Il primo passo per l’elaborazione di un processo di riprogettazione di pratiche e strategie operative per rifondare modelli pedagogici ed esperienze educative è una profonda riflessione sul rapporto uomo-natura e sulle conseguenti implicazioni sul piano educativo e formativo. L’autrice ci accompagna e propone alcune possibili piste esplorative e operative.
Il rapporto tra educazione e natura rappresenta uno tra i più suggestivi ambiti di riflessione nell’attuale dibattito pedagogico della prima infanzia. Ri-comprendere il valore di tale relazione e ri-riprogettare contesti e pratiche del quotidiano alla luce di un diverso modo di interpretare il proprio ruolo nell’ecosistema relazionale, comporta la messa in atto di un cambiamento più ampio che parte sostanzialmente da una rivisitazione dei propri riferimenti concettuali e delle proprie chiavi interpretative.
Come afferma infatti Mortari, la costruzione «di una nuova cultura ecologica chiede una radicale svolta concettuale, poiché implica l’affermarsi di un’idea della natura come valore in sé nei confronti della quale maturare un’etica del rispetto e della cura, che ha nella sensibilità ambientale la sua matrice generativa» (Mortari, 2000, p. 4). Coltivare dunque un’etica di rispetto e cura per la natura di cui si è parte costituisce un orientamento educativo primario in risposta all’emergenza ambientale che investe l’intero Pianeta.
Interrogarsi attorno ai pensieri che orientano una certa visione del rapporto uomo-natura e sulle conseguenti implicazioni sul piano educativo e formativo, in particolare delle nuove generazioni, diventa allora il primo passo per l’elaborazione di un processo globale di riprogettazione di pratiche e strategie operative capaci di rifondare modelli pedagogici ed esperienze educative.
Orizzonti di trasformazione profonda
La questione apre temi che offrono orizzonti di trasformazione profonda alla cui origine ritroviamo valori ed intenti che abbracciamo tutte le dimensioni dell’educare: dal coltivare le prime forme di cittadinanza attiva alla ridefinizione dei contesti di esperienza, o ancora, dal promuovere occasioni di dialogo e confronto alla realizzazione di progetti di cura con e per il territorio.
«L’elaborazione dei saperi necessari per comprendere l’attuale condizione dell’uomo planetario, definita dalle molteplici interdipendenze tra locale e globale, è dunque la premessa indispensabile per l’esercizio consapevole di una cittadinanza nazionale, europea e planetaria» (Miur, 2012, p. 8).
Un percorso di rivisitazione che ha in sè la qualità di un intervento di natura sistemica in grado di includere opportunità riflessive rivolte a tutti i protagonisti di una comunità educante, contribuendo a innervare i punti di raccordo di quella rete che metaforicamente rappresenta il tessuto sociale e culturale al cui interno vivono e agiscono le istituzioni educative, iniziando dai nidi e dalle scuole dell’infanzia. Educatori, insegnanti, famiglie, bambini e altri soggetti del territorio possono diventare co-autori e agenti attivi di un cambiamento che contempla, non soltanto il fare, ma il pensare e. più in generale, l’essere.
La costruzione di una nuova cultura
La costruzione di una nuova cultura assume pertanto la forma di un itinerario articolato e complesso che tiene insieme mente e corpo, emozione e cognizione, pensiero ed azione. Un processo con una matrice certamente intersoggettiva che fa della dimensione dialogica e del confronto democratico il suo punto di forza. Alcune buone domande orientano un approccio che ponga al centro un diverso modo di fare educazione, quesiti che si nutrono anche del contributo dei bambini stessi, già molto consapevoli dei destini comuni che appartengono alla trama della vita come dichiara Eleonora, 5 anni, quando afferma “Noi dobbiamo essere gentili con la natura e la natura poi diventa gentile con noi e con gli alberi”.
Esse vogliono rappresentare una costellazione di possibili traiettorie di lavoro, tra loro certamente connesse, ma capaci ciascuna di rileggere l’esperienza educativa a partire da una precisa prospettiva di senso. Una mappa aperta di nuclei di indagine preziosi che si presta ad essere aggiornata in itinere durante lo sviluppo di un processo che non potrà che essere situato ed avere modi e tempi propri di evoluzione. Nella certezza di non esaurire i nodi di riflessione attorno al tema si illustrano alcune piste, ciascuna delle quali potrà riservare spazi di incontro con i pensieri e le prassi all’interno delle diverse équipe di lavoro:
- Quali emergenze educative abitano la contemporaneità?
- A quali responsabilità formative sono chiamate oggi le istituzioni educative?
- Come i bambini e le bambine vivono il rapporto con la natura?
- Come ripensare la relazione con l’ambiente esterno e i contesti naturali?
- Quali relazioni e quali apprendimento emergono nell’interazione con il fuori?
- Come progettare esperienze significative di incontro con la natura e i suoi elementi?
- Quali pratiche educative mettere in atto?
- Quali nuovi saperi elaborare come adulti e co-costruire tra adulti e bambini insieme?
- Quali nuove competenze professionali entrano in gioco? Quale il ruolo dell’adulto?
- Attraverso quali modalità coinvolgere le famiglie?
- Quali ulteriori connessioni all’interno della comunità e del territorio?
- Quale cultura dell’infanzia comunicare e rendere visibile?
«La disciplina riflessiva si qualifica nella forma di un’indagine che ha per oggetto non solo il come pensiamo, ma anche il cosa attraverso cui pensiamo, ossia la mappa di concetti che fa da sfondo all’attività cognitiva» (Mortari, 2020, p.101). L’idea è che la pratica riflessiva possa contaminare altri luoghi fisici e simbolici ed innestare ulteriori processi di cambiamento nei contesti di vita e di appartenenza.
«I nostri paesaggi esperienziali» ci ricorda Morelli «si ridisegnano e ci accorgiamo che ogni paesaggio è prima di tutto mentale: per cambiare comportamento rispetto a qualcosa, bisogna in primo luogo cambiare idea su quella cosa, cambiare cioè i significati che attribuiamo a quella cosa» (Morelli, 2011, p. 27).
Come reinterpretare l’agire educativo?
Da cosa partire per reinterpretare il nostro agire educativo? Se importante diventa una disamina attenta dei paesaggi della nostra mente, necessario è anche rimettere al centro del dialogo i diritti di bambini e bambine, i loro bisogni evolutivi, il loro modo di dare senso e significato al mondo. Occorre qui ricordare il valore dell’uso del corpo e del movimento nella vita infantile e rafforzare la consapevolezza dell’importanza che il corpo è il soggetto dell’esperienza conoscitiva. È fondamentale promuovere contesti immersivi, situazioni di gioco libero, di esplorazione e scoperta nei quali i bambini vivano e sperimentino il contatto con la natura e i suoi fenomeni, attraverso l’incontro dei sensi: «la conoscenza vive del rapporto diretto con le cose, del mio fare esperienza di esse» (Mortari, 2019, p. 30).
Tali incontri non devono rappresentare qualcosa di episodico o residuale nella quotidianità dei bambini, ma avvenire in contesti di socialità, con frequenza regolare in una ricorsività dinamica tra il dentro e il fuori. I momenti di descrizione e riflessione sui vissuti, attraverso l’impiego della parola e di altri codici comunicativi, consentiranno successivamente di dare piena legittimità all’esperienza, di rimettere in circolo saperi e conoscenze, di individuare futuri rilanci.
Attraverso quali strategie progettuali, sperimentate all’interno di servizi educativi 0-6 anni, lo vedremo nel successivo contributo.
Immagini dei servizi educativi del Comune di Correggio