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Educazione ambientale Il giardino

Francesco Tonucci

Pedagogista


“L’educazione ambientale non si insegna, ma si fa” in questa frase è racchiusa l’idea del modo in cui la scuola dovrebbe agire in quest’ambito e divenire un ambiente fisico, sociale e culturale coerente con la sua proposta di sostenibilità ed educazione ambientale.

Oggi, nella nostra scuola, si parla molto di educazione ambientale. I disastri compiuti nei confronti dell’ambiente sollecitano sempre di più un intervento educativo volto a preparare futuri cittadini più capaci di noi di rispettare l’ambiente e i diritti delle generazioni future.

Quando si apre un nuovo settore educativo si muove una serie di operazioni legate alla tradizione scolastica, operazioni che quasi sempre hanno prodotto nel passato risultati negativi, ma che sembrano ugualmente indispensabili. Penso per esempio alla richiesta di inserimento di questa “educazione” nei programmi ministeriali, all’aggiornamento dei docenti, alla preparazione di nuovi libri di testo o comunque di materiali didattici.

Sarebbe invece molto più produttivo che una scuola interessata a questa proposta aprisse al suo all’interno del Collegio dei docenti un serio approfondimento sul suo significato, su come si inserisce nelle tradizionali proposte disciplinari e prima di tutto se la scuola, quella scuola specifica, può essere un ambiente fisico, sociale e culturale coerente per una proposta di educazione ambientale. La scuola, come ogni ambiente educativo, dovrebbe prima di tutto preoccuparsi della coerenza della sua proposta. Per esempio, se la scuola ha un giardino o un cortile questo è credibile, accettabile da un punto di vista ambientale?

Perché se invece lo si è asfaltato per non fare polvere, si sono tolti gli alberi perché sennò li rovinano, lo si è ridotto ad una plaza de toros in modo che ci si possa scatenare durante l’intervallo, lo si è trasformato in parcheggio per i bidelli e i professori perché sennò non si sa dove metterle, allora è meglio aspettare, progettare, magari con gli allievi, un uso educativo del cortile, e poi rimettere mano al programma di educazione ambientale.

Perché l’educazione ambientale non si insegna, ma si fa. Suo obiettivo non è tanto aumentare le conoscenze quanto modificare gli atteggiamenti.

Allora è certamente più produttivo creare un gruppo di lavoro di studenti e insegnanti che cercano di progettare una nuova destinazione al cortile. Un cortile che può diventare un laboratorio all’aperto, con la terra, le piante (anche da frutto), un angolo per l’orto, una pozza d’acqua. Un luogo interessante e piacevole, dove si possa osservare la crescita di un ortaggio, il ciclo biologico di una pianta dalle gemme al frutto, il comportamento di un insetto.

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