è fatto il linguaggio.

Le sue certezze entrano in crisi, probabilmente anche per l’illogicità della la prima guerra mondiale alla quale partecipa. Cerca risposte nella solitudine di un convento e poi come maestro di scuola in paesini sperduti delle valli della Carinzia. L’istituzione scolastica gli appare distante dal reale: insegna materie lontane dagli interessi e dalla realtà dei piccoli valligiani. La sua è la lingua di Goethe, mentre loro parlano dialetti che non hanno testi scritti. Tenta di avvicinare la scuola alla vita, redigendo un vocabolario in cui i termini dialettali sono tradotti nella lingua ufficiale.

Inizia una nuova fase del suo pensiero, legata al valore della quotidianità e del senso comune. Scrive un saggio, Le ricerche filosofiche, in cui fa una precisa critica al linguaggio astratto e teorico, esaminandone i rapporti con il mondo. Le parole non sono realtà, ne sono l’ombra, sono giochi nel senso più preciso del termine, intendendo per gioco la forma più alta di convenzione. Ci siamo accordati per esprimere una cosa o un’azione con un suono. Per conoscere il valore di una parola dobbiamo collegarla alla specifica forma di vita cui si riferisce. (Wittgenstein 1999)

Wittgenstein valorizza la realtà quotidiana: il significato di una parola o di un’espressione è nell’uso che se ne fa. Il modo migliore per comprendere il significato di una parola non è cercarne la definizione, quanto indagare sul contesto, sul modo con cui viene usata, sul ruolo che ha nella vita della gente. Gli uomini apprendono il linguaggio non tramite spiegazioni astratte o generiche, ma addestrandosi al suo uso nella vita. Ogni parte del linguaggio è stata creata socialmente nelle relazioni tra le persone.

Queste considerazioni danno spazio al valore della vita di tutti i giorni, al sapere dell’esperienza e alle sue caratteristiche, di essere concreto, quotidiano e situato. Il sapere dei genitori riceve dal pensiero di Wittgenstein una decisiva validazione. Significativo il brano tratto da Ricerche filosofiche: Siamo finiti su una lastra di ghiaccio dove manca l’attrito e perciò le condizioni sono in un certo senso ideali, ma appunto per questo non possiamo muoverci. Vogliamo camminare; dunque abbiamo bisogno dell’attrito. Torniamo sul terreno scabro! (Wittgenstein 1999) Il ‘terreno scabro’ è il sapere concreto, l’esperienza, che accomuna educatori e famiglie, sicura base per l’azione comune.

 

Bruner: apprendere dai genitori

J.S. Bruner attualmente viene celebrato come uno dei maggiori pedagogisti del XX secolo. La sua vita non è una biografia è una storia, storia del pensiero educativo che, nella II metà del XX secolo, ha contribuito a elaborare. Ha seguito come esperto l’attività delle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia. In una intervista afferma: Reggio Emilia in Italia ha sviluppato un metodo che collega scuola, società e sviluppo verso obiettivi sempre più progressivi, ad es. incoraggiando i bimbi ad esser autori della loro formazione. (Olson 2007)

E’ profondamente influenzato da Vico, Vygotskij e Wittgenstein, ispirandosi al loro pensiero propone modelli educativi che hanno profondamente influenzato le scuole dell’occidente e non solo.

Uno dei principali interessi è la prima formazione dell’uomo, che avviene nell’infanzia, in particolare l’acquisizione del linguaggio. La concezione di Wittgenstein sulla concretezza del sapere, sui giochi linguistici collegati alle forme di vita lo induce ad abbandonare test e ambiti laboratoriali per rivolgersi alla realtà dove avviene l’apprendimento e documentare come la madre fa passare il figlio dal linguaggio non verbale a quello verbale. (Bruner 1987) Scopre che il genitore è autore di una serie di situazioni efficaci di apprendimento presentate in modo ripetitivo, sotto forma di gioco, che egli denomina format, relazione dialogica funzionale all’interiorizzazione da parte del bambino delle successive sollecitazioni che lo invitano ad esprimersi. Queste attività costituiscono lo scaffolding, diventato strumento didattico per l’apprendimento delle lingue.

Il metodo storico culturale di Lev Semenovic Vygotskij, che Bruner diffonde negli Stati Uniti e in Europa, influisce in modo determinante nelle scelte da lui effettuate. Critica la tecnicizzazione della rivoluzione cognitiva che ha contribuito a far nascere. La computazione è diventata il modello della mente e al posto del concetto di significato è emerso quello di computabilità. Sottolinea l’importanza di partire dalla cultura e dal linguaggio come sistemi che danno senso alla vita e la strutturano. Significa dare spazio alle forme di vita costruite socialmente che permettono a ciascuno di diventare se stesso (Bruner 1990). Elabora il concetto di pedagogia popolare, valorizzando il sapere dell’esperienza di tutti e aprendo la strada alla dignità del pensiero collettivo. Uno dei suoi ultimi saggi è La fabbrica delle storie che pone le basi del sapere narrativo, basato sull’intenzionalità e la soggettività; appartiene ad ogni uomo ed è lo strumento attraverso il quale il sapere dei genitori si esprime. Ha la stessa dignità del sapere paradigmatico fondato su dati matematici e logica astratta. La narrazione ha lo scopo di analizzare e ridurre la complessità e facilitare i processi di cambiamento sociale, secondo Bruner è funzionale al problem solving. (Bruner 2002)

Quattro pensatori: Vico, Wittgenstein, Vygotskij, Bruner; due filosofi e due psicopedagogisti, possono diventare amici con cui dialogare e ricavare indicazioni che arricchiscono e danno significato alla nostra professionalità educativa.

 

 

Bibliografia

Bruner J.S. 1987, Il linguaggio del bambino. Come il bambino impara ad usare il linguaggio, Armando, Roma

Bruner J.S.1990, La ricerca del significato. Per una pedagogia culturale, Bollati Boringhieri, Torino

Bruner J. S. 2002, La fabbrica delle storie, Laterza, Bari

Damasio A. 1995, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano

Goussot A. Zucchi R. 2015, La pedagogia di Lev Vygotskij. Mediazione e dimensione storico culturale in educazione, Le Monnier Università, Firenze

Olson D. 2007, Jerome Bruner. The Cognitive Revolution in Educational Theory, Continuum London 2007

Schoen D. 1983, Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale, Dedalo, Bari

Vygotskij L. S. 1974, Storia dello sviluppo delle funzioni mentali superiori, Giunti, Firenze

Vygotskij L. S. 1987, Fondamenti di difettologia, Bulzoni, Roma

Vygotskij L. S. 1998, Théorie des émotions, L’Harmattan, Paris

Wittgenstein L. 1999, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino

 

 

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